Bastard
[Survived, tonight, I may
be going down,
'cos everything goes round too, tight, tonight,
& it, you watch him crawl, you stand for more.
& your panic stricken, blood will thicken up, tonight.
Sopravvissuta, stanotte, potrei crollare
perché tutto ruota troppo velocemente, stanotte
e mentre mi guardi strisciare ne vuoi ancora.
E il tuo sangue in preda al panico si addenserà, stanotte.]
[Skunk
Anansie – You’ll Follow Me Down]
L’immagine
che lo specchio le rimandò indietro, era quella di sempre.
Il fisico
longilineo, il seno delicato, la pancia perfetta…
Eppure
c’era qualcosa che stonava, che davvero non si adattava al resto. Lei riusciva
a percepirlo con estrema chiarezza, ciò nonostante non era in grado di
stabilire a priori di cosa si trattasse. Riprovò allora a ripercorrere
mentalmente la lista appuntatasi, per l’ennesima volta.
Occhi azzurri, capelli biondi, bocca
carnosa, seno turgido, ventre piatto, gambe filiformi…
Era
tutto apposto.
Tutto
dannatamente apposto.
Ma
il dubbio rimaneva, persistente come un tarlo a dilaniarle l’intelletto ormai
stanco. Troppi pensieri, per un giorno soltanto.
“Dovrei dormire. Shikamaru e Choji
staranno dormendo già da ore”
Tuttavia
non si mosse da lì, da quello specchio che insistente le rifletteva un’immagine
di sé terribilmente uguale a quella di sempre (eppure, allo stesso tempo, così diversa).
Era
testarda, Ino Yamanaka.
Shikamaru
glielo ripeteva in continuazione, che era una maledetta testarda. Choji,
invece, si limitava a sgranocchiare le sue patatine e a fissarla con cipiglio
esasperato, senza però commentare. Shikamaru era troppo svogliato per
assecondarla nei suoi capricci. Choji troppo buono per non assecondarla.
“Perso
qualcosa, principessa?”
Il
cuore di Ino perse un battito, inspiegabilmente, mentre le sue labbra si
assottigliavano in una linea sottilissima.
Lo
odiava.
Lo
odiava terribilmente.
Quello
che provava per lui era un odio
profondo, radicato, strisciante nel suo petto inferocito. Un rettile viscido e
sinuoso, che si era fatto largo nel suo ventre con la velocità di un giaguaro e
si era installato con la pigrizia di un orso bruno. Avrebbe voluto ucciderlo,
davvero. Ferirlo come lui stava ferendo lei con quello sguardo malato puntato
addosso. Avrebbe voluto recidere quelle braccia, sul serio, perché quando le
sentì addosso la avvertì subito la voluttà impossessarsi del suo giovane corpo
e la volontà di ammazzarlo scivolare via come gocce su una superficie liscia.
Troppo liscia.
“Non
mi hai denunciato”
La
sua voce era un sibilo, sgradevole e sensuale come il verso del serpente.
Ino
strinse le mani a pugno, ferendosi i palmi con le lunghe unghie, mentre il suo
stomaco faceva una capriola involontaria alla sensazione di viscido della sua
lingua sulla propria guancia.
Era
disgustoso, abietto, insano.
Mai
nessuno aveva osato sfiorarla a quel modo, o sperare di sopravvivere dopo
averla leccata a quel modo e sorriso poi con un ghigno furbesco.
Lei
era Ino Yamanaka, dopotutto. Nessuno poteva osare denigrarla o, peggio ancora, usarla.
Proprio per questo lo odiava con tutta se stessa.
Semplicemente,
lui poteva.
Altrettanto
semplicemente, lei non poteva sopportarlo.
Lo
odiava. Davvero, lo odiava.
“Sei
un bastardo, Itachi”
Lui
ghignò, da sopra la sua spalla, e lo scintillio dei suoi occhi sembrò
accendersi ancora di più.
Pazzo, pazzo, pazzo!
“Che
c’è, principessa? Non ti vado più
bene adesso?”
Lei
s’irrigidì e lui sorrise beffardo, stringendo la presa attorno al suo petto con
fare spasmodico. Perché il rettile lo sapeva, di aver centrato il bersaglio.
“Merda”,
Ino digrignò i denti, furente con lui e con se stessa.
Se
lo sguardo fosse stato capace di fondere, lo specchio davanti a lei si sarebbe
già liquefatto.
