Anime & Manga > Il mistero della pietra azzurra
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Autore: Hastatus    30/09/2013    0 recensioni
La curiosità spinge sempre a cercare risposte. Una soffitta insolita, un baule, un ragazzino. Chi non ha mai frugato tra i ricordi della soffitta di casa...?
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jean Luc Lartigue, Nadia Ra Arwol
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Andare in soffitta gli risultava un’impresa non da poco. Al di là delle difficoltà familiari – suo padre non voleva che vi andasse da solo – era presente anche una serie di ostacoli materiali, non ultimo una scala mobile difficile da gestire a causa della sua tendenza a rompersi nei momenti meno opportuni.

Insomma, per Claude non era affatto facile andare in soffitta, ma quella stanza lo attirava come una calamita attira dei chiodi di ferro. Suo padre vi spariva per ore, e quando tornava aveva quasi sempre tra le mani qualche nuovo marchingegno interessante.

Fu così che, in una splendida e ventosa mattina di aprile del 1909, l’undicenne Claude ebbe la sua occasione. Mentre il padre sperimentava un piccolo aliante nella vicina costa e la madre stendeva il bucato (lanciando di quando in quando occhiate di disapprovazione all’indirizzo del marito), il ragazzo ebbe il campo sgombro. Corse in punta di piedi fino alla scala mobile, ma non la attivò azionando la leva. Così poté salire alla chetichella senza fare rumore e trovarsi, per la prima volta, in soffitta da solo.

 

L’aveva già vista con suo padre, ma ne rimase nuovamente meravigliato. Prototipi di alianti erano appesi al soffitto, e una vasta gamma di macchinari, piccoli e grossi, cubici e dalle strane forme, si trovava sparsa qua e là senza un ordine preciso.

Nonostante si trovasse lì di nascosto, Claude non osava toccare nulla. Ricordava le raccomandazioni di suo padre sulla potenziale pericolosità di quelle macchine, senza contare che più di una volta aveva visto svanire il suo volto in una voluta di fumo scuro causata dall’esplosione di qualche loro componente. Così si limitò a girovagare curiosando qua e là.

Una nota di discontinuità lo rese perplesso. Nel mezzo di quel parapiglia ultratecnologico si trovava un baule piuttosto vecchio, a giudicare da quanto era usurato. Era fatto di legno, rinforzato sugli spigoli da placche di stagno, rivestito sui quattro lati di sughero scolorito. Claude si avvicinò, e scoprì che non era affatto chiuso a chiave. Spinto da una feroce curiosità, lo aprì trattenendo il respiro e, nell’oscurità dei suoi anfratti, fece in tempo a scorgere quella che sembrava una piastrella. Poi trasalì, e quasi si schiacciò le dita tra il baule e il coperchio, perché sua madre lo chiamava a gran voce, cercandolo. Claude attese qualche istante, finché non udì i suoi passi allontanarsi. Poi scese con attenzione dalle scale, cercando di non fare rumore.

 

“Eccoti! Ma che fine avevi fatto?”

“Ehm. Io … giocavo con King”

 

Nadia lo squadrò da capo a piedi.

 

“Capisco. Claude, papà voleva che lo raggiungessi. Il suo aliante funziona, e voleva mostrartelo”

 

“Che bellezza!”

 

Claude partì a razzo fuori di casa, diretto dal padre. Nadia lo guardò allontanarsi, e dalla finestra lo vide raggiungere Jean. Non poté fare a meno di sciogliersi in un sorriso affettuoso.

 

*

 

Claude rientrò in casa dopo un paio d’ore, sudato ed esausto. Con il padre, avevano continuato a collaudare l’aliante meccanico, e ogni volta dovevano correre per andare a recuperarlo e lanciarlo di nuovo.

 

“Allora, ti sei divertito?”, chiese Jean, asciugandosi la fronte con la manica della camicia.

 

“Certo! Dobbiamo rifarlo, papà!”

“Sicuro, ma fra qualche giorno, o mamma ci ucciderà”

 

“Cosa?”

 

Nadia era sbucata dal salotto. Diede un’occhiata al figlio.

 

“Claude, tu devi fare un bagno, sei completamente inzaccherato. Su, niente storie!”

 

In questo modo le proteste di Claude furono taciute sul nascere, e il ragazzo si diresse a testa bassa verso il bagno di casa.

 

“Jean, puoi venire un momento con me?”, chiese Nadia.

 

“E ti pare, eccomi”

 

Mentre faceva il bagno, Claude non udì i rumori che solitamente la casa emetteva a quell’ora, ovvero il tintinnare delle pentole che generava sua madre o il fracasso causato da suo padre quando toccava a lui cucinare, o lo gnaulare lamentoso di King che in questo modo avvertiva di essere affamato, o il vociare dei suoi genitori mentre discorrevano. Questo lo insospettì un po’, ma quasi subito non vi fece più caso. In effetti, quando uscì dal bagno, tutto era tornato alla normalità, e Jean e Nadia ridevano insieme in cucina mentre erano ai fornelli.

