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Autore: Mon    02/10/2013    4 recensioni
[Seguito di We Are Not Broken, Just Bent e Some Nights]
La loro vita era completa; entrambi continuavano il loro lavoro, Nate faceva dischi e girava il mondo insieme ad Andrew e a Jack, Laura lavorava ancora per la rivista di cui faceva parte quando aveva incontrato suo marito, adesso con il ruolo di vice direttore.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nate Ruess, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Gambler'
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Laura chiamò Nate; suo marito era in bagno, stava finendo di sistemarsi il colletto della camicia. Si guardò allo specchio, si mise a posto il ciuffo e andò dalla moglie. 
«Cosa succede?» chiese.
Laura teneva con una mano i capelli lunghi raccolti, con l’altra indicava la cerniera del suo vestito verde smeraldo, che arrivava fino alle caviglie. «Puoi, per favore, tirare sù la cerniera, da sola non ci riesco.» Nate le si avvicinò, mise le mani sulla zip del vestito e, mentre la alzava, diede un lieve bacio nell’incavo del collo della moglie. Lei sorrise allo specchio e incontrò gli occhi verdi del marito. Era sempre bellissimo, proprio come diciotto anni prima, quando lo aveva incontrato per la prima volta, aveva solo qualche ruga in più sul viso, ma rimaneva sempre il suo Nate. Si girò verso di lui e gli passò una mano tra i capelli morbidi, era una di quelle cose che Laura aveva sempre adorato fare e non aveva mai smesso, nemmeno dopo tutto quel tempo passato insieme. 
«Sei pronta?»
«Solo un po’ di trucco e poi sono a posto. Ria e Nickolas dove sono?»
«Al piano di sotto, con i nonni...»
Laura spalancò gli occhi. «Quindi stanno aspettando solo noi?»
«Esatto, più che altro aspettano te. Pensa che non sei nemmeno la festeggiata!»
«Voglio essere bella per la Comunione di mia figlia!»
«Lo sei sempre, anche con un sacco di plastica addosso...» continuò Nate. Non lo diceva solo per far contenta Laura, lo diceva perché lo pensava davvero, perché non aveva mai smesso di pensarlo, nemmeno per un minuto, da quando l’aveva incontrata diciotto anni prima. Da allora erano cambiate un sacco di cose; si erano sposati, avevano avuto un momento più difficile di altri, l’avevano superato e da lì era nata Ria, la loro primogenita. Sei anni dopo era nato Nickolas, un bambino che era l’esatta copia di Nate e che adesso aveva quattro anni. 
La loro vita era completa; entrambi continuavano il loro lavoro, Nate faceva dischi e girava il mondo insieme ad Andrew e a Jack, Laura lavorava ancora per la rivista di cui faceva parte quando aveva incontrato suo marito, adesso con il ruolo di vice direttore. La musica continuava ad essere una parte importante della sua vita, anche se ora Laura aveva priorità diverse: non girava più il mondo per fare interviste, almeno non come lo faceva prima che nascesse la sua primogenita, ma continuava ad andare ai concerti appena ne aveva la possibilità. La sua vita adesso si divideva tra la musica, Nate, Ria e Nickolas. Laura non poteva essere più contenta di tutto quello che aveva tra le mani, era felice. 
Dal piano di sotto, la donna sentì la voce del marito chiamarla. «Sto arrivando!» rispose. Si passò un ultimo filo leggero di rossetto sulle labbra, prese la sua borsa e scese le scale. Al piano terra, ad attenderla c’era tutta la famiglia. I suoi genitori, quelli di Nate, suo marito e i suoi due bambini. Guardò sua figlia e le sorrise. «Sei pronta?» chiese Laura. 
Ria annuì, raggiante. Indossava un vestito bianco, con la gonna a pieghe che le arrivava poco sotto le ginocchia, una cintura dello stesso colore era legata in vita e terminava con un fiocco enorme dietro la schiena. I capelli, lunghi e castani, ricadevano pieni di boccoli lungo le spalle, tra questi erano state messe due piccole rose bianche. La madre la guardò, sembrava una piccola principessa.
Laura cercò di non emozionarsi, era ancora troppo presto e non aveva intenzione di perdere altro tempo per tornare al piano di sopra e rifarsi il trucco. Respirò profondamente, Nate, al suo fianco, le lanciò un’occhiata veloce e sorrise. La tirò a sé e le diede un bacio sulla testa, sussurrandole all’orecchio un semplice: «Trattieni le lacrime...» 
Laura si limitò ad annuire. 
«Andiamo? È quasi l’ora...» disse Bess, la madre di Nate. 
