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Autore: Pepsi    31/03/2008    3 recensioni
Lily, 16 anni, rientra a scuola dopo un anno di assenza, tutta la sua vita è cambiata. Ma le basta conoscere Logan per ambientarsi nella sua vecchia scuola così cambiata nell'ultimo anno. Tra una serie di avvenimenti scoprirà due sentimenti diversi: l'amore e la passione... (Ps:il seguito è meglio, anche perchè sono alle prime armi...)
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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My life is...

 

CAP.1 – MY LIFE IS...

Se entri a casa mia la prima cosa che senti è “Lily, tuo fratello è nei casini!”. Poi ce ne può essere un’altra cosa, ma ti tapperesti le orecchie pur di non sentirla. Ad esempio una bella e colorita imprecazione. Come si fa a vivere in un appartamento di periferia in sei persone? Se non sapete la risposta entrate al numero 23 di Cents Street, che corrisponde ad un alto e cadente condominio nella molto-periferia della metropoli di New York, e salite fino al sesto piano e suonate all’appartamento 86. Vi aprirà mia madre in vestaglia che imprecherà a bassa voce e vi farà accomodare in uno sgabuzzino (la cucina), oppure aprirà uno dei miei tre fratelli: o Jim, cinque anni, o Rick, di sei, o Michael, ne fa diciotto tra poco, e poi c’è l’altro fratello ed è un po’ difficile che venga lui, si chiama Tommy ed ha quasi un anno. Comunque non vi andrebbe bene in nessun caso, a parte forse con Mike che vi direbbe solo “Ha sbagliato” e vi richiuderebbe la porta in faccia. Semplicemente.

Se invece vi aprissi io, sarei talmente cortese da uscire sul pianerottolo per parlare con voi. E forse potrei raccontarvi qualcosa di me. O forse vi porterei da Mamy’s, il Caffè più carino della zona, gestito da Mamy, per l’appunto, una donna eccezionale, un po’ cicciottella, di colore, una gran chiacchierona e così via. Ma forse la cosa che notereste subito in lei è che è capace di capire subito il tuo carattere appena ti parla, le bastano cinque minuti. Per quello il suo Caffè ha un gran successo. Forse vi farei accomodare in uno di quei deliziosi sedili di finta pelle nera e ordinerei un Doppiopanna per entrambi e vi farei notare la cristalleria che Mamy fa passare per quella di Boemia, solo che non si è ancora accorta che nessuno ci crede. 

Forse vi racconterei della prima volta che sono entrata qui. Vi racconterei di Mamy e forse vi racconterei della mia complicata famiglia. Vi racconterei del canto, della mia ex compagnia e forse anche del mio grande sconvolgente segreto. Beh, quello forse non ve lo direi. Prima dovreste conoscermi molto bene ed io dovrei fidarmi ciecamente di voi. Ah, io ho praticamente diciassette anni e mi chiamo Lily, piacere.

 

 

CAP.2 – IO SONO LOGAN.

Oggi sono salita sull’autobus per andare a scuola. Beh, è un anno circa che non ci vado. Ho avuto problemi a casa e quest’estate ho dovuto lavorare sodo, perchè ora che siamo in sei lo stipendio di Mike e non basta. E mio padre? (una possibile domanda) Beh, non sa nemmeno che sono al mondo. Io sono il frutto di una passione estiva di mia madre. È stata sposata tre volte. Mike è il figlio di Mark, un uomo dedito alla malavita; Ricky e Jim di Robert, uno smidollato che l’ha sposata solo perchè era bella. E mi chiedrete: e il suo terzo matrimonio? In realtà fu il secondo, quando Mike aveva tre anni e io due. Con Richard. Per quello ha chiamato mio fratello Rick. In sua memoria. Si, perchè è morto in un incidente in auto. Forse è stato l’uomo che ha amato di più in tutta la sua vita, o forse quello che ha amato veramente.

Sono l’unica a non sapere il nome di mio padre. Da piccola non mi importava molto. Ma da un po’ a questa parte, avrei voglia di conoscerlo. Di chiedergli se si ricorda di quella passeggiata notturna con mia madre al chiaro di luna lungo la spiaggia californiana, mano nella mano e poi la fuga nelle cabine spogliatoio a concepirmi. Molto romantico, no?

Non ho mai capito se mia madre non mi volesse dire il suo nome o non lo conoscesse proprio. Comunque sia, fatto sta, che non so di chi sia la metà del mio sangue. Mia madre è bionda e tutti i miei fratelli sono biondi e con gli occhi azzurri, proprio come mamma. Solo io e Tommy abbiamo i capelli neri, solo che io ho gli occhi verdi e lui neri. Sono anche piuttosto alta. Non so definire se io sia carina o meno, però ho avuto un ragazzo che mi diceva che ero bellissima e ci amavamo molto. Poi si è trasferito in un’altra città, in California. L’anno scorso ho smesso di andare a scuola, anche per questo. Oggi riprendo quell’autobus dopo un anno che sono stata lontana da quella scuola tanto odiata. Forse dopo un anno di lavoro sono cresciuta. Mi sento diversa. E soprattutto, lo sono. Quelle che solo un anno fa erano mie amiche mi passano accanto senza nemmeno accorgersi di me. E ci sto male. Ma in fin dei conti sono io che non le ho più cercate. Ma non potevo, e loro questo non lo sanno. Comunque potrò sempre farmi dei nuovi amici. Solo che non sarò più Eleanor, come tutti mi chiamavano. Sarò Lily, e basta.

 

Scendo dall’autobus. La scuola è sempre lo stesso cadente edificio. Solo è tanto grigio, più di quello che mi ricordavo. Varco la soglia con un gran sorriso mogio. Non è per quello che potrà accadere ma perchè sono sicura che accadrà. Entro nella classe e vedo già dieci paia di occhi che mi guardano. Alcuni mi hanno riconosciuta, altri mi stanno chiedendo silenziosamente il nome o forse, se se lo ricordano, di sparire dalla faccia della terra. Mi siedo e apro lo zaino. Prendo una penna e apro il piccolo blocco notes che porto sempre con me e comincio a schizzare una piccola bozza della scena che mi si era parata agli occhi pochi minuti prima.

Il mio grande rientro a scuola, dico fra me e me. – Ciao – fa una voce maschile dietro di me. Mi volto di scatto. È un ragazzo. – Che hai lì? – mi chiede cercando di sbirciare. Ma copro il foglio del blocco appena in tempo. Il tizio, con i capelli neri corti e spettinati si siede accanto a me. Ha il viso sorridente, amichevole. – Avanti, non avrai paura di mostrarmi quel foglio, no? – continua. Però si accorge che così decisamente non funziona. Sospira e sorride. – Io sono Logan. – mi dice. Poi mi guarda, forse si aspetta che gli dica il mio nome. – Io sono Lily. – gli comunico. Lui si fa gentile e chiede – Posso? – indicando il foglio. Sposto piano il braccio che copriva il foglio. Guardo i suoi occhi color nocciola scuro mentre osserva il disegno. Sono sorpresi, direi. Come se da me non ci si potesse aspettare una cosa del genere. “È... fico!” mi dice. Poi la campanella suona e il professore di lettere entra. Subito mi nota. “Bentornata, signorina Keller.”, poi comincia la lezione dove l’aveva lasciata alla fine dell’anno scorso, credo, a giudicare dagli sbuffi annoiati.

 

Entro alla mensa. C’è già un gran casino alla mattina quì. La mensa è sempre così. Prendo il cibo e mi avvio verso il tavolo con le mie ex amiche Alice e Donna. Ex, per l’appunto, mi torna in mente. Dirotto il mio corpo da un’altra parte. Allora noto il ragazzo della prima lezione, Logan. Mi sta guardando e mi fa cenno di andare là. Ci sono solo ragazzi in quel tavolo, ma guardandomi in giro noto che non ci sono altri posti, se non vicino a Yun (soprannominato dente di ferro) che ha ancora addosso quell’orrendo apparecchio odontoiatrico. Allora guardo nuovamente Logan. Mi sorride. Allora dirigo le mie gambe verso di lui. Lo raggiungo e mi ci siedo accanto. “Con queste razza di iene non si può nemmeno sedersi in un tavolo decente!”, mi  sussurra. Allora confermo con un piccolo cenno, sorridendo. Mi guarda. “Tu non me la racconti giusta. Pensavo fossi nuova!”, mi dice riferendosi al prof di lettere. Scuoto la testa. “No, è solo che l’anno scorso non sono venuta a scuola. Sono tornata quest’anno.”, gli dico e poi lo avverto, guardando il suo piatto: “Non ti conviene mangiare la pasta-colla, la fanno con la bava di qualche appiccicoso insetto.”, gli comunico serissima. Lui guarda il suo piatto e vedo un accenno di schifo puro dipingersi sul viso. Scoppio a ridere: “Scherzo, sai, ma comunque non è affatto buona. Io ti ho avvertito“, sorrido, guardando il pezzo di pizza sul mio piatto. “Ne vuoi?”, gli domando, indicando la pizza. “Credo di aver perso l’appetito, già ne avevo poco, e la storia della bava ha fatto il resto. E poi non ha molta importanza.”, mi dice. “Cosa non ha importanza? Il mangiare?! Scherzi?!”, gli domando sorridendo. Lui scrolla le spalle e cambia discorso. “Sei brava a disegnare. Hai mai pensato di fare parte del giornalino scolastico?”, mi guarda con un sorriso lieve. “Potresti fare qualche vignetta.”, dice. Lo guardo. “Beh, due anni fa ero una dei redattori del giornalino, ma quest’anno di assenza non giova nel mio curriculum di vignettista ufficiale, no?”, dico sorridendo. Lui arrossisce,  diventa più carino quando lo fa. “Scusa, pensavo che...”, mi dice. Gli sorrido ancora, interrompendo el sue scuse: “Non importa, fidati. Lascia stare. Comunque penso che quest’anno debba impegnarmi per recuperare l’anno scorso. Non posso proprio distrarmi “, gli dico con una smorfia. Lui ride. “Intendi lasciarti distrarre da me? So che è facile, ma...”, dice. Annuisco vigorosa: ”Certo che la modestia non sai dov’è di casa! Ma... potresti aver ragione...”, gli faccio un sorriso malizioso.

”Ehi, Logan, non ci fai conoscere la tua amica?”, si intromette una terza voce, seccante, molto seccante. Mi volto e vedo un gruppetto di tre ragazzi. I suoi amici, credo, perchè lui ride e mi presenta. – Lei è Lily. E questi sono Tod, Shane e Greg, – e aggiunge sottovoce – tre idioti integrali! – e mi sorride. La campanella suona ancora. – Ora di tornare in classe! – mi dice Logan.- Che ora hai adesso? – mi chiede. – Biologia. Chi c’è di cattedra? – mi informo. – Detters. Si salvi chi può! – fa la faccia allarmata. – La conosco. – faccio con la faccia preoccupata pure io. Sprepariamo le nostre cose e ci avviamo verso l’aula di biologia. La Detters è la peggior sfiga che uno può trovarsi al primo semestre. Ti combina un casino dietro l’altro. Una volta ha fatto sciogliere un ripiano di boccette perchè ci aveva messo sopra un flacone che perdeva dell’acido o una cosa simile. Abbiamo riso tanto; ma che spavento che si era presa la prof! Tanto che è andata di corsa al pronto soccorso ed è stata a casa un mese sotto shock! Meglio che a lui questa storia non la racconti.

Mi accorgo che stiamo davanti alla porta dell’aula. Come al solito mi ero persa nei miei pensieri. Entriamo in classe e ci sediamo vicini.

 

CAP. 3 – CHIACCHIERE E QUOTIDIANITA’

- Ehi, tutto a posto? – mi chiede Logan, facendomi ricadere dalle nuvole. – Oh? Ah, sì, certo. Sono solo un po’ in sovrappensiero. – gli rispondo scuotendo leggermente la testa. Mi guarda. – Sicura? Non hai una bella cera! – mi dice accennando a un piccolo sorriso timido. – Questa è una cosa che generalmente non si dice ad una ragazza, sai? – lo canzono con aria da saputella. Poi mi concento sulla lezione.

Suona la campanella, raccolgo i libri e mi avvio fuori dall’aula. – Ehi, aspettami! – mi rincorre la sua voce. Mi blocco per un secondo e mi volto verso di lui, poi vedo che mi sta raggiungendo, così mi rigiro e proseguo più lentamente. Mi si affianca. – Vuoi un passaggio? – mi chiede tendendomi un casco. Poi indica la moto affianco di noi. – Questa, Lily, è la mia mitica moto rossa! – scherza. E ride. Gli si formano le fossette sulle guance quando lo fa. Prendo il casco, che per fortuna non è quello integrale e lo infilo poi lui sale accende e mi siedo dietro di lui. – Dov’è casa tua? – domanda. Oh, no, non voglio che veda in che razza di edificio malconcio vivo. Però non ho scelta...

Si gira verso di me e vedo solo i suoi occhi. Sono improvvisamente neri, no, castano scuro. Mi guardano bene: “Allora?”

“Cents Street, 23”, dico con una voce mogia. Lui mi ha sentito lo stesso. Mette in moto. Mi aggrappo a lui. Ha un buon profumo. Sa di pulito, di un profumo dolce, ma energico. “Beh, Cenerentola, ci vediamo domani”, la sua voce mi risveglia dal mio sogno ad occhi aperti. Mi stacco mal volentieri dal suo profumo. Scendo e gli porgo il casco. Devo proprio avere una faccia! “Cosa c’è?”, mi chiede con un sopracciglio alzato. Mi volto verso l’edificio. Sono tutta imbarazzata e lui mi guarda. Poi capisco che potrebbe aver inteso un’altra cosa. “Sono un po’ imbarazzata per dove vivo”, borbotto. Lui ride. “E che problema c’è?”, e io lo guardo un po’ sorpresa. “Dai, ci vediamo domani, Lily”, mi regala un sorriso sghembo e poi mette in moto e riparte. Salgo in casa. Appena entro Jim e Rick mi si buttano al colo con un gridolino. “Lily!”, mia madre mi chiama subito. Sospiro e mi libero dell’abbraccio dei miei fratellini. Mi dirigo verso la sua camera da letto. entro e la vedo stesa, sembra più pallida del solito. “Ciao, mamma. Come stai oggi?”, le chiedo. Lei non risponde, guarda fuori. “Mike non è ancora tornato?”, le chiedo.

Finalmente si gira verso di me, gli occhi vacui e scuote la testa impercettibile. È la depressione, mi dico, per non scoppiare di rabbia. Guarda ancora fuori, lei. Poi chiude gli occhi. Esco dalla camera. Poi mi dirigo verso il bagno. Entro in doccia. Sotto il getto bollente penso alla mia famiglia, poi a Logan. Sorrido, tra me e me. Non è stata una tragedia come avevo pensato, avergli fatto vedere casa mia. Forse esistono persone diverse, persone che capiscono, che prendono i dati di fatto, le sfortune degli altri e non li rigirano ad opinione. Quel ragazzo mi piaceva. Eh, sì, già.

 

 

CAP. 4 – COSA SUCCEDEREBBE SE...

Sono passati quasi due mesi. Sono sempre occupata a correre di qua e di là. Fortuna che solitamente ho Logan che mi aiuta. Ormai potrebbe anche chiedermi una mancia per tutte le volte che mi fa da taxi con la sua moto. Anche stamattina mi ha accompagnato a scuola. All’uscita però non l’ho visto.

Chissà che aveva da fare. Arriva sera in un baleno, con tutti gli impegni che ho avuto.

“Ehi, Zucchero, cosa c’è?”. La voce di Mamy mi fa sussultare. “Hai degli occhietti molto tristi. Racconta. “ mi dice Mamy, usando il nomignolo che mi ha sempre dato da quando ero piccola, mentre cerca di sedersi sulla poltroncina di pelle nera. “Mamy, come faccio ad andare a scuola, occuparmi di casa, tenere d’occhio i ragazzi e anche lavorare?Tiro avanti solo grazie a Logan...” gemetti, stanca. Erano appena passate le due di notte e quella mattina dovevo andare a scuola. Ero appena smontata dal mio turno di cameriera all’hotel di fronte al Caffè di Mamy.

Mi stavo già rivestendo con la giacca a vento per tornare a casa a dormire. “Beh, Zucchero, non lo so. Forse dovresti provare a rilassarti ogni tanto e pensare un po’ anche a te stessa. Sei sempre al lavoro, poi a scuola e non hai più tempo per chiacchierare con me, intrattenere i miei clienti... Sai, credo siano secoli che non ascolto una delle tue canzoni...”, sospira malinconica, con espressione rassegnata. Sa che non lo faccio per me ma per la mia famiglia. “Beh, adesso non ho molto tempo, però ti prometto che la prima volta che ho occasione canterò per te, okay?”, diedi un bacio sulla guancia di Mamy e mi rituffai nella strada buia.

 

Sentii un fischio breve, di quelli canzonatori, che sono accompagnati solo da parole di apprezzamento non gradito. Giusto dietro di me. Accellero lievemente. “Che ci fai in giro a quest’ora?”, mi chiede la fonte del fischio. È una voce molto famigliare, condita di un misto di scherzoso, amichevole. Il mio cuore fa le giravolte nel mio petto. Mi volto piano.

“Ehi, ciao...” dico a Logan, che mi guarda con uno sopracciglio alzato. “Possibile che io ti trovi sempre in giro?” domanda, accecandomi con il suo sorriso, simile ad un lampo luminoso nel buio. Sospiro, sorrido. “Forse... ma perchè tu sei sempre in giro?”, lui non risponde. “Hai bisogno di un passaggio?”, chiede. Guardo la sua moto, poi lui, il suo sorriso sghembo. “Sì, grazie”. Mette in moto. Poi dopo un po’ rallenta e accosta. Spegne il motore. Siamo in una via vicina a casa per cui scendo e gli dico: “Grazie” e faccio per allontanarmi. “Aspetta.”, mi trattiene con la mano sul mio polso. Il contatto fa perdere un colpo al mio cuore. Anche lui non sembra propriamente d’accordo con gli istinti del suo corpo.

“Mi sono fermato perchè così possiamo chiacchierare, non andartene.”, mi dice, tenendo ancora la mano, leggera, sul mio polso. “Ah, okay.“, sorrido incerta, l’imbarazzo mi assale. Cade un silenzio mentre ci guardiamo nell’oscurità. È un silenzio strano, illuminato solo dalla luce lontana di un lampione. Improvvisamente sorride. La moto, spenta dietro di noi è l’unica spettatrice del nostro abbraccio. Poi mi bacia il collo, piano, quasi avesse paura di rompermi. Brividi risalgono il mio corpo come una scarica di elettricità pura. Si stacca, affonda il viso tra i miei capelli sciolti. Sento il suo respiro. È totalmente inebriante la sua vicinanza. Il suo profumo energico si confonde con l’aroma dolce dei nostri respiri. Non siamo mai stati così vicini. È una situazione paradossale, assurda e incredibilmente piacevole.

Stiamo solo abbraciati, ma è una sensazione di dolcezza, di calma: una bella sensazione, che non provavo da tanto.

Mi metto a respirare nella sua maglia, ben presto mi accorgo che sto piangendo. Sussulto. Logan mi scosta da se in un secondo. Si accorge che ho il viso rigato di lacrime. “Perchè piangi?”, chiede e subito dopo si scosta di più da me, senza parole convinto sia colpa sua: “Scusa, io non volevo...”, allora lo interrompo. “Era da tanto che nessuno mi abbracciava e...”. Mi blocco: mi è tornato in mente come un flash il bacio sul collo, l’avevo dimenticato solo per poco. Ma non so che dire, per cui la richiudo e sospiro chiudendo gli occhi. Sento il suo respiro sul mio viso, mi solletica la guancia. “Posso baciarti?”, chiede con un sussurro serio, concentrato. E rido. Lui no, adesso che riapro gli occhi, vedo che è quasi offeso. Allora tendo una mano e sfioro il suo viso con le dita improvvisamente gelate, incuranti della calura della sera. È proprio bello adesso con questa espressione corrucciata. Poi mi avvicino con lentezza titubante. Smette con la sua espressione, prima sorpreso, poi con una luce strana e brillante negli occhi, mi prende per i fianchi accostando all’improvviso il suo corpo al mio, trema per un secondo. Le sue labbra hanno fretta di incontrare le mie. Elettricità pura: le nostre labbra si incontrano. Solo adesso capisco cosa si intende quando si dice bacio appassionato. Che non è una gara di lingue e di baci quasi violenti, come nei film, ma una passione, data da carezze, sguardi, respiri dolci, baci leggeri, che cresce. Le mie labbra ardono.

Chissà da quanto chiedevano le labbra di lui.

Ci fermiamo solo per prendere fiato. Logan mi stringe tra le sue braccia. “Cosa è cambiato?”, si chiede tra sè e sè, in un sussurro quasi impercettibile. “Niente”, rispondo. Lui mi guarda: “È travolgente. E strano.”, aggiunge. Mi bacia all’angolo della bocca. Poi il nostro bacio ricomincia. Ma è leggermente più eccitante: baci pieni e carezze che lasciano i segni dei nostri sentimenti confusi. Poi ci stacchiamo a fatica. Siamo su quel marciapiede, ma le nostre anime e menti volano assieme e lontano. Ci teniamo stretti sulla moto quando lui riparte e mi porta davanti a casa in un nanosecondo.

Un veloce bacio sulla sua bocca avida della mia, niente parole inutili e uno sguardo che ne vale mille importanti. Scompaio dietro al portone di casa e lo chiudo appoggiandomi di peso con la schiena. Trattengo il respiro e ascolto il rumore, offuscato dal martellare del mio cuore nella testa, della sua moto che riparte tra i primi bagliori dell’alba. Solo quando non la sento più ricomincio a respirare. Chiudo gli occhi e sorrido alla semioscurità.

 

CAP.5 – È PASSATO TANTO TEMPO

Mi sono appena alzata e corro in cucina, sono in ritardo. Suona qualcuno. Non ho tempo di rispondere al citofono, va al diavolo!, penso e già mi catapulto in ascensore e pigio il bottone prima che la vedova Skill possa mettere il suo bastone tra le porte e obbligarmi a farle spazio nel minuscolo ascensore. Così tra uno scossone violento e uno poco meno, tocco il piano terra. Mi scaravento fuori veloce ed esco dal portone di casa sfrecciando. Forse arrivo in tempo per lo scuolabus, rifletto un secondo. Poi lo vedo di botto e mi sorride. “Dai che sei in ritardo!” mi dice a mo’ di saluto Logan, con la sua moto già accesa. Salgo senza che me lo dica e arriviamo a scuola appena in tempo. “Grazie, senza di te non ce l’avrei mai fatta!” gli dico, mentre corriamo dentro. “Cos’hai adesso?” gli chiedo, fermandomi un secondo in atrio. “Matematica con Grefs, tu?” risponde, e si incammina. “Anch’io!” esclamo sorpresa. “Dai andiamo”, sussurra e sorride.

Sembra non sia successo niente, ma la luce nei suoi occhi si specchia uguale nei miei, le mie mani insieme impazienti e timorose di toccarlo. Ma resisto.

A mensa raggiungo il tavolo di Logan. “Ciao, come ti è andata Scienze?” domanda lui. “Maluccio, ho preso solo una B!” rispondo con una smorfia. “Beh, allegra, io ho preso una D!” fa lui. “Oggi hai voglia di fare un salto in centro?”, sorride interrogativo. “Mi stai forse chiedendo di uscire?”, ribatto io. “Beh...non ufficialmente!”si difende lui, guardandosi in giro con fare circospetto. “Ah, okay, allora va bene, ma... devo tornare presto a casa, perchè ho un impegno.”, accetto. Lui sorride soddisfatto. Poi domanda “Ma tu un ragazzo non ce l’hai, vero?” facendo l’indifferente. “Può anche darsi” dico maliziosa, poi scuoto la testa: “No, non ce l’ho.” E mi faccio seria. E mi viene in mente quest’ultimo anno. Scuoto leggermente la testa per scacciare quel pensiero. Non ho più voglia di mangiare. “Adesso vado, che devo fare l’ora di teatro” lo saluto e mi congedo. Mi guarda con un sorriso sghembo stampato sul viso, mentre mi allontano dal tavolo.

 

Oggi si decide quando ci saranno le prossime audizioni per il teatro di quest’anno. Vorrei tanto farne parte, ma... tra studio, lavoro, scuola e fratelli, un’altra cosa di cui preoccuparmi, non mi faciliterebbe. E poi non so se sarei all’altezza di suparare un’audizione con la Green, la nostra professoressa di Arte dello Spettacolo. Infatti è molto severa, soprattutto riguardo alla serietà con cui si affronta il palco. E non giustificherebbe mai un ritardo, una dimenticanza o cose simili. Ne sono certa. L’anno prima ho visto il mio ex ragazzo che si spaccava di lavoro per il teatro. E poi è stato bello stare con lui infiniti pomeriggi per imparare le sue battute... Scuoto la testa di nuovo e scaccio i ricordi. Quelli belli con lui sono i più dolorosi.

Entro in classe. C’è solo una persona. Una che temevo di incontrare. Alice. Ci guardiamo. È lei a rompere il ghiaccio. “Ciao. Come stai?”, nella sua voce un filo di diffidenza, disabitudine. “Ehm... non lo so. È passato tanto dall’ultima volta che ci siamo viste, eh?”, mormoro. E piano torna quella di sempre. “Si, più o meno un anno. E te lo sei persa tutto... Donna si è messa con Carter ma poi è arrivato un nuovo ragazzo Lucas... [bla bla bla, ve lo risparmio tutto il discorso] ... e indovina! Io mi sono messa insieme a Charlie, il prof di ginnastica, ma deve rimanere tra noi!”, incredibilmente sembrava che Alice non fosse arrabbiata con me. Sembrava che nulla fosse cambiato. Abbiamo cominciato a parlare di tutto un po’, quello che mi ero persa e che avevo evitato, le sciagure della fine del primo semestre, ovvero gli esami e le feste scolastiche... tutto. Io le raccontavo del lavoro, dei miei fratelli, soprattutto dell’ultimo, Tommy. Finchè non ha fatto la sua entrata trionfale Donna. Ci ha squadrato con occhi sorpresi, poi ha incenerito me con lo sguardo. Per dei secondi infiniti è rimasta sulla soglia immobile. Poi si è mossa e si è andata a sedere distante da me e Alice.

 

CAP.6 – LUCAS

Abbiamo sentito delle risate in corridoio ed è spuntato un gruppetto di ragazzi che si sono seduti rumorosamente attorno a Donna che li guardava con un sorriso, soprattutto il biondo, quello con i pettorali muscolosi messi in mostra dalla maglia attilata sul petto. Il mio cuore ha sobbalzato nel vederlo. È identico a lui! Alice mi si avvicina e mi sussurra “Quello biondo è Lucas”. Commento superfluo, mi dissi, visto che si era già chinato a baciare Donna. Mi correggo, succhiare le labbra di Donna, che in quel momento, appena dopo il bacio, si gira verso di noi e lancia uno sguardo velenoso ad Alice. Ecco come si fa secondo Donna a liquidare una amica. Alice non se lo meritava di certo, penso, ma d’altronde nemmeno Donna si meritava di avere un’amica come Alice.

L’ora passò indenne a parte le frecciatine direttamente dagli occhi di Donna a noi. Ma quel Lucas, oddio, come me lo ricorda. Cerco di non pensarci. Evito ogni sguardo verso di lui però il compito mi risulta alquanto difficile dato che il ragazzo prende a fissarmi. Il suono della campanella mi fa sobbalzare. Riprendo a respirare solo quando esco dalla classe. Raggiungo veloce il mio armadietto. Alice mi segue, mi saluta poco dopo e se ne va sconsolata verso l’aula di matematica. Mi ha raccontato che deve fare dei corsi in più di matematica perchè rischia di non passare il corso. Logan arriva dietro di me e mi fa sobbalzare, appoggiandomi una mano sul fianco. “Ciao, Lily.”.

Rido: “Sciagurato, mi hai fatto prendere un colpo!”, e ride lui, mentre cerco di colpirlo con un pugno. In quel momento passa lentamente nel corridoio il ragazzo di Donna, Lucas, sembra cerchi qualcuno. Poi mi vede e mi fissa con uno sguardo strano. I nostri occhi si incontrano. Rabbrividisco. Ricordi cercano di risalire a galla peggio che dopo un maremoto. Logan mi guarda per un secondo poi segue il mio sguardo. “Ehi, ciao, Lucas! Come va? Hai partita oggi?”, gli chiede. Dio, no, fa’ che non si fermi, gemo fra me e me. Invece lo fa, con grande piacere suo. Abbasso gli occhi al pavimento, sento il suo sguardo soffermarsi ancora su di me. Ma non oso alzare lo sguardo. “Ciao, Logan, tutto bene.” La sua voce è anche peggio. Tutti i ricordi che tengo dentro di me urlano per risalire in superficie. Sto lottando contro me stessa per tenerli a bada. Se cedo anche solo ad uno di questi, annegerò in quel mare. La sua voce somiglia proprio a quella sua. La sua voce... no, non posso lasciare che quel ricordo riporti tutto a galla. Stringo i denti. Alzo gli occhi, evito i suoi. Mi sono persa qualche frase? Non lo so.

“... la partita è proprio oggi, se volete venire tutti e due. A proposito: tu sei Eleanor?”, mi chiede Lucas, i suoi occhi neri fissi nei miei. Deglutisco, senza darlo a vedere. “Lily.”, rispondo. È sorpreso ma si riprende in un secondo: “Fa molto piacere, Lily. Io sono Lucas.”, mi sorride con gli occhi che non ridono, ma dicono altro. E quell’altro non mi piace granchè. Mi appiglio a Logan per non cadere nei ricordi. Lo guardo e tutto sembra andare per il verso giusto. Poi la sua voce rompe di nuovo l’incanto. “Vi aspetto, allora. Ciao. Logan. Lily.”, mi lancia uno sguardo felino. E se ne va. Ricomincio a respirare solo quando gira l’angolo. “Non mi  piace quel tipo.”, gli dico. Lui alza gli occhi sorpreso: “Davvero? Sembra invece che a lui tu piaccia”, poi si rabbuia.

