Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: hirondelle_    03/10/2013    0 recensioni
/prima fic sul fandom di Magi/
[Kassim non piaceva ad Alibaba, e Alibaba non piaceva a Kassim. Per quanto si sforzassero di andare d’accordo non c’era niente che poteva unirli più del gioco della palla, e quello era un campo minato perché la palla era di Kassim e non si toccava.]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alibaba Saluja, Cassim
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Macareux
Titolo: La pioggia su Balbad
Prompt: /
Rating: Verde
Pairing: //
Desclaimer: I personaggi presenti in questa fanfiction non mi appartengono ma sono proprietà del rispettivo Autore. Questa fanfiction è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. Gli avvenimenti descritti in questa fanfiction non sono mai esistiti, ogni avvenimento a fatti o persone reali è puramente casuale .
Attenzione!: Chiunque plagerà e/o prenderà ispirazione indebitamente da questa fanfiction verrà perseguitato dal sommo regolamento di EFP (?).
Note: Questa è la mia prima fic su Magi, chiedo perciò clemenza. In questa fic Alibaba e Kassim abitano in quartieri della città differenti, per questo motivo fanno parte di due realtà distinte (secondo la mia visione di Balbad)
 


 
La pioggia su Balbad
Era una bella palla di cuoio, quella di Kassim, pratica e il più delle volte pesante di acqua. I bambini la invidiavano, e non erano rare le lotte per quel prezioso giocattolo, le quali finivano sempre con occhi neri e denti spaccati: Kassim non era tipo da prestare le sue cose, e probabilmente su questo aspetto non sarebbe cambiato facilmente.
Ad Alibaba quella palla di cuoio piaceva tanto: avrebbe voluto farla rotolare sul selciato polveroso e coprirla tutta di terra, farla rimbalzare sui muri di mattoni o colpire di proposito tutte le pozzanghere lasciate da un lungo periodo di piogge. Kassim tuttavia non era dello stesso avviso.
Il piccolo Alibaba un giorno semplicemente era andato da lui e gliela aveva chiesta: prima lo aveva fatto timidamente, poi quando aveva capito che Kassim non avrebbe ceduto tanto facilmente aveva iniziato a pestare i piedi per terra gridando che lui voleva la palla, ma Kassim su questo rimaneva abbastanza categorico: la palla non si prestava.
Fu quello il giorno in cui iniziarono a incontrarsi più spesso di quanto avessero mai creduto: Alibaba andava e veniva dalla sua casetta nei quartieri più loschi della città, e la madre di Kassim lo accoglieva ben volentieri.
Dapprima si limitarono a picchiarsi, e il più delle volte Alibaba tornava da sua madre con i denti scheggiati e i vestiti sporchi di fango; poi iniziarono a scendere ad accordi, sebbene il tutto si rivelò più complicato del previsto: Alibaba avrebbe dovuto tenere la palla nei giorni dispari e Kassim in quelli pari. Kassim però non sapeva la differenza tra i numeri pari e quelli dispari, e Alibaba ne aveva solo una vaga idea.
Kassim non piaceva ad Alibaba, e Alibaba non piaceva a Kassim. Per quanto si sforzassero di andare d’accordo non c’era niente che poteva unirli più del gioco della palla, e quello era un campo minato perché la palla era di Kassim e non si toccava.
Il biondo quindi iniziò ad entrare nella stanzetta dell'altro più volte del dovuto, solo per osservarlo: appena si fosse distratto gli avrebbe preso la palla da sotto il naso. Alibaba tuttavia non riusciva in alcun modo a rubarla: sembrava che la sfera e il suo possessore fossero due cose inscindibili. Per questo motivo il piccolo iniziò a seguirlo ovunque, sperando che Kassim gli cedesse il bramato oggetto. Infatti il bambino era sicuro che tutti i giorni fossero pari e Alibaba non se la sentiva di contraddirlo.
Iniziò quindi una lunga fase di spionaggio: ovunque andasse Kassim Alibaba lo seguiva di soppiatto, sperando di non essere visto senza tuttavia particolare successo. La causa era principalmente dovuta alla sua vistosa capigliatura bionda, perché per quanto cercasse di sporcare i suoi vestiti di fango risultava sempre diverso rispetto alla gente di quel quartiere. Così iniziò a camuffare di terra non solo i capelli, ma anche il viso che risultava troppo pallido in mezzo a tutte quelle carnagioni scure e quindi troppo evidente.
Il travestimento sembrò funzionare, e Alibaba venne scambiato da quel momento come un perfetto abitante di quelle zone: si ritrovò così ad aggirarsi per le strade di un mondo differente, trattato in modo differente e con atteggiamenti differenti. La cosa più che stupirlo lo incuriosì a tal punto che le sue fughe dalla casa di sua madre diventarono sempre più frequenti.
Kassim inizialmente non sembrò farci caso, lo colse in flagrante solo quando un giorno lo scoprì mentre tentava invano di sollevare uno dei grandi sacchi di grano stipati nel magazzino. Fu allora che il bambino con i dread scoprì il suo segreto e lo mandò fuori a calci, per poi sollevare senza difficoltà apparente il sacco di grano e portarlo fuori. “Non è un lavoro per principianti”, disse, guardandolo tra il divertito e lo sprezzante.
Alibaba non sembrò voler mollare, e ricominciarono le zuffe. Non rinunciò al suo ruolo in incognito, e ben volentieri si apprestava a dare una mano tra quella gente così gentile . Davvero non capiva come quelle persone laboriose fossero così diverse da lui, in fondo erano molto simili anche se con aspetti differenti.
Alibaba pensava infatti che con loro si divertisse moltissimo, e che Kassim poteva tenersi la palla, tanto non gli serviva più. Kassim d’altro canto iniziò a passare la maggior parte del suo tempo libero da solo, e ammetteva a se stesso che senza le lotte per la sua palla non era affatto divertente. Osservava Alibaba che nelle sere fredde rimaneva con loro davanti al falò improvvisato nella piazzetta e pensava che non era giusto, e che voleva giocare a palla con qualcuno. Così una di quelle sere si avvicinò ad Alibaba e gli disse che quello era un giorno dispari.
Quando il piccolo gli rispose che la palla poteva pure tenersela Kassim ne rimase molto deluso. Iniziò a perseguitarlo e a fargli dispetti di tutti i tipi: le zuffe diventarono frequenti e abitudinarie, tanto che alla fine si trasformarono più un gioco senza motivazioni. Così Alibaba tornava a casa sporco di terra e pieno di graffi, ma nonostante le numerose proibizioni che gli venivano imposte dalla madre lui riusciva sempre a raggiungere quel caldo focolare che ormai era diventato più familiare della sua stessa casa.
Amava ascoltare le storie avventurose dei vecchi, Alibaba, amava condividere il pane secco con loro, venir coccolato dalla madre di Kassim tra le sue grandi braccia e affondare il viso contro il suo petto avvertendone l’odore pungente di fieno, giocare con gli altri bambini e perdere, raccontare fiabe ai più piccini e ascoltare le lamentele dei più grandi. Gli piaceva ascoltarli e pensare che se fosse stato un re sarebbe stato in grado di esaudire i loro desideri.
 
