Sostantivi
Note:
salve!
La canzone che apre questa storia –
e la stessa che canta Harry alla fine – è Yellow
dei Coldplay. Questa os è venuta più lunga del
previsto, perdonatemi, spero
vivamente che non vi annoi; e, uhm, penso di avere altre cose da
scrivere, ma
non me le ricordo. Oh, e la frase che dice molto omosessualmente
– ed è
pure l’unico ragazzo etero, okay – Niall
è, ovviamente, quella detta da Rose in
Titanic. Detto ciò, buona
lettura,
spero vi possa piacere!
(Dedicata ad H perché
vorrei
regalarle una Canon e a B
perché è da
tanto che non le dedico qualcosa. E ad Arianna, perché ci
saremo anche noi, lì,
con loro, davvero.)
Your skin,
yeah, your skin and bones
turn into something beautiful.
And
you know,
for you I’d bleed myself dry.
Harry vive in apnea:
affonda nel
suo mondo di silenzi, di parole non dette, e risale in superficie solo
se è
costretto, dove incontra il vociare chiassoso delle persone.
Harry non si fida delle persone.
Loro sono solo promesse infrante, urla, porte che sbattono e il pianto
di un
bambino.
Preferisce vivere sott’acqua, in apnea. Per questo va spesso
in piscina.
Louis è un metro e qualcosa di sorrisi e allegria,
l’appartamento in centro
pieno di confusione e fogli scritti a metà, più
qualche penna sotto il divano;
ama scrivere e ama parlare – pensa che le parole siano
essenziali per farlo.
Al contrario, non va matto per il nuoto: le cuffie gli stanno strette,
l’acqua
è troppo fredda e il sole lo scotta subito, ma in estate
lavora in una piscina.
Sta tutto il giorno dietro il balcone distribuendo gelati e risate con
la puzza
del cloro nel naso, ma tanto ormai c’è abituato.
Zayn – per tre mesi all’anno – si sveglia
alle due del pomeriggio, mangia
qualcosa preparato dal suo coinquilino mentre guardano Doctor
Who in tv, poi vanno entrambi in piscina: Louis nel bar,
Zayn su una sdraio con un blocchetto di fogli e una matita in mano.
Passa le ore a tracciare tratti neri su superfici bianche, la mano che
si muove
come se stesse seguendo una danza senza suoni e gli occhi troppo neri e
profondi che scattano veloci.
A volte disegna città che vorrebbe visitare, animali
selvaggi, notte stellate,
Louis che parla o le persone intorno a lui: la sua persona preferita
è un
ragazzo castano dagli occhi timidi.
Liam dorme poco, alcune volte non dorme affatto.
Trascorre le notti insonni fissando il soffitto della sua camera
piccola con le
pareti ricoperte di mensole o leggendo un libro. Vorrebbe vivere tra le
pagine
dei suoi racconti, attraversando giungle e risolvendo enigmi, ma ogni
mercoledì
pomeriggio va in piscina a nuotare.
Nuotare lo rilassa, è un po’ come leggere: si
estrania in un Universo che
esiste solo per lui e per qualche ora non pensa più a nulla.
A Liam non piace pensare, non dopo quello che è successo. Ha
dovuto pensare
tanto quando il padre è finito in prigione per omicidio e la
madre ha tentato
il suicidio con delle pastiglie antidepressive.
Ha notato che c’è un ragazzo con la pelle scura e
un orecchino bianco, in
piscina. Resta seduto tutto il tempo su una sdraio e disegna
concentrato.
A Liam non piace pensare, ma pensa spesso a lui.
Niall, in diciassette
anni di
vita, ha imparato principalmente quattro cose: la scuola è
uno schifo, il suo
migliore amico Liam è strano, il cibo è
meraviglioso e la musica è l’unica
soluzione a tutto.
Ha i capelli biondi da poche settimane – un giallo canarino
acceso quanto una
lampadina – e gli occhi color cielo estivo; mette una voglia
di vivere addosso
solo con la sua presenza, ride tanto e sorride senza motivo, mangia
pacchetti
di patatine sul tappeto di Liam e ha una cotta per il cantante
irlandese Ed
Sheeran.
Il nuoto non gli piace particolarmente – preferisce di gran
lunga suonare la
chitarra e cantare canzoni a squarcia gola – ma Liam riesce a
convincerlo ad
accompagnarlo in piscina se gli parla del bar straripante di cibo.
Niall, per amor di gola, lo segue due volte su tre.
***
Harry, quel
mercoledì, è indeciso
se entrare in acqua o no.
La piscina è piena di ragazzi che gridano e a lui non piace
il casino che
fanno, così decide di aspettare e si siede su una sdraio con
ancora la t-shirt
bianca e i pantaloni corti addosso.
Vicino a lui c'è un ragazzo biondo – palesemente
tinto – che sgranocchia una
barretta di cioccolato fondente, ma Harry decide di ignorarlo. Niall,
invece,
non sembra pensare lo stesso: ha notato lo sguardo rapido dell'altro e
ora sta
tendendo una mano verso di lui, il suo spirito socievole bene in mostra.
“Ciao, io sono Niall!” esclama, il tono allegro.
Harry inarca un sopracciglio e
lo osserva perplesso.
“Harry” biascica, accavallando le lettere, e non
gli importa se lui ha capito
oppure no.
In realtà spera di
no, però gli stringe
ugualmente la mano.
“Non ti ho mai visto, vieni spesso qui?” Niall ha
notato l'indifferenza – o il
dolore? – in quegli occhi verdi, ma ci passa sopra.
Harry annuisce, pregando mentalmente Dio che il biondo smetta di
parlare.
Dio, a quanto pare, sembra troppo impegnato per ascoltarlo.
“Davvero? Io ci vengo a volte di mercoledì per
accompagnare il mio migliore
amico, quello lì in acqua” Niall indica qualcuno e
Harry fa finta di guardare,
svogliato.
“Beh, vado al bar” Harry si alza, desideroso di
liberarsi il prima possibile da
quella compagnia non richiesta.