Sul
serio, lo detestava. Lo detestava più di quanto detestasse la cosa che più
detestava al mondo.
Lui
non aveva il diritto di deriderla, cazzo. Non aveva il diritto di beffeggiarsi
di lei a quel modo. Non aveva diritto, affatto, di umiliarla con quel maledetto
nomignolo.
Principessa.
Lei
lo era, lo era davvero. Lei era una principessa, dannazione (le principesse hanno i capelli biondi,
giusto? E gli occhi azzurri, vero? Ed erano belle, no? E lei era quello e molto
di più. Lei era una principessa). E lui lo sapeva che lei era una
principessa, ma quando glielo diceva lei non si sentiva più così. Lui la umiliava,
la derideva, si cibava della sua degradazione. Eppure lei, sciocca che altro
non era, si lasciava mangiare da lui. Pezzo dopo pezzo.
Lo
odiava. Oh, se lo odiava. Lo detestava, ecco.
Che
c’era di peggio del detestare qualcuno?!
“Piccola
Ino, non va bene che ti comporti così, sai? Cosa penserebbero i tuoi amichetti
di là, se sapessero quello che stai facendo?”
La
voce di lui era disgustosamente perfida. Le sue parole, tanti pugni violenti a
perforare il suo cuore ferito. Ma lui la stringeva, ancora, come se non dovesse
più lasciarla andare. Quasi volesse fondere nel suo, il corpo armonioso di lei.
Per portarlo sempre con sé, per cibarsene come più gli aggradava.
“S
m e t t i l a”, sussurrò avvelenata dalle sue spire, sputando quel tossico che
lui le stava facendo ingoiare dalle spalle.
“La
verità non ti piace sentirla, nevvero piccola Ino?”
“Va
al diavolo, Uchiha”
Ino
fece per scrollarsi da quell’abbraccio, furiosa, ma Itachi anziché mollare la
presa, la rafforzò.
Un
serpente che si aggrappava alla preda e la stringeva nelle proprie spire fino a
vederla soffocare, lentamente ma inequivocabilmente.
La
sua bocca, terribilmente sibilante al suo orecchio sensibile.
“Eppure”,
scoccò la lingua con superiorità lui. “Stanotte non sembrava ti dessi fastidio”
Itachi
affondò con i denti nella pelle delicata del suo collo e lei dovette stringere
la presa sulle labbra per impedirsi di urlare.
Quel
bastardo…
Come
poteva trattarla a quel modo? Quando lei gli aveva donato tutto. Tutto.
Calpestando il proprio orgoglio e ferendosi con le proprie mani, mentre si
gettava ansimante tra le sue braccia dopo averlo minacciato di morte. Ma lui le
aveva ghignato contro, anche allora, leccandole le labbra come ormai stava
diventando un’abitudine (“a quante altre
puttane l’hai fatto, eh bastardo?”). E lei non aveva capito più niente,
soggiogata dalla passione, e aveva dimenticato tutto… Shikamaru e Choji
nell’altra stanza, la missione di rintracciare quel Kozu, l’imprevisto incontro
con quell’infame di un Uchiha, i suoi occhi rossi, la sua ombra che era
scivolata via, il suo odio, Sasuke…
Lui
era entrato nella sua stanza, all’improvviso, e l’aveva sbattuta contro a quel
muro con la sua solita ferocia. Negli occhi quello scintillio malsano (pazzo, pazzo, pazzo!) mentre lei gli
intimava di andarsene se non voleva morire e lui le leccava le labbra…
E
adesso le mordeva il collo, incurante dei suoi gemiti di dolore. Sogghignando, per i suoi gemiti di
dolore. Risvegliando quel vortice che appena qualche ora prima l’aveva resa
schiava di lui, delle sue mani, dei suoi tocchi spietati, della sua cattiveria
nella propria pelle.
“Sei
un bastardo”, ripeté lei con foga, guardando la sua immagine riflessa mentre si
umiliava versando lacrime amare.
Itachi
non replicò, limitandosi a sogghignare ancora una volta mentre alzava la testa
dall’incavo del suo collo. E paradossalmente, sembrò il risveglio di un demonio
il suo, con quelle labbra macchiate di un rosso carminio. Il rosso del sangue.
Il rosso del sangue di Ino.
Un
vampiro assetato, ecco cos’era.