Non dice altro. Sbatte lo sportello dell’armadietto con molto garbo. Prendo la sua mano nella mia, lui la accarezza, poi la scioglie dalla mia.  Camminiamo vicini. Siamo fuori e ci spostiamo in fondo al parcheggio, dove c’è solo la sua moto. Lui ricerca la mia mano. Gliela concedo, la stringe forte, se la porta alle labbra e la bacia, con le labbra semiaperte, mi fa scorrere un brivido lungo la schiena. Entrambi sappiamo che non dobbiamo baciarci a scuola, altrimenti finiremmo sulle bocche di tutti come nuova coppietta. E la voglia di baciarsi è tanta, però resistiamo. “Ti vengo a prendere alle due e mezzo okay?”, mi chiede. “Okay.”, rispondo con un sorriso stampato in faccia. Così da gas alla moto e mi accompagna a casa. È così bello stringermi a lui, su quella moto.

Ma quando arriviamo davanti al mio palzzo, la vita ci riporta alla realtà.

Un’ambulanza è ferma davanti al mio portone, c’è un capanello di gente lì. Riconosco la vedova Skill, e altri. “Cosa succede?”, scendo di corsa dalla moto che Logan ha inchiodato proprio a due passi dall’ambulanza. Nessuno mi risponde, anche se in molti si girano verso di me, gli occhi pieni di compassione. Il cuore mi muore in petto quando vedo la persona che trasportano sulla barella.

 

CAP.7 – TENTATO SUICIDIO

Mia madre. Non ci posso credere. Lacrime scendono copiose sul mio viso. Tento di avvicinarmi ma le gambe mi cedono. Sorpresa mi chiedo perchè non sono caduta a terra. “Lily... Lily...”, una voce alle mie spalle ripete il mio nome. “Logan”, lo chiamo e capisco che è lui che mi ha presa al volo prima che mi schiantassi a terra. Mi libero dalla sua stretta voglio andare a vedere, ma cado e sbatto la testa sull’asfalto. Poi sprofondo nel buio.

Mi risveglio con una sensazione di stordimento. Mi duole la testa e sento il sangue pulsare furioso alle tempie. Poi lo vedo accanto a me, Logan. Mi guardo intorno. “Perchè sono all’ospedale?” gli chiedo. Lui mi guarda con la paura negli occhi. “Hai avuto uno shock, dicono. Sei caduta a terra, non sono riuscito a prenderti...”, si sente in colpa. “Io sto bene...”, la voce mi muore in gola. Mia madre. L’ambulanza. “Cosa è successo a mia madre?”, gli chiedo tremante. “Ecco, tua madre ha tentato di...“, respira profondamente chiude gli occhi, “...uccidersi.”. Li riapre di colpo, per vedere la mia reazione. Sobbalzo, ma rimango calma: “Come ha fatto?”, lui aggrotta le sopracciglia e mi risponde turbato: “Con dei sonniferi. Adesso si sta riprendendo. Sicura di stare bene tu?”, mi dice con il viso molto preoccupato. “Sì, credo di sì.”, rispondo, poi mi volto e vedo Alice che entra titubante. “Oh, Lily, stai bene?”, mi corre incontro e mi butta le braccia al collo. “Sì, grazie.”

Mi gira la testa, però sto abbastanza bene, tutto sommato. Entra l’infermiere e dice che adesso dovevo solo riposare e che domani potranno dimettermi. Alice mi saluta e se ne va.

“Ora riposa” mi sussurra Logan all’orecchio e mi bacia sulla testa. “Non lasciarmi sola!”, lo supplico. Lui sorride, il viso tirato, un po’ preoccupato. “Va bene, starò qui stanotte.”, concede e poi prende il cellulare ed esce un secondo avvertendo la sua famiglia che stava in ospedale con me. Li aveva già informati di quello che era successo? Glielo chiesi appena rientrato: “Hai detto di mia madre ai tuoi genitori?”. Scuote la testa: “Solo di te che sei svenuta e hai sbattuto la testa. Non è tutta la verità, ma non è sempre opportuno conoscerla, no?”, dice con un sorriso misurato, gli occhi seri. Poi si china e fa come la volta del nostro primo bacio, mi sussurra sulle labbra: ”Posso baciarti?”, facendo fare al mio cuore capriole poco salutari. “Sì”, sussurro di risposta, le labbra socchiuse pronte a rispondere alle sue. Lui si fionda sulle mie labbra come se fossero la mela proibita, come se fosse rimasto in apnea per lungo tempo e solo le mie labbra gli potessero dare ossigeno. Si stacca per prendere fiato e io mi appendo a lui con tutta la mia forza, lo attiro a me. Lui fa un po’ di resistenza. Si stacca, privandomi del mio brivido. “Adesso devi riposare”, fa severo, con gli occhi che ridono. Mi guarda mentre lentamente cedo al sonno. “Buonanotte”, sussurra, mentre scivolo in un dolce sonno.

 

 

 

CAP.8 – COSA È SUCCESSO?

Mi risveglio. Logan è seduto sulla sedia affianco a me. Mi guarda mentre cerco di riacquistare una posizione più dignitosa da seduta. “Buongiorno”, mi dice allegro. “Ciao. Che ora è?”, chiedo con la voce assonnata. “Sono le undici. Hai dormito parecchio, ghiro!”, ride. Lo guardo di sbieco, poi rido anch’io. È bello quando ride. Poi sento un bussare leggero. Ed entra Mamy, con il suo passo spedito, che stona con la sua corporatura. “Zucchero, come stai?”, mi apostrofa, gettandosi tra le mie braccia tese. Profuma da crema da pasticcini. E da caffè. Sorrido. Logan si sposta infondo alla stanza e si appoggia alla parete opposta al mio letto. Lo guardo sorridere sereno. Intanto Mamy mi tira fuori una scatola di bignè, con la crema al caffè. “I miei preferiti! Sei un angelo, Mamy!”, le dico piacevolmente sorpresa. Lei sorride. Chiacchieriamo, Logan ci guarda divertito. Poi sospira ed esce. Lo vedo attraverso il vetro della porta che parla con un medico. Subito sembra preoccupato poi sorride. Mamy mi stritola ancora in un abbraccio vigoroso e poi dispiaciuta si congeda. Deve pur sempre lavorare lei, penso. Logan rientra e sorride. “Ti dimettono.”, annuncia. “Bene”, dico io sorridendo. Poi lui si fa serio e capisco che deve dirmi qualcosa di importante. “Stamattina, mentre dormivi è venuta l’assistente sociale.”, dice con una faccia preoccupata. Il mio cuore trema. Quando si mette in mezzo l’assistente sociale è successo qualcosa di grave. Come quando Mike ha rubato al supermercato e l’hanno beccato, però aveva quindici anni e non gli hanno fatto niente, tranne chiamare l’assistente sociale che ha fatto la predica a lui e alla mamma. Per un po’ era venuta a controllare la situazione poi siccome non aveva riscontrato altri problemi non si era più fatta viva.

E adesso che era successo? Mike si è messo di nuovo a rubare? Rick o Jim hanno fatto qualcosa di male? E... Tommy! “Dov’è Tommy? E Rick? E Jim?”, chiedo improvvisamente. Logan mi guarda sorpreso: “Tommy è qui vicino, sta con un’infermiera, con Jim e Rick.”, fa un respiro, un sorriso dolce e triste: “Vogliono vedere mamma Lily, hanno detto.”, così esce dalla stanza e ritorna dopo poco con Tommy in braccio e Jim per mano,  Rick appena dietro. Alla vista di lui con i bambini mi si stringe il cuore. Scoppio in lacrime. Logan mi guarda, senza capire. Jim lascia la sua mano e si avvicina, seguito da Rick. Apro le braccia e loro si gettano al mio collo. Mi calmo un po’. Mi asciugo le lacrime. Il cuore gonfio in petto batte a colpi aritmici. Respiro a fondo e smetto di piangere. Poi Logan mi sistema tra le braccia Tommy. Lo cullo un po’ e vedo che i suoi occhioni neri scrutano nei miei. Mi risalgono le lacrime ma le domo. Tutti i pensieri che mi frullano in testa sono troppi e confusi. Logan mi sta a guardare. Ha un lieve sorriso negli occhi scuri. Guardo i miei fratellini che mi stanno attorno. Rick mi domanda: “Cosa è successo alla mamma?”. Deglutisco e mi giro in cerca di aiuto verso Logan che mi guarda e parla lui per me. “Vedi, Rick, la tua mamma stava male da tanto, vero?”, chiede con voce dolce. Rick annuisce: “Sta meglio adesso?”, chiede. “Sta guarendo”, risponde pronto Logan. In questo momento ho il cuore pieno di gratitudine per lui. “Davvero, Lily?”, si gira Jim verso di me. “Sì”, annuisco, poi gli do un buffetto sui capelli. “Ma non possiamo andare a trovarla?”, chiede Jim. “No, per ora no. Ma fra un paio di giorni, penso di sì. Va bene?”, cerco di sorridere. “Voglio la mamma”, piagnucola Jim, guardandomi implorante. Lo abbraccio forte con un braccio mentre con l’altro tengo Tommy. Logan si avvicina. “Okay, ometti, adesso lasciate che vostra sorella si cambi e poi vi riporto tutti a casa.”, prende in braccio Jim, che si aggrappa a lui, e prende per mano Rick, mi guarda: “Torno subito.” Ed esce. Guardo Tommy. Tende le manine verso i miei capelli. Ne afferra una ciocca e la tiene tra i ditini. È così bello. Lo stringo a me. Voglio davvero bene alla mia famiglia.

Logan rientra e si ferma appoggiato alla porta chiusa. “Tutto okay?”, mi chiede. Non mi sono accorta ma di nuovo ho le guancie rigate di lacrime. Annuisco e le asciugo sorridendo. “Lo tieni tu Tommy, mentre mi vesto?”, gli chiedo. Lui mi raggiunge svelto e prende tra le sue braccia il bimbo. Scendo dal letto con facilità. Mi sento più in forze adesso. Prendo dei vestiti dalla sacca che mi indica Logan in silenzio. Mi dirigo verso il bagno. Mi volto e prima di chiudere la porta sbircio Logan. Ha il bimbo in braccio e lo coccola. Sembra quasi un papà alle prese col primo figlio. Sorrido triste e felice. Poi chiudo la porta e mi vesto. Mi guardo allo specchio. Ho degli occhi un po’ arrossati, per via del pianto. Mi sciaquo il viso con l’acqua gelida, sembra quasi che mi rivitalizzi. Esco dal bagno e vedo che Logan è già pronto per uscire e parla con l’infermiera. Dopo pochi minuti siamo fuori, i miei fratellini appresso. Entriamo in un taxi. “Ma non possiamo permettercelo!”, provo a protestare. Logan non  mi ascolta: “Pago io. Non puoi andare a casa a piedi.”

Per tutto il tragitto, seppur abbastanza breve, stiamo in silenzio. Quando scendiamo mi accorgo che stiamo davanti ad una grande casa. È carina, è di uno stile un po’ romanico-gotico, con due torrette. Si vede che è vecchia, antica e ha un certo non so che di affascinante. “Casa mia.”, mi sussurra Logan vedendo la mia faccia estasiata. Cavolo, penso tra me e me.

 

CAP.9 – LEI NON PUÒ PRENDERSI CURA DEI SUOI FIGLI

Entriamo in quella casa enorme e spaziosa. Una rampa di scale ci accoglie nell’atrio.  Vediamo un paio di valigie sui primi gradini. “Quelli sono i vostri vestiti. Mamy è andata a prenderli prima che...”, si interrompe. “Bambini, andate a mettervi le vostre cose nelle camere?”. Nel frattempo arriva una donna sui quarant’anni col vestito da cameriera. “Jules, puoi portarli tu nella loro camera? Grazie.”, dice alla cameriera. Quando ci troviamo soli, finalmente Logan si rilassa.

“Bisogna che ti prepari perchè fra poco arriverà l’assistente sociale.”, sospira. Deglutisco. Mi prende per mano e mi conduce in un salone dove ci siediamo su un divano.

“Lily, l’intervento dell’assistente sociale riguarda tua madre. L’assistente sociale pensa che tua madre non possa prendersi cura dei suoi figli. Vuole che Rick, Jim e Tommy vengano dati in affidamento.”, mi spiega Logan. Credo che gli occhi mi stiano andando fuori dalle orbite. Troppe novità e tutte in un colpo. Da una parte so che mia mamma non è una persona equilibrata visto i suoi recenti, ma privarla dei figli... “E io?”, domando. “Tu potresti stare con tuo fratello Mike, visto che fra poco compie diciotto anni, il problema è che...”, si interrompe. Il campanello suona e dei passi frettolosi vanno ad aprire. Poco dopo compare l’assistente sociale. Si accomoda. “Okay, da dove possiamo iniziare?” chiede. Logan interviene: “Beh, le ho appena detto dell’affidamento.”, la donna annuisce. “Io mi chiamo Margaret, sono l’assistente sociale dei tuoi fratellini. Abbiamo deciso che tua madre dovrà essere processata e dovrà esserle tolta la custodia dei figli, dato il tentato suicidio.”, il mio cuore fa un balzo. È così crudele dire suicidio, perchè se lo senti dire per una persona che non conosci, allora non fa effetto ma se lo dici per una persona cara, tipo tua madre. Logan mi guarda e capisce che sono scossa. Sussurra qualcosa a Margaret, che annuisce. “Prima si affrontano queste cose meglio è. Verranno affidati a una coppia che abita poco distante così potrai sempre andarli a trovare. Per ora comunque si può già dire che il processo è solo una formalità. Quei bambini sono più sicuri, lontano dalla loro mamma...”, spiega Margaret. “MIA MADRE NON HA MAI FATTO DEL MALE AI MIEI FRATELLI!”, urlai con tutta la rabbia possibile, scattando in piedi, interrompendola. Mi guardarono entrambi, a bocca aperta. “Io non intendevo questo...”, prova a dire Margaret, ma la interrompo: “È vero che mi sono presa cura io in questi ultimi mesi di tutti loro, ma lei vuole bene ai suoi figli è solo depressa e noi... io...”, cerco ancora di parlare ma scoppio a piangere. Logan mi abbraccia forte e mi trattiene contro il suo petto. Margaret sospira: “Mi dispiace, Eleanor, ma è solo fino a che tua madre non si stabilirà del tutto sul piano psicologico. In effetti, non puoi negare che se lei non può prendersi cura dei suoi figli, è solo perchè prima deve curare lei stessa.”

Poi si alza e porge la mano a Logan. “Ci terremo in contatto. È un brutto periodo Eleanor, ma passerà.”, dice con fare consolante. Ma la mia disperazione è nera. Alzo la testa dal petto di Logan. Lo vedo anche nei suoi occhi, il mio umore. Allora lo bacio, per dimenticare. Sa di lacrime amare il nostro bacio. Lui si scosta. Sembra dica: non è ora di baciarsi. Mi accarezza la testa, i capelli. Mi prende in braccio. Ma prima che finisca la rampa di scale, mi addormento tra le sue braccia, esausta e provata.

 

 

CAP.10 – VADO A FARE IL SOLDATO

È passata una settimana. L’ho passata tra casa di Logan, scuola e da Mamy. Mi hanno licenziata dal mio lavoro all’hotel. Mi hanno sfrattato, mamma non aveva pagato più le bollette. Ora non ho più una casa, Logan mi ospita e i suoi genitori sono gentili con me. Domani i miei fratelli, come ha stabilito il processo svoltosi ieri, andranno ad abitare con la loro nuova famiglia, i signori Crofford. Oggi è il compleanno di Mike, che ultimamente non si è fatto più tanto vedere e siamo da Mamy, dove, come ogni anno ci abbuffiamo di pasticcini. Ma quest’anno nessuno ha voglia di abbuffarsi, nemmeno i piccoli. Stiamo aspettando mio fratello per fargli gli auguri, ma tarda ad arrivare. C’è anche Logan e Alice, con Charlie, il suo fidanzato. È stato il mio professore di ginnastica delle elementari e mi ricordo che era giovanissimo. Adesso ha solo sette anni più di noi, ne ha 24. Stanno davvero bene come coppia. Sono carini assieme.

Finalmente Mike entra nel Caffè. Ha una faccia stravolta, i capelli praticamente rasati. Capisco subito che c’è qualcosa che non va. Ci guarda fisso. Jim e Rick gli corrono incontro, gli abbracciano le gambe. Mike mi guarda. Sì, c’è davvero qualcosa di importante. Poi si inginocchia e stringe tra le sue braccia muscolose i due fratelli. Poi si rialza. Mi avvicino a lui: “Buon compleanno, Mike.”, dico. Mi sorride. “Ehi, sorellina!”, mi stringe tra le braccia. Credo sia la prima volta da non so quanto. Lo stringo anch’io, mi è mancato. Ci sediamo, mangiamo, chiacchieriamo. Ad un tratto Mike attira la nostra attenzione. “Devo dirvi una cosa importante.”, anche Mamy si era aggiunta ai festeggiamenti. Tacquero all’istante tutti. Ha sempre sortito questo effetto mio fratello, dunque non sono stupita se adesso tutti pendono dalle sue labbra. “Ho deciso che andrò a fare il soldato. Parto per l’accademia militare.”

Rimaniamo tutti a bocca aperta.

“Cosa?”, strano che a parlare per prima sono io. Ma sono scossa da quest’ultima notizia. Lui mi guarda con gli occhi di ghiaccio azzurro che lentamente si sciolgono in tristezza. No, penso tra me e me, non puoi farmi questo. Ho già perso la mamma, domani perderò i miei fratelli... li guardo. Sembrano ignari di quello che sta loro accadendo, quasi come se se ne rendessero conto, però, stanno in silenzio, gli occhi confusi e spaventati che guardano i nostri visi. Mike si alza dai sedili di pelle nera. Senza una parola mi guarda. Il suo sguardo è un’ombra triste. Non lo avevo mai visto così triste. Ma c’era anche un filo di... disperazione, forse, nei suoi occhi. Faccio in tempo a notare solo questo. Si volta ed esce veloce e silenzioso dal Caffè. Rimaniamo fermi attorno al tavolo: è come se uno spettatore esterno avesse premuto il blocca immagine di una tv. Il primo a muoversi, a reagire è Logan. “Lily, devi parlare con lui.”, mi dice. Per un attimo penso sia un ordine, poi guardandolo negli occhi vedo che è preoccupato e che il suo è un consiglio. Mi alzo di scatto. Ed esco correndo dal Caffè, mentre mi lascio indietro i miei fratellini sgomenti, incapaci di comprendere ciò che il loro fratello maggiore vuole fare. Ma perchè? Perchè vuoi farmi una cosa del genere?, chiedo nella mia testa, le domande rivolte a Mike. Mi fermo solo quando vedo che sono al campetto sportivo, quello nella zona dove abitavamo. So esattamente dove trovarlo. E lo vedo. È solo con la testa tra le mani, appoggiato al palo, sotto al canestro. È seduto a terra, immobile, dietro la rete che recinta il campetto di basket. Mi avvicino. Entro da uno squarcio della rete, sembra fatto apposta per entrare. Affondo le mani nelle tasche della felpa. Mi fermo davanti a lui. Non gli occorre alzare lo sguardo, per capire che sono io. “Lily, io...”, fa. Mi accorgo che piange dalla sua voce. Lui che aveva sempre detto che piangere è cosa da femmine. Se fosse in altre circostanze lo prenderei in giro, ma la malinconia e la tristezza che mi assalgono mi impediscono di pensare che sia una cosa divertente. “Michael, lo so.”, dico, senza sapere perchè. Lui alza lo sguardo, gli occhi rossi, una smorfia di dolore sul viso. “L’ho visto, prima. L’ho visto quando te l’ho detto.”, dice, poi soffoca un singhiozzo. “Cosa?”, dico senza sapere a cosa si riferisce. “La tua delusione, ti si leggeva in faccia. Eri delusa da me.”, dice, poi si lascia scappare un altro singhiozzo. Sembra quasi un bambino, adesso, raggomitolato sotto a quel palo di ferro gigantesco, tutto scrostato e pieno di ruggine. Gli occhi mi si riempiono di lacrime: “Perchè lo vuoi fare?”, gli chiedo. Lui scrolla le spalle, cerca di trattenere le sue emozioni. “Non voglio rimanere qui. Non voglio vedere come tortura le nostre vite...”, risponde lui. “Chi tortura...?”, ripeto sorpresa. “La vita, Lily. La vita ci mette alla prova sempre torturandoci. Ma io questa prova non la posso superare.”, si prende la testa tra le mani, come fosse diventata improvvisamente di piombo. Ha ragione. La vita ci sta mettendo alla prova. Ma io sono disposta a combatterla, lui invece vuole scappare. “Non puoi fuggire dalla vita, Mike!”, esclamo. “Io ho bisogno di te, anche Jim, Rick e Tommy... tutti, e se te ne vai ci farai solo soffrire.”, dico con foga. “Non è vero.”, scatta con la voce alterata. “Tu non capisci, Lily. Io ho già preso la mia decisione. E se questo significa scappare dalla vita, io lo devo fare comunque.”, dice più calmo. Improvvisamente sento un dolore forte, come una ferita simile ad una lacerazione, all’altezza del cuore. “Mi stai facendo male”, dico, portandomi le mani dove la ferita pulsava bruciandomi. Lui mi guarda, gli occhi grandi, sorpresi, come se gli avessi dato uno schiaffo in viso. “Lily...”, riesce a balbettare. Poi mi abbraccia, forte. La ferita pulsa ancora furiosa. Però, con dolore riesco a sussurrare: “Ti lascerò andare, se credi sia la cosa giusta...”, con un groppo in gola mi libero dal suo abbraccio, corro via. Mi graffio sulla rete, mentre oltrepasso lo squarcio di corsa. “Lily!”, Mike mi richiama indietro. Lo ignoro, come il dolore lancinante al petto, dove la ferita si allarga e brucia. Corro e corro, senza guardare dove vado. Mi fermo solo quando sono senza fiato, su di un ponte, senza sapere dove mi trovo e mi accascio a terra senza fiato. E piango.

 

CAP.11 – RIMANGO SOLO IO

Stamattina abbiamo accompagnato con l’auto di Charlie i miei tre fratellini alla casa dei Crofford. Hanno pianto un po’, quando siamo andati via ma dopo hanno cominciato a giocare e si sono ambientati un po’.

Entriamo all’areoporto. Prima di salire sull’aereo Mike mi dice: “Ami quel ragazzo, Logan? O ancora lui?”, poi dopo un nostro lungo silenzio mi bacia la guancia come se fosse un addio. E se ne va davvero. Una parte di me spera che all’ultimo momento tentenni e si lasci convincere che rimanere gli risparmierebbe sofferenza, anche a noi. Ma lui non si volta. Cammina come se non si lasciasse niente dietro, nessuna cosa per restare. Allora mi rifugio nelle braccia di Logan e piango. Mi stringe contro di lui. Appena mi calmo un po’ gli chiedo di tornare a casa. Lui mi guarda: “Sicura di stare bene?”, gli occhi pieni di preoccupazione. “No, non ne sono sicura.”, dico. Poi rimango in silenzio. I suoi occhi mi guardano attenti: ”Sono rimasta solo io.”, constato triste. Lui scuote la testa, mi guarda con gli occhi profondi: “Tu ed io”, mi corregge. E sorrido, lieve.

 

Siamo tornati a casa sua. I suoi genitori sono ancora via, a cena da un amico, forse. Appena entro mi vado a sistemare sul divano. Lui mi porta il the caldo che mi aveva promesso durante il viaggio. Gli sorrido. Mi è stato vicino per tutto questo tempo, senza mai stancarsi della mia vita. “Grazie”, gli dico. Lui è interdetto: “Per cosa?”, chiede. “Per tutto: dal the al fatto che mi sei stato vicino in tutto questo casino.”, gli sorrido. Lui posa la sua tazza sul tavolino accanto al divano. Si alza e mi raggiunge sul divano situato di fronte a quello suo. Poso anch’io la tazza. Senza dire una parola ci avviciniamo. Il suo viso vicino al mio. Poggia il dito indice sulla mia spalla: “Mi sono accorto che non riesco a starti lontano. È più forte di me, non c’è situazione che riesca a farmi allontanare da te.”, mi dice disegnando ghirigori con l’indice sulla mia spalla. Il suo tocco è leggero, piacevole.

Sorrido. Chiudo gli occhi. “Anch’io.”, gli dico in un sussurro. “Provo anch’io questa sensazione.”

Lui si ferma. Mi fissa. “Non fermarti”, mi volto verso di lui aprendo gli occhi in tempo per vedere che lui li ha chiusi e poggia le mie labbra sulle sue. Ci baciamo. Ci dividiamo sospirando.

Le sue labbra percorrono il mio collo su e giù. Poi si fermano. Si stacca da me e mi guarda. I nostri sguardi si incatenano e cominciamo ad esistere solo noi, tutto il resto svanisce.

Poi suona il campanello. Ritorniamo alla realtà, cadendo dalla nostra nuvoletta. Logan si alza e va ad aprire. Sento la sua voce rompere la mia felicità farla a pezzettini piccoli e pestarli. Lucas. Logan entra in salone seguito da Lucas che mi vede sorpreso e mi saluta: “Ciao, Lily!”, con un sorriso. I suoi occhi hanno sempre quel qualcosa con me che con gli altri non ha. Rabbrividisco e saluto per educazione: “Ciao”, ma nè la mia voce, nè il mio viso esprimono gioia nel vederlo.

Logan mi guarda ha capito che non lo posso soffrire. Ma non sa il perchè. Ed è meglio che non lo sappia.

“Come va con basket?”, chiede Logan. “Bene, dai. Il coach mi ha nominato capitano, ma non me l’aspettavo. È sempre stato Josh il suo preferito... lo sai, no?”, si fa pensieroso. “Come mai passavi da queste parti?”, chiede Logan. “Beh, visto gli ultimi scandali a scuola...”, dice. Ma di che stava parlando?

“Cosa è successo a scuola?”, chiedo. “Ah, ma allora parli!”, sorride. Mi irrigidisco tutta, metto su il mio sguardo glaciale, ma non mi viene bene. “Beh, strano che una ragazza non ne sia informata visto il gran giro di chiacchiere che ne è venuto fuori. Comunque è successo che io ho mollato Donna e lei se l’è fatta con un prof, non so perchè. Ma l’hanno beccata con lui. Mentre cercava di sedurlo. Dev’essere stato umiliante credo. Per entrambi.”, dice guardandomi fisso. Ed ecco che ritorna il suo sguardo felino. Guardo il pavimento: “Che cosa orribile!”, mi volto verso di lui. Lui guarda Logan che gli fa un gesto, come per invitarlo a sedersi. Agile come un gatto si siede sulla poltroncina più vicina al mio divano. “La cosa peggiore è chi era il professore”, dice studiandomi. La mia mascella guizza nervosa. “Chi?”, dico abbassando lo sguardo. Sorride. “Peterson. Charlie Peterson. Poteva scieglierne uno di meglio.”, risponde. Sbarro gli occhi e faccio saettare i miei occhi in quelli di Logan. Siamo entrambi increduli. “Cosa?”, farfuglio. “E Alice lo sa?”, chiedo senza pensare. “Alice? Alice Braun?”, l’espressione di Lucas muta improvvisamente. Aggrotta le sopracciglie. Mi mordo la lingua capendo subito il mio errore. Alice me lo aveva confidato il fatto di stare con Charlie, ma ovviamente eravamo in pochi a saperlo. “Peterson e la Braun?”, chiede implacabile Lucas. Ha un’espressione di curiosità dipinta in viso. Guardo Logan. Mi scocca un’occhiata un po’ in tralice, come per dire: oddio, ma perchè l’hai detto? Lucas spalanca la bocca: “Ecco perchè Donna ha litigato con Alice negli spogliatoi della palestra!”, dice. Improvvisamente ho un mal di testa feroce. Il cellulare parte a suonare. Lo tiro fuori come un automa, guardo il display che lampeggia: Nuovo messaggio. Lo apro. È Alice. Mi chiede se può venire qui. Alzo gli occhi. Mi stanno entrambi fissando. “Alice. Sta venendo qui.”, li informo. Logan annuisce. Lucas, che per quanto il mio cuore urli di dolore ogni volta che lo guardo, mi sta fissando e io ricambio il suo sguardo. Poi si alza e guarda Logan: “Sarà meglio che vada. Ciao, Lily.”, la sua voce suadente che pronuncia il mio nome mi fa rabbrividire. Faccio un cenno in sua direzione evitando di guardarlo. Lui mi fissa per qualche istante prima che Logan lo accompagni alla porta. Un’istante dopo si sente la porta che si chiude dietro di lui.

 

CAP.12 – BACIO A TRADIMENTO

Alice è stesa sul mio letto. ha gli occhi gonfi di lacrime. “Perchè?”, chiede incessante, come se io potessi sapere perchè Donna si sia comportata così. Le accarezzo i capelli biondi, seduta sul bordo del letto. “Alice, lo sai che ha voluto ferirti e la colpa è solo mia. Se io non fossi venuta a scuola ...”, dico, ma le parole mi muoiono in gola, quando lei si alza di scatto dal letto mettendosi seduta. “Non è colpa tua. È mia, che ho creduto che Charlie tenesse veramente a me e che Donna fosse una vera amica.”, dice rabiosa. Poi scoppia di nuovo in pianto. Cerco di consolarla come posso. Ma so come ci si sente quando si è feriti. È una cosa che ti squarcia il petto a metà e da cui cola un sangue che non si può asciugare nè pulire. E la ferita si può rimarginare, ma farà sempre male.

“Eleanor?”, chiede Alice, non si è ancora abituata a chiamarmi Lily. “Si, dimmi.” Il suo sguardo ferito è profondo. “Donna l’ha fatto contro di me o anche contro Lucas?”, mi chiede. Sussulto al nome di Lucas: “Che c’entra Lucas?”, chiedo. Lei alza un sopracciglio, come se fosse ovvio. “Era il suo ragazzo e lui l’ha mollata... forse voleva ingelosirlo, di solito lei è tipa da cose del genere...”, dice. Deglutisco e mi schiarisco la voce: “Ma le ha detto perchè, che tu sappia?”, chiedo e non so cosa me ne importi. In fin dei conti non mi interessa gli affari di Donna. Forse è per cercare di farla sembrare meno stronza.

“Si,”annuisce. “Mi ha detto che la sua giustificazione era che gli piaceva un’altra ragazza. Lei voleva il nome ma lui non gliel’ha voluto dire.”, fa una smorfia. “Forse ha pensato fossi tu e per questo ha fatto quello che ha fatto.”, sussurro. Lei mi guarda, triste. Sospiro: “Comunque Charlie non l’avrebbe mai fatto. Non avrebbe mai ceduto a Donna. Lo sai che è innamorato di te. Da come ce l’ha raccontata Lucas”, e qui feci una smorfia al ricordo, ”è stata lei che tentava di sedurlo. Tentava, dunque non c’è riuscita. E l’hanno pure beccata.”, scuoto la testa. Alice mi guarda, sembra che l’abbia convinta. Poi le chiedo: “Hai parlato con Charlie?”, improvvisamente mi pare strano. Lei scuote la testa. “Perchè?”, chiedo, stupita. “Perchè ha lasciato il paese.”, sussurra. Poi scoppia a piangere. “Come, ha lasciato il paese?”, faccio stupida. “Era in programma mesi fa che io andassi con lui, ma quando mi ha telefonato ero troppo sconvolta e ho messo giù. È partito senza di me.”, dice con la voce sconnessa dal pianto. L’abbraccio. Lascio che si sfoghi sulla mia spalla.

 

Oggi vado a scuola, mi alzo presto. Qui non passa l’autobus, per cui Logan mi accompagna con la moto. a scuola le cose sembrano confuse. La gente parla di quello che è successo, alcuni dicono che è così, altri raccontano cose diverse. Insomma, come tutte le informazioni vengono manipolate, la storia cambia e diventa una specie di mito o leggenda. E lòa cosa non mi secca, perchè tutte, dalla prima all’ultima vedono in torto solo Donna. In fondo le sta bene, mi dico. Poi mi accorgo che non è un pensiero affatto tipico di me, però non sto tanto a pensarci. In fondo dopo tutto quello che è successo  nella mia vita, la cattiveria a volte fa dimenticare quella che ho subito io. Mi scuoto dai miei pensieri ed entro in aula di biologia. È ancora presto e Logan si è fermato in atrio con i suoi amici, Tod, Shane e Greg. Sorrido al pensiero di quei tre. Tod è magro e alto con un caschetto di capelli lisci e biondi, il viso di un bimbo e gli occhi verdastri; Shane è di media statura, moro, con la carnagione olivastra e gli occhi chiari; Gregory, Greg per gli amici, è alto, robusto e impacciato, gli occhi azzurrissimi, capelli cortissimi color carota, simpatico. Sono un trio improbabile, ma formidabile. Suonano in una band. Greg fa il trombettista, Shane è il cantante e Tod fa il batterista. Il bassista è un tizio allampanato di nome Kataoki, è giapponese. Sto pensando alle loro canzoni quando improvvisamente vengo disturbata da il rumore di qualcuno che siede accanto a me. Non faccio in tempo a voltarmi: “Ciao”, dice la sua voce. Il cuore mi si ferma per un lungo e indescrivibile attimo di panico. È Lucas. Il suo profumo mi colpisce come una sventagliata. È decisamente... maschile.

Mi volto piano, contro la mia volontà. Mi sta sorridendo. Il suo sguardo non è felino. Ha un’espressione strana. “Ciao.”, riesco ad emettere con un balbettio. Lui mi guarda bene: “Stai bene?”, una domanda innocente. Vorrei rispondergli di no, che se lui se ne stesse lontano da me starei meglio, ma la mia educazione mi fa rispondere automaticamente. “Certo.”, e sorrido. Lui sorride ancora: “Vieni alla partita questo pomeriggio?”, chiede. Scrollo le spalle: ”Ci vengo con Logan”, rispondo. Cerco di essere il più naturale possibile. Lui si fa serio, si schiarisce la voce. Quasi in un sussurro dice: “Ma tu e Logan... state insieme?”, domanda. Non mi sono mai posta la domanda. “Non lo so.”, dico senza riflettere. Poi mi pento. Mi sorride. Il riflesso del suo sguardo felino ricompare, ma è un attimo e poi svanisce. Lo stomaco mi si chiude. Mi sfiora il braccio con la mano. In quel momento cominciano ad arrivare degli studenti. Si scosta da me, ma mi continua a fissare. Logan entra in classe e il mondo riprende ad andare per il verso giusto. “Ciao”, mi sorride raggiante. Guarda Lucas e lo saluta con un cenno. Lucas risponde con un cenno. Grande conversazione, penso tra me e me, un po’ acida. Logan mi si siede accanto. Adesso ho da una parte una giornata di sole, Logan e dall’altra la notte buia, Lucas. Mi volto verso la giornata di sole. Gli sorrido. Comincio a pensare solo a lui e dimentico Lucas. È un sollievo. Anche se a tratti mi sento il suo sguardo addosso. Quando suona il mio cuore fa i salti di gioia. Mi fiondo agli armadietti senza aspettare Logan. Ma lui mi segue a ruota e ci fermiamo davanti al mio armadietto. “Oggi rimani a scuola?”, mi chiede. “Sì, devo finire di fare il tema di inglese, sto in biblioteca. Quando finisco ti faccio uno squillo. Così mi vieni a prendere per andare alla partita.”, gli sorrido. La vita con lui è facile. “Sì e poi ti porto a cena fuori, ti va?”, chiede col sorriso sulle labbra. Annuisco. Mi sfiora il braccio e il contatto mi fa sentire bene. Mi saluta ed esce da scuola. Sospiro e mi volto verso l’armadietto. Lo apro e un foglietto cade a terra. Lo raccolgo svelta. Ciao, Lily, ti aspetto alle due nella biblioteca, c23. non vedo l’ora di incontrarti, tuo..., leggo. Sono stupita. Possibile che sia Logan?, penso. Ma poi guardo la grafia. È elegante, ordinata, scritta con inchiostro nero di una stilografica. Logan usa solo le penne a sfera, o le matite. Strano, penso fra me, se fosse lui me l’avrebbe detto. O forse voleva farmi una sorpresa? Sospiro, infilo il foglietto di nuovo nell’armadietto. Prendo il libro di inglese e richiudo lo sportello. Ormai se ne sono andati tutti. O quasi. Mi dirigo verso la biblioteca. C23. Ma è la sezione dei romanzi rosa, quella infondo mezza nascosta dietro agli scaffali! Da lì, nessuno vedrebbe chi c’è là dietro. Sono titubante. Guardo l’orologio. Sono le due meno cinque. Fisso l’orologio sbalordita. Di già?, sospiro. Meglio che mi metta al lavoro. Così mi siedo e apro il libro, prendo un foglio e comincio a scrivere l’intestazione. È un buon inizio, sospiro tra me e me. Una vocina nella mia testa dice: che aspetti sono le due, vai a vedere chi è! Cedo alla tentazione di guardare l’ora. Sono le due in punto. Sono combattuta dal desiderio curioso che vorrebbe vedere chi è questo tuo..., sono certa che non è Logan, però...

Okay, mi dico. Tanto cosa ti cambia?, puoi sempre andartene, penso. Mi alzo. Chiudo i libri e me li stringo al petto. Mi avvicino cauta alla sezione di romanzi rosa. Entro e percorro lo scaffale con gli occhi. Non ne ho letti molti, penso. Ad un tratto due mani mi afferrano le spalle. Sussulto e mi cadono i libri dalle mani con un tonfo. Le mani si tolgono dalle mie spalle e io mi volto di scatto. E vedo lui che si china e mi prende i libri da terra. Poi si rialza e me li porge. Ho la bocca spalancata per lo stupore. Il suo sguardo non è più felino, ma sorridono. “Ti sono caduti, scusa se ti ho spaventato”, mi sussurra Lucas. Il mio cuore non pulsa regolare. Ho la gola secca, le mani improvvisamente gelide. Ricordi. Per la testa passano ricordi. Ricordi di lui... scuoto la testa. Richiudo la bocca. Rinsavisco di botto. Mi calmo: “Cosa ci fai qui?”, sussurro. Poi un’improvvisa intuizione mi toglie il fiato. È lui! Non può essere. No, mi rifiuto di crederci. Lui sorride, sembra sia timido. Come un ragazzo al suo primo appuntamento, aggiunge una vocina dentro alla mia testa, che la metto subito a tacere. Deglutisco, guardo i suoi occhi. Ci si potrebbe cadere dentro, sono profonde pozze scure. “Sono io.”, dice solo. Allora il cuore sobbalza di nuovo: si è avvicinato di più. Vedo il guizzare della mascella mentre si china su di me, mentre i suoi occhi si chiudono e la sua bocca preme dolcemente sulla mia. È energica ma dolce. La testa si svuota. I libri ricadono, ma nessuno li raccoglie. Lui mi stringe tra le sue braccia muscolose. La sua presa mi lascia libertà di fuga, ma sono ipnotizzata dal sapore delle sue labbra. È come limone e zucchero, un sapore dolce e acerbo, piacevole. Vorrei fuggire, ma rimango lì e ricambio il bacio. Lui si stacca piano dalle mie labbra e raggiunge il collo. Il suo bacio mi solletica, ma mi da una sensazione strana. “Fermati...”, riesco a balbettare col fiato corto. Lui si ferma, mi guarda. Il suo sguardo ha un che di ferito. Spalanco gli occhi. “Cosa ho fatto?”, sussurro, con la voce incrinata, minacciata dalle lacrime che risalgono veloci. Ma le reprimo. Lui apre la bocca. “Lily”, il suo tono è una doccia fredda, si sente che è spezzata, come il suo fiato. Gli occhi colmi di una luce particolare. “Lily, io...”, sembra che voglia dire qualcosa, ma che non riesce a trovare le parole. “Tu..?”, la mia voce tremula è incalzante, il mio sguardo pieno di attesa, si riflette nei suoi occhi. Voglio una spiegazione. “Perchè mi hai baciato?”, chiedo sempre sussurrando. Lui sospira e chiude gli occhi. “Non l’hai ancora capito?”, si limita a dire. Alzo la mano, il palmo rivolto verso di lui. Lui socchiude gli occhi e la prende con la sua mano grande, intreccia le sue dita tra le mie. Ma perchè il cuore batte furioso nel mio petto?, mi chiedo mentre le labbra bruciano, rievocando la sensazione del bacio. Mi sento strana. E stiamo lì e ci fissiamo negli occhi. Cosa non ho ancora capito?, mi domando. Lucas chiude gli occhi: “Tu mi piaci Lily...”, e lo dice piano un sussurro che mi fa rabbrividire. Ma non di ribrezzo. Di piacere. È la goccia che fa traboccare il vaso. Mi chino di colpo liberando la mia mano dalla sua. Raccolgo i libri e prima che lui abbia una qualche possibilità di fermarmi, scappo dalla biblioteca. Mi rifugio nei bagni dele ragazze.

 

CAP.13 – STA SUCCEDENDO QUALCOSA

Le lacrime scendono sul viso. Cosa ho fatto? Perchè l’ho fatto? Come posso aver fatto questo a Logan? La parte più meschina e meno nobile di me mi dice di non preoccuparmi, che Logan non ha mai detto che eravamo insieme. Scuoto la testa. Come può essere successo? Appoggio la testa contro il muro. Guardo il soffitto. La schiena appoggiata alla porta del bagno. Mi riviene in mente la sensazione di piacere quando le sue labbra hanno incontrato le mie. Le lacrime riprendono a scendere. Cosa mi sta succedendo? Finalmente mi calmo. Guardo l’orologio. Sono le tre e mezza. Tiro fuori il cellulare. Chiamo Logan. Il telefono squilla per due volte poi la sua voce allegra mi risponde: “Lily?”, il cuore mi si stringe. Quel cuore, che mi ha appena tradito. “Ehi, io ho finito, vieni a prendermi?”, chiedo con la voce perfettamente normale. Mi stupisco del mio sangue freddo. “Arrivo in un attimo. Ciao!”, dice e mette giù. Okay. Respira, mi dico. Inspiro ed espiro per due secondi. Non significa niente quel bacio. Niente. Era solo una cosa fisica data dalla situazione. Sì, proprio così. Ma in fondo al cuore, sento che c’è qualcosa di diverso. Ma nego tutto. Esco dal bagno, mi sistemo i capelli. Mi avvio verso l’atrio. E lo vedo. È lì e mi guarda. Mi blocco in mezzo al corridoio centrale. Mi guarda. Ancora quello sguardo ferito. La rabbia mi monta dentro: non sono mica stata io a chiedergli di baciarmi. E non può essere ferito dal fatto che io l’abbia respinto. Più o meno respinto, fa la vocina di prima nella testa. La scaccio come fosse una mosca fastidiosa. Lo raggiungo. La rabbia monta ad ogni passo. “Perchè l’hai fatto?”, gli chiedo con la rabbia nella voce. Lui spalanca gli occhi. Sembra indifeso, lì con tutti i suoi muscoli definiti. “Io, Lily...”, prova a dire ma gli faccio segno di tacere.

Lui scuote la testa: “No, lasciami dire. A me piaci sul serio. Mi dispiace di averti baciata così... io...”, la voce si va spegnendo. Mi mordo il labbro per la rabbia. “Tu non ne avevi il diritto!”, sibilo. Sono furibonda. “Lo so. Mi dispiace.”, risponde sottovoce. “Ah! Ti dispiace?!”, faccio la sarcastica. “Va al diavolo, Lucas!”, gli dico ad alta voce, poi gli volto le spalle e me ne vado. Il sole fuori mi acceca. Vedo Logan davanti a scuola con la moto parcheggiata. “Già qui! Ma sei un fulmine!”, gli dico con un sorriso. Lui ride: “Certo. Non vedevo l’ora di rivederti!”, poi mi bacia. Un rapido bacio deciso. È un flash. Il bacio di Lucas. Mi viene da piangere. Per fortuna saliamo in moto e partiamo così ho tutto il tempo per ricompormi. Quando scendiamo è come se non fosse mai successo nulla. Nè il bacio, nè il fatto che adesso so che a Lucas piaccio. E dai suoi sguardi si direbbe anche troppo.

 

CAP.14 – TU NON MI AMI MA IO SÌ

La partita la vince la nostra squadra. Logan esulta. Io sorrido. Poi incontro due occhi. Troppo neri e tristi, per esultare della vittoria. Lucas. Il mio cuore sta male per lui. Durante la partita ho riflettuto. Non avrei detto a Logan del bacio. Per me aveva poca importanza. Io volevo lui e non Lucas. Farlo star male, per una cosa che non ha importanza è crudele. La decisione è stata lunga da prendere, ma necessaria. Logan mi trascina davanti a Lucas. Dovevi proprio farlo?, chiedo silenziosamente a Logan. Ma lascio perdere. Guardo Lucas, che ricambia il mio sguardo. Noto che non mi fa più così effetto guardarlo. Ci assomiglia tanto. Ma blocco sempre i miei ricordi, per cui riesco a sopportare la sua vista e il suono della sua voce. Sorride a Logan che si congratula con lui. Fingo di essere felice per la vittoria: “Sei stato formidabile!”, e lui sorride, ma gli occhi no. Quelli sono tristi. E il sapere perchè mi fa star male. Logan e Lucas si salutano, Logan mi accompagna alla moto. Saliamo e guida fino al ristorante. Entriamo e ordiniamo due pizze. Durante la cena chiacchieriamo tranquillamente. Poi torniamo a casa.  Entriamo a casa sua. Logan corre al telefono che squilla, ma parte la segreteria telefonica. Sono i suoi genitori che lo informano che si trattengono dai loro amici per la notte. Io salgo le scale. Vado in camera mia e mi svesto. Mi infilo la camicia da notte. Raccolgo i capelli in una coda di cavallo. Logan bussa alla camera. “Lily? Posso entrare?”, chiede. “Sì”, rispondo. E lui apre la porta. Si blocca sulla soglia. Indossa un paio di pantaloni grigi di un pigiama, e una maglia blu scuro. E mi guarda affascinato. “Cosa c’è?”, chiedo. “Niente, sei carina.”, risponde, riprendendosi. Gli sorrido. Mi vado a sedere sul letto. Lui entra e si chiude la porta dietro le spalle. “I miei genitori hanno detto che rimangono fuori casa per stanotte.”, mi informa. Lo guardo con sospetto. “Vuoi dirmi qualcos’altro?”, chiedo. Lui arrossisce fino alle punte dei capelli. Scoppio a ridere. Lui si indigna. “Abbi un po’ di rispetto! Insomma, sei crudele!”, e scoppia a ridere anche lui. L’atmosfera è leggera. Lui si avvicina, si siede sul letto, accanto a me. Si schiarisce la voce due o tre volte: “Hai mai...?”, chiede sussurrando. Sapevo esattamente dove andava a parare la domanda prima ancora che me la ponesse. Annuisco lentamente. Lui è sorpreso, direi. “Tu?”, chiedo senza pietà. Annuisce anche lui. Ma arrossisce. “Ce la fai a non arrossire per due minuti di fila?”, gli sussurro all’orecchio. Lui si volta a fissarmi. Sorride: “Penso di sì. Ma se tu non fai domande a bruciapelo, magari...”, risponde. Tecnicamente non gli salto addosso. Comincio solo a baciarlo, spingendolo con delicatezza sdraiato. Ma lui mi frena. Bacia piano e mi stringe a lui, staccando le sue labbra alle mie. “Pensavo volessi...”, sussurro pianissimo. “Non è come credi”, risponde. Mi scosto da lui. “E allora com’è?”, domando con una punta di irritazione. “Voglio, ma è troppo presto.”, risponde tranquillo. Borbotto qualcosa di indefinito, ma mi lascio coccolare da lui. E ci addormentiamo.

La mattina mi sveglio con una sensazione di calore molto piacevole, come il peso leggero che mi ricorda improvvisamente che c’è Logan con me, su questo letto. Cerco di girarmi nel letto ma il suo braccio si chiude stretto sulla mia vita. “Ehi!”, protesto. Lui si sveglia. “Che c’è?”, mi chiede. “Mi stai stritolando!”, lo informo divertita. “non ti va?!”, ribatte lui. Ride. E mi libera. Mi giro. I suoi occhi scuri sono lì che mi fissano. Gli sorrido. Lui mi bacia sull’angolo della bocca. Poi si alza dal letto. ”Vado a fare il caffè!”, dice ed esce.

Scendo dal letto. Mi infilo in bagno e entro in doccia. Mi rilasso. Poi esco dal bagno, i capelli umidi. Mi rivesto, asciugo un po’ i capelli con l’asciugamano, poi scendo le scale. Un buon profumo di caffè mi attira subito in cucina. Lo vedo indaffarato che versa il caffè nelle tazzine. Mi fermo sulla soglia e mi appoggio allo stipite. Le braccia conserte e un sorriso stampato in faccia. Lui alza lo sguardo, mi sorride: ”Sei un miraggio o cosa?”, scuoto la testa e lo raggiungo. Beviamo in piedi. I miei capelli sono praticamente asciutti quando saliamo sulla moto per andare a scuola.

Alla prima ora ho lezione con la Green. E cioè vedrò Lucas. Oh, no.

  
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