 

Dopo cena, al solito, Claude si trovava in un piacevole stato di pigra sonnolenza, così che non si rese subito conto di essere rimasto solo in cucina. Se ne accorse unicamente quando la voce di Jean lo chiamò.

 

“Claude!”

“Mmh … sì?”

 

“Puoi raggiungerci, per favore?”

“D’accordo, ma dove siete?”

“In soffitta”

 

Il ragazzo si irrigidì.

 

“Sicuro”

 

Temendo di essere stato scoperto, e temendo soprattutto la lavata di capo di Nadia, Claude raggiunse i genitori in soffitta. Ecco, ebbe un sussulto: Nadia era in piedi di fronte al baule che aveva scoperto qualche ora prima, mentre il padre stava frugando proprio al suo interno, cercando chissà cosa.

“Non fare quella faccia” – disse Nadia, tra l’accusatorio e il divertito – “Sono tua madre. Secondo te posso non accorgermi quando inventi una scusa?”

 

“L’importante è che non si sia fatto male”, aggiunse Jean dal fondo del baule. “Hai fatto bene a non toccare le macchine, ma sta’ comunque sempre attento. Ti piace questo baule?”

Claude non seppe cosa rispondere, ma abbozzò un sì annuendo con la testa.

 

Jean riemerse dal cofano con qualcosa stretto in mano. “Eccolo” – disse mostrandolo, e lo porse a Nadia.

Era quella che Claude aveva scambiato per una piastrella. La madre la afferrò e la rimirò. Poi si sedette sul pavimento, la schiena contro il baule, subito imitata dal marito. Il suo sguardo si era fatto remoto e nostalgico, e i suoi occhi lucidi.

 

“Era da parecchio tempo che non la vedevo”, disse Nadia con voce emozionata. Poi premette quello che pareva un pulsante sull’angolo in alto a sinistra del riquadro e all’improvviso, causando un sussulto a Claude, come un fungo che spunti improvvisamente da terra, comparve un’immagine direttamente dal pannello . Era concreta – si allargava nelle tre dimensioni e non era più alta del suo avambraccio – ma risultava altresì eterea, nebulosa, consunta, come una vecchia foto ingiallita dal tempo. Raffigurava alcune persone. Tre adulti, ossia un uomo con i baffi, un altro uomo più alto e dai capelli lunghi, e una donna dal viso gentile e molto bella. Questa teneva fra le braccia un neonato in fasce, mentre un bambino attorno ai cinque anni sorrideva di fianco all’uomo con i baffi.

 

L’immagine incuriosiva Claude, che fremeva di curiosità. Nadia si voltò verso il marito.

 

“Ogni volta che la vedo penso che, se possiedo ancora questo ricordo, devo ringraziare te”

“Oh, per favore!” – rispose Jean ridendo.

“Non scherzare” – ribatté Nadia, cercando la sua mano e stringendola . Jean la cinse a sé con la mano libera.

 

“Ah!”

 

Claude si voltò e scese le scale, indignato. Quante smancerie! I suoi genitori erano veramente degli sdolcinati. Come poteva sopportare una scena così melensa?
Nadia e Jean ridacchiarono mentre si allontanava.

 

*

 

“Papà?”

 

“Dimmi”

 

Alle dieci e mezzo di sera, Claude se ne stava tranquillo a letto coperto dal lenzuolo. La madre gli aveva appena dato la buonanotte, nel suo solito modo semplice ma inspiegabilmente confortante, ed era appena stato il turno di suo padre. Jean stava appunto uscendo quando il figlio lo richiamò.

“Papà … chi erano le persone in quella figura su in soffitta, oggi pomeriggio?”. Lo chiese in tono sommesso, quasi cercando di rendere meno evidente possibile la sua irruenta curiosità.

“Si chiama ologramma, Claude”

 

“D’accordo, nell’ olio-gramma. Ma chi erano?”

Jean si sedette nuovamente sulla sedia di fianco al letto di suo figlio, si sfilò gli occhiali e li ripulì con calma sulla camicia. Poi rispose.

 

“L’uomo con i baffi era tuo nonno. Al suo fianco hai visto tua nonna, mentre il bambino era tuo zio. Fra le braccia della nonna … la mamma”

 

Claude ammutolì. Quella bimba, così minuscola, sua madre? E lo zio … ne aveva sentito parlare? Non ricordava. Del nonno aveva sentito qualche parola, ma perlopiù di sfuggita. Eppure…”

 

“Papà, c’era anche un altro uomo, vero? Nel … ehm …”

“ologramma”

“Sì, intendevo quello. C’era un'altra persona … chi era?”

Jean sorrise.

 

“Questa è una storia veramente lunga. Non basterà questa sera, per raccontarla”

Ma ormai Claude era troppo emozionato. “Non importa” – disse – “Cominciamo. Finiremo fra qualche sera”

Jean colse il volto di Nadia nello spiraglio lasciato dalla porta socchiusa. Ricambiò il suo sorriso, annuì e si drizzò gli occhiali.

 

“Allora…”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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