La famiglia si incamminò fuori da casa, Laura richiuse la porta alle sue spalle e poi salì in macchina con Nate e i suoi due figli. I nonni avevano un’auto tutta loro, guidata dal padre di Laura. Si diressero verso la chiesa, quella dove lei e Nate si erano sposati. Lì davanti, ad aspettarli, c’era il resto della famiglia. La sorella di Nate, Libby, con suo figlio e suo marito. Erano loro due i padrini di Ria, la presero in consegna e con lei sparirono all’interno della chiesa. Nickolas corse subito da suo cugino e con lui si mise immediatamente a giocare; Laura lo guardava, era un bambino di quattro anni e aveva tutto il diritto di passare così il suo tempo. Alla donna, però, Nickolas sembrava già troppo grande, e vestito com’era quel giorno le sembrava già un piccolo ometto. Nate aveva insistito per vestirlo così: pantaloni e giacca, una camicia bianca e una cravatta rossa. Laura si fermò a guardarlo per qualche istante. Era la copia esatta di suo marito: stessi lineamenti del viso, stesso colore degli occhi, stesse labbra.
Cantava già insieme a suo padre, anche sul palco, durante qualche concerto. Non erano, infatti, mancate le occasioni: Nate era talmente orgoglioso dei suoi due pargoli che trovava sempre un modo per mostrare alla gente quanto amava i suoi due angeli. Portarli sul palco con lui, prenderli in braccio mentre loro canticchiavano, un po’ imbarazzati, le parole delle canzoni del papà, riempirli di baci e poi riconsegnarli nelle mani amorevoli di Laura per poter finire il concerto, gli colmava il cuore di gioia ogni volta. 
Entrarono in chiesa; Nickolas trotterellava davanti a Nate e a Laura, di fianco a suo cugino. Si girò a guardare i genitori solo per chiedere dove si sarebbe dovuto sedere. La madre lo prese per mano e lo condusse su un banco, dalla parte sinistra della chiesa. Si sedettero tutti e attesero l’entrata dei bambini. Quando la porta della chiesa si aprì, Laura sentì un groppo in gola, dovette deglutire con forza, poi si avvicinò di più a Nate, prese la sua mano e la strinse forte. Il marito si voltò a guardarla, le sorrise e si perse nei suoi occhi lucidi, leggermente velati da lacrime di felicità che, sapeva, presto le avrebbero cominciato a solcare le guance. Si sporse verso di lei e le sussurrò: «Smettila tesoro, perché piangi?»
«Ria sta crescendo, ha dieci anni e sta per fare la Comunione. Nickolas sembra un piccolo ometto, il tempo passa troppo in fretta Nate!»
Il marito le mise una mano sulla guancia e si sporse verso di lei, dandole un bacio sulla fronte. «Goditi questa giornata e smetti di pensare a queste cose Laura.»
La ragazza annuì, guardò sua figlia passarle davanti, mano nella mano con la sua migliore amica; la seguì con lo sguardo finché non si sedette nei primi banchi, in attesa. 
«Hai ragione sai...» disse il marito, dopo un po’, parlandole piano all’orecchio. «I nostri bimbi stanno crescendo, presto diventeranno grandi, avranno le loro vite, ma ricordati che io sarò sempre al tuo fianco, non ti lascerò mai. Ce lo siamo promessi tanti anni fa in questa chiesa e continuerò, per sempre, a rispettare quel patto. Anche quando saremo vecchi, io ci sarò sempre.»
Laura sorrise. «E tu lo sai che vale lo stesso per me. Non sono mai riuscita ad immaginarmi senza di te. “You're the love of my life, you know that I'll never leave your side.”»
Nate le sorrise, le strinse la mano ed entrambi voltarono nuovamente lo sguardo verso l’altare. 






Eccomi qui, sono tornata, e stavolta è davvero l'ultima volta. Almeno per questa serie. Adesso dico davvero addio a questi due personaggi, a cui sono legata particolarmente. Come sapete, mi hanno fatto compagnia per tanti mesi, sono arrivata a volere bene, li ho "visti" incontrarsi, li ho visti litigare, li ho visti mettere su famiglia e adesso questa è la storia che chiude il cerchio. Ho detto li ho visti, ma, insomma, anche voi li avete guardati tramite uno schermo. Vi ringrazierò sempre, perché se voglio bene a questi due lo devo anche e soprattutto a voi. 
Rispondo ad una domanda che un po' di voi mi hanno fatto. Non so quando e se avrò tempo per scrivere un'altra storia, nel senso, ho una mezza idea su una nuova storia, ma purtroppo comincio ad avere poco tempo, anche oggi il lavoro mi ha tenuta impegnata tutto pomeriggio, e ancora non ho finito. Vi posto il capitolo e scappo a finire di fare quello che facevo.
Non me ne vado prima di non avervi ancora ringraziato, perché devo farlo.
GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE TANTISSIME. 
Un bacione e un abbraccio grande a tutte. 
Mon.

  
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