“Io rimango qui, Liam uscirà tra poco”
Niall lo saluta con un cenno del capo, tornando
al suo cioccolato, ed Harry fa un sorriso tirato chiedendosi chi sia
Liam – lo
ha detto mentre lui non ascoltava?
Si trascina al bancone marrone, non avendo altra scelta, e si siede su
uno
sgabello.
“Posso esserti utile?”
Una voce maschile – ma piuttosto acuta – lo fa
sussultare; alza la testa e si
ritrova annegato in due piccole piscine. Le piscine in questione sono
le
pupille blu di un ragazzo sui vent'anni, un sorriso gentile sul volto.
“Un ghiacciolo” soffia Harry, schiarendosi
la voce.
“A che gusto?” il ragazzo si passa
una mano tra i capelli castani, un po’ lunghi ai lati del
viso, portandosi una
ciocca dietro un orecchio.
Harry si stringe nelle spalle.
“Allora alla menta, si intona con
i tuoi occhi” il castano schiocca la lingua, Harry sorride
divertito: è da
tempo che non sorride sul serio, è strano che un estraneo ci
sia riuscito tanto
facilmente.
L’altro sembra soddisfatto, poi
gli da le spalle, aprendo uno sportello con dentro i gelati
confezionati, e si
china per prendere un ghiacciolo avvolto in una carta colorata.
Harry si accorge che ha davvero un
bel culo.
Liam esce
dall’acqua di
malavoglia, rabbrividendo quando l’aria leggera si scontra
contro la sua pelle,
e cerca di camminare il più velocemente possibile verso lo
sdraio dove lo
aspetta Niall, ma dopo pochi passi mette male un piede bagnato e cade
per
terra.
Niall sarebbe sicuramente corso ad
aiutarlo se non fosse occupato a ridere sguaiatamente reggendosi il
ventre, una
macchia di cioccolato sul labbro inferiore.
Liam sbuffa e fa per tirarsi su,
ma una mano scura finisce di colpo davanti alla sua visuale. Solleva
gli occhi
e incontra quelli neri del ragazzo moro che passa le giornate in
compagnia di
un foglio e una matita; gli afferra la mano, arrossendo, e quello lo
aiuta ad
alzarsi.
“G-grazie” balbetta Liam,
imbarazzato, gli occhi timidi che finiscono sui propri piedi.
“Di nulla” il moro sorride e Liam
sente che potrebbe svenire.
Ricambia il sorriso – o almeno,
spera di esserci riuscito – e va via con ancora le guance in
fiamme,
raggiungendo il suo migliore amico che sta facendo dei respiri profondi
per
calmarsi.
“Amico, hai fatto un volo”
il biondo si asciuga una lacrima
invisibile nell’angolo dell’occhio destro, Liam sa
che dovrebbe essere offeso
ma non ci riesce, non con lui.
Scuote la testa, invece, e apre la
tasca esterna del suo zaino per prendere un fazzoletto.
“Lo sai che alla tua età non
dovresti più sporcarti mentre mangi, vero?”
chiede, ironico, e glielo passa
sulla bocca.
Niall gli da un colpo sul polso
con il palmo aperto e gli fa una linguaccia.
“Chi era il marocchino vicino a
te?” dice subito dopo, un sorriso malizioso stampato addosso.
Liam sente di essere arrossito di
nuovo.
“Come puoi sapere che fosse
marocchino?” rotea gli occhi, incrociando le braccia al petto.
“Era tanto per dire” Niall fa un
gesto vago con la mano, guardandosi intorno, ma si gira di scatto verso
Liam. “Non
per metterti in agitazione, Lì,” il sorriso si
espande “ma ci sta guardando. O
meglio, ti sta guardando. O meglio
ancora, ti sta spogliando lentamente con gli occhi.”
Liam scoppia a ridere, portandosi
una mano sulla fronte. “Pensi che creda a
un’assurdità simile?”
Niall inarca un sopracciglio con
uno sguardo di sfida, indicando con il capo dietro di sé.
Liam non può fare a meno di
sporgersi oltre la sua spalla e incrociare per la seconda volta in
pochi minuti
gli occhi del moro, che sposta subito lo sguardo.
Zayn non sa cosa lo
abbia spinto
ad aiutare quel ragazzo ad alzarsi.
Avrebbe potuto riuscirci benissimo
da solo, e allora perché gli aveva offerto il suo aiuto?
Forse per poterlo finalmente
toccare, per poter guardare da vicino le sue labbra rosse, i suoi occhi
nocciola, i suoi ricci corti e fradici?
Zayn sospira, fissandolo mentre
parla con un ragazzo biondo.
Sembrano così legati, stanno così vicini,
– e
se sono fidanzati? – che lui sta divendo geloso.
Geloso di una persona che non
conosce nemmeno.
Il ragazzo di prima lo guarda d’un
tratto e Zayn, imbarazzato, sposta gli occhi sul bancone del bar, dove
c’è Louis
impegnato a parlare con un ragazzo più piccolo di loro
– un anno o due? – e
decide di non mettersi in mezzo: torna alla sua sdraio e al suo disegno
incompiuto di una figura sfumata che nuota in piscina. Assomiglia appena appena al ragazzo castano di
prima.
Zayn sorride, riprendendo a
disegnare.
Harry guarda il
ragazzo dietro al
balcone del bar – Louis – con gli occhi che
sorridono e il ghiacciolo dello
stesso colore mezzo sciolto in mano, che gli sta parlando della sua
idea sullo
scrivere un libro; se lo pubblicasse davvero sarebbe il suo primo fan,
può
giurarlo.
“Tanto non lo comprerebbe nessuno”
conclude Louis con una risata, prendendo una bottiglietta di coca-cola
dal
frigo e porgendola a una ragazza.
“Io lo comprerei” afferma,
convinto, Harry.
Louis si ferma a guardarlo e gli
sorride, un sorriso così genuino e dolce che Harry ha paura
di essere
arrossito.
