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Autore: Darkry    05/10/2013    4 recensioni
Karol, una ragazza ricchissima, ha appena compiuto ventuno anni.
Il padre decide di regalare a lei e ad i suoi più cari amici, Tracey e Mark, una crociera di 106 giorni.
Ancora non sa che il destino la chiamerà a pareggiare i conti. Ancora non sa che lì, sulla nave, incontrerà Jake, che le aprirà gli occhi su un mondo da lei dimenticato, su emozioni messe a tacere dopo un brusco incidente.
Lì, sulla nave, Karol riscoprirà se stessa, scoprirà cosa significa amare e soffrire per amore... in un sogno fatto di ghiaccio.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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PROLOGO

 
 
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Ice Dream 
Entrambi sono stati realizzati a cura di
Pinoolast's Graphic- Video 
Chiedete e le admin saranno liete di realizzare per voi qualsiasi cosa!! ;D




“Volo sul ghiaccio come vento, veloce, leggera, forte e invincibile. Il vestito mi scivola addosso come acqua mentre faccio un triplo e mi sembra volare, ed atterro sul ghiaccio con lo stesso impatto di sempre, la gamba tesa, i muscoli vibranti di forza e di energia, i volti sfocati sugli spalti mentre ruoto e giro, giro, giro, sempre più veloce, mentre la musica è tutto intorno a me, mi pervade, fa vibrare i pattini, il ghiaccio, le gambe, le braccia, il cuore, la testa.
C’è uno strano stridio prima debole, poi sempre più forte e io giro senza fermarmi mentre un fascio di luce mi investe e qualcosa di pesante mi travolge.
Buio, e un dolore lancinante alla gamba, schegge di ghiaccio gelido che mi penetrano nella pelle.
Urla.”
 
Mi sveglio di soprassalto, madida di sudore.
Il telefono sta squillando.
Stropiccio gli occhi e mi accorgo di non avere più fiato in gola e ho bisogno di aria. Ansimo, il telefono ha smesso di squillare. Scivolo giù dal letto, passandomi una mano sulla fronte sudata e scostando via dal viso i capelli appiccicati. Le piastrelle fredde mi rendono più lucida e riesco a distinguere la realtà dall’incubo appena fatto.
Scanso con un saltello la valigia ancora aperta ed afferro il telefono che ha ripreso a squillare senza sosta.
«Pronto».
«Cazzo, Karol, ma si può sapere che fine hai fatto?».
«Buongiorno anche a te, Tracey» mormoro assonnata all’apparecchio freddo tra le mie mani.
La voce metallica e aggressiva di Tracey riprende senza sosta. «Buongiorno un cazzo, Karol. Tra tre ore dobbiamo partire e tu sei morta! Eravamo d’accordo che stamattina ci saremmo viste per comprare le ultime cose e tu non ti sei fatta sentire!».
Alzo gli occhi al cielo, cercando di recuperare un po’ di calma e di tranquillità. Non è proprio il caso di litigare con Tracey adesso che dobbiamo partire.
«Hai ragione. Scusa».
Tracey sospira all’altro capo e capisco che non si aspettava delle scuse.
«Sii puntuale, mi raccomando» dice, con fare ammonitorio.
Annuisco e mormoro un sì a mezza voce.
«Vuoi una mano a finire di preparare i bagagli?» chiede poi.
Sussulto e mi guardo intorno.
La camera è un disastro. Ci sono quattro valigie aperte, vestiti e scarpe sparsi ovunque, carte di credito e soldi in contanti fanno capolino dalla trousse che dovevo mettere in borsa. «Ehm… chi ti ha detto che non ho ancora finito le valigie? Certo che le ho finite!»
«Ha. Ha.» ride Tracey ironicamente. Mi conosce troppo bene per non sapere che sono in alto mare.
«Gli ultimi preparativi e… ho finito!» la rassicuro iniziando a raccattare roba alla rinfusa.
«Certo. Non voglio nemmeno immaginare l’aspetto della tua camera in questo momento. Senti, sbrigati perché partiamo anche senza di te! E ringrazia ancora papino da parte nostra!!».
Apro la bocca per ribattere ma Tracey ha già chiuso la comunicazione.
Fisso il telefono per qualche istante e poi lo rimetto a posto.
Tipico, penso prima di darmi da fare e finire sul serio le valigie.
Due ore e mezza più tardi scendo a fare colazione, trasportando i bagagli giù nel salone.
«Sì. No, no, ho detto che quello spot andava assolutamente eliminato! Non possiamo mandare in onda una schifezza del genere! L’ambientazione è completamente sbagliata e lo slogan è decisamente orribile!».