Un
vampiro che adesso guardava estasiato il proprio operato, soffermandosi
ammirato sulla scia di sangue che le colava dal collo lungo tutto il petto fino
a cadere sulle sue braccia.
Un tutt’uno inscindibile.
Alla
fine la sua stretta violenta, era riuscita ad unire i loro corpi in un’unica
essenza.
“Rivoglio me stessa. È stato un
errore…ti prego, rivoglio me stessa”
Ma
nessuna preghiera avrebbe potuto ridarle ciò che aveva perso, semplicemente
perché nessuna preghiera sarebbe mai stata capace di comporre un’anima corrotta
e corrosa dal peso del peccato.
Talmente
corrotta, che quando la sua lingua si posò di nuovo sul suo collo a leccare e a
lavare via quel sangue vivo, lei non desiderò altro che perdersi in quelle
sensazioni. In quel vortice di paura e di eccitazione insieme, che l’aveva resa
schiava di un serpentesco vampiro.
Era
la sua droga.
In
una notte, in una notte eterna fatta di passione e violenza, lui si era
arrogato il diritto di deciderne della sua vita. Perché Ino non era stupida e
lo sapeva che da quella notte, tutto sarebbe cambiato. Che lei, sarebbe
cambiata, avvelenata dalle spire del serpente.
E
lo odiava per questo.
Lo
detestava.
“Cosa
ti aspettavi, principessa? Io sono
ciò che sono. Lo sapevi”
La
sua voce risultò bassa e roca, talmente profonda da riuscire a penetrare sin
nell’intestino aggrovigliando le budella e rigettandole poi come carta
straccia.
Itachi
continuava a denigrarla, bastardo.
Lei
continuava a permetterglielo, debole.
Avrebbe
voluto rispondergli di sì, che lo sapeva, ma che aveva sperato fino all’ultimo
che lui avesse potuto essere diverso da ciò che era. L’aveva sperato, anche se
aveva criticato Sakura per tutte quelle sue sciocche speranze. Perché anche lei
era una ragazza, infondo, e sotto quella scorsa da egoista egocentrica si
nascondeva un cuore fragile bisognoso d’amore.
Eppure,
nemmeno nei suoi incubi peggiori, avrebbe mai sospettato che un giorno avesse
gettato via se stessa per un traditore.
Quelle
cose non erano per lei, non ci se le aspettava da una come lei.
Eppure,
quella notte, non aveva pensato due volte a concedersi a lui.
La
sua malattia, alla fine, aveva contagiato anche lei.
Pazza, pazza, pazza!
“Non
ti giurerò amore eterno”, lui affondò il colpo, come uno scorpione affonda il
suo pungiglione, e lei desiderò davvero di avere in mano un kunai.
Lo
sapeva, cazzo!
Altroché
se non lo sapeva.
L’aveva
sempre saputo che lui non sarebbe mai potuto essere il ragazzo che lei aveva
sempre aspettato (illudendosi di averlo
trovato in Sasuke, ironia della sorte, suo fratello).
Eppure
c’aveva provato, no? Concedendosi a lui, lasciandosi schiavizzare da un
bastardo del genere. Ma allora c’era da chiederselo chi fosse il più pazzo, tra
loro.
“Non
voglio l’amore di un bastardo”, replicò risentita Ino, sforzandosi di sorridere
nonostante le lacrime a rigarle le guance irritate.
“No?”,
Itachi alzò un sopracciglio a quell’affermazione, stupito.
“No”
Lei
sorrise soddisfatta (debolezza che si
trasformava in forza) e si sforzò di mantenere le labbra piegate anche
quando lui alzò lo sguardo verso lo specchio.
Gli
occhi neri di Itachi riflettevano indirettamente la sua immagine, eppure anche
così riusciva a spogliarla di ogni falsa maschera.
Ino
si sentì a disagio e davvero non era il tipo da sentirsi a quel modo, per
questo lo odiò ancora più di prima.
Il
suo sorriso si tramutò in una smorfia ferina che scivolò su Itachi come l’acqua
di un ruscello, lasciandolo incolume e serio come prima.
Ed
Ino lo sapeva, che niente aveva effetto su di lui.
Il traditore.
“Bugiarda”
La
presa di lui si fece più artigliata e lei per un istante sentì l’aria mozzata
nel petto, quasi avesse indossato un bustino troppo stretto.
