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Autore: fiore di campo    29/09/2013    0 recensioni
-Ti prego, Caelynn, non fare niente che possa metterti in pericolo. Ora che ti abbiamo ritrovato, non permetteremo che tu te ne vada di nuovo. Troppo a lungo siamo rimasti separati. Ci prometti che non tenterai in nessun modo di fare qualcosa di azzardato? Caelynn, ce lo prometti?-
Guardandolo negli occhi, gli dico decisa: -Fidatevi di me, andrà tutto bene.-
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi chiamo Caelynn Hogan, o Soggetto 12458, il numero che mi hanno appioppato quelli del Centro appena ho varcato la porta. Ho un braccialetto metallico con il mio numero e con la mia sezione, che se provassi a togliere farebbe scattare un allarme capace di distruggermi i timpani in otto secondi.
Sono ormai passati sette anni da quando mi hanno rinchiusa, e posso considerarmi una delle più longeve qui dentro. Molti sono morti dopo due mesi neanche, ma io ho resistito, anche se non so bene come. Di quelli che conoscevo già da prima del Centro di Ricerca e Sviluppo, sono sopravvissuti solo Stephan Sadler e Lydie MacGreth, ma non li vedo più da molto tempo. Siamo in sezioni separate -loro sono nella L, area 28, e io nella H, area 15-, e l’unico momento in cui potrei parlare con loro sarebbe durante i pasti. Ma dopo che ci hanno portato qui, i nostri rapporti si sono allentati, forse per la frustrazione o perché nessuno di noi vuole parlare dei propri ricordi felici che avevamo vissuto nell’infanzia. Non abbiamo molto altro di cui parlare.
Lydie e Stephan, però, si siedono vicino ad ogni pasto e sembrano trarre forza l’uno dall’altro. Si sostengono a vicenda, e il Centro non sembra volerli separare, almeno per il momento.
Io, invece, sono rimasta da sola, ma mi va bene così. Se stessi con qualcun altro, dovrei condividere i miei dolori, le mie debolezze e i miei problemi, e tutto ciò mi distruggerebbe. Vedrei la pietà negli occhi degli altri e proverei pietà a mia volta. E crollerei dopo due giorni.
Se sono riuscita a rimanere viva per tutto questo tempo, è solo perché mi sono aggrappata alla speranza che un giorno avrei trovato il modo di scappare da lì, sebbene non avessi la minima idea di quali fossero i punti deboli del Centro. Quando mi sembrava di impazzire dalla disperazione e dalla rabbia, chiudevo gli occhi e mi supplicavo di resistere soltanto un altro pochino, fino a quando tutta quella storia fosse finita e sarei potuta tornare a casa.
Anche se dei miei genitori non so niente, potrebbero anche essere morti, per quel che so. In questi sette anni, sono rimasta sola, ma ho imparato a convivere con la solitudine. Anche se spesso, quando sono a letto e non riesco a dormire, chiudo gli occhi e immagino di essere a casa, cercando di ricordare il profumo della cannella e dell’erba tagliata.
L’ultima volta che ho visto i miei genitori è stata la mattina stessa in cui mi hanno portata via. Era autunno, e ricordo che mia madre stava raccogliendo le castagne cadute, mentre mio padre falciava il prato del nostro piccolo giardino. Avevo dieci anni, e pensavo che oltre i cancelli della nostra piccola città il mondo finisse in  un baratro.
Avevo un fratello, Derry, più piccolo di me di tre anni. Chissà che fine ha fatto. Io e lui eravamo molto simili: stessi capelli rossi, stessi occhi sull’arancione dorato, ma lui era infinitamente migliore di me sotto ogni punto di vista. E forse mi manca più lui dei mie genitori. Per fortuna si è salvato alla mia tragedia, perché qui al Centro non l’ho mai visto, e questo è l’unico lato positivo di tutta questa storia.
Ma non posso tornare da loro. O meglio, non ancora. Il Centro è ossessionato dal non far scappare nessun Soggetto, al punto che la sera bloccano ogni porta in modo che nessuno possa uscire, e le poche finestre che ci sono per far entrare un po’ di luce sono sbarrate da spesse grate di una lega speciale che non può essere spezzata. E’ praticamente impossibile sfuggire alle loro grinfie.
Ma negli ultimi mesi ho fatto un passo avanti per il mio piano di fuga. Ho notato che ci sono alcune zone del Centro in cui basta stendersi a terra contro il muro per superare le videocamere di sorveglianza senza essere visti. E’ strano, perché sapendo la loro fissa per la sicurezza di noi soggetti non avrei mai pensato che potessero essere così approssimativi con i controlli e la sorveglianza. Ma probabilmente pensavano che saremmo stati tutti troppo deboli e disperati per poter notare questi dettagli.
Evidentemente non mi conoscono, non sanno quanto ci tenga a distruggerli con le mie stesse mani.




Angolo dell'autrice: questa storia è la prima cosa seria a cui mi dedico dopo un mucchio di bozze lette e rilette, e infine scartate. La buttai giù un pomeriggio d'inverno in cui mi sentivo particolarmente giù di morale, e dopo averla riguardata decisi di lasciarla stare, perché pensavo non avesse futuro. Tuttavia, in questi giorni l'ho ritrovata  e mi sono decisa a pubblicarla. Nonostante non sappia ancora dove andrà a parare, spero possa piacervi e affascinarvi! PS: vi sarei davvero molto grata se poteste recensire e dirmi cosa ne pensate!
fiore di campo :)
  
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