«Ciao, papà» mormoro con un cenno del capo, scaricando i bagagli nell’ingresso.
Mio padre, alto ed imponente come sempre nel suo abito di sartoria grigio, si volta verso di me e accenna un sorriso. Col cellulare premuto contro l’orecchio mi sventola tre dita sotto il naso e annuisco.
Tre secondi e sono da te.
«Sì. Sì, bravo, bravo. Voglio quello spot finito e perfetto entro domani. E dì a Clark di sbrigarsi e di cambiare il colore della copertina delle locandine per il festival della musica, lo voglio di un rosso sangue, bordeaux, e non del rosso slavato che mi ha presentato l’altro ieri».
Scuoto il capo sorridendo alla voce autoritaria di mio padre e cammino verso la cucina, prendendo un bricco  di latte dal frigo.
«Buongiorno, orsacchiotta».
Alzo gli occhi seccata e rivolgo a mio padre uno sguardo eloquente. «Papà…».
«Che c’è?» mi chiede con un sorriso innocente. «Sei e rimarrai la mia bambina per sempre».
Scuoto la testa, esasperata. Le questioni di principio di mio padre e mie sono agli antipodi. «Ho ventuno anni, papà. Lo sai benissimo visto che hai deciso di regalarmi una crociera da centosei giorni con i miei amici».
«Dovere!» esclama impettito.
Sbuffo sonoramente e sa benissimo che non condivido l’idea.
«Spendere trentaseimilacentoquarantasette  euro spese escluse per un regalo di compleanno mi sembra esagerato».
Stavolta è mio padre a sbuffare e ad alzare gli occhi al cielo. «Grazie a te ho realizzato uno spot pubblicitario che mi ha fatto guadagnare milioni di dollari. Il minimo che potessi fare era organizzarti un regalo degno di questo nome! E siccome sapevo che non avresti mai fatto una crociera da sola, l’ho pagata anche ai tuoi amici».
È inutile.
A volte proprio non capisco chi tra me e mio padre sia il più testa dura.
«E adesso spicciati, orsacchiotta, Tracey ha chiamato la mamma un’ora fa per dirle di metterti fretta e lei ha chiamato me».
Ecco, forse Tracey ci supera entrambi. «Come sta la mamma?» chiedo, sviando il discorso e cercando di trangugiare più velocemente la colazione.
I cereali mi si fermano in gola e tossisco sputacchiando qua e là.
«Bene, bene» commenta mio padre sedendosi accanto a me e spalmando una fetta biscottata con la marmellata di ciliegie. «Sta dirigendo la sfilata di moda a Milano e, stress a parte, sta benissimo».
Mi strizza l’occhio, mentre penso a quanto mia madre esasperi il suo stress per stare al centro dell’attenzione o per parlare della sua impeccabile capacità di organizzazione, di quanto siano belle ed anche intelligenti certe modelle, dello squallore di alcuni stilisti molto in voga, della strabiliante acutezza di altri e  dell’incapacità dei suoi dipendenti che non sono in grado di eseguire un semplice ordine.
«Ha detto di chiamarla appena arrivi, e ti manda tanti saluti» aggiunge papà, sorridendomi dolcemente.
Grugnisco. Non voglio nemmeno immaginare quante ore mi terrà appiccicata al telefono, ma del resto non la vedrò e non avrò contatti con il resto del mondo per giorni e per mia madre i contatti sono molto importanti.
«Va bene. Vado, papà» dico, alzandomi da tavola e mettendomi la borsa a tracolla.
Anche mio padre si alza e mi accarezza una guancia.
Faccio una smorfia. «Soldi ne hai?» chiede, ignorando la mia espressione.
«Sì, papà, ne ho così tanti che se mi derubassero diventerebbero miliardari».
«Bene. Non farti derubare, allora! Salutami i tuoi amici e fai buone vacanze.» sorride, posandomi un bacio sulla guancia.
«Sì, grazie. Ah, papà!» esclamo, con la mano già sulla porta d’ingresso. «Ti ringraziano anche loro».
Mio padre mi sorride ed io esco fuori di casa, trascinandomi dietro i bagagli.
«Sì, Clark?» lo sento rispondere mentre chiude la porta e scuoto la testa, guardandomi attorno alla ricerca della macchina di Mark.
Non è ancora arrivato, bene.
Un po’ impacciata trasporto i bagagli sino all’ingresso della villa, preparandomi psicologicamente ad una lunga, lunghissima vacanza.
Non che non sia felice di trascorrere centosei giorni lontana da casa in giro per il mondo con i miei due più cari amici, ma… sono angosciata ecco.
Come sempre, del resto.