Tentò
di divincolarsi, arrabbiata, ma più lei si dimenava, più lui la stringeva a sé.
Più lui la stringeva, più lei si dimenava, in un circolo vizioso e perpetuo che
terminò soltanto quando lei, troppo debole, fu stanca di quel gioco assurdo.
Le
braccia le dolevano ed era sicura le fossero venuti dei lividi là dove lui
stringeva, tuttavia Itachi aveva dimostrato già più di una volta che era più
forte. Non poteva svicolare da quell’abbraccia funesto e mortale, perciò non le
rimase che accettarlo. Anche se odiava il modo in cui la sua pelle aderiva alla
propria, infuocandole dentro sensazioni contrastanti che non avrebbe mai più
voluto smettere di provare adesso che le aveva trovate.
“Bastardo”
“Sei
ripetitiva”
“Perché
sei un bastardo”
“Per
questo ti piaccio tanto, piccola Ino?”
Lei
fece per replicare, ma le parole le morirono in gola sotto il sorriso di
scherno che Itachi le rivolse.
Aveva
vinto lui, ancora una volta.
L’aveva
svilita, ancora una volta.
Viscido.
Era viscido come il seme dell’odio che aveva insinuato in Sasuke. Era molesto,
spregevole, cattivo.
Avrebbe
dovuto urlare, Shikamaru e Choji l’avrebbero sentita. Perché non urlava? Lui
non le tappava la bocca, poteva farlo.
Poteva.
Poteva
farlo.
Poteva,
sì.
E
poi sospirò, mentre le lacrime si asciugavano da sole, consapevole che dalla
sua bocca non sarebbe uscito alcun grido di aiuto.
Non
era solo per preservare la vita dei suoi due compagni di squadra.
C’aveva
provato a raccontarsi quella storia, tuttavia aveva iniziato a scricchiolare
dopo il primo bacio infuocato.
Non
era per salvare se stessa, che non lo denunciava.
Anche
quella scusa, purtroppo, era morta sotto il peso del peccato appena compiuto (lui l’aveva baciata e dannazione, lei non
solo lo aveva lasciato fare ma c’aveva persino preso gusto).
Era
soltanto…
“Sei
un bastardo, Itachi”
Lui
ghignò e, costringendola a piegare la testa, le catturò con ferocia le labbra
carnose.
La
bocca di lui sapeva di sangue, del suo
sangue, ed aveva un sapore metallico.
Di
morte.
Era
sbagliato. Era maledettamente sbagliato, Ino lo sapeva anche mentre la sua
lingua scivolava nella bocca di lui.
Non
avrebbe dovuto baciarlo. Non avrebbe dovuto toccarlo, né farsi toccare. Non
sarebbe dovuta andare a letto con lui.
“Bastardo, Itachi. Bastardo”
Eppure,
mentre la bocca di lui divorava la sua, quasi volesse risucchiarne l’anima
attraverso quel bacio fatto di fuoco e gemiti, Ino si rese conto che neppure
adesso (umiliata e svilita) si
pentiva di ciò che aveva fatto.
Anche
se non era andata esattamente come l’aveva sempre sognato.
Anche
se lui, alla fine, non le aveva detto di amarla e che lei era l’unica, per lui.
Anche
se lui non era stato per niente dolce e non si era preoccupato affatto di farle
del male.
Anche
se lui voleva ancora di più, sempre di più, insaziabile.
Poi,
ad un tratto, la stretta di Itachi perse di consistenza e mentre ancora le
labbra premevano sulle sue, l’aveva già lasciata libera di scappare.
Ino
avrebbe potuto sgattaiolare via adesso, lui non l’avrebbe fermata lo sapeva. Ma
non lo fece, semplicemente.
Aveva
bisogno di lui, ancora un altro po’. Sfamarsi del suo sapore come lui aveva
fatto con lei, un’ultima volta. Perché lo sapevano entrambe, che quella sarebbe
stata l’unica volta.
E
non se ne pentì, neppure quando lui la guardò furbescamente dopo essersi
separato da lei (occhi che la
inghiottivano, e lei scompariva in quel nero, ed umiliava se stessa nel suo
sorriso di scherno).
Per
un istante, la mano di lui parve voler lasciare una lieve carezza sul volto
diafano di lei.
Per
un istante, lei pensò seriamente che lui l’accarezzasse.
Ma
Itachi non sarebbe stato Itachi se l’avesse accarezzata e forse fu un bene che
alla fine non lo fece.
