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Autore: HypnotizingMoon    27/09/2013    1 recensioni
mmm.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                      1 capitolo
                     L'ultimo ballo
 
 
 

Fuori piove a dirotto e senza tregua.
Che bel frastuono…
Mi piace quando la pioggia colpisce il suolo e lascia quell’odore di liberta, di trasgressione, di umido.
Lampi e fulmini continuano a irraggiare quel cielo nero e cupo.
Sposto lo sguardo triste e malinconico verso quella maledetta finestra e con il respiro affannato, annebbio il vetro situatomi dinanzi agli occhi.
 
<< Che cielo tetro >>, Borbotto a bassa voce.
Un lampo ha irradiato il cielo, e, persino i miei occhi, divennero grigi.
Abitualmente, sono di un color celeste mare, e s'intonano alla mia carnagione pallida: sembra neve scesa dal cielo.
La finestra è così piccola e fine… Deduco che un battito di vento sufficientemente forte potrebbe annientarla in mille pezzi…
Mi sposto da quell’angolo serrato e m’incammino verso il letto per andare a dormire, lasciando la finestra, dietro le mie spalle.
La stanza non è piena di cianfrusaglie: Ci sono solo un letto, una scrivania, una finestra e un armadio.
Tuttavia, un timore orrendo mi sta turbando la mente:
Non so quando, o perché dovrò farlo, ma ho la responsabilità di tornare a casa e lasciare questa vuota, piccola e gelida stanza.
Mi dispiace tantissimo… mi rendo conto che ciò mi fa diventare desolato… Ah, quasi dimenticavo! Devo ancora scrivere nel mio diario, ormai è come un rituale… lo faccio ogni sera.
Cosi prendo adagio una sedia e mi sposto, sedendomici sopra.
Guardo quel regalo di mia madre: una tazza con delle penne all’interno.
Prendo una di esse e apro il diario.
Sospirando, poi, inizio ad aprire il mio diario per incidere qualcosa.
 
- “Caro Diaro” oggi è stato uno di quei giorni da omettere.
Una di quelle giornate noiose e cupe allo stesso tempo.
Una di quelle giornate dove un nodo alla gola ti prende, dove un forte senso di nostalgia stravolge tutte le tue paure nascoste.
No,non piango per niente, penso che le lacrime siano per i deboli.
Eppure questa volta?desisto dal reagire, il mio corpo è sfinito…
Klaus oggi non è venuto e sono rimasto qui da solo senza uscire dalla camera.
Ho guardato tutto il giorno fuori dalla finestra la pioggia che scendeva lentamente, e, mentre ti sto scrivendo, prolungando la scrittura di questo foglio di diario.
 
Pioggia, lampi, fulmini esprimono il mio stato d’animo…
Vorrei tanto urlare… ma nessuno ascolterebbe.
 
Sto rimuginando sulla mia vita, su cosa farò quando sarò uscito da qui.
Che cosa dirò?Non sarò più lo stesso Stefan che ero una volta: sarò solo il drogato di turno.
Vorrei essere nato come Klaus, lui è perf..” Sto terminando di scrivere l’ultima frase e il medico bussa alla porta; è tornato a somministrarmi quella maledetta medicina per non farmi ricadere nel “tunnel”.
Lo guardo per qualche istante senza emettere un solo e singolo suono dalla mia bocca.
<< Stefan, come ti senti oggi? Ah, devi prendere la pillola! >> disse con un sorriso a trentadue denti.
<< Sto bene, grazie mille. Avrei un po’ di sonno>>.
Ho detto “ sto bene”... Ho mentito, come al solito.
In realtà non sto per niente bene e anzi, vorrei lasciarmi andare ancora una volta.
Non voglio, non devo toccare il fondo, come quella sera.
E’ meglio che adesso io prenda la mia solita pillola e continui a fingere di stare bene.
Quel suo sorriso da voltastomaco, quei suoi occhi pieni d’amore e compassione, la sua camminata perfetta da gentiluomo… non fa altro che ricordarmi di una sola persona: Klaus! Ah, sì, ho quasi dimenticato Klaus Crawford.
Mio fratello è sempre stato il più amato della famiglia: dai nonni, dai cugini, dagli insegnanti e persino dai vicini di casa.
Il solo pensiero di lui mi rende nervoso e mi fa perdere il controllo.
Il medico chiude la porta, subito dopo una carezza sul mio viso con quelle mani rugose.
Mi costa ammettere, che emana sicurezza con i suoi modi di esporsi.
Mi addormento senza nemmeno rendermene conto.
Mi sveglio la mattina con i colpi tintinnati della pioggia contro le finestre e i tetti dell’edificio.
Sbadiglio alzando le braccia verso l’alto e apro lentamente gli occhi in cerca di un bagliore di luce.
 
<< Avrei voluto dormire ancora un po’. >>
Dopo aver aperto la finestra, alzai le braccia e sbadigliai.
 