Dieci minuti dopo, il fuoristrada di Mark si ferma davanti all’ingresso di casa e dal finestrino del passeggero fa capolino il viso di Tracey, stravolto dall’emozione. «Su, muoviti a caricare quei bagagli o faremo tardi!» mi dice con un urletto spaccatimpani.
Con il viso arrossato per lo sforzo, sollevo per l’ennesima volta il trolley gigante e faccio qualche passo in direzione del bagagliaio. Una mano grande e calda si posa sulla mia e mi prende il trolley dalle mani, dandomi il tempo di riprendere fiato. Alzo lo sguardo ed incrocio gli occhi scuri e sorridenti di Mark.
«Ciao, Karol» mormora, abbassandosi per posarmi un lieve bacio sulla guancia.
«Mark!» esclamo, buttandogli le braccia al collo e facendogli perdere la presa sul trolley, che cade con un tonfo sull’asfalto.
Mark mi abbraccia forte e il suo profumo familiare mi avvolge, facendomi sentire felice.
Forse questa vacanza non sarà poi tanto male.
Certo, Tracey sarà la solita prepotente rompipalle, ma ci sarà Mark a calmare gli animi, il migliore amico che ogni ragazza possa desiderare.
«Volete rimandare le smancerie a più tardi??» chiede irritata Tracey sporgendosi dal finestrino. «Se perdiamo l’aereo vi picchio, vi faccio a pezzi, vi spiezzo in due e vi faccio sciogliere il culo con la fiamma ossidrica!» sbraita minacciosa.
Io e Mark ci guardiamo con un sorriso complice prima di lasciarci andare e di finire di caricare i bagagli in macchina. «Qualcuno ha visto Rocky, ieri» commento lanciando un’occhiata di sottecchi alla mia “dolce” amica, mentre salgo sul fuoristrada.
Tracey mi ignora bellamente ed inserisce un disco, alzando il volume al massimo mentre la macchina parte.
Youth, dei Daughter, parte con la sua melodia angosciosa, triste e travolgente.
Reclino la testa all’indietro e chiudo gli occhi, lasciandomi travolgere dalla musica ed immaginando scivolate, salti, il raschiare dei pattini sul ghiaccio, nuvolette di vapore freddo che escono dalle labbra e salgono verso l’alto, scomparendo alla vista. 
«Tra dieci minuti siamo all’aeroporto!» squittisce esaltata la voce di Tracey e apro gli occhi, di malavoglia.
«Cristo, se continui così farò sedere Mark vicino a me, in aereo!» minaccio.
Tracey rotea gli occhi e si gira verso di me con aria scocciata. «Ma si può sapere che hai? Andiamo in vacanza!» scandisce bene la parola, per farmi cogliere tutti i significati. «In centosei giorni vedremo praticamente tutto il mondo, ti rendi conto?? Italia, Francia, Spagna, andremo alle Fiji!! Senza contare tutti i ragazzi che incontreremo…» si interrompe e guarda Mark con un sorrisetto colpevole.
«Senza offesa, Mark. Ma sai che tra noi due non può funzionare».
Il ragazzo scuote la testa con un sorriso divertito, senza staccare gli occhi dalla strada. «Attenta a non sciupare troppo la tua chitarrina, Tracey, o dovrò spacciarmi per il tuo ragazzo per allontanare gli spasimanti insistenti, come l’ultima volta…»
«Ehi!» Tracey gli dà un pugno al braccio e Mark finge una brusca sterzata, facendo sbandare la macchina a sinistra, sulla strada deserta.
Lancio un urletto terrorizzato mentre lui scoppia a ridere.
«Deficiente!» gli urla contro Tracey. «Sai quanti incidenti cretini fatti da ragazzi cretini capitano qui a New York? Sei proprio un cretino!»
Mark continua a ridere e io mi passo una mano tra i capelli. «Ragazzi, per favore, calmate gli animi e cerchiamo di arrivare a questo cacchio di aeroporto prima di morire di vecchiaia!»
Mark ritorna serio ed accelera, mentre Tracey si rilassa sul sedile. «Stavo dicendo Karol,» continua con un sospiro, tornando all’attacco, «che stiamo andando in vacanza a spassarcela, quindi non capisco proprio questa tua aria depressa».
Sbuffo sonoramente, scocciata da tutta quell’inquisizione. «Non sono depressa, solo che ripetere con vocetta stridula ogni tre secondi virgola cinque che “oh, stiamo andando in vacanza!!” non cambia o accelera la situazione, semmai la rende tremila volte più stressante! Quindi se devo tenerti dodici ore accanto in aereo, in queste condizioni, preferisco mille volte rimanere a terra!» ribatto, inacidita.