“E tu? Non ce l’hai un sogno?”
replica Louis, appoggiandosi al balcone.
Harry potrebbe semplicemente dire
di no, come risponde a tutti quelli
che glielo chiedono, ma questa volta decide di pensarci davvero; se la
prende
comoda, però, e lecca il ghiacciolo, notando con stupore
– e piacere – che gli
occhi di Louis scattano sulla sua lingua.
“Ecco il
piano.”
Niall è seduto sulla sdraio a
gambe incrociate, un indice alzato e l’espressione
mortalmente seria.
A Liam viene da ridere, ma si
trattiene.
“Tu vai dal marocchino, ti
presenti, lui si presenta, colpo di fulmine e sbam”
sbatte una mano chiusa a pugno contro il palmo dell’altra,
trionfale.
Liam piega la testa da un lato,
colpito. “Un piano infallibile, direi.”
“Esatto” Niall annuisce, non
notando il sarcasmo dell’altro. “Ora entra in
azione, amico.”
“Neanche morto, amico”
Liam sorride beffardo.
Niall aggrotta le sopracciglia, ma
sorride.
Liam è spaventato da quel sorriso.
“Vorrà dire che ci penserò
io” e
si mette in piedi, il castano sussulta.
“Che intendi fare?” domanda
allarmato, tentando di prendere il migliore amico – anzi,
l’ex migliore amico –
per il polso, ma il biondo sguscia via verso la sdraio del moro.
“Niall, aspetta” esclama Liam,
troppo forte del dovuto, e il moro forse-marocchino-o-forse-no alza la
testa
nella sua direzione.
Zayn è
quasi arrivato alla
conclusione del suo disegno quando sente la voce del ragazzo
– bellissimo –
di prima e proprio non ce
la fa a trattenersi: alza la testa ma, invece di incontrare il
familiare e
dolce marrone, finisce in due pozzanghere azzurre.
Che già odia, tra l’altro.
“Io sono Niall” trilla il
proprietario delle due – odiose – pozzanghere,
battendogli una mano sulla
spalla con fare amichevole; Zayn lo osserva stranito.
Si fissano per pochi secondi.
“Sai, quando una persona si
presenta a un’altra, tecnicamente anche l’altra
dovrebbe presentarsi” gli
spiega scherzosamente Niall.
Zayn non smette di guardarlo stranito,
ma “tecnicamente” biascica.
“Scusalo!” squittisce una voce
nuova e – finalmente – Zayn affonda nel familiare e
dolce marrone.
“E di cosa? È tutto okay” replica
immediatamente, un sorriso enorme. “Mi chiamo Zayn.”
Il castano arrossisce, non sa nemmeno
lui il perché. “Liam.”
Niall si sfrega le mani con aria
soddisfatta e fa per andarsene, ma Liam gli artiglia un gomito e lo
fulmina con
un mica hai intenzione di lasciarmi solo
con lui, vero?, scritto in fronte.
Il biondo sbuffa mentalmente.
“Allora” inizia, sedendosi vicino a Zayn e
ricevendo un’occhiataccia dal moro
in questione. Peccato che non abbia idea di come continuare.
“Disegni bene” sbotta alla fine,
indicando il blocco di carta che Zayn stringe ancora tra le mani.
Zayn se lo porta contro il petto
quando Liam cerca di vederlo, ché magari se ne accorge che
è un suo ritratto e lo
accusa di essere un maniaco.
“Non è vero” ribatte, sorridendo
imbarazzato.
“Secondo me sì, ti ho sempre visto
con un foglio in mano” Liam azzarda un sorriso e la mente di
Zayn va in tilt.
“Forse
sì” ammette Harry.
Louis lo osserva perplesso; aveva
perso il filo del discorso dopo aver fissato quella lingua rossa – enormemente rossa – fare
su e giù sul
ghiacciolo e doveva assolutamente smettere di pensare a quello sotto
gli occhi
verdi – innocentemente verdi –
dell’altro.
“Un sogno” lo soccorre Harry,
vedendo la sua confusione. “Forse ce l’ho, un
sogno.”
Louis si da mentalmente uno
schiaffo per essersi distratto e gli sorride. “E quale
sarebbe?”
Harry sta per rispondergli, ma è
interrotto da una ragazza che ordina un tè freddo.
“Arriva subito” esclama Louis –
imprecando tra sé quando si gira per prenderlo – e
Harry si accorge subito
degli occhi di lei incollati sul corpo del castano.
Si morde un labbro, arrabbiato, e
preferisce non chiedersi perché lo sia.
“La vuoi smettere?”
Si ritrova d’accordo con quella
persona che ha parlato, ma – quando la ragazza lo guarda con
la fronte
corrucciata – capisce che ha parlato lui stesso.
“Scusa?” replica quella,
rigirandosi una ciocca di capelli lisci.
“La – vuoi – smettere?” ripete
Harry con calma, sentendosi perfettamente lo sguardo di Louis addosso,
e sputa
fuori l’unica scusa che gli viene in mente. “Il
tè freddo alla pesca è una
bevanda in via di estinzione, come puoi permetterti
di ordinarla? Devi assolutamente smetterla” e
sbatte un pugno sul bancone.
Lei rimane basita. “Ma...”
“Niente ma!” Harry scuote la
testa, deciso.
“Ma ho ordinato un tè al
limone...” continua la ragazza.
“Oh” il riccio ticchetta l’indice
contro il ripiano di legno. “Oh. Allora va bene”
prende la lattina dalle mani
di Louis e gliela porge; lei lascia i soldi sul bancone, andandosene in
fretta.
Harry e Louis si guardano per
pochi attimi.
“Il tè freddo alla pesca in via di
estinzione” ripete Louis.
Harry annuisce.
Scoppiano a ridere entrambi.
Liam gli chiede cosa
disegna e
Zayn risponde che sono solo schizzi e bozze, Liam praticamente lo prega
di
fargli vedere questi ‘schizzi e bozze’, ma Zayn
sorride e scuote il capo.
“Sul serio, sono orribili!”
“E io sono sicuro di no!”
“Per me dovresti ritrarre Liam” interviene
Niall, stringendosi nelle spalle. “Disegnami
come una
delle
tue ragazze francesi, Jack ” sussurra poi,
ammiccando, e se ne va ridendo
quando tutti e due arrossiscono.
“Quel tipo è dannatamente strano”
esplode Zayn,
roteando gli occhi.
Liam ridacchia. “È uno dei suoi pregi
migliori.”
“Gli vuoi molto bene, vero?” si decide a chiedere
Zayn, mordicchiandosi l’interno della guancia.
“Moltissimo, Niall è fantastico.”
“Ah”
borbotta Zayn, deluso. “E da quanto state
insieme?” bofonchia. Ha ragione ad odiare quello
lì, ecco, lo sapeva.
Liam sussulta. “State insieme chi?”
“Tu e Niall, no?”
Il castano sbatte le palpebre. “Cosa? Lui e io siamo migliori
amici, non stiamo insieme.”
Zayn rimane spiazzato, ma si lascia andare in una
risata sollevata.
Liam ride di riflesso, pensando che la risata
dell’altro sia un suono semplicemente meraviglioso.
“Di cosa
stavamo parlando?” Louis
si appoggia al bancone con i gomiti e – cercando di essere il
più naturale
possibile – si sporge un po’ in avanti.
Harry sente le guance in fiamme,
ma non si allontana. “Del mio sogno, se non
sbaglio.”
Louis sorride e apre la bocca, ma
un altro ragazzo parla prima di lui.
“Un tè freddo al limone.”
Harry si volta innervosito e
quando si trova davanti quella
faccia
gli viene voglia di sbattere la propria, di faccia, contro il muro.
“Ehi, ciao!” trilla Niall,
entusiasta.
Louis si tira su di scatto e passa
lo sguardo dal volto del primo a quello del secondo. “Vi
conoscete?”
Il riccio emette un gemito
disperato e il biondo sorride.
“Ci siamo conosciuti sulla sdraio
una mezz’oretta fa, vero?” gli passa un braccio
intorno alle spalle e Harry
annuisce senza emozione.
“Beh” sbotta Louis, incrociando le
braccia al petto. “I tè al limone si sono estinti
con quelli alla pesca, arrivederci.”
Niall spalanca gli occhi,
perplesso; ha l’intenzione di ribattere, ma un secondo
“arrivederci”, questa volta da parte di Harry, gli fa cambiare
idea. Si allontana mesto,
sbuffando.
“Allora” riprende Louis, tornando
alla sua posizione strategica vicino
al volto del riccio, le braccia sul bancone.
“Allora?” Harry inarca un
sopracciglio con finta aria confusa.
“Mi stavi per parlare di questo
sogno” lo aiuta Louis, sorridendogli incoraggiante.
Harry diventa serio e si appoggia
l’indice sul mento, come se ci stesse pensando. “In
realtà, mentre venivamo
interrotti per la seconda volta, mi è venuto in mente che
noi non ci
conosciamo.”
Il castano aggrotta la fronte; gli
sorride ancora, porgendogli una mano. “Io mi chiamo
Louis!”
Harry ride scuotendo i ricci – che
gli danzano attorno al volto; Louis ne rimane incantato – e
fa ‘no’ con la
testa. “Riformulo la frase: fatti conoscere meglio da me e io
ti dirò il mio
sogno.”
Louis lo guarda sorpreso,
ridacchia a bassa voce. “Misterioso, mi piace”
ammicca poi, Harry arrossisce e
distoglie lo sguardo.
“Ehi, Stanny! Stanny!” urla Louis,
agitando un braccio verso un ragazzo sdraiato comodamente su una
sdraio, che
accorre subito (probabilmente per farlo smettere, visto che rende
ridicoli entrambi).
“Che c’è?” borbotta,
fulminandolo
con gli occhi. “E, ne abbiamo già parlato, non
– chiamarmi – Stanny.”
“Certo” Louis annuisce convinto,
“Stanny” aggiunge, gli strizza l’occhio e
lui si batte una mano sulla fronte. “Puoi sostituirmi fino
alla chiusura?”
sorride angelico. “Giuro che è la prima e ultima
volta!”
Stan osserva prima il volto felice del
suo amico, poi il ragazzo
riccio vicino a loro – e quello sembra così dolce
e imbarazzato che Stan pensa
seriamente che potrebbe essere la persona giusta per Louis –
così si stringe
nelle spalle. “Prima e ultima volta.”
Louis lo ringrazia in fretta,
facendo velocemente il giro del bancone; agguanta una mano di Harry e
lo
trascina fuori da lì.
Niall osserva il
tizio castano e
Harry che corrono via dalla piscina, sorridenti, e incrocia le braccia,
seduto
a un tavolino del bar.
Ha ancora la voglia di tè al
limone.
“Sono strani, vero?”
Una voce femminile lo fa
trasalire; si gira di scatto, trovando una ragazza con i capelli lisci
e
marroni, che tiene in mano una lattina di tè al
limone, seduta al tavolo vicino a lui.
“Prima mi hanno detto che i tè
alla pesca sono in via di estinzione” continua e arrossisce
un po’ sotto gli
occhi azzurri dell’altro, pentendosi di aver rivolto la
parola a un ragazzo
incredibilmente e semplicemente bello da
toglierle il fiato; di sicuro lui si è già
accorto di quanto sia grassa –
perché lei è sicura di esserlo, non importano i
numeri della bilancia che diminuiscono
sempre di più, lo specchio non le mente – e
deglutisce, nervosa.
Il biondo le sorride e il mondo si ferma di
colpo, con lo
stesso rumore di un treno impazzito nella sua testa che si blocca senza
preavviso sulle rotaie.
“A me hanno detto che pure il tè
al limone si sta estinguendo” la informa, divertito.
Lei abbassa gli occhi sulla
lattina vuota che ha tra le dita. “Oh, accidenti,
potrei aver ucciso l’ultimo della sua specie. Sarò
divorata dai sensi di colpa
a vita.”
Quel ragazzo ride buttando la
testa all’indietro – in maniera esagerata
– e Clara sorride.
Il treno ricomincia la sua corsa,
ancora più veloce di prima. E lei si accorge di non volere
più scendere dal
treno, dal mondo, ma di volerci viaggiare insieme a lui.
Liam si tira indietro
i capelli
ricci ormai asciugati dal sole di Luglio, guardando la piscina con il
desiderio
di tornare in acqua.
“Facciamo un tuffo?” propone,
quindi, e Zayn sbianca.
“Uhm, io...” balbetta, sbattendo
le palpebre con l’aria terrorizzata. “Io non
– non credo che – ecco,
non è una buona idea.”
“Perché no?”
Zayn si morde il labbro inferiore,
incassa la testa sulle spalle e fa ciao
ciao alla possibilità di diventare suo amico.
“Perché non so nuotare” confessa
in un sussurro, preparandosi alle prese in giro che riceverà
da lui, come le ha
ricevute da tutti gli altri – tranne da Louis, dai suoi
genitori e dalle sue
sorelle, ma loro non contano.
Invece, Liam alza entrambe le
sopracciglia. “E che problema c’è? Ti
insegno io.”
Zayn lo fissa con gli occhi
spalancati. “Dici davvero?”
Liam si chiede come una persona
possa essere semplicemente meravigliosa con i pantaloncini grigi e
corti, le
gambe incrociate sulla sdraio, il dorso nudo e il volto incredulo,
spaurito e
contento insieme.
“Certo!” annuisce con convinzione
e si tira in piedi, sorridendo.
Zayn sembra indeciso se imitarlo o
no. “E se poi annego?”
Liam questa volta scuote il capo.
“Non succederà, ti resterò sempre
attaccato, giuro.”
Harry ha seguito
Louis senza
parlare, affidandosi a lui, e quest’ultimo lo ha portato in
un parco vicino
alla piscina; camminano ancora per poco nel verde, finché
Louis si sdraia sul
prato e batte con una mano vicino a sé, sull’erba.
Il più piccolo si mette accanto a
lui, sdraiandosi e perdendosi nel blu del cielo; preferisce di gran
lunga il
blu degli occhi di Louis, ma è troppo timido per dirglielo.
“Facciamo un gioco” dice quindi
Louis, le palpebre chiuse. “Ci facciamo una domanda a testa a
cui dobbiamo
rispondere con assoluta sincerità, ché altrimenti
mica vale, così possiamo
conoscerci meglio. Ci stai?”
Il riccio sorride senza
accorgersene. “Ci sto.”
“Bene!” trilla l’altro. “Inizio
io
–”
“Perché inizi tu?” si lamenta,
guardandolo con la coda dell’occhio.
Louis ride. “Perché il gioco l’ho
proposto io, perché sono più grande e
perché sono più bello” sul terzo punto
non ci crede affatto, ma Harry gli da mentalmente ragione.
“D’accordo, allora” si arrende.
“Qual è il tuo colore preferito?”
“Blu” esclama di getto Harry,
pensando che certo lo è diventato solo dopo aver visto i
suoi occhi. “Qual è il
tuo gruppo musicale preferito?”
“The Fray” risponde il castano senza
esitazioni. “Quanti anni hai, piccolo
Harry?”
Il riccio sbuffa. “Praticamente
diciassette.”
Louis emette un verso trionfale.
“Lo sapevo che eri un ragazzino!”
“Sta’ zitto” borbotta, dandogli un
colpo sulla spalla. “E tu quanti ne hai?”
“Praticamente diciannove” si vanta
quasi – beh, togliamo il quasi –
ma
solo per sentire di nuovo uno schiaffetto di Harry sulla spalla e il
suo
sospiro teatralmente scocciato. “Per chi è stata
la tua prima cotta?”
Harry esita appena, però poi
scrolla mentalmente le spalle. “Per Nick, quello che era il
mio migliore amico.
Siamo stati insieme per qualche settimana, non ha funzionato, ma sono
stato
felice con lui.”
Louis è combattuto tra l’insensata
gelosia e la felicità di aver scoperto che è gay
– cazzo, lo sapeva! – o
almeno bisessuale; in entrambi i casi, ha una
possibilità in più.
“Il tuo primo bacio?”
“Con la mia compagna di banco” il
castano storce il naso al ricordo orribile. “A quindici anni,
solo per capire
se fossi etero o no.”
“E cos’hai capito?”
“Sono due domande, Hazza”
ridacchia Louis. “Devi aspettare il prossimo turno.”
Sono le cinque e
mezza nella
piscina comunale di una cittadina né troppo grande,
né troppo piccola. In acqua
sono rimasti pochi ragazzi, ma tra essi se ne distinguono distintamente
uno con
i ricci corti e castani insieme a un altro con la pelle scura e un
orecchino
bianco – che si è dimenticato di togliere e che
ora ha paura di perdere – nel
lobo.
Stanno dove l’acqua è bassa: il
secondo è sdraiato sulla superficie cristallina, le palpebre
chiuse contro il
sole, il corpo rigido; il primo è in piedi, attaccato a lui,
con una mano sotto
la sua schiena e una sotto la sua testa.
“Rilassati” gli intima Liam,
massaggiandogli un poco i capelli sott’acqua. Zayn fa come
dice lui e si sente
leggero, sospeso a mezz’aria, protetto da Liam e un pochino incomincia a piacergli.
“Bravo” mormora Liam, avvertendo
il cambiamento, e Zayn socchiude gli occhi marroni, che brillano grazie
alla
luce racchiusa al loro interno.
“Ora passiamo al livello
successivo: nuotare.”
Zayn sbarra precipitosamente gli
occhi – perché, ehi, lui voleva rimanere in quella
posizione per sempre, o
almeno per altri dieci minuti – e, nell’agitazione,
la presa di Liam scivola e
lui quasi viene sommerso dall’acqua, se non fosse che Liam se
lo stringe al
petto per paura che l’altro si spaventi e non voglia
più stare lì con lui.
Zayn gli artiglia in fianchi e infila
la testa tra il suo collo abbronzato e la spalla, respirando a fondo
– ché,
dannazione, s’è preso un infarto – ma la
voce di Liam lo fa calmare.
“Tranquillo, è tutto okay”
bisbiglia, accarezzandogli i capelli corvini. “Niente
movimenti bruschi” gli
ricorda, poi, mentre il moro annuisce e si aggrappa al bordo,
nonostante sappia
benissimo che in quel punto riesce a toccare e nonostante voglia con
tutto se
stesso continuare ad aggrapparsi a Liam.
“Stavo dicendo” riprende Liam,
come se non fosse successo nulla. Gli porge entrambe le mani, i palmi
rivolti
all’insù, un sorriso tranquillo.
Zayn lo guarda come se fosse un
matto.
“Prendile” incalza Liam, Zayn lo
fa con titubanza. “Ora sbatti le gambe nell’aqua
– con dolcezza –
e seguimi.”
Zayn ora lo guarda come se fosse
un matto che mangia noccioline sul tetto del manicomio.
“Fidati di me” Liam gli sorride e
– fanculo – si
fida di lui dalla
prima volta che l’ha visto, quindi sospira e deglutisce;
incomincia a muovere
le gambe e Liam nuota all’indietro, guidandolo e
sorreggendolo, e a Zayn non
importa se appare ridicolo, a Liam non importa se è
completamente rosso in
faccia da quando Zayn gli tiene entrambe la mani, tutti e due
vorrebbero che
quel momento duri per sempre.
Molti minuti e
confessioni più
tardi, Harry e Louis sono ancora sdraiati con gli occhi persi nel
cielo, e
sembra davvero che le domande non finiscano più.
“Vivi con i tuoi, vero?” domanda
Louis, allegro come al solito, ma Harry digrigna i denti.
“Vivo con mamma, mio padre è
andato via quando avevo otto anni.”
Louis si volta, incredulo, e vede
gli occhi verdi colmi di rabbia e frustrazione di Harry; vorrebbe tanto
farli
tornare quelli gentili e impacciati di prima. Fa scivolare una sua mano
in
quella abbandonata vicino alla gamba dell’altro,
stringendola. Harry sobbalza,
guarda le loro mani intrecciate, sorpreso, e un po’ di rabbia
scompare.
Rimangono in silenzio per qualche
attimo, interrotto da Harry.
“Mi ricordo perfettamente di
quella sera. Erano settimane – forse mesi – che i
miei litigavano continuamente,
finché una volta, dopo
che si erano chiusi in cucina, mio padre è andato via
sbattendo la porta di
ingresso. Mi sono messo a piangere abbracciato a mamma
perché sapevo che lui
non sarebbe tornato più,
perché sapevo che aveva infranto la promessa, quella che mi
aveva fatto sul
rimanere vicino a me per sempre.”
Louis lo osserva immensamente
triste e non sa cosa dirgli: un ‘mi dispiace’
è così assurdamente banale.
Vorrebbe stringerlo tra le braccia fino a non farlo respirare, per poi
scusarsi
e stringerlo più piano, vorrebbe farlo ridere per lui e
farlo stare bene, ma
tutto quello che fa è stringere la stretta delle loro mani.
A Harry sembra che
basti, perché gli fa un piccolo sorriso.
“Come mai se n’è andato?”
sussurra
Louis, giocando con le sue dita lunghe.
“Si era innamorato di un’altra
donna” bofonchia, mordendosi il labbro inferiore.
“Ti manca?”
“Tutti i giorni.”
Louis lascia la sua mano,
gattonando fino a lui – e ci mette poco meno di un secondo,
visto che sono già
vicini – e lo abbraccia di slancio, strofinandogli il naso
contro la guancia.
Harry infila le mani tra i suoi capelli e restano in quella posizione
senza
dire nulla.
Louis capisce che, a volte, le
parole non sono essenziali per parlare.
Ad esempio, le labbra del castano
che sfiorano una tempia umida di Harry dicono ci
sono qui io, non piangere. Le dita che si perdono nei ciuffi
marrone chiaro e tirano quel volto contro il petto pregano di rimanere con lui, ti prego. Le carezze
di Louis contro i suoi fianchi scoperti urlano ti
proteggerò da tutto e tutti, non temere.
Sono ormai le sei e
mezza nella
piscina comunale di una cittadina né troppo grande,
né troppo piccola. In acqua
sono rimasti solo due ragazzi – ché la piscina
chiude alle sette e sono già
tutti negli spogliatoi – che decidono di uscire tra le risate
e i sorrisi.
“Non è tanto male, nuotare”
ridacchia Zayn, asciugandosi con il suo asciugamano.
“Non penso si possa definire nuotare
quello che stavi facendo” lo
stronca Liam, divertito. “Era più un
‘Liam porca puttana sto per annegare, se
mi lasci ti uccido nel sonno!’.”
Zayn lo guarda offeso. “L’ho detto
solo una volta, razza di ingrato.”
Liam scoppia a ridere, il cuore che potrebbe prendere il volo da un
momento
all’altro. Si accorge solo in quel momento che non
c’è proprio nessuno, tranne
un ragazzo dietro al bancone del bar – ma non lo stesso che
c’era prima – e un
tipo biondo seduto allo stesso tavolino di una ragazza castana, una
lattina di
thé tra loro.
Si appunta mentalmente di chiedere
a Niall chi sia quella lì, per poi spostare gli occhi su
Zayn, che lo osserva
con una nota di malinconia.
“Cosa succede?” si preoccupa,
aggrottando la fronte.
Zayn sorride imbarazzato e scuote
la testa, ma Liam continua a fissarlo e alla fine si arrende.
“È solo che – ” si interrompe
e
avvampa. “Che non ci parleremo più, non
è così? Ci saluteremo solo da lontano
quando ci incroceremo qui in piscina, ma non parleremo più e
– ” non usciremo mai
insieme vorrebbe
aggiungere, ma non ci riesce.
