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Autore: Deb    27/09/2013    9 recensioni
Le iridi di Peeta guizzavano da una parte all'altra della tela, concentrate. Seguivano il tracciato del pennello e si abbassavano quando osservava la sua tavolozza per scegliere con cura il prossimo colore da utilizzare.
Il braccio si rialzò nuovamente, nuovo pennello, nuovo colore. Grigio. Colorò i suoi occhi rendendoli quasi vivi, ma non erano lontanamente uguali a quelli di lei.[...]
Peeta si domandò perché avesse quel ricordo nella sua mente. Non c'era Katniss con il ghigno o gli occhi fieri nel voler far del male. L’espressione che aveva disegnato era serena, passionale, imbarazzata.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Feelings After-war ~ Katniss/Peeta'
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Noi abbiamo fatto sesso in passato. Vero o falso?

Peeta era assorto nei suoi pensieri. Non vi erano segni che quel ricordo fosse una manipolazione di Capitol City ed inoltre, che senso aveva creargli quel ricordo quando il loro fine ultimo era quello di uccidere Katniss Everdeen?
Teneva il pennello stretto tra le dita, con forza, e stendeva i colori sulla tela con maestria, con giochi di luci e colori. Alcuni dei suoi riccioli erano attorcigliati tra loro ed anch'essi tinti di colori sgargianti. La tempera rosa tenue si era seccata su una ciocca, ma non gli dava fastidio, non si preoccupava degli schizzi con cui veniva colpito, di tanto in tanto. La maglia che indossava, una semplice T-shirt bianca, risaltava i muscoli dei bicipiti e addominali. Gli schizzi avevano raggiunto anche quel tessuto, rendendolo più colorato e vivace.
Le iridi di Peeta guizzavano da una parte all'altra della tela, concentrate. Seguivano il tracciato del pennello e si abbassavano quando osservava la sua tavolozza per scegliere con cura il prossimo colore da utilizzare.
Il braccio si rialzò nuovamente, nuovo pennello, nuovo colore. Grigio. Colorò i suoi occhi rendendoli quasi vivi, ma non erano lontanamente uguali a quelli di lei. Gli occhi di Katniss erano decisamente migliori, più vispi, più profondi. Il pennello si bagnò nel nero per poi accarezzare dolcemente il suo disegno, creando le pupille, nere come la pace, aperte più del solito per via della luce soffusa che illuminava lo sfondo del dipinto. Unì il nero al bianco, poi, per creare un nuovo tipo di grigio per alleggerire quello sguardo, per renderlo più simile ai suoi occhi, il più uguale possibile.
Peeta si domandò perché avesse quel ricordo nella sua mente. Non c'era Katniss con il ghigno o gli occhi fieri nel voler far del male. L’espressione che aveva disegnato era serena, passionale, imbarazzata. Le sopracciglia non erano tese, incurvate per denotare un'espressione o un sentimento d'odio, erano rilassate mentre lo sguardo era intrecciato al suo, quasi sembrasse volerlo seguire, osservare.
Peeta si fermò ad osservare le labbra, incurvate verso il basso, ma non perché triste o imbronciata, soltanto per il puro imbarazzo che provava. Tornò ad appoggiare il pennello sulle gote della sua modella, le cui setole si erano tinte di rosa pesca, così da evidenziare l'imbarazzo, da renderla tale e quale alle immagini che aveva in testa.
Si allontanò, facendo alcuni passi indietro, quando crebbe che il lavoro era concluso. Quando sulla tela non c'era più alcun piccolo spazio non colorato.
Lo osservò attentamente, com'era possibile che avesse quel ricordo, che lo ricordasse così perfettamente, quando il Presidente Snow aveva fatto in modo di modificargli tutti gli altri? Persino quelli non troppo felici, ad esempio quando aveva scoperto che Katniss non l'aveva mai amato nell'arena, ma soltanto finto per le telecamere. Forse, pensando a quanto Katniss fosse pura, non poteva credere che loro due avessero potuto avere un momento di quel genere e quindi non l'avevano nemmeno cercato e modificato.
Scrutò le braccia disegnate di Katniss, circondavano le sue spalle. Una mano appoggiata sulla schiena, con un dito semi teso, come se lo stesse accarezzando. L'altra tra i suoi riccioli biondi. C'era anche lui nel quadro, la sua schiena nuda senza alcun difetto, nessuna minima cicatrice sulla sua pelle.
