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Autore: Walter Simmons    29/09/2013    1 recensioni
Che mistero. Che straordinaria, e storica, e magnifica invenzione è stata, quella dei luoghi di passaggio.
Ma nessuno ci fa mai caso. E nemmeno io l'avrei fatto, se non l'avessi incontrata.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un giorno conobbi quella ragazza, sì, un giorno. Uno di quei giorni di passaggio, in cui non sai bene se è ancora estate o è già arrivato l’autunno. Il cielo, come tutti noi, del resto, era spezzato a metà. Da una parte, il limpido azzurro dell’estate che stava per finire, dall’altra, le minacciose nubi grigiastre, ambasciatrici dell’autunno imminente. Conobbi quella ragazza in un giorno così, e molti studiosi e autori e conoscitori potrebbero dire che non è vero, che ho scritto così solo per costruire una metafora, che in realtà non conobbi davvero quella ragazza in un giorno come quello.  L’estate rappresentava l’infanzia, che ancora c’era ma era in procinto di finire, e l'autunno l'adolescenza, l'età adulta insomma, l’essere responsabili di sé stessi che ancora mi appariva come un cumulo di nubi grigie.
Ma non è così. Conobbi quella ragazza proprio quel giorno. Non che prima di quel giorno non la conoscessi, s’intende.
Mi sa che adesso, cari studiosi e autori e conoscitori siate un po’ confusi, nevvero? Potete ammetterlo, non sono una che giudica.
Ricominciamo.
Conobbi sul serio quella ragazza in un giorno di passaggio, in uno di quei giorni in cui non si sa bene se è ancora estate o se è già arrivato l’autunno. Ero con la mia classe, e c’era quella bravissima professoressa di cui ora mi sfugge il nome, che aveva capito che nell’ultima ora del primo giorno di scuola non si possono costringere dei ragazzi - perché quello eravamo, ragazzi, solo ragazzi, né bambini né adulti, solo ragazzi -  a restare in classe. E, sebbene in quella parte di cielo ci fossero quei nuvoloni così minacciosi, l’altra metà era limpida e serena e il sole splendeva fulgido sopra la nostra giovinezza.
Cominciate un po’ a capire, vero? Insomma, voi, studiosi, autori, conoscitori, dovreste già aver capito.
No? Allora continuo.
Eravamo tutti là, chi steso, chi seduto, chi in piedi; c’era chi correva, chi saltava, chi semplicemente conversava, ignaro dell’infinita fortuna che avrebbe portato a me – a me, solo a me – quel giorno di passaggio.
Ma, come al solito, sto divagando. Dov’ero? A, sì, i miei compagni di classe. Io.
Ero seduta sull’erba, e chiacchieravo, come se nemmeno io fossi davvero cosciente di ciò che stava accadendo. Ora, se ci ripenso, non so come ho potuto stare lì, a chiacchierare, per tutto quel tempo senza accorgermi di lei.
La conoscevo da parecchio tempo. Pomeriggi di studi insieme, e progetti scolastici, e risate durante gl’innumerevoli intervalli non m’avevano mai fatto capire chi fosse davvero.
Ma lì, oh, lì, stesa su quel prato, vicino ai piedi della professoressa, sì, quella professoressa, quella brava di cui adesso mi sfugge il nome… lì, stesa su quel prato, in quella storica giornata di passaggio, la conobbi davvero. Il sole le illuminava solo mezzo volto, e l’altra metà era in ombra, sapete, per via di quelle grosse nubi. Non so che faccia posso aver fatto, in quel momento.
So solo che non c’è stato, mai, nemmeno una volta, da quella memorabile mattina di passaggio, un giorno in cui io non abbia pensato a lei.
Non era particolarmente bella, né particolarmente brutta, era intelligente e brillante di una brillantezza che era speciale, era una ragazza – sì, una ragazza – che insieme era bambina e donna e vecchia.
Nel suo occhio illuminato vidi una felicità straripante, coinvolgente, appassionante… una felicità così estremamente viva da poter affermare con certezza che nessun altro occhio al mondo potesse esprimere tutta quella voglia di vivere e di non lasciarsi vivere da altri.
Nell’occhio in ombra, vidi invece quella pacatezza tipica degli anziani, quella pazienza che solo tantissimi anni di esperienze e gioie, e, sì, anche dolori, possono lasciare negli occhi di qualcuno.
Nell’occhio in ombra c’era tutto ciò che non sarebbe mai potuto esserci nell’occhio illuminato, e viceversa, perché la tenerissima pazienza non è tipica di una vita che sboccia e la vitalità abbagliante è inconsueta in un percorso lungo che sta per finire.
Quei due occhi erano così diversi che ancora stentavo a credere che appartenessero alla stessa persona. Senza accorgermene, mi ero alzata, avevo abbandonato in mio gruppo di chiacchiere e mi ero avvicinata a lei, a lei, che, ignara dell’effetto che i suoi occhi – quegli occhi grandi come bussole - avevano su di me, se ne stava lì, stesa, vicino ai piedi della professoressa che seduta parlava al telefono.
Non s’era accorta di me.
Cari studiosi, cari autori, cari conoscitori: preparatevi a quello che sta per succedere.
S’accorse.
Parlò.
Come gli occhi suoi, anche le parole che uscirono da quelle labbra, da quella bocca di ragazza – sì, ragazza - , da quella bocca che si innalzava a quindici anni di altezza dal suolo, mi stupirono.
Ho ripensato a quel giorno, a quella mattina, a quel momento ogni attimo della mia vita. Anche quando i suoi occhi e la sua bocca si sono innalzati a venti, quaranta, settant’anni d’altezza dal suolo, io le sono rimasta accanto, e ho ripensato a quel momento.
Ora, finalmente, capisco.
Conobbi quella ragazza in un giorno di passaggio, e quel giorno, capii - davvero - cos’era, un luogo di passaggio.
Come quel giorno collegava l’estate e l’autunno, due stagioni così diverse fra loro, c’era una cosa che collegava quei suoi occhi, oh, sì, quegli occhi che sembravano distanti anni luce.
Le sue parole.
Strano che io l’abbia capitolo solo ora, cari autori, e studiosi, e conoscitori.
Forse avevate ragione, la mia era solo una metafora, che alludeva ai luoghi di passaggio, come quel magnifico giorno fra l’estate – l’infanzia – e l’autunno – l’adolescenza, l’età adulta -.
Ma posso giurare che quel giorno era proprio così, come l’ho descritto.
Perché, ditemi, come si fa a dimenticare com’era il giorno in cui una bocca – una bocca di ragazza -
ti mostra il significato dei luoghi e dei momenti di passaggio, dicendo solamente
- Che bella vita, che avremo noi due.  
  
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