<< Buongiorno Collins! >> Dissi con entusiasmo.
 
Collins una città molto piovosa, misteriosa e grande.
Fuori ci sono quindici gradi di temperatura.
Mi avviai a prendere una felpa da indossare.
Dalla porta entrò un’infermiera molto carina, questa volta quella sua bellissima espressione non c’era.
È comico come una sola espressione del viso possa suscitare tante cose; brutte, belle, instabili e in fine possono cambiarci l’intera giornata.
All’improvviso metto a fuoco le sue labbra che si muovono e dicono queste parole, che non avrei mai voluto percepire.
“Stefan, qualcuno ha il desiderio di parlarti al telefono”.
Nella sua voce si poteva udire una piccola nota stonata.
<< Cos’è subentrato? Chi è? >>
chiesi senza prendere fiato.
<< E’ m-m….orto tuo fratello. >>
l'ultima frase suona davvero senza un senso logico.
<< Klaus? Sa che è accaduto? Dimmi ogni cosa. >>
I miei muscoli facciali si sono irrigiditi.
<< …. >> emette uno strano suono dalla bocca, non riesco a decifrare quella risonanza della sua voce melodiosa.
 
Dopo essere rimasto in piedi, a guardarla in viso per cercare una logica alle sue parole, passo verso il centralino.
Mi conviene passare dal secondo corridoio, pensai.
Quel posto cosi allegro con decolorazioni vivaci, quadri di ex pazienti molto allegri e altri molti tristi non riuscivo a vederli com’ero abituato a fare.
Entrai nella stanza esitando per quattro secondi, forse i più lunghi della mia vita.
In sottofondo il mio udito ha messo a fuoco la suoneria del telefono che squilla senza prendere pausa, tra uno squillo e l’altro.
A primo impatto notai il pavimento, dove ci sono dei fogli, penne, cartelle e i PC accessi che fanno un caos incredibile.
Poiché mi ritrovo in una situazione d’adulto, devo comportarmi da tale e prendermi di coraggio e rispondere.
 
<< Mamma? papà? >> Dissi con un filo di voce.
<< Stefan…>> precedo mia madre da quel momento difficile.
<< Com’è accaduto? Perché l’ha fatto? >> chiesi sperando di arrivare alla risposta.
<< Ha solo lasciato un biglietto, c’è scritto.. “ L’ho dovuto fare e vi vorrò per sempre bene.“
Un pezzo è stato bruciato >> Finii la frase tutto di un fiato.
<< Andrà tutto bene mamma! >> non so cosa dire in questo momento, non credo neanche io alle mie parole.
Chiudo il telefono e corro nella stanza, però mi assicuro che nessuno mi sta osservando.
Non per qualcosa, ma sono sicuro che se qualcuno mi dovesse vedere farebbe troppe domande.
Mi butto a peso morto sul letto, morbido,  a guardare il soffitto.
Perché l’hai fatto? La tua vita era perfetta, all’improvviso un pensiero m’illumina la mente.
 
<< E’ ora di tornare alla mia vecchia vita. >>
Un giardino davvero ben rifinito, con delle rose in giro e soprattutto delle piante bellissime con un profumo incantevole, penso che questo posto mi mancherà davvero tanto.
Esamino le scale che mi hanno recapitato qui la prima volta e la famosa fontana con due angeli ben definiti di pietra con dei flauti in bocca, dai pifferi si libera dell’acqua.
Mi soffermo a guardare attorno e sorrido .
I miei pensieri finiscono qui per colpa della voce del medico.
 
<< Allarme, allarme! Stefan Crawford dileguato!>> La voce è preoccupata e con un tono di affanno.
Cosi mi avvio a precipitarmi e velocemente scavalco quel cancello antico rovinato, ha due porte con un cane fatto di pietra proprio come nei vecchi castelli di vampiri;
Per completare l’opera c’è l’insegna con il nome del centro: Welcome in your safe place.
Non ho tempo, ho bisogno di pensare:Devo trovare un modo per scappare di qui e tornare a casa per vedere la scena del crimine.
Una voce che proviene da lontano urla il mio nome e mi giro per vedere chi è.
L’infermiera di turno sta per oltrepassare la fontana.
 
<< Merda!cosa faccio?>> mi chiesi, mordendomi le labbra e la pioggia che scende a picco su di me.
 
Non devo smarrire la calma per nessuna causa.
 
<< No, sono fottuto. >> Dissi nervosamente.
 
Ho appena visto un taxi che cammina veloce per la mia direzione, alzo il pollice, spero che non mi passi davanti senza fermarsi.
Per qualche strana ragione frena bruscamente e sgommando,vi entrai di corsa.
 
<< Parta! >> Dissi urlando a tutta voce.
            
 
<< Di quattro cose ero del tutto certo.
               
              Primo, Klaus era ancora vivo.
               
              Secondo, Una parte di lui - Chissà quale e perché -.
              Aveva nascosto un segreto
               
             Terzo, ero totalmente, incondizionatamente invidioso della sua vita.
            
            Quarto, aveva una vita perfetta
- Quanto perfetta e quanto importante era il suo segreto? -
 
 

Fuori dal finestrino si vedono alberi, panchine di legno, uccelli sopra gli alberi coperti e il prato fatto di fango, con qualche traccia di piede umano o di animale .
 
<< Salve, dove la porto ? >> Mi chiese l’autista sorridendo e guardandomi dallo specchietto retrovisore.
<< In questo indirizzo – Viale dei ricordi, 705, Pal A.
 
Annui e senza rendermene conto siamo già arrivati a destinazione.
Intravedo la folla camminare a braccetto, qualche coppia baciarsi, dei locali che stanno aprendo e in fine dei bambini che giocano a pallone in piazzetta.
 
<< Siamo a destinazione! >>
<< Grazie mille, si tenga la mancia >> gli sorrisi e lo salutai.
Il taxi s’è ne andato.
Sono di fronte casa mia e la macchina dei miei genitori davanti casa non c’è, saranno usciti o mi staranno cercando quindi devo sbrigarmi a entrare e prendere qualcosa di soldi.
 
<< Stefan! >> Senti una voce familiare
<< Chi è? >> Chiesi senza rendermene conto
<< Sono io, non mi riconosci? >> mi appare davanti agli occhi.
<< T-t-tom? >> Sgrano gli occhi dalla paura e inciampando nelle parole.
 
Come avrei potuto trascurare, obliare, ignorare quei suoi occhi di ghiaccio? O le sue labbra a forma di cuore?sono infatuato di lui, so che è solo un ricordo, un rimpianto brutto e che brucia ancora, sanguina e per amore ho pianto troppe volte e non voglio ripetere la stessa storia.
Rievoco ancora il nostro primo, fondamentale bacio, il primo ballo e il nostro primo disappunto.
Ho implorato dinnanzi a dio, confidato e un attimo è bastato per portarti via dal mio cuore.
 
<< Dannato me! >> dai miei occhi delle lacrime salate scendendo.
 
volteggia come un cigno sull’acqua.
Non c’è niente da fare è rimasto uguale a prima, dannatamente bello, dannatamente sexy.
Farei di tutto per poterlo riabbracciare.
 
<< stai bene? >>
 
Fa segno di andare con lui, annui e lo seguo senza indugiare.
Entrai in casa e senza rendermene conto finii nella mia stanza .
La finestra è aperta, la pioggia entra bagnando il tavolato e la scrivania accanto.
 
<< Sei ancora vivo? >> Gli chiesi cercando una risposta.
 
<< Sono sicuro che già tu conosca la risposta.
Abbiamo fatto un giuramento, ricordi? >> Disse ridendo di gusto.
<< Tom, io ti amo fino alla follia e voglio averti qui, io sono pronto a essere tuo soltanto.
<< come si dice? Meglio tardi che mai.>> Disse continuando a danzare.
<< Fermati! Cazzo, basta. Non ti lascerò mai… sei la cosa più importante! >> Dissi gridando e piangendo.
 
Mossi la testa e chiusi gli occhi per riaprirli subito dopo, lui è scomparso, mi ritrovai nel centro della stanza con le mani alzate.
Tom ed io avevamo ballato per l’ultima volta?
In quella stanza con odore di chiuso.
Un odore di dolore, passione, tradimenti, segreti.
 
<< Devo cercare Klaus >> Usci dalla stanza con il cuore che accelera ad ogni passo.
Entro in bagno per sciacquare la faccia.
Klaus è li, a terra senza muovere un muscolo.
 
<< K- klaus? Perché l’hai fatto? >> Chiesi toccando il corpo freddo
 
Prelievo subito la mano indietro per paura di toccare un cadavere, rimuovo lo sguardo dal corpo e metto la mano sopra la bocca per non vomitare, per mia fortuna il biglietto e a terra vicino la sua faccia.
Non so se andare a acchiapparlo o lasciarlo dove si trova.
Un fracasso giunge alle mie orecchie.
Un motore di macchina, mi espongo per vedere se sono i miei e  si, sono proprio loro.
Prendo tutto il coraggio che ho, e prendo quel  pezzo di carta, non è una bella visione vedere un corpo morto specialmente se è tuo fratello.
Corro verso l’uscita del retro, guardo per l’ultima volta la casa e con un ghigno avvilito me ne vado e corro via come un gatto.
In quella zona calma, un rumore di motore ha interrotto il canto degli uccellini.
Per mia fortuna è un taxi, mi avvento per prenderlo.
 
<< Mi porti a boston ! >> Dissi sorridendo e stringendo il biglietto nelle mani.
 
La casa dove ho vissuto per venti anni si sta allontanando alle mie spalle insieme a tutti i miei ricordi.

  
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