Ne dedusse che il ricordo che aveva riprodotto fosse in un lasso di tempo dalla fine dei settantaquattresimi Hunger Games all’inizio dei settantacinquesimi.
Peeta oscillò il capo di alcuni gradi, senza staccare gli occhi da quell'immagine. Non voleva separarsene. Era uno scorcio della realtà, o magari no. Ma non aveva il coraggio di allontanarsene. Il depistaggio, in quel quadro, sembrava un accaduto lontano; era come un'ancora che riusciva a tenerlo fermo, aggrappato alla terra senza aver paura di essere portato via dalla corrente. Di perdersi in un mare di menzogne.
Si sedette su una sedia e continuò a contemplarlo per un tempo indefinito, voleva poter memorizzare ogni dettaglio, qualsiasi ombra e luce. Deglutì sentendo la bocca arsa e la gola che bruciava. Le tempere gli avevano dato alla testa, come il provare a ricordare qualsiasi altra immagine simile che aveva trascorso con lei.
Quello che aveva dipinto era successo davvero o era soltanto nella sua mente? Ma come poteva esserlo se Capitol City aveva provato a fargliela odiare? In quel ricordo non accadeva, non la odiava. Anzi, sentiva il suo cuore esplodere di felicità nell'accarezzare la sua pelle morbida, di baciarle il viso, le labbra. Nel sentire l'amore ed il desiderio nei suoi confronti. Sentiva il calore nella spalla che, nella sua mente, Katniss gli aveva appena baciato. Non pensava che stesse per attaccarlo, né che fosse tutta una trappola per poi poterlo uccidere. In quel pensiero, Peeta si fidava ciecamente della sua Katniss. Della ragazza che aveva tirato fuori le bacche per non doverlo uccidere, per andare a casa tutti e due, insieme, vivi o morti. E Peeta ritrovò dei ricordi non distorti, sentì i pensieri di quel Peeta disegnato, follemente innamorato della ragazza dagli occhi grigi e dalla voce che riusciva a zittire le ghiandaie imitatrici.
La porta cigolò appena, ma non se ne curò, continuò ad osservare l'espressione della ragazza ritratta come se fosse la prima volta che la vedeva. Il vecchio Peeta la guardava così. Come se fosse di cristallo e la sfiorava con delicatezza, come se avesse paura di poterla scalfire. Sarebbe mai riuscito a guardarla con gli stessi occhi, con lo stesso amore?
«Peeta, sei qui?»
Scattò in piedi, scendendo dalla sedia, superò la tela, non prima di coprila, facendosi vedere. Fortunatamente il quadro era voltato verso la finestra, impossibile da vedere dalla porta. Il cavalletto era posizionato al centro della stanza, mentre lui se ne era stato seduto a rimirarlo proprio davanti al vetro che dava al cortile.
«Katniss, che ci fai qui?» Chiese, forse un po' troppo in modo brusco, uscendo dalla stanza e chiudendo la porta alla sue spalle.
«Lo so, non vuoi che entri, ma ti ho chiamato dal piano di sotto e non rispondevi».
«Stavo dipingendo, non ti ho sentito».
Katniss sospirò, che avesse pensato che se ne fosse andato? O che gli fosse successo qualcosa?
«Cosa dipingevi?» Chiese curiosa, scendendo le scale.
«Te». Rispose con sincerità.
Lei si voltò, incredula e Peeta non poté fare a meno di pensare che avrebbe dipinto mille volte quel viso, se avesse potuto, che l'avrebbe ritratta con tutte le espressioni che le vedeva in volto ogni giorno. Voleva dipingere la Katniss con quel sorriso spento che era parte di lei da quando l'aveva rivista, dopo la rivoluzione, con la bocca semiaperta come ora, arrabbiata perché Ranuncolo aveva rimesso la sua colazione al centro della cucina, serena come quando si addormentava sul divano, prima di cadere preda degli incubi.
Si sedettero in cucina, Katniss addentò una delle sue focacce al formaggio e Peeta la imitò.
Sapeva che probabilmente quel discorso l'avrebbe imbarazzata, ma non aveva ragione di desistere. Voleva sapere se il ricordo fosse vero. Sperava che lo fosse. Lo voleva ardentemente.
«Katniss, noi abbiamo fatto sesso in passato. Vero o falso?»
La vide sgranare gli occhi, le guance si accesero, trovando il colore che aveva utilizzato per il dipinto. Era imbarazzata.
«Falso! Decisamente falso!» Rispose con troppa enfasi per i suoi gusti. Sarebbe stato così deplorevole il fatto che si fossero amati fisicamente in passato?
Peeta abbassò lo sguardo, si ritrovò deluso dal fatto che quel ricordo che aveva fosse frutto della sua mente. Un sogno, forse. Ricordava che da ragazzo aveva avuto sogni erotici anche ricorrenti. Non era un'ipotesi così inverosimile.
Eppure c'era qualcosa in quel ricordo che gli aveva dato l'impressione che fosse vero. La speranza, forse? La speranza che Capitol City non fosse riuscito a portagli via del tutto la sua mente?
«Capisco», affermò soltanto, portandosi alla bocca una focaccia al formaggio che aveva ripreso a preparare per lei. Perché sapeva che le piacevano.
Ancora perdeva tempo nel cercare di tornare la persona che era, che però si era persa per strada, in attesa di essere ritrovata. Non aveva senso continuare in quella ricerca, probabilmente non sarebbe più riuscito a tornare quello di una volta. E per chi doveva tornare? Per lei che sembrava non apprezzare minimamente ciò che aveva da darle? Per la sua famiglia sotterrata nel Prato? Loro non c'erano più, non interessava minimamente loro se avesse ricordi sfalsati.
«Tu...» Quando i loro sguardi si incontrarono, Katniss lo rivolse velocemente verso il cibo «... Tu... insomma, tu pensavi che... che noi due abbiamo... abbiamo...»
La vide deglutire, così provò ad aiutarla, «sì. Credevo che avessimo fatto sesso».
Le sue guance si colorarono ulteriormente e persino le orecchie divennero rosse tant'era l'imbarazzo che provava. Per Peeta, invece, era normale. Come se stessero parlando del tempo fuori casa. Voleva capire, lui. Voleva ritrovarsi, ma se si fosse tenuto i dubbi dentro, non ne sarebbe mai uscito. Non avrebbe potuto capire cosa fosse vero e cosa no.
«Ho ricordato una cosa che, a quanto pare, non è un ricordo. L'ho pensato, però. Non avevi... non volevi uccidermi. E nemmeno io credevo lo volessi fare. In questo ricordo mi fidavo di te e visto che so che un tempo ti amavo ho creduto fosse reale», fece spallucce. Non era importante, non più. Peeta aveva perso anche quella speranza, l’aspettativa di poter avere anche un solo, piccolo, minuscolo ricordo integro. Non era rimasto più nulla.
Si alzò in piedi ed allungò una mano nella sua direzione, Katniss la strinse a sé, ancora rossa in volto e si fece condurre – prettamente in silenzio – al piano superiore. Aprì nuovamente la porta della stanza dove si rintanava per dipingere e la trascinò davanti al quadro.
«Ho visto questo». Disse, liberandolo dalla stoffa che lo copriva ed osservando l'espressione di Katniss quando trovò il coraggio per alzare il volto e guardarlo.
Sgranò gli occhi ed alzò le mani, come se volesse toccarlo, senza farlo veramente.
«È... è... bellissimo!» Esclamò, allora, muovendo la testa per poterlo osservare minuziosamente. «Io non sono così bella, ma... è fantastico».
Peeta irrigidì la schiena, «tu sei bella», affermò con voce apatica, come se non avesse voluto dirlo per davvero, come se ci fosse qualcuno che cercasse di impedirglielo. Effettivamente, quando l'aveva vista nel Distretto 13, non aveva pensato che fosse bella, ma che fosse nella norma. Eppure in quel momento, ma anche nel quadro, la trovava perfetta. La donna più bella del mondo.
«Credevi fosse vero?» Domandò poi, continuando ad osservare la tela, come lui aveva fatto fino a prima che entrasse.
«Non lo sapevo fino in fondo, ma l'ho sperato», vide Katniss arrossire e si ritrovò a pensare che quello che aveva appena detto sembrasse quasi una confessione, come se lui sperasse davvero di averla toccata così.