Stavolta è Tracey che sbuffa. «Vai a numeri?? Magari dovremmo giocarceli prima di partire! Tre, cinque, tremila, dodici… Proprio non capisco che problema hai…» la sento mormorare, ma decido di concentrarmi sulla musica e di non risponderle.
A volte mi rende così acida che mi fa sentire antipatica da sola.
Arriviamo in aeroporto con qualche minuto di ritardo sulla tabella di marcia e Tracey non la smette di strepitare, ma dato che è stata lei ad organizzare tutta la partenza, siamo in largo anticipo.
Mark adocchia un posto libero, accelera a tutta birra e si fionda prima che riesca a farlo una macchina sull’altra corsia. Tracey lancia un gridolino di vittoria e fa un gestaccio a quelli della macchina sconfitta.
«Ti sposerei, Mark!» esclamo ridendo, mi sporgo e gli stampo un bel bacio sulla guancia. Se non avesse preso quel posto Tracey avrebbe strepitato per tutto il viaggio in aereo e proprio non mi va di sentirla.
Mark sorride e arrossisce imbarazzato. Tracey mi da uno spintone e mi scosta con violenza, buttandosi al collo di Mark.
«Sì, Mark, ti sposerei anch’io!» esclama abbracciandolo possessivamente. «Però adesso muoviamoci, o giuro che ti pianto sull’altare e ti mando contro un esercito di damigelle inferocite!».
La dolce Tracey.
Entrambi ci affrettiamo a scendere dalla macchina e a scaricare i bagagli.
Tracey corre verso l’entrata dell’aeroporto, gridandoci di muoverci o troveremo una fila enorme al check-in.
Mi metto la borsa a tracolla, il borsone su una spalla e prendo i due trolley, uno per mano, pronta a trascinarli correndo. Sto per incamminarmi quando Mark mi si para davanti e mi prende il trolley più grande dalle mani, con un sorriso splendente. «Questo lo prendo io… » mi dice incamminandosi e lasciandomi indietro a crogiolarmi nello stupore.
«SE NON MUOVI QUEL CULO, KAROL, GIURO CHE VENGO LÍ E TI PRENDO A CALCI!» urla Tracey, facendomi ridestare.
A volte mi chiedo proprio perché io e lei siamo tanto amiche.
 
In aereo, sono al centro tra Tracey e Mark anche se credo che gli chiederò di prendere il mio posto se Tracey continuerà ad essere così… elettrica.
Parla senza sosta e progetta, progetta, progetta i nostri giorni in vacanza, studiandosi orari ed itinerari nei minimi dettagli. Smetto di ascoltarla dopo poco e guardo Mark, che stringe convulsamente le mani sui braccioli e si guarda attorno terrorizzato.
«È la prima volta che voli?» sussurro, così che Tracey non mi senta.
Mark mi guarda e cerca di mantenere la calma, ma l’aereo ha una turbolenza e il viso gli diventa esangue per la paura. Annuisce convulsamente e non posso fare a meno che sorridergli.
Gli poso una mano sul braccio e il gesto sembra rilassarlo un pochino. «Non preoccuparti» gli dico, continuando a sorridere. «Arriveremo sani e salvi».
Mark accenna un sorriso malriuscito.
«E poi viaggiamo in prima classe!» tento di consolarlo.
Dallo sguardo che mi lancia capisco che non gliene frega un cazzo di dove viaggiamo, perché se l’aereo si schianta moriremmo anche noi.
Sospiro ed intreccio le mie dita alle sue. «Ti tengo la mano».
Questo, sembra rilassarlo.
 
«Non prenderò mai più un aereo in tutta la mia vita!» esclama Mark quando mette piede a terra.
«Beh, dopo la crociera potremmo lasciarti qui in Italia» propone Tracey con fare pratico, avviandosi verso il cartello con la scritta Ritiro Bagagli. Mark le lancia un’occhiata stralunata, ma Tracey non ci fa caso, attivando il suo radar avvista-bei-ragazzi.
Lancia una lunga occhiata significativa ad un ragazzo biondo, che la squadra a sua volta.
Alzo gli occhi al cielo e distolgo lo sguardo. So già come andrà questa vacanza.
Tracey non perderà tempo e si farà tutti i ragazzi della nave, fidanzati e non, mentre io e Mark passeremo molto tempo insieme, come sempre.
Gli lancio un’occhiata distratta e lo vedo parecchio scosso. Stanotte non ha chiuso occhio e la mano mi fa male per quanto l’ha stretta forte.
Mentre recuperiamo i bagagli noto un gruppetto di ragazze guardare nella nostra direzione e lanciare occhiatine lascive a Mark. Lui sembra non accorgersene.
«Credo che quelle lì cerchino di attirare la tua attