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Autore: Northern Isa    28/09/2013    3 recensioni
Inghilterra, XI secolo. Una terra di cavalieri e stregoni dominata da re Ethelred l'Impreparato, sopravvissuta alle incursioni vichinghe, si appresta ora a vivere un periodo di pace.
Nonostante la tregua, l'equilibrio tra maghi e Babbani è sempre più instabile, non tutti i Fondatori di Hogwarts condividono l'operato del sovrano e c'è chi auspica un dominio dei maghi sull'Inghilterra. Una nuova minaccia è alle porte: Sweyn Barbaforcuta e i suoi Danesi sono ancora temibili, e questa volta hanno un esercito di Creature Magiche dalla loro. Roderick Ravenclaw, nipote della celebre Rowena, farà presto i conti con quella minaccia. Ma scoprirà anche che il pericolo maggiore per lui proviene dal suo passato.
[Questa storia partecipa al contest "Gary Stu, noi ti amiamo" di Santa Vio da Petralcina]
Genere: Angst, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Corvonero, Godric, Nuovo, personaggio, Priscilla, Corvonero, Salazar, Serpeverde, Serpeverde, Tassorosso, Tosca, Tassorosso
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Prologo


Iridi che sono stagni di montagna, sotto la cui superficie cristallina si intravedono i riflessi verde-alga di ciottoli dalle forme arrotondate. Questo è ciò Rastor Ravenclaw aveva pensato appena aveva incrociato lo sguardo di Vistoria, a suo avviso la più bella creatura su cui occhio umano si fosse mai posato.
L’aveva conosciuta durante un’occasione mondana nel castello di re Ethelred, alla quale erano state invitate tutte le personalità più in vista del mondo magico. Di quella serata, Rastor ricordava ogni dettaglio, dal momento che quella occasione gli aveva cambiato la vita.
C’era stato Uric Testamatta, un folle che indossava una medusa come cappello, ma che era considerato dai più un mago dagli eccezionali poteri. C’era stata anche la splendida sacerdotessa Cliodna con il suo seguito di Fenici, e come dimenticare Corinna la Superba, che millantava una presunta discendenza da nientemeno che la maga Circe. Tra tutti però avevano spiccato, come era lecito aspettarsi, i quattro nomi più osannati del momento, che passavano di bocca in bocca, magica o babbana, con una tale frequenza da rischiare di venir consumati: Godric Gryffindor, Salazar Slytherin, Helga Hufflepuff e Rowena Ravenclaw.
Rastor non conosceva personalmente re Ethelred, inoltre sapeva di non avere doti straordinarie. Era stato invitato solamente in quanto fratello minore di Rowena.
 Sua sorella aveva rinunciato a presentarsi insieme agli altri Fondatori per condividere la carrozza con lui.  Quanto aveva ondeggiato quel mezzo di trasporto mentre aveva percorso sentieri sconnessi e acciottolati disomogenei! Per evitare di pensare alla nausea causata da tutto quell’oscillare, il mago aveva fissato lo sguardo sul profilo austero della sorella. Per quell’occasione la strega aveva indossato una lunga veste blu notte dalle maniche svasate, intessuta con fili color bronzo e stretta in vita da una cintura intrecciata. Al collo avevano brillato splendidi gioielli e i capelli erano stati acconciati in modo semplice, ma accurato. Rastor ricordava di aver sospirato, pensando a come quel banchetto sarebbe stata l’ennesima occasione, per la comunità magica e non, di ammirare Rowena e ignorare suo fratello.
Dopo aver attraversato il ponte levatoio, la carrozza si era fermata bruscamente nell’enorme e granitico cortile interno e i due Ravenclaw avevano sceso pochi ripidi gradini di legno.  Dentro l’ampia sala del trono erano stati investiti dal calore e dal chiacchiericcio dell’ambiente.
«Lady e Lord Ravenclaw!» aveva annunciato una voce imperiosa.
Rowena si era aggrappata al braccio del fratello e aveva salutato i presenti con brevi e calcolati movimenti della mano libera.
«Lady Rowena, è sempre un piacere rivedervi.»
