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Autore: Ksue    30/09/2013    2 recensioni
[Traduzione di ale93]
“Te ne vai?”
La voce di Payson irruppe nella quiete del primo mattino, con una nota un po’ accusatoria, un po’ inquisitoria. Sasha chiuse con forza il bagagliaio del suo furgone, mentre il rumore riecheggiò per un po’ attorno a loro, poi si voltò verso di lei.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Payson, Sasha
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Let me go
 
 
 
 
“Te ne vai?”
La voce di Payson irruppe nella quiete del primo mattino, con una nota un po’ accusatoria, un po’ inquisitoria.  Sasha chiuse con forza il bagagliaio del suo furgone, mentre il rumore riecheggiò per un po’ attorno a loro, poi si voltò verso di lei.
Per un momento rimase lì a fissarla, godendo della sua bellezza per un’ultima volta: i suoi splendidi capelli biondi e i suoi chiarissimi occhi blu. Sperò che Payson potesse sorridergli ancora una volta in quel modo così semplice, in quel modo che riservava solo a lui. Si chiese per un attimo se Payson fosse consapevole di sorridere in modo speciale esclusivamente per lui e per nessun altro.
 
“Si”, rispose finalmente, Sasha. Lei scosse la testa, incredula. Sasha non riuscì a capire fino in fondo perché si sentisse così sconvolta, non era più una ginnasta. Nessuna delle Ribelli della Rock, lo era. Si erano ritirate tutte qualche giorno prima, dopo aver vinto l’oro a Londra.
Non aveva più bisogno di lui.
“Perché?”
Sasha avrebbe davvero voluto dirle il motivo, voleva davvero dirle quanto fosse disperatamente innamorato di lei, che stava partendo perché sapeva che l’avrebbe solo ferita.
Una parte di lui pensò che quella fosse l’ultima occasione che avrebbe mai avuto per dirle chiaro e tondo ciò che sentiva per lei, ma questo avrebbe reso tutto più difficile. Cercò di farsi forza, di riconquistare un po’ della sua fermezza e fissò lo sguardo in quello di Payson.
“Perché non hai più bisogno di me”, le disse.
Payson avanzò, avvicinandosi lentamente e più si faceva vicina, più Sasha riusciva a scorgere le lacrime che le rigavano le guance. Questo lo ferì, non come un dolore fisico, ma come qualcosa di più profondo, dritto al cuore. Un cuore che, fino a quel momento, aveva creduto non esistesse neppure.
 
“Chi lo dice?”, gli chiese con voce debole e spezzata. Aveva voglia di toccarla, di asciugare le sue lacrime, di sentire sotto le dita la sua pelle morbida ancora una volta, ma si trattenne.
“Payson”, confusione, speranza e disperazione le attraversarono lo sguardo nello stesso istante e Sasha capì il perché: aveva pronunciato il suo nome come se fosse un po’ una preghiera, un po’ una confessione. Sasha sapeva che negli ultimi due anni lo aveva amato, forse dal loro primo, disdicevole bacio, o forse da prima, quello che non sapeva era se lei fosse pronta per la foga dei suoi sentimenti.
Era così perso nei suoi pensieri che non si accorse di quanto Payson si fosse fatta vicina, fin quando non sentì la punta delle sue dita sul volto. Prese il viso di Sasha fra le mani, sfiorando le sue guance ispide, guardandolo come se sapesse che stava mentendo a se stesso.
Sasha cercò di guardare altrove, ovunque ma non verso di lei, -perchè era abbastanza sicuro che potesse cogliere ogni suo singolo pensiero- ma non ci riuscì. Lo sguardo di Payson catturò i suoi occhi come se fosse il canto di una sirena, trattenendolo fino a quando non annegò in quelle iridi grigio-azzurre, così simili ad un mare in tempesta, in quell’istante.
Provò ancora una volta a scostarsi, ma il suo tentativo fu incerto.
 
“Si, che ho bisogno di te, Sasha”, sussurrò. Improvvisamente si sollevò sulle punte dei piedi e con tutta la grazia di una ginnasta olimpionica, senza che lui potesse rendersene conto, lo stava baciando.
Non fu come il loro primo bacio, così impetuoso, dettato dall’impulso. Crebbe lento e logorante mentre lei fece scorrere la lingua sul labbro inferiore di Sasha, prima di far aderire completamente le loro bocche. Sasha dischiuse le labbra, quasi come per invitarla e lei non perse tempo, esplorò la sua bocca immediatamente.
 
Stupidamente Sasha si chiese chi le avesse insegnato a baciare così, perché il modo in cui lo stava baciando adesso non era la maniera in cui una ragazzina inesperta avrebbe baciato la persona per cui aveva una cotta. Payson metteva così tanta dedizione in quel bacio che il suo essere esterrefatto a stento importava: le sue labbra cominciarono a muoversi con meno cautela, mentre premeva il suo corpo contro quello di Sasha.
La sensazione del petto di Payson premuto contro il suo, delle loro gambe che s’intrecciavano, scatenarono qualcosa in Sasha: la strinse più forte, approfondendo il bacio, mentre lei curvava leggermente la schiena all’indietro, per aderire meglio al suo corpo.  
Sasha si scostò un attimo, con il fiato corto.
 