Poi però la gente iniziò a morire.
Alibaba arrivava alla sera e sedeva al focolare, ma i vecchi scomparivano nel nulla poco a poco e i piccini non si vedevano più. La gente iniziava a mancare a quel momento tanto speciale e si chiudeva in casa, perché dovevano badare ai malati, dicevano. Alibaba pensava allora a tutti quei medici che stavano attorno al re anche per un raffreddore e s’indignava: possibile che non potesse esserci almeno un dottore anche per loro? Perché tutto doveva essere così ingiusto e sleale?
Lo chiese a Kassim e lui rispose che i medici erano soltanto per i principi. Sembrava sempre più triste, perché anche sua madre non si sentiva più tanto bene. Alibaba conosceva la madre di Kassim e non voleva che morisse.
A volte si ritrovavano a piangere tutti e due, senza motivo. Perché Kassim doveva badare a tutti i suoi fratelli e fare la cena e pensare a vivere, ma col tempo era diventata un’attesa atroce perché sua madre non si alzava più dal letto. Infatti un giorno smise di provare ad alzarsi e non si alzò più, non mangiò più e non respirò più.
Fu quella la prima volta in cui Alibaba pensò che tutto fosse ingiusto. Che le cose dovevano cambiare, perché la mamma di Kassim non si sarebbe più svegliata. Guardò Kassim piangere e pensò che non sarebbe dovuta andare così. Pensò che avrebbe cambiato le cose un giorno, quando sarebbe diventato grande. E pensò anche che la palla non gli interessava davvero più, e che probabilmente sarebbe stata abbandonata da entrambi.
Fu quasi automatico ospitarli tutti nella sua casa, e sua madre non protestò e li accolse volentieri. Non c’era spazio per tutti ma i soldi non rappresentavano un problema. Lei semplicemente acconsentì e li accolse a braccia aperte, iniziando a lavorare praticamente ogni sera.
Alibaba credette di avere una madre davvero meravigliosa.
Fu durante una delle prime notti in quella casetta, dove le lacrime venivano nascoste dai cuscini grezzi e le stuoie scricchiolavano all’agitarsi degli incubi, che Kassim si sporse verso di lui e gli prese una mano. – Alibaba? – chiese, senza aprire gli occhi, lasciando scivolare le lacrime. – Lo sai che esistono giorni formati sia da numeri pari che da numeri dispari?
Alibaba lo fissò ma non disse niente. Stette in silenzio e chiuse gli occhi. Sentiva la pioggia.

 
 
   
 
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