Rastor era stato sicuro che a parlare fosse stato re Ethelred perché questi si era trovato in piedi accanto al trono, con una mano tesa in direzione della strega e l’altra stretta intorno al bordo di pelliccia del mantello, ma quella voce non aveva avuto nulla di regale. Era risuonata stentata, nervosa, quasi come se fosse stata pervasa dal timore di dire qualcosa di inopportuno.
«Mio signore» aveva salutato cortesemente Rowena, chinando la testa nella sua direzione, ben presto imitata dal fratello. A ben guardare, la strega non aveva distolto gli occhi dal re neanche per un attimo.
Non era un mistero che nel mondo della magia ci fossero persone che consideravano un affronto che tanti maghi e streghe dotati fossero sottomessi a un re babbano. Salazar Slytherin era il primo a pensarla in quel modo. Rowena condivideva alcune delle sue opinioni, ma aveva un atteggiamento molto più prudente.
«Musici!» aveva esclamato il re, battendo le mani. All’ordine del sovrano, alcuni uomini armati di salteri, vielle e arpe avevano iniziato a pizzicare o a sfregare le corde dei loro strumenti, e subito il grande salone di pietra era stato pervaso da una musica dolcissima.
Re Ethelred aveva esortato i Ravenclaw a raggiungere gli altri Fondatori, poi aveva gettato il capo all’indietro in una risata stridula e infantile, rischiando quasi di perdere la corona d’oro tempestata di gemme.
Dopo qualche tempo, ogni invitato aveva preso posto a tavola, la cui preziosa tovaglia era stata ingombra di piatti dorati pieni di selvaggina, polenta, funghi, patate, torte dolci e salate e mille altre leccornie.
Per permettere a tante persone di sedere insieme, la tavolata aveva avuto la forma di un ferro di cavallo. Era stato così che, tra una portata e l’altra, Rastor aveva studiato con lo sguardo le persone sedute davanti a lui. Era stato così che l’aveva vista per la prima volta. Fin da subito aveva notato che era come una gemma che rifulgeva in mezzo a tanti sassi di nessun valore. Si era trattato della donna più bella che avesse mai visto. I suoi capelli oro pallido erano stati raccolti in trecce elaborate intorno alle tempie che avevano lasciato scoperti il viso e il collo candidi. Gli occhi avevano brillato più delle pietre preziose della corona di re Ethelred, le labbra piene e rosse, il naso perfetto. L’incarnato era apparso costituito da raggi lunari, gli abiti che aveva indossato erano meno preziosi rispetto a quelli degli altri nobili, ma in confronto a loro quella dama era sembrata la più elegante.
Rastor aveva dovuto sbattere le palpebre più volte di fronte a quella visione ultraterrena, e l’appetito gli era passato quasi subito. La splendida dama era stata circondata da uomini che, come Rastor, avevano dimenticato ciò che avevano nel piatto, e che avevano fatto a gara per raccontarle le avventure più stupefacenti. La donna aveva osservato ora l’uno, ora l’altro avventore, aveva risposto con garbati cenni del capo, ma non era sembrata impressionata da nessuno di loro. Non appena la mente di Rastor aveva formulato quella considerazione, il mago aveva avvertito lo stomaco balzargli in gola e il cuore precipitargli ai piedi. Rastor aveva provato il desiderio di avvicinarsi a quella meravigliosa creatura, di parlare con lei, con l’intenzione di raccontarle storie molto più interessanti di quelle che erano uscite dalle bocche degli uomini che l’avevano circondata. Avrebbe dato qualsiasi cosa per chiedere al tempo di scorrere più velocemente, invece questo, come se si fosse accorto dei suoi spasmi, sembrava avere crudelmente rallentato.
Alla fine, come il Cielo aveva voluto, il banchetto era terminato e re Ethelred aveva dato ordine di aprire le danze. Dame e signori si erano posizionati ai lati opposti della sala e avevano iniziato una coordinata e pittoresca danza a carola.
La testa di Rastor aveva iniziato a girare molto più rapidamente dei suoi piedi, non aveva saputo se ciò fosse stato dovuto al vino che aveva bevuto o alla vicinanza con la bellissima donna che aveva adocchiato durante la cena. Seppe solo che avevano ballato finché lui non era stato sul punto di svenire.
Vistoria, questo era il nome che la dama aveva rivelato a Rastor a fine serata. Il mago avrebbe voluto sapere tutto di lei fin da subito, ma la donna era stata riservata e silenziosa. Anzi, Rastor aveva avuto quasi l’impressione che lei si fosse comportata in quel modo per giocare con lui, ma il suo profumo lo aveva inebriato così tanto che non si era posto troppe domande.
Quando la serata era terminata, Rastor era tornato a casa insieme a Rowena. Sua sorella si era accorta della sua espressione svagata e tutto le era apparso evidente, neanche il mago avesse avuto il nome “Vistoria” scritto dentro ogni pupilla. La strega aveva scosso il capo davanti a lui, quasi fosse stata delusa. Aveva rivelato al fratello che quella dama in realtà era una Veela, e allora tutto era stato più chiaro anche a Rastor stesso: il modo in cui aveva perso la testa per lei, tutti quegli uomini che si contendevano le sue attenzioni nella speranza di impressionarla, l’improvviso senso di leggerezza che aveva iniziato a provare in sua compagnia.
Rowena era stata sicura che, saputa la verità, il fratello non avrebbe più pensato a Vistoria. Invece non era stato così, perché Rastor sapeva di avere con lei un vantaggio rispetto a tutti gli altri signori che l’avevano circondata. Vistoria aveva ballato con lui, aveva parlato con lui, gli aveva rivelato il suo nome mentre con tutti gli altri aveva mantenuto l’anonimato. Rastor sapeva che la Veela aveva visto in lui qualcosa che nessun altro, mago o Babbano, aveva. Per una volta si era sentito straordinariamente bene, come se fosse stato migliore di chiunque altro, compresa la sua famosa sorella.
Rastor aveva avuto bisogno di rivedere Vistoria, di parlarle ancora. Aveva sentito la necessità di annusare di nuovo il fresco profumo della sua pelle e studiare nuovamente le sue iridi. Quegli occhi cerulei così straordinari erano stati ciò che del suo volto lo aveva colpito di più. Incurante delle raccomandazioni della sorella, Rastor era andato a cercarla.
Vistoria si era dimostrata felice di rivederlo e i due avevano trascorso dell’altro tempo insieme. Nelle occasioni successive in cui Rastor si era trovato in sua compagnia, aveva avuto la conferma del fatto che lei non prestava attenzione a nessun altro uomo. Era davvero rimasta colpita da lui, e glielo dimostrava con le sue cortesi attenzioni e delicate carezze. Qualche mese più tardi, Rastor l’aveva sposata senza chiedere il permesso a nessuno.
Lo avevano chiamato pazzo e incosciente, ma a lui non era importato mai nulla. Senza Vistoria non era che una persona infelice, e fino a quel momento non ci aveva mai badato. Quando lei era entrata nella sua vita però, gli aveva mostrato un modo di vivere che fino ad allora aveva ignorato. Come sarebbe potuto tornare a bere solo acqua dopo aver assaggiato il migliore e più pregiato dei vini aromatizzati? Non poteva fare a meno di Vistoria, la voleva accanto a tutti i costi.
Si erano sposati rapidamente e senza grandi festeggiamenti: a Rastor era bastato osservare le iridi chiare e limpide della sua sposa per avere tutto ciò di cui aveva bisogno.
Gli stessi occhi spalancati lo avevano scrutato con attenzione quando l’aveva fatta sua per la prima volta nella loro magione. Le giornate che Rastor trascorreva con lei gli erano sembrate un soffio delicato di aria frizzante e corroborante. Vistoria aveva continuato ad ammaliarlo e a farlo innamorare ogni istante di più, finché non era rimasta incinta, e allora qualcosa era cambiato.
Gli occhi con cui guardava il marito erano sempre freschi e cristallini, ma c’era qualcosa di diverso in lei, forse nella luce che il suo volto emanava, forse nella piega beffarda che le sue labbra carnose avevano assunto. Proprio nel momento in cui Rastor avrebbe voluto starle più vicino, la moglie era diventata scostante e nervosa. Irritabile e gelosa dei suoi spazi, aveva assunto un atteggiamento irriverente e superbo che non era mai stato suo, o forse che il marito non aveva mai notato prima.
