Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: evilregal9841    03/10/2013    2 recensioni
"All’improvviso immagini di lei mi riempirono la mente. Lei piccola, fragile, innocente. Lei fra le mie braccia, mentre la cullavo, mentre i suoi occhioni celesti si chiudevano lentamente. Perché se l’era portata via?"
E se Regina avesse un segreto? Così grande che nessuno sulla Jolly Roger ne fosse al corrente?
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Regina Mills, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Continuai a guardare di fronte a me, gli occhi appannati da quelle lacrime che ormai sembravano non voler smettere di scendere, intenzionate quasi a bruciarmi le guance. Lacrime di dolore, di angoscia, di disperazione. Perché così ero, disperata, forse come mai mi ero sentita prima di allora. Continuavo a cercare una soluzione, a cercare la via di fuga che non avevo. Tutto lo sfarzo che mi circondava, la bellezza ostentata di quella stanza. Ma a me non importava. Volevo solo scappare, fuggire dal palazzo, dal re, da quella vita, prima che fosse troppo tardi, prima di aver compiuto il passo che mi avrebbe costretta ad una vita di prigionia. Intrappolata in quel castello, al fianco di un uomo che non amavo, vincolata a lui fino alla morte, intrappolata nella mia bella prigione dorata. Ma soprattutto volevo scappare da lei, mia madre. Iniziai a singhiozzare, senza potermi, o volermi, trattenere. Come avrei potuto nasconderle il mio segreto? Perché lei non doveva saperlo. Non avrebbe capito, mai. Come non aveva capito il mio amore per Daniel. Continuai a piangere, ormai incapace di arrestare le lacrime. Sprofondai ancora di più nel grande letto vuoto, cercando di coprirmi con le lenzuola fin sopra gli occhi. Mi rannicchiai prendendomi la testa fra e mani. Dovevo trovare una soluzione. Erano passati due giorni dalla visita del medico. Le sue parole ancora mi risuonavano nella mente. Non che non ne fossi al corrente, il dubbio era già sorto qualche mese prima, ma sentir confermare le mie più grandi paure mi aveva stroncata. Come avrei potuto risolvere quella situazione?
La porta si spalancò all’improvviso.
<< Adesso mi devi spiegare cosa sta succedendo! >> la voce di mia madre mi raggiunse inaspettata. Era irata, la stizza traspariva anche fin troppo dalle sue parole.
<< Alzati Regina, è un ordine! E smettila di piangere, i tuoi singhiozzi si sentono perfino dal corridoio! Non vorrai mica che il re ti senta? L’ultima cosa che vuole è una moglie che piagnucola>> continuò. Avrei tanto voluto poterle saltare al collo.
Mi prese malamente per un braccio, scrollandomi. Mi mise in piedi e mi guardò con disprezzo. Non potei far altro che abbassare lo sguardo, colpevole, e lasciare che le lacrime scendessero silenziose sul mio viso, per poi infrangersi sul tappeto ai miei piedi. Il matrimonio sarebbe stato di lì a pochi mesi, ma non volevo ricordarlo, non in quel momento. Avevo un problema più grande a cui pensare.
<< Non sarà ancora per quello stupido stalliere, vero? >> disse. Scossi brevemente la testa, intimorita anche solo ad incrociare il suo sguardo << Allora cosa hai fatto? Sono giorni che piangi! Il re sarà anche un uomo debole, ma di certo non è stupido. Di sicuro presto si accorgerà delle tue continue assenze ai pasti ed i tuoi occhi arrossati. Sai la servitù chiacchiera … pettegolezzi sulla nuova regina … che non fa altro che piangere da quando … >> si bloccò. Vidi i suoi occhi  farsi grandi. Aveva capito? << … da quando il medico le ha fatto visita. Che cosa ti ha detto Regina ?>>
Sapevo che l’avrebbe scoperto. Ma avevo comunque continuato a sperare che non se ne sarebbe accorta. Stupida illusa.
<< Cosa-ti-ha-detto? >> ripeté, scandendo lentamente ogni parola << Regina ti ordino di rispondermi. Dimmelo! Non costringermi ad usarmi mezzi di cui poi potrei pentirmi >>
Tutte bugie. Lei non si sarebbe mai pentita. Non faceva che gioire di fronte alla mia sofferenza, al mio dolore. Con una sua piccola rotazione del polso, mi ritrovai sollevata terra.
<< Ti prego madre, ti prego >> mi portai una mano al ventre. Fu un gesto inconsapevole, quasi da definire ingenuo. Ma lei lo notò, perché a Cora non sfuggiva mai niente. Allora non bastò altro che fare due più due. Riuscii a vedere a rabbia riversarsi nei suoi occhi. Non l’avevo mai vista così infuriata.
<< Tu! >> gridò << Tu, piccola bastardella! Come hai potuto! Con uno stalliere … Ed io ne ero all’oscuro! Vergognati! >> le frasi erano sconnesse, ma il senso arrivò forte e chiaro. Mi scaraventò di fianco. Ero inchiodata al muro, incapace di muovermi.
<< Adesso il re lo verrà a sapere >> continuò << Mancano solo pochi mesi alle nozze … dobbiamo eliminare al più presto il problema >> si avvicinò a me , con un braccio teso. Riuscivo quasi a vedere la magia scaturire dalle sue dita. Non glielo avrei permesso.
<< Ti prego madre, ti prego >> urlai fra i singhiozzi, cingendomi il ventre con le braccia, come a voler proteggere il figlio che portavo dentro di me. Perché quello era
mio figlio, mio e di Daniel, non avrei mai potuto permettere che li accadesse qualcosa << È pur sempre tuo nipote … >>
<< Non osare! >> mi interruppe, gridando  a sua volta << Quello
non è mio nipote >> sputò quella frase con disgusto << È solo il figlio di uno stalliere >>
<< Ti prego madre … >> la mia voce ormai si era ridotta a poco più che un sussurro, una supplica quasi impercettibile << Ti prego madre, non fargli del male, farò qualunque cosa, ti prego … >>
Un’ultima lacrima silenziosa mi accarezzò la guancia. Mia madre continuò a fissarmi con disprezzo, aggrottò la fronte e girò sui tacchi.
<< Sappi che troverò una soluzione, per quanto drastica o spiacevole ti potrà sembrare >>
Uscì dalla stanza, sbattendo rumorosamente la porta. Appena fu fuori, caddi a terra, la fronte poggiata sul marmo. Rimasi immobile, sul freddo pavimento, ascoltando solo i miei respiri. Feci scivolare un braccio sotto il corpo, per poter accarezzare il lieve gonfiore del mio ventre. Poi sussurrai << Non preoccuparti, io sono qui …  ti voglio bene >>


Dopo la discussione, se così poteva essere definita, con Cora, i giorni ripresero a susseguirsi lentamente, la mia vita scorreva sfuggendomi dalle dita come fumo, senza poterla controllare, incapace di afferrarla veramente. Giorno dopo giorno, banchetto dopo banchetto, intrappolata negli stretti corsetti che cercavano di nascondere la mia colpa. Ogni mattina sembrava che le ancelle stringessero sempre più i lacci, fino a farmi mancare il respiro. Non avrei potuto continuare così ancora a lungo. Quasi non mangiavo più, come se questo potesse evitare al di rendere visibile ciò che presto lo sarebbe stato. Sentivo gli occhi del re scrutarmi, sempre, come se già gli appartenessi. Ogni volta rabbrividivo al pensiero di quello sguardo su di me, forse perché temevo che scoprisse il mio segreto, o forse per la semplice paura di quell’uomo tanto più vecchio di me. L’idea della morte mi sfiorava spesso, lasciarmi semplicemente andare al mio destino. Non mi sarebbe dispiaciuto, morire, potermi finalmente riunire con il mio amato Daniel. Ma non ora, non potevo, per quanto allettante fosse l’idea. Perché adesso non ero più sola. Avevo un figlio da proteggere, qualcuno per cui vivere.
Quando la gravidanza divenne impossibile da nascondere, anche sotto le vesti più larghe ed i corsetti più stretti, a Cora venne la malsana idea di inscenare una mia malattia. Sarei rimasta rinchiusa in quella piccola ala del castello, mentre tutti mi credevano in quarantena, colpita dalla peste, il tifo o Dio solo sa quale altra malattia potesse essere venuta in mente a mia madre. Teneva sotto controllo le menti del re, di Biancaneve, di tutto il palazzo, anche della servitù che non fosse stata la sua personale. Me li immaginai, storditi e confusi da quegli incantesimi, che riuscivano a tenerli lontani da me. Rinviarono le nozze di qualche mese, l’unica buona notizia in quel disastro che era la mia vita.
Erano ormai due mesi che non uscivo da quella stanza, sentivo le pareti schiacciarmi, soffocata da quelle mura. Non parlavo quasi più con nessuno, e la cosa mi stava facendo impazzire. Quando cercavo di scambiare poche parole con le ancelle che entravano nella camera, non ricevevo mai risposta, per quanto banali e scontate fossero le mie domande, che potevano andare da “che bel tempo oggi, non credi?” ad un semplice “grazie”. Riuscivo a vedere la paura nei loro occhi, paura di me, di mia madre, paura di dire qualcosa che sarebbe costato loro la vita. Avrei voluto poterle convincere, far capire loro quanto fossi diversa da mia madre. Ma sembrava impossibile, ed inutile, anche solo tentare.
Persa fra i miei pensieri, mi avvicinai lentamente allo specchio, quasi timorosa del riflesso che mi si sarebbe presentato. Io ero la stessa di sempre, forse le spalle un po’ più scarne, il volto più smunto. Non avevo esattamente l’aspetto di una donna al nono mese di gravidanza, tutt’altro. Se non fosse stato per il ventre rigonfio, probabilmente chiunque mi avrebbe scambiato per una povera morta di fame. Letteralmente. Ma in fondo, che senso aveva anche solo mangiare, in quella vita che ormai quasi non mi apparteneva? L’unica cosa che mi spingeva ad andare avanti era il pensiero di mio figlio. Perfino mia madre mi obbligava a mangiare, le rare volte che veniva a farmi visita. Non che fosse per premura o preoccupazione, non sarebbe di certo stata un cosa “da Cora”. Semplicemente le faceva comodo che io restassi in vita, la mia morte avrebbe solo portato scalpore. E poi chi altri avrebbe potuto sposare il re, se io fossi morta? Lei forse? Certamente non le sarebbe mancato il coraggio. Ma era stata proprio la mia condanna a rivelarsi un’arma a doppio taglio.
Avevo costretto mia madre a promettere di non uccidere il bambino. Lo avrebbe portato in un orfanatrofio o affidato ad una famiglia. Di più non avrei potuto fare per lui, non sarei mai riuscita a tenerlo con me. Il cuore si strinse in una morsa di ferro, così stretta da farmi sussultare. Avrei abbandonata mio figlio, come mi avrebbe immaginata una volta cresciuto?

Come una madre che non lo vuole, disse una voce nella mia testa.
Ma io lo voglio, non voglio lasciarlo andare, è mio figlio…
Ma sai di non avere scelta. O questo, o la sua morte….
I pensieri si accavallarono, intrecciandosi fino ad intessere un breve conversazione. Le idee presero a viaggiare, come animate di vita proprio, fino  a portarmi da lui. Pensai a come sarebbe stato averlo al mio fianco, avere Daniel come marito, come padre di mio figlio, nostro figlio. Lo vidi, nella mia mente, un’immagine così nitida da sembrare un ricordo. O un sogno, forse. Vidi Daniel avvicinarsi, posare una mano sul pancione, accarezzandolo teneramente. Scossi la testa, sbattendo le palpebre. Avrei voluto impedire agli occhi di farsi lucidi a quel pensiero. Poi una fitta lancinante mi trafisse, come una lama avvelenata. No no no no… non poteva già essere arrivato il momento. Non ero pronta. Non ancora.
Le ore successive non furono altro che dolore. Ricordavo solo quello. Le ancelle andavano avanti ed indietro con gli asciugamani, che in breve tempo si riempivano del mio sangue. Guardavo il medico di fronte a me, senza realmente vederlo.  Dopo quattro lunghe ore ero stanca, sudata, sfinita. E mia madre rimaneva impassibile, immobile accanto al letto, senza degnarmi di uno sguardo. Nemmeno per un attimo cercò di consolarmi, di alleviare le sofferenze. Quando fui sopraffatta dal dolore per un’altra contrazione, allungai convulsamente la mano verso di lei, per trovare anche solo un appiglio a cui aggrapparmi. Guardò la mano con disgusto. Così, rassegnata, strinsi più forte le lenzuola, dando un’ultima spinta. Pochi secondi dopo sentii un lieve vagito.
Il cuore mi si riempì di una gioia nuova, una gioia mai provata prima.
Distinsi poche parole pronunciate dal medico : << Brutta emorragia… bisogno di riposo … >>. Ma non importava. Allungai le braccia verso l’alto, fino a quando non mi adagiarono un piccolo fagottino fra le braccia. Il mondo intorno a me sembrò dissolversi. Non esisteva più niente per me, se non quegli occhioni smarriti che mi fissavano. Erano gli occhi di Daniel, ne ero certa.
<< È una femmina >> sentii dire a qualcuno.
Eccola lì,
mia figlia. Com’era possibile esistesse una cosa tanto bella e perfetta in tutto il mondo? Così fragile, così piccola che temetti di stringerla troppo forte, mentre una lacrima, la prima lacrima di gioia in mesi di disperazione, andava ad infrangersi sulla fronte candida della neonata.
Sentii i sensi abbandonarmi lentamente, e qualcuno cercare di prendere la bambina dalle mie braccia. Prima che la portassero via, prima che le forse venissero a meno, riuscii una sussurrare debolmente un nome, così piano che forse solo lei poté udirmi : << Lucy… >>
Poi tutto si fece buio.


Quando aprii gli occhi, il mio pensiero fu solo uno: Lucy. Pregai che non l’avesse già portata via, pregai di poterla rivedere. Non avrei sopportato l’idea di averla potuta tenere fra le braccia solo per pochi secondi, i secondi più belli della mia vita. Mi guardai intorno, constatando che la stanza era deserta. Benissimo. Poi vidi una piccola culla, di fianco al letto. Il cuore quasi mi esplose nel petto. Mi alzai di scatto, provocandomi dolorose fitte all’addome. Nemmeno le sentivo, ,mentre mi sporgevo oltre al bordo del lettino per poterla vedere, per poter imprimere a fuoco nella mia mente ogni sua caratteristica, ogni suo dettaglio. Non mi sarei mai permessa di dimenticarla, mai. Allungai le braccia, avvicinandomela al petto. Dormiva. Era così indifesa, quasi senza peso. La baciai sulle palpebre diafane, mentre con  mano tremante le accarezzavo la piccola guancia rosea. Come avrei potuto lasciarla andare? Come potevo farla scomparire dalla mia vita, come fosse stato un errore? Non volevo, non potevo.
La adagiai nel  mio letto, circondandola con i cuscini perché non cadesse. Poi mi sedetti di fianco a lei, prendendo dal portagioie una piccola collanina dorata, con un ciondolo a forma di cuore. Niente di speciale, era solo un regalo di compleanno che mio padre mi aveva fatto all’età di sei anni. Già, mio padre… chissà se Cora aveva impedito anche a lui di venire a conoscenza della mia condizione, del mio segreto. O forse semplicemente era rimasta sottomesso a lei, senza osare venirmi a cercare, senza contraddire la moglie che da tanto, troppo, ormai temeva. Presi fra le mani il piccolo cuoricino. Non sapevo se sarei riuscita nel mio intento, ma se quello che mia madre diceva era vero, la magia mi scorreva nel sangue. Non volevo fare un incantesimo complicato, che comunque non sarei riuscita a realizzare. Semplicemente tenetti stretto il ciondolo, immaginandolo per come volevo. Quando riaprii la mano, una piccola scritta decorava la superficie liscia del cuore: “Lucy” era vergato a caratteri eleganti. Aprii il ciondolo, guardando se anche l’interno era cambiato come volevo. Sul lato sinistro era scritto il mio nome e quello di mia figlia, mentre il lato destro era occupato da una piccola immagine, che avevo impresso nel metallo. Io e la mia bambina.
Sorrisi. Ero davvero riuscita ad utilizzare la magia? Misi la catenina al collo di mia figlia. Non sarebbe stata un’orfana sperduta, senza radici. Avrebbe sempre saputo la vera identità di sua madre. Poi un’altra idea mi balenò nella mente. Se davvero potevo usare la magia, forse avevo la possibilità di scappare, forse avrei potuto portare Lucy con me. Con questo pensiero mi riaddormentai, di fianco a lei. L’avrei salvata. Ad ogni costo.


Un lamento, che presto si trasformò in un pianto. Ancora nel limbo fra il sonno e la veglia aprii gli occhi. Lucy non c’era, non era più nel letto. E quel pianto era il suo. Vidi mia madre uscire dalla porta con la bambina in braccio.
<< Madre fermati! >> urlai, alzandomi di scatto. Le corsi letteralmente dietro, provocandomi fitte di dolore. Al diavolo il dolore! << Fermati! >> mi si spezzò la voce. Me la stava davvero portando via?
<< No Regina, abbiamo fatto un  patto, non puoi tenerla >> la voce era atona, come se stesse semplicemente commentando il tempo.
<< Mi ucciderò! E tu non potrai avere tua figlia a capo del regno >> la vidi bloccarsi, visibilmente turbata dalla risposta che non si aspettava certo di ricevere. Si voltò verso di me, mentre la bambina urlava fra le sue braccia. E il mio cuore urlava insieme a lei. Poi il viso di Cora si increspò lentamente in un sorriso, un ghigno così malvagio che avrei volentieri voluto farlo sparire con un cazzotto.
<< No che non lo farai >>
<< Non puoi impedi…>>
<< E invece si >> mi interruppe << Perché se solo tenterai il suicidio, se anche solo ti sbuccerai un ginocchio cadendo dalle scale, io farò fare una brutta fine al tuoi amato paparino… sai ho già qualche idea… >>
<< Non ti permetterò di ferire anche lui >> Sentii una porta aprirsi. Henry entrò nella stanza, rimanendo immobile . << Padre aiutami ti prego, non puoi permetterglielo >>
<< Non posso… lo sai che lei non me lo permetterebbe >> la sua era quasi una supplica. In quel momento lo odiai. Cora riprese a camminare spedita verso la porta.
<< Ma madre, è mia figlia! Non puoi separarmi da lei… ti prego madre, ti prego, non portarmela v… >>
<< Oh no Regina, io  non te la porterò via, non la darò ad un’altra famiglia >> si intromise di nuovo, continuando a camminare per il corridoio del palazzo. Ero a pochi passi da lei, ma all’improvviso mi bloccai. Davvero mi avrebbe permesso di tenerla con me? Rabbrividii quando la sua voce assunse un tono alquanto divertito. << Io mi
sbarazzerò di lei >>
<< NO! >> gridai con tutto il fiato che avevo in gola. Corsi verso di lei, ma fui costretta a fermarmi. Mi accasciai a terra,  il fiato mozzato da un forte dolore al ventre. Guardai in basso, verso la camicia da notte macchiata. Sangue. Ricordai le parole del medico, “emorragia” aveva detto. Non mi interessava niente di me, in quel momento. Sentivo le lacrime pungermi gli occhi. Iniziarono a scivolare copiose sulla pelle, mentre Cora si avvicinava alla porta che conduceva all’uscita del castello. Strisciai lentamente verso di lei, lasciandomi dietro rivoli rossi.
<< Madre… >> la voce era rotta dai singhiozzi. Perché? Perché mi stava facendo questo? Mio padre mi si avvicinò lentamente, ma lo fulminai con lo sguardo. Scossa dai singhiozzi, incapace di vedere per le troppe lacrime. A terra, in mezzo a quel corridoio macchiato dal mio sangue. Sentii il portone sbattere. Era finita, non avrei potuto fare altro per mia figlia. L’avrebbe uccisa. All’improvviso su come se il cuore mi fosse stato strappato dal petto. Una voragine incolmabile prese ad allargarsi dentro di me. Continuavo a ripetere il suo nome << Lucy… Lucy… >>
Quasi non mi accorsi di mio padre che mi sollevava, come fossi stata una bambina. Non mi ribellai. Semplicemente rimasi inerme senza guardarlo, desiderando solo morire. Tremavo, come se niente me lo potesse impedire. Mi portò in camera, adagiandomi delicatamente sul letto. Continuai a guardare di fronte a me, il soffitto bianco sfuocato attraverso il velo di lacrime.
<< Non ti preoccupare, chiameremo un medico >>
Sperai non arrivasse in tempo, ma la sorte fu inclemente con me. Restai immobile, smisi di parlare, smisi di mangiare, per giorni. Solo lievi gemiti uscirono dalle miei labbra. Era come se una parte di me mi fosse stata tolta, come se il solo vivere fosse una fatica insostenibile. Mi sentivo vuota.

 
*  *  *
 
<< Regina svegliati presto >> La voce di Emma mi raggiunse estranea. Mi scosse per le spalle. Aprii gli occhi di malavoglia , per incontrare lo sguardo eccitato della bionda << Siamo arrivati. Possiamo finalmente andare a cercare Henry >>
Non aveva ancora terminato la frase, che già ero in piedi.





Angolo autrice:
Scusatemiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!! vi prego non uccidetemi per il grandissimo ritardo! ho avuto molto da fare con la scuola :( allooooora spero che mi perdoniate e che vi piaccia questo capitolo :) anticipo che, come detto nella storia, nel prossimo cap. saremo a Neverland!!! Ringrazio tantissimo tutti quelli che mi seguono e che recensiscono la mia storia. vi prometto che cercherò di essere più regolare con le pubblicazioni... o comunque non far trascorrere così taaaanti giorni fra un capitolo e l'altro :)
Ciao e grazie a tutti
alla prossima!
P.S. questo sarebbe dovuto essere un capitolo più breve... ma poi mi è venuto così ... spero comunque che lo apprezzerete <3
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: evilregal9841