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Autore: travelbybooks    29/09/2013    2 recensioni
Noah e Lily non si conoscono, fino a quando un fortuito (o sfortunato) evento non li fa scontrare casualmente sull'espresso per Hogwarts. Ed è qui che inizia tutto... o finisce qualcosa?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Benvenuti in questo profilo dimenticato (e mai considerato in realtà, visto che è nuovo e pulito in modo scandaloso) da Dio.

Vi metto queste piccole note iniziali:

  • I personaggi e le ambientazioni di questa storia non mi appartengono, ovviamente. Vengono dalla geniale penna di J.K. Rowling e dalla sua innegabilmente illimitata fantasia. Nemmeno il nuovo personaggio introdotto in questo prologo mi appartiene, in quanto “proprietà” del suo player, Luca (Ciao Luca!).

  • La caratterizzazione non è completamente frutto della mia immaginazione.
    Potrebbero, ogni tanto, comparire comportamenti e/o citazioni di alcuni players presi a caso e che mi son rimasti, come dire, impressi. Giuro solennemente che cercherò di ridurre al minimo queste sottospecie di violazione di copyright, e spero che le poche persone che si ritroveranno coinvolte non me ne vogliano.

  • La storia, ahimè, non è completa e non so se riuscirò a pubblicare una volta a settimana visti gli impegni che mi porta la scuola. Magari una ogni due? Cercherò di fare del mio meglio.

  • Amiamo tutti Tina per lo splendido banner che mi ha creato di sua spontanea volontà e al gruppo del WP per avermi aiutata con il nome. Un vassoio di biscotti a forma di panda tutto per voi.

  • Sono un asso nel divagare. Enjoy!



     


    Lei era l’alba.
    Lui l’ora che la precedeva.
    Lei era vivace.
    Lui fingeva di esserlo nella maggior parte dei casi.
    Lei era la personificazione della libertà.
    Lui era limiti e solo limiti.
    Lei credeva.
    Lui credeva solo che credere fosse inutile.
    Loro erano vicini come nessun altro, eppure erano così diversi tra di loro da essere distanti.

     

    Prologo.

     

    “Sei ancora nel mondo dei vivi, Lily?”
    La voce di Albus le arrivò alle orecchie soffocata, ovattata, come se provenisse lontana anni luce dal punto in cui si trovava. Lo sentì spostarle una ciocca di capelli rossi e sdraiarsi accanto a lei, sul prato del giardino sul retro di casa Potter.
    Una casa piccola, nella periferia di Londra, ma viva.
    Vissuta, senz’ombra di dubbio.
    Mai senza un suono.
    Poteva nettamente distinguere, ora che era stata riportata alla realtà dalla voce di suo fratello, il rumore del forno acceso in cucina e James che imprecava contro lo schermo di un aggeggio babbano che gli era stato regalato da nonno Arthur per il compleanno, con la premessa che tra i suoi coetanei non-magici era un oggetto molto in voga... chellulare? Non ne aveva la benché minima idea. Sapeva solo che il maggiore stava ancora cercando di capire dove diamine si trovassero i tasti da premere, e lo sbuffo sonoro che giunse dal salotto le fece prospettare una resa.
    1 a 0 per il coso.
    La ragazza, allora, riportò gli occhi a guardare le stelle, esternando nuovamente i rumori. A fissare quei puntini brillanti, immobili e splendenti nel buio. Piccoli diamanti incastonati in un infinito lenzuolo blu notte, magnetiche e meravigliose. Perfette.
    Lily strinse un ciuffo d’erba ancora umida nella mano quando, finalmente, ne vide una.
    Una stella cadente tra milioni (miliardi?) immote.
    Sollevò una mano, le dita affusolate e pallide protese verso il manto celeste.
    “L’hai vista, Albus?”
    Il ragazzo sembrò riscuotersi e poi annuì, certo che la sorella lo stesse scrutando con l’angolo dell’occhio. Il bagliore cinereo della luna rendeva i loro lineamenti accentuati, inondando le loro figure.
    E poi una voce, proveniente da dietro, spezzò l’aria.
    “Ragazzi cari! Venite in casa, ho preparato la mia specialità culinaria: biscotti al cocco senza cocco!”
    Scoppiarono a ridere insieme, mentre si alzavano e si affrettavano a rientrare, la scia luminosa impressa nelle loro menti, un muto desiderio sussurrato a basso tono e l’unica certezza che loro madre, in cucina, era terribile sotto ogni prospettiva.
    Almeno Lily aveva qualcuno da incolpare per le sue doti da cuoca incompresa e la carriera da Master Chef che voleva da bambina stroncata sul nascere (“Quando ti ritroverai Gordon Ramsay nel ristorante fammi fare un autografo!” le aveva detto una volta Hugo, mentre la cugina sfornava l’ennesima teglia di biscotti bruciacchiati e li posava su uno degli ultimi spazi piani disponibili nella stanza. No, doveva davvero trovare un’alternativa.)