Le parole di Rowena gli erano tornate alla mente più volte, mordendogli il cuore con denti incandescenti: le Veela non erano creature così incantevoli come sembravano, e l’uomo se ne stava iniziando a rendere conto. Troppo orgoglioso per ammettere il suo errore, probabilmente convinto di poter risolvere quella questione da solo, Rastor non aveva chiesto aiuto a nessuno, men che meno a sua sorella.
Vistoria aveva portato a termine la gravidanza senza problemi e dato alla luce il figlio di Rastor. Appena nato non aveva avuto l’aspetto raggrinzito di ogni neonato, ma la sua pelle era chiara e splendente, inoltre aveva gli stessi capelli dorati della madre. Se nel guardare Vistoria Rastor si era detto che non ci fosse creatura più bella in tutto l’universo, aveva scoperto di essersi sbagliato. Il loro bambino, Roderick, aveva un aspetto ancor più stupefacente.
Rowena era stata la sua madrina e, nonostante Rastor si fosse sforzato in tutti i modi di nasconderle l’atteggiamento costantemente irritato di Vistoria e i suoi scoppi d’ira, la sorella era troppo sagace per non accorgersi di niente. Aveva offerto al mago il suo aiuto per controllare la moglie, ma lui, stupido e orgoglioso fino alla fine, lo aveva rifiutato, negando strenuamente  quell’aspetto orribile della sua metà.
Ogni volta che Vistoria si arrabbiava e perdeva il controllo, il marito si sforzava di ignorare le suppellettili scagliate a terra, le urla che risuonavano tra le pareti di pietra della magione, la tappezzeria ridotta a brandelli, persino i graffi rossi che le sue unghie tracciavano sulla sua pelle.  Fingeva che nulla di tutto quello fosse reale, afferrava la moglie e la costringeva tra le sue braccia finché non si calmava. Lo faceva per il loro bambino, lo faceva perché sapeva che lei non era tutta rabbia e violenza, perché sperava di rivedere in lei la splendida creatura che lo aveva incantato durante il banchetto di re Ethelred.
Quando Rastor capì che così non sarebbe stato, non si era perso comunque d’animo. Si era convinto di aver trovato la soluzione ai loro problemi: Vistoria non avrebbe potuto cancellare quel lato di lei dedito agli scoppi d’ira e ai comportamenti perversi, ma, quando Rastor la teneva tra le braccia, smetteva di dibattersi e tornava mansueta. A lui bastava guardare ancora una volta i suoi occhi cerulei, specchi d’acqua in cui si rifletteva un cielo terso e luminoso, per sapere che avrebbero superato insieme anche quella crisi.
Anche in quel momento Rastor aveva le braccia arcuate intorno al suo torso, ma non stringevano niente. Nelle orecchie aveva il pianto disperato di Roderick, nelle narici odore di bruciato. Aveva la terribile sensazione che fosse accaduto qualcosa di spaventoso, come se una Banshee stesse piangendo al suo orecchio tutta la sua disperazione. Sentiva freddo.
Davanti al suo volto c’era quello di Vistoria. Non era più di una bellezza angelica, anzi non era affatto bella. Rastor sentì le ultime briciole di calore abbandonare il suo corpo, e lei corrugò la fronte in un’espressione cattiva. Le erano spuntate delle enormi ali nere e squamose, che muoveva nervosamente nella direzione del marito.
Rastor guardò i suoi occhi nell’estrema speranza di vedere in essi i ben noti laghi di montagna, ma le sue iridi questa volta erano rosse come oceani di fuoco.
Il mago distolse lo sguardo e abbassò la testa. Al centro del suo petto c’era un grande foro dai bordi frastagliati, bruciacchiati e ancora fumanti.

«Ho sentito delle grida, cosa è successo?»
Rowena, che camminava avanti e indietro calcando con decisione il pavimento di pietra, si era fermata di botto. Era la terza volta che pronunciava quella frase quella sera, e fino a quel momento Salazar l’aveva accusata di essere troppo suggestionabile. Quella volta invece Slytherin era balzato in piedi, rovesciando il sedile intagliato che aveva occupato.
«Rastor!» esclamò Rowena, portandosi le mani alla bocca. «Salazar, deve essere successo qualcosa. Dobbiamo andare a vedere.»
Braccia ricoperte da velluto verde bottiglia ricamato con motivi d’argento scattarono in avanti, il mago afferrò le spalle della strega forse con più foga di quanto avesse inteso.
«Andrò io.»
Annuì come a voler convincere Rowena della decisione che lo animava a dispetto degli infausti presagi della donna. Si voltò facendo turbinare il suo lungo mantello nero e in pochi passi raggiunse e superò l’arco a sesto acuto della porta.
Per qualche istante, Rowena fu incapace di muoversi. Le urla che aveva appena udito, giunte attutite attraverso almeno quattro mura di spessa pietra, continuavano a risuonarle nelle orecchie.
La strega si guardò intorno, come se  non avesse mai visto prima di allora i profili di marmo del camino e la cornice dorata dello specchio che si trovava davanti a lei. Il cuore le batteva nel petto a una frequenza drammatica. Salazar era lì per lei, era l’unico a conoscere per sommi capi i problemi di Rastor. Lei non avrebbe voluto che un estraneo entrasse nelle beghe di suo fratello e di sua cognata, ma Salazar avrebbe saputo cosa fare, e poi non era neanche totalmente un estraneo.
Preoccupata e furiosa con se stessa, Rowena si era resa conto che non riusciva più a ragionare lucidamente e con distacco. Senza riflettere, afferrò la bacchetta che aveva poggiato sul ripiano del camino e sparì attraverso la porta che aveva inghiottito Salazar.
Man mano che procedeva lungo i corridoi della magione, illuminati dalla tremolante e insufficiente luce delle torce appese alle pareti, la strega sentiva la sua ansia crescere. Non aveva più udito alcun urlo, ma, inspiegabilmente, la cosa non la tranquillizzava affatto. Avrebbe dovuto incontrare Salazar, Rastor o Vistoria, ma i corridoi erano deserti.
Quando Rowena giunse dinanzi alla porta della stanza destinata al piccolo Roderick, si accorse che era spalancata. Un acre odore di carne bruciata le raggiunse le narici e la fece tossire, ma la strega non riusciva a vedere alcuna colonna di nero fumo. Avvertendo il cuore balzarle in gola, Rowena si affrettò dentro.
Ciò che vide la congelò istantaneamente al suo posto.
Il corpo di suo fratello Rastor giaceva bocconi sul pavimento, con un foro di diversi centimetri di diametro al centro del petto. La ferita era circondata da orrende piaghe sanguinolente e brandelli di pelle bruciata. Gli occhi erano riversi nelle orbite e sul suo viso Rastor aveva un’espressione di puro stupore.
Troppo sconvolta per distogliere lo sguardo, Rowena si portò le mani alla bocca e fu scossa da un singhiozzo. In quel momento udì il rumore di qualcosa che veniva rovesciato e di un vetro che si rompeva. La strega alzò di scatto la testa e urlò.
Vistoria aveva una gamba già a cavallo del parapetto di colonne di pietra e si stava apprestando a saltare giù. Ma sua cognata aveva un aspetto molto diverso dal consueto: la sua chioma era scompigliata e sembrava aver perso la solita tinta d’oro pallido, i lineamenti del volto erano sfigurati dalla rabbia e dalla ferocia tanto da darle l’aspetto di un rapace, sul becco affilato scintillavano due inquietanti occhi rossi. Eppure, nonostante la Veela fosse quasi irriconoscibile, una parte di Rowena urlava disperatamente che quella creatura mostruosa era proprio Vistoria, e che questa stava stringendo tra le braccia suo figlio. Quel mostro aveva appena ucciso suo fratello e si stava apprestando a sparire nella notte con suo nipote.
«Salazar, ti prego, aiuto!» urlò Rowena così forte da sentire la gola bruciare.