“Addio,
principessa”
La
sua ombra scivolò nella notte, calandosi dalla finestra nelle strade deserte.
Ma
Ino già non lo seguiva più con lo sguardo, gli occhi chiusi.
Non
voleva per sé l’ultima immagine di lui come traditore.
Non
voleva dimenticare il sapore delle sue labbra.
Non
voleva cancellare le emozioni contrastanti che lui le aveva fatto provare.
Non
voleva raschiare via quella ferocia e quella passione che le aveva regalato in
quella notte insana.
E
forse poteva non essere perfetto, forse non era come se l’era immaginata, forse
non era chi si era immaginata.
Eppure
ciò che aveva provato era stato reale, concreto, non immaginazione.
E
anche se imperfetto e immorale, lei se l’era ricordato, com’è che ci si sente vivi.
Ino
aprì gli occhi, con calma, e i suoi occhi azzurri presero a scorrere l’immagine
offertale dallo specchio.
Era
la solita Ino, eppure c’era qualcosa di diverso adesso in lei rispetto alla Ino
di ieri.
Controllò
per l’ennesima volta, scartando man mano i vari punti della lista che si era
appuntata.
Occhi azzurri, capelli biondi, bocca
carnosa, seno turgido, ventre piatto, gambe filiformi…
Oh,
ecco cos’era.
Adesso
capiva cos’era cambiato (come aveva fatto
a non accorgersene prima?).
Per
quanto sottile la stonatura c’era, visibile e lampante nonostante non si
trattasse di una cosa tangibile.
La Ino
di ieri era una ragazzina innocente e moralmente integra.
La Ino
che oggi le rifletteva lo specchio, invece, era una donna.
Con
tutto ciò che comportava l’essere diventata una donna nelle mani di un
traditore.
“Sei
un bastardo, Itachi”
[La canzone è “You’ll follow me down”
copyright © di Skunk Anansie. I personaggi di Naruto non mi appartengono ma
sono ivi da me utilizzati senza scopo di lucro, eccetto Kozu che invece è un
personaggio di mia fantasia]
Note: Dunque,
questa fanfiction è una sfida vera e propria, propostami dalla mia Sae. Ovviamente
a lei non si può rifiutare niente, perciò ecco il risultato. La coppia è
piuttosto insolita, lo ammetto, ma alla fine è questo il bello di una sfida,
no? Spero di essere almeno riuscita a rendere, in parte, la frustrazione di Ino
per essersi lasciata andare senza rimpianti ad un “traditore”. Insomma, non è
tanto facile mettersi a parlare di loro due, sapete? Itachi, poi…beh, è lui la
vera sfida! Personalmente, il suo personaggio mi affascina perché è malvagio e
spietato, un pazzo insomma. Alla fine credo che ci voleva uno come lui in
Naruto a smuovere le acque, ma si sa che io tifavo per Sasuke durante il
combattimento! *-*
Per
quanto riguarda il linguaggio, mi sono resa conto che in alcuni punti è
piuttosto forte. Ma alla fine scrivere una fanfiction con Itachi e non inserire
parole dure, mi sembrava troppo irreale. Perciò, scusatemi se ci sono andata
giù pesante alle volte! ^-^
Dedico,
in ultimo, questa mia fanfiction (il primo crack pairing! ç.ç) proprio a Sae
che mi ha invogliato a scrivere su di loro. Da sola credo non avrei mai
provato, ma questo è il bello della mia best, no? Mi spinge sempre a sfidarmi,
a mettermi in gioco! La adoro, davvero. Tex, sei unica! U n i c a! Come farei
senza di te? Ah, non lo so. Ancora non ho trovato una risposta a questa
domanda! Suggerimenti?
Va beh,
sto impazzendo. Deve essere lo studio, mah! Mi fa male studiare troppo, lo
sapevo. Devo smetterla! >.<
Okay,
vi lascio prima che inizi seriamente a delirare! Ultima cosa soltanto: grazie a
quanti di voi leggeranno, commenteranno e recensiranno questa storia (esagero
se ringrazio anche chi eventualmente la metterà tra i preferiti?! *-*). Grazie,
a tutti, di cuore‼
Baci
e alla prossima!
[Ah:
ho scoperto il NejiHina. Li adoro‼ *-* Chissà che la prossima non sia una
fanfiction su di loro!]
Memi