    *

    “Signorino Nott...-”
    Nathan sospirò, gli occhi chiusi, le dita che intrecciavano le lenzuola con fare assente.
    “Mickey, non verrò a cena. Riferiscilo al cuoco. Visto che oggi non ci sono i miei genitori, non ho nessun obbligo a cui attenermi. - Pausa. La presenza dell’elfo appena dietro la porta chiusa. - Non insistere.”
    Avvertì dei passi percorrere il corridoio, per poi sparire quando la figura si era fatta più lontana. Solo nella sua stanza, di nuovo.
    Una cosa sempre più frequente, nonostante provenisse da una famosa famiglia magica di nobili origini a cui si attribuivano forti legami di sangue e ideali. Come se importasse solo questo.
    Si alzò pigramente, il viso rivolto alla finestra. Aveva sentito un gruppo di ragazzi babbani organizzare un campeggio per la sera mentre passava per Londra quel pomeriggio, con una falsa scusa per stare lontano da Nott Manor, in occasione della notte delle “stelle cascanti” o qualcosa del genere. E si era fermato vicino a una tipica cabina rossa, mentre li ascoltava parlare dei desideri che avrebbe espresso alla vista di quel fenomeno. Li avrebbe presi per pazzi se non avesse saputo che il popolo dei senza poteri era pieno di usanze di quel tipo, senza un senso logico. Non ne aveva mai capito l’utilità, o perché volessero credere che oltre alla facciata scura della vita ne esistesse una nascosta e colorata dei colori più belli del mondo. Non esisteva, ne era certo. Illusi, erano solo quello.
    Spostò la tenda, quel tanto che bastava per far intravedere un pezzo scuro della coperta celeste che avvolgeva la Terra oltre il vetro della finestra.
    Ferma, immobile e calda.
    Accogliente, stretta, unita; tutto quello che la sua famiglia non era mai stata e mai sarebbe diventata.
    Ma allo stesso tempo lui la vedeva così fredda e vuota da far svuotare lui stesso. Gli astri erano così grandi da far sentire patetici gli uomini eppure troppo lontani per toccarsi e stare insieme. Che senso aveva tutto quello spazio di anni e anni luce inutilizzato? Superfluo. Noioso. Monotono.
    Una lucina diversa dal resto saettò veloce e scomparì poco dopo. Una di quelle stelle qualcosa.
    Immaginò l’infinità di persone che, in quel momento, stavano sperando che i loro sogni si avverassero grazie a un pezzo di roccia che prendeva fuoco all’impatto con l’atmosfera terrestre. Stupidi esseri non-magici. Quelle erano meteore attratte dalla gravità del pianeta, non stelle filanti, correnti o come diamine si chiamavano. Nathan Nott non avrebbe mai affidato i propri desideri a una stella che non era nemmeno una stella per poi ritrovarsi a mani vuote e illuso.
    Che gusto c’era?
    Erano cose così ingenue, così umane da dargli ribrezzo.
    Chiuse la tenda di scatto facendo risprofondare la stanza nel buio, per poi cercare a tentoni il letto e risistemarsi sul materasso in malo modo. Chiuse gli occhi e sperò di addormentarsi presto, per porre fine a quell’ennesimo fallimento di giornata che ormai erano la routine della sua intera esistenza. Superflua, noiosa e monotona, proprio come tutto lo spazio vuoto che aveva il potere di farlo sentire ancora più insignificante di quanto già non si credesse.
    Ma il sonno lo prese a sé, facendogli spegnere il cervello.
    Ci avrebbe ripensato l’indomani.
    O forse no.
    Non gli importava.

  
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