Liam alza un
sopracciglio. “Io volevo chiedere
di andare al cinema, domani, ma se preferisci che vada in quel
modo” fa
spallucce, lasciando la frase in sospeso, e cercando di non sorridere
quando
Zayn si illumina.
“Andare al cinema? Sul serio?”
Liam annuisce. “Che ne dici?”
Zayn è così felice che per una
volta manda a quel paese il buon senso e gli prende il volto tra le
mani,
stampandogli un bacio sulla fronte. “Dico che è
fantastico.”
Liam arrossisce e pensa che non si
laverà mai più la faccia.
“Me lo dici
questo tuo sogno?”
Louis è tornato sdraiato accanto a
lui, le dita intrecciate e un sorriso sulle bocche di entrambi.
“Cantare” ammette Harry. “Mi
piacerebbe diventare un cantante, andare ad X-Factor, girare il
mondo.”
Louis strofina il suo pollice
contro il dorso della mano di Harry. “Cantami
qualcosa.”
Harry sussulta. “Cosa?”
“Una canzone, quella che vuoi.”
“Ma io...”
“Per favore” lo supplica Louis e
Harry sbuffa, ma lo accontenta.
Intona le note iniziali di un
brano dei Coldplay, fissando le prime stelle comparse silenziosamente
nel
cielo.
“Look at the stars, look how they
shine for you and everything you do; yeah, they were all yellow.”
Continua a cantare sotto lo
sguardo colpito di Louis che – davvero – non si
immaginava cantasse così bene,
e un brivido gli sale per la spina dorsale appena gli occhi di Harry si
mischiano nei suoi.
“Grazie” sussurra, quando Harry
finisce. “Sei bravissimo.”
***
Harry vive in apnea:
affonda negli
occhi blu di Louis e risale in superficie solo se è
costretto, dove incontra il
vociare chiassoso di quel ragazzo che ha due anni in più di
lui ma è di qualche
centimetro più basso, così basso che si
è dovuto alzare sulle punte delle sue
vecchie Vans per raggiungere le labbra del riccio – sotto
casa di quest’ultimo
– dopo un mese di corteggiamenti in vecchio stile composto da
rose bianche,
cioccolatini incartati, poesie romantiche scritte con b
grandi e r che sembrano
n.
Harry non si fida delle persone,
ma impara a fidarsi di Louis. Louis che lo ha abbracciato stretto
quando è
stato scartato dalle audizioni di X-Factor da un certo Simon Cowell
– che gli
ha detto di vederlo molto bene in una band, ma che da solista non
funzionerà
affatto – e che gli ha promesso che gli farà
girare lui stesso il mondo e che
sarà sempre disposto ad ascoltarlo cantare –
magari quando è sotto la doccia o
magari quando sono entrambi sotto
la
doccia, ma questo l’ha aggiunto mentalmente.
Louis è un metro e qualcosa di sospiri pieni
d’amore e versi in rima scritti
nel cuore della notte per il suo fidanzato – solo se,
ovviamente, non sta
parlando al telefono con lui, con grande disappunto di Zayn, che
davvero non
capisce perché non possano mandarsi messaggi come comuni
mortali invece di non
lasciarlo dormire in pace.
Vive in un appartamento in centro
pieno di confusione, fogli scritti a metà, penne finite
sotto il divano
infilate in fretta nell’astuccio sopra la scrivania
– vicino al pc perennemente
acceso su una pagina di world, dove sta scrivendo il suo primo romanzo:
ha già
promesso a Harry che glielo dedicherà e Harry gli ha
già promesso che sarà il
suo primo fan – quando sta per arrivare il suo ragazzo.
Non va matto per il nuoto, ma
sopporta le cuffie strette, l’acqua fredda e il sole che lo
scotta subito se
Harry gli chiede di immergersi in acqua insieme a lui; quando il
direttore
della piscina – un uomo bonario e paziente, Paul –
lo minaccia di licenziarlo
se non torna subito al bancone – anche se sanno entrambi che
non lo farà mai –
Louis obbedisce, ma è riuscito a strappare metà
pomeriggio da passare con
Harry; ovviamente, il metà pomeriggio rimasto lo
sostituisce, al bar, il caro
vecchio – e povero – Stanny.
Zayn, quando vede il suo
coinquilino affrettarsi a mettere in ordine l’appartamento,
sa che da un
momento all’altro si troverà Harry tra i piedi,
così fugge in piscina con Liam.
Zayn – per
tre mesi all’anno – si
sveglia alle dieci meno qualche minuto, impreca a bassa voce, si veste
in
fretta, maledice Louis per non averlo buttato fuori dal letto, corre
per un
isolato – che sembra interminabile – fino al bar
tranquillo dove fa colazione
con Liam, che lo accusa sempre di essere in ritardo.
Zayn si stringe ogni volta nelle
spalle e lo bacia per scusarsi, ma tanto l’altro
l’ha già perdonato quando l’ha
visto sulla porta del locale, i capelli arruffati e l’aria
mortificata.
Nel pomeriggio vanno al cinema, fanno
giri in bicicletta, prendono un autobus e scendono quando trovano
qualcosa di
interessante da vedere, oppure vanno in piscina.
Zayn saluta il suo migliore amico
– nonché coinquilino – che lavora dietro
al bancone, si mette su una sdraio con
un blocchetto di fogli e una matita tra le mano e ritrae Liam per un
po’, la
mano che si muove come se stesse seguendo una danza senza suoni e gli
occhi
troppo neri e profondi che scattano veloci; dopo di che, continuano le
loro
“lezioni di nuoto”. Chissà come mai,
finiscono sempre avvinghiati a baciarsi
contro il bordo piscina.
Le puntate di Doctor Who se le
guardano insieme – lui e Louis – di sera, in
streaming sul pc, ma solo se non hanno un appuntamento con i rispettivi
ragazzi
o se non escono tutti insieme: loro due, i rispettivi ragazzi, il
migliore
amico biondo del suo ragazzo e una ragazza castana che piace al
migliore amico
biondo del suo ragazzo. È sempre un caos, tra risate,
canzoni cantate a metà e
occhi innamorati.