«Ho sperato che fosse vero per il semplice fatto che mi sarebbe piaciuto avere un ricordo che non fosse stato toccato dal veleno degli aghi inseguitori, oltre a quello del pane».
«Se non è un ricordo, e non lo è, cos'è?»
Peeta alzò le spalle, «un sogno erotico, forse. Non lo so. Non è più importante, ora».
Provò ad accennare un sorriso, coprendo nuovamente il quadro con il telo, ma sentiva come se qualcosa fosse andato storto, provava un sentimento strano. Sembrava quasi delusione. Tristezza, forse, perché aveva avuto la conferma di non essere mai riuscito ad accarezzare quella pelle che aveva desiderato in passato e che non avrebbe certamente sdegnato ora che, comunque, sapeva non fosse una minaccia.
«Su di me?» La sua voce uscì tremante, quasi emozionata e Peeta non riuscì a trattenere le risa.
«In che mondo vivi, Katniss? Ti amavo, no?! Era normale. Pensi che Gale non abbia mai fatto un sogno erotico con te protagonista?»
«Gale? No! È impossibile! E anche tu, però, non pensavo che...» Le guance si imporporarono nuovamente al solo pensiero di uomini che facevano sogni erotici su di lei e non riuscì a proseguire la frase.
«D'accordo, allora, nessuno ha mai fatto sogni erotici su di te e noi siamo tutti scemi ed eunuchi». La derise.
«Oh, finiscila di prendermi in giro, Peeta!» Si voltò verso di lui, guardandolo con lo sguardo truce. «Però, è bello questo dipinto, anche se sono nuda e mi vergogno da morire solo a guardarlo, ma è bellissimo».
Lui sorrise, accarezzandole i capelli che erano scappati dalla stretta della sua solita treccia. Gli piaceva quando gli faceva i complimenti e non riusciva a comprendere fino a che punto.
L'avrebbe capito, però. Con il tempo. Avrebbe continuato a dipingerla, ora che sapeva che i ricordi non gli sarebbero stati strappati dalla mente. L'avrebbe ritratta in ogni sua espressione perché, alla fine, lui voleva davvero tornare da lei. Non sapeva da dove nascesse quel sentimento, comprendeva che veniva dall'interno, da un punto imprecisato di lui, distante, come se fosse un puntino lontano, una piccola scintilla. E Peeta sapeva bene che la scintilla si sarebbe potuta tramutare in incendio, come quello che provava prima del depistaggio, l'amore incondizionato per lei, la voglia di proteggerla da tutto il male del mondo. Gliene avevano parlato, gliel'avevano fatto vedere, e voleva ricominciare a provarlo. Voleva riprendere davvero ad amare la ragazza con la quale aveva condiviso l'infame destino degli Hunger Games.

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Susu, tranquilli. Prima o poi finirò tutte le fic Everlark & company che ho nel pc e potrete tirare un sospiro di sollievo. xD Nel frattempo - mi dispiace - ma dovrete sopportarmi! :P
Allora, vediamo di scriver qualcosa di sensato, okay? L'ispirazione mi venne... non lo, sinceramente, ma ricordo che mi piaceva l'idea che Peeta chiedesse a Kitkat, con naturalezza, se loro avessero fatto sesso. Quindi è nata 'sta shot. xD
Ringrazio _eco e Ili91 che l'hanno letta in anteprima, ed Ili l'ha pure betata. Eccoti Haymitch che è costretto a ringraziarti con l'aggiunta di un bacio: "Thank you so much, sweetheart".
Spero vi sia piaciuta :) E che i personaggi siano IC! :) Grazie mille per aver letto! :*
«D'accordo, allora, nessuno ha mai fatto sogni erotici su di te e noi siamo tutti scemi ed eunuchi». - Non so se qualcuno se ne è accorto (sicuramente sì), ma questo dialogo è riadattato da Catching Fire, quando KitKat torna dal bosco, ma si fa male perché hanno attivato l'elettricità nella recinsione, e Peeta se ne esce con quella frase che mi ha svegliato i feelings. Ma fondamentalmente qualsiasi cosa dice mi riempie di feelings, so... xD
Ora vi saluto! :*
Baci
Deb
   
 
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