Dicembre.
Dicembre è il dodicesimo e ultimo mese dell’anno secondo il calendario gregoriano, e il primo d’inverno nell’emisfero boreale.
In un’antica tradizione rumena, il Martisor, nome che vuol dire “piccolo marzo”, è un portafortuna che si regala alle persone care alla fine dell’inverno. E’ un piccolo fiore bianco e rosso intrecciato con fili di cotone, che portato vicino al cuore propizia e ricorda l’amore.
Ancora lo conservo sul vecchio cassettone di mogano, quello accanto alla finestra. Una vecchia lettera ingiallita, quella lettera che aspettai con il cuore in gola e il battito perennemente irregolare, era in vista accanto ad una pila di libri. Non ho mai avuto il coraggio di leggerla. Forse perchè era come esorcizzare i demoni del passato o semplicemente perchè non ero pronta ad andare avanti. In fin dei conti come potevo?
Faccio quello che devo fare e poi mi giro posizionandomi davanti allo specchio. Incrociai il mio stesso sguardo, gl’occhi grigi, da guarriera, mi guardarono in modo truce, rimproverandomi silenziosamente. 
Ero cambiata, si, ma quanto si può cambiare in un anno? A stento mi riconoscevo.
Non avevo più l’aria della ragazzina sprovveduta della porta accanto, non ero più infantile e insicura.
Mi accarezzai lentamente il fianco sinistro chiudendo l’occhi. No, non ero più la stessa di un anno fa. Erano successe troppe cose, troppe cose che non ero disposta a perdere e a dimenticare.
La porta si aprì lentamente accompagnata da un cigolio. Una testina ricciola sbucò facendo capolino.
La poca luce del crepuscolo che filtrava dalla finestra illuminò il sorriso con la finestrella della bambina che mi guardava con gl’occhi curiosi da cerbiatto.