Liam dorme spesso.
Dorme nel suo letto con il volto
finalmente rilassato e un sorriso sulle labbra, dorme sdraiato sul suo
ragazzo,
dorme sul divano dell’appartamento di Zayn quando guardano
insieme un film e
finiscono tutti e due addormentati, la testa di Liam sulle gambe di
Zayn e le
dita del moro – che è pakistano,
non
marocchino e, sì, è stato Niall a chiederglielo
– tra i suoi capelli.
Liam legge di meno – non ha praticamente
tempo – e pensa di più, anche se ha imparato a non
pensare quando si tratta di
stare con Zayn e di ubbidire a quello che gli ordina il cuore. Vorrebbe
vivere
tra le pagine dei suoi racconti, attraversando giungle e risolvendo
enigmi, ma
in compagnia di Zayn, ché in ogni libro di avventura deve
esserci un pizzico di
amore, no?
A volte li legge ad alta voce,
quei libri di avventura, quando Zayn va a casa sua e si chiudono in
camera:
Liam legge con il suo tono profondo – che fa venire la pelle
d’oca al suo
ragazzo – e quest’ultimo disegna i protagonisti dei
libri, la schiena contro
quella di Liam, seduti per terra. Stranamente,
i due protagonisti assomigliano sempre a Zayn e Liam.
Anche se uno dei due protagonisti
è una ragazza.
In tal caso, la ragazza è Liam.
Niall, in diciassette anni di vita, ha imparato principalmente quattro
cose: le
vacanze estive sono stupende, il ragazzo del suo migliore amico Liam
è strano,
il cibo è meraviglioso, la musica e Clara
– la ragazza con i capelli lisci e marroni, quella
che ha conosciuto in
piscina, che ha il desiderio segreto di possedere una Canon – sono la soluzione a tutto; perfino ai
problemi di trigonometria che Clara gli spiega con calma mentre lui le
fissa la
bocca sottile.
Niall avrebbe i capelli biondi –
un giallo canarino acceso quanto una lampadina – da un mese
abbondante, se non
se li fosse lasciati crescere castani senza tingerli più,
perché Clara gli ha
confessato, sovrappensiero, di preferire i ragazzi con i capelli scuri;
Niall
non lo sa, ma in realtà Clara non riuscirebbe a toglierselo
dalla testa neanche
se lui se li tingesse di un rosa orribile o di un verde fosforescente,
i
capelli.
Niall ha gli occhi color cielo
estivo, mette una voglia di vivere addosso solo con la sua presenza,
ride
tanto, sorride senza un apparente motivo – ma in
realtà gli viene in mente Clara
e non riesce a farne a meno – e mangia pacchetti di patatine
sul tappeto di
Liam mentre Zayn si lamenta delle briciole, Liam sorride rassegnato,
Harry
gliene ruba manciate quando è distratto e le divide con
Louis.
Ha una cotta per il cantante irlandese Ed Sheeran, ma una
ben più grande per Clara Stons, anche se non ha intenzione
di dichiararsi. O,
almeno, non l’aveva fino a un lunedì sera, durante
una loro famosa ‘uscita a
sei’ trascorsa in pizzeria: Clara si è allontanata
dagli altri cinque, la sua
pizza ancora praticamente intatta nel piatto, ed è uscita
sulla terrazza del
ristorante per resprare un po’ d’aria fresca,
ché gli girava terribilmente la
testa; Zayn ha – letteralmente – spinto Niall a
seguirla e lui ha esibito il
suo broncio da bambino, ma lo ha fatto lo stesso. Le ha circondato lo
stomaco –
quello stomaco che lei odiava da anni – con
le braccia e le ha sussurrato
nell’orecchio alcune parole di una canzone scritta dal
cantante-poeta Ed
Sheeran, concludendo con un “If I
let you
know I'm here for you, maybe you'll love yourself like I love
you”. Subito
dopo, Clara lo ha baciato con le lacrime agli occhi.
Per il loro primo mesiversario le ha regalato una Canon.
Niall non va matto per il nuoto – preferisce di gran lunga
suonare la chitarra e cantare canzoni a squarcia gola insieme a Clara,
ma Liam
riesce a convincerli diverse volte ad andare con lui e Zayn in piscina
– dove
li aspettano, ovviamente, Louis e Harry – parlandogli
soprattutto del bar
straripante di cibo. E, mentre Liam e Zayn fanno le loro
“lezioni di nuoto”,
Niall e Clara hanno le loro “lezioni di cibo”.
Clara ricomincia a mangiare
normalmente e, ogni volta che fa un passo avanti, Niall la premia con
qualche
frase in rima. Ultimamente ha raccolto queste frasi e ne ha creato una
canzone,
intitolata What makes you beautiful.
Clara è scoppiata in lacrime quando Niall l’ha
cantata
dall’inizio alla fine per la prima volta.
Harry, Louis, Liam, Zayn e Niall sono
soltanto cinque
ragazzi con la testa piena di sogni che hanno trovato l’amore
nello stesso
pomeriggio, nello stesso posto, forse per caso o forse per destino.
O forse per tutti e due, visto che, si sa, spesso camminano insieme
a braccetto.
Caso [cà-ʃo] sostantivo
maschile: avvenimento
non previsto né prevedibile; la
causa di qualcosa avvenuta al di fuori della nostra volontà;
condizione, occasione;
la maniera con cui
può presentarsi un fatto.
Destino [de-stì-no] sostantivo maschile: il
succedersi degli eventi considerato come flusso prestabilito,
imperscrutabile e
indipendente dalla volontà e dall'intervento dell'uomo; fatalità,
fato; sorte, fortuna.
E loro cinque sono
davvero come
il caso e il destino: cinque sostantivi maschili che entrano in
contatto grazie
a un flusso prestabilito, imperscrutabile, causato da qualcosa avvenuto
al di
fuori della loro volontà.
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