“Lasciami andare”, la implorò, ma Payson, invece di rispondere, lo baciò ancora. Tutto ciò che Sasha aveva sempre sognato si stava concretizzando e la realtà era tremendamente meglio della fantasia. Con attenzione e cautela, fece scivolare una mano sulla schiena di Payson, oltre la morbida curva dei suoi fianchi, per raggiungere il suo fondoschiena sodo, il suo incredibile fondoschiena da ginnasta, premendo leggermente la sua mano su di esso. Payson gemette tra le labbra di Sasha, avvinghiandosi a lui e stringendo più forte le sue spalle.
“Portami con te”, affermò Payson con decisione, allontanandosi quel tanto che bastava per parlare. Lui sospirò e scosse velocemente la testa, perdendo la presa su di lei e inciampando vicino alla ruota del suo furgone.
“Non posso, Payson. Hai una vita qui, una famiglia e stai per iniziare il college. Mi dispiace.”
Sasha si spostò dal cofano del furgone e si avviò verso lo sportello, ma Payson lo fermò.
 
“Sei solo spaventato”, sussurrò Payson. Si bloccò perché sapeva che lei aveva ragione. Aveva paura di amarla, di ferirla, di farsi odiare da lei. Non era sicuro di poterlo sopportare.
“Si, lo sono”, concordò.
“Possiamo andare lontano da qui, in un posto in cui nessuno ci conosce, dove a nessuno importa chi siamo”, suggerì Payson. Sembrò così decisa, come se avesse considerato da tempo l’idea di una fuga con lui. Si avvicinò ancora a lui, sta volta non per baciarlo, solo per stringerlo un po’. Fu così grato per quella vicinanza.
“Payson…”
“Fammi venire”, lo incitò. “Portami con te.”
Sasha sentì cedere la tua fermezza. Quando Payson lo guardò con quegli occhi imploranti, quando immaginò la vita che avrebbero potuto costruire insieme, lontano da Boulder, non riuscì a trovare una singola ragione per dirle di no. Non di nuovo. Riusciva solo a pensare a quanto l’amasse, a quanto volesse una vita con lei. Avrebbe potuto occuparsi di Payson, sapeva che se non ci fosse riuscito, lei avrebbe saputo come provvedere a se stessa, ma voleva prendersi cura di lei, anche se non ne aveva bisogno, anche se probabilmente non glielo avrebbe lasciato fare.
 
Avevano aspettato due anni, per questo momento. Tutto quello che avevano passato insieme, il modo in cui avevano innocentemente flirtato per tanto tempo, parlando di tutto e niente, la maniera in cui avevano lottato contro tutto questo, tutte le delusioni e le vittorie che avevano condiviso, tutto li aveva portati a quel momento, a quella decisione.
Sasha avrebbe potuto fingere di non vedere negli occhi di Payson quanto lei lo amasse, o poteva accettarlo e lasciarla entrare nella sua vita, per sempre. Senza scappare quando le cose si sarebbero complicate, senza gettare la spugna semplicemente perché sarebbe stato più facile che combattere per quel sentimento. Avrebbe dovuto mostrarle tutto, il meglio ed il peggio di lui, anche se aveva più o meno già visto ogni cosa. Fino a quel momento però, aveva potuto lasciarla andare alla fine della giornata, permettendole di tornare a casa, nella protezione della sua accogliente famiglia. Non avrebbe più potuto farlo, se Payson fosse partita con lui.
Sasha si avvicinò un po’ a lei, schioccandole un bacio sulla bocca. Poteva sentire tutta la sua tensione: Payson si stava chiedendo se fosse un consenso o un addio. Sasha allontanò le labbra dalle sue e sistemò una ciocca ribelle dietro il suo orecchio.
 
“Sali.”




NOTE: Volevo solo precisare che, per chiunque avesse letto la fanfiction originale, ho dovuto fare delle scelte stilistiche. Sapete che spesso la traduzione letterale e precisa dall'inglese non rende tanto e il racconto perde molta della sua poesia, l'atmosfera narrata ne risente e si rischia di non rendere giustizia al testo, ho dovuto quindi aggiungere qualche inciso per rendere più scorrevole la traduzione e ho tradotto il testo al passato, benchè l'originale sia scritto al tempo presente. Quest'ultima scelta è stata dettata solo dal fatto che rileggendo la traduzione fatta in entrambi i modi, questa versione mi sembrava più musicale.

Lasciatemi pure una recensione anche se per criticare! Alla prossima!
ale93

 
  
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