Vistoria era lì, troppo lontana da lei, che sentiva le gambe bloccate da quello che poteva essere l’Incantesimo della Pastoia migliore del mondo, mentre le braccia erano protese verso la finestra e le dita della sua mano sinistra si aprivano e chiudevano spasmodicamente, cercando di afferrare l’aria. La destra impugnava la bacchetta, ma il cervello della strega era un foglio bianco sul quale non era scritta alcuna parola: quello strumento in quel momento era utile quanto un comune bastoncino di legno.
Una macchia scura superò la figura pietrificata di Rowena, alcune scintille proruppero da una bacchetta, seguite da una serie di palle di fuoco esplose dai palmi della Veela. La strega strizzò gli occhi e si strinse istintivamente le mani intorno alle spalle mentre le sue labbra ebbero abbastanza prontezza da declamare un “Protego”. Le sue orecchie percepirono altri sibili, alcuni tonfi e infine il frusciare delle foglie, poi tutto tornò silenzioso.
Senza accorgersene, Rowena ricominciò a piangere prima di aprire le palpebre. Quel mostro di Vistoria era fuggita con suo nipote e lei non avrebbe potuto raggiungerli mai più. L’angoscia saliva come una marea crescente e inarrestabile e arrivò a chiuderle la gola.
«Rowena… Rowena, apri gli occhi!»
Un braccio le scosse energicamente la spalla. La strega mosse disperatamente la testa, poi spalancò le palpebre. Davanti a lei, Salazar la guardava con espressione contratta e fronte corrugata. Tra le braccia teneva il piccolo Roderick che piangeva disperatamente.
Rowena aprì e richiuse la bocca più volte, incapace di proferire parola, poi strinse con tutta la sua forza il nipote che Salazar le aveva appena depositato tra le braccia.
Vistoria era sparita e il bambino era salvo, ma lo spavento era stato enorme, e suo fratello era ancora su quel pavimento. Rowena premette la fronte contro la guancia paffuta del nipote e si lasciò scuotere da singhiozzi senza lacrime come se fossero stati una tempesta.
«Roderick è al sicuro adesso» disse Salazar.
Il tono che aveva usato era risuonato asciutto e piatto come al solito, ma in esso c’era una nuova sfumatura che sapeva di umana comprensione. Il mago avvicinò Rowena a sé e le cinse le spalle, mentre questa continuava a stringere il bambino come se ne andasse della sua vita. Le accarezzò la testa e le baciò i capelli, continuando a tenerla tra le braccia.
«Me l’hai salvato…» mormorò la strega tra i singhiozzi.
Qualcosa dentro di lei le diceva che sarebbe stata sua eterna debitrice.




NdA: Ethelred l'Impreparato è un personaggio realmente esistito, che fu re d'Inghilterra dal 978 al 1016, con interruzione di un anno. Nel banchetto da lui organizzato ho infilato sia maghi che Babbani, questo perché lo Statuto di Segretezza fu approvato nel 1692 e prima dell'Inquisizione non c'erano stati problemi di "convivenza". Basti pensare a Merlino, mago in mezzo a re Artù e i suoi cavalieri, che erano Babbani.
Per quanto riguarda i Fondatori, ho preferito lasciare i nomi originali perché personalmente non sopporto quel pasticcio che ha fatto la traduzione italiana con Priscilla/Cosetta/Corinna Corvonero.
Questa storia partecipa al contest "Gary Stu, noi ti amiamo", ragione per cui il mio protagonista, Roderick, avrà tutte le carte in regola per essere un Gary Stu, non dovrà però comportarsi da tale. In particolare, i pacchetti che ho scelto, contenenti le caratteristiche del mio protagonista, sono i seguenti:
- Origine familiare: nipote di Rowena Ravenclaw
- Aspetto fisico:  fisico perfetto senza fare palestra o altro
- Vita accademica: l'OC preferisce il Quidditch o altre attività allo studio, così chiede sempre l’aiuto dell’amico/a di turno, che inevitabilmente cede perché innamorato/a di lui
- Meriti e glorie: solo Prefetto
- Casa: Serpeverde
- Relazioni sentimentali: dopo una lunga storia con una ragazza, la lascerà sull’altare per la sua migliore amica, scatenando la gelosia della sposa abbandonata
- Doti particolari: sa ammaliare gli altri più delle Veela
- Bonus: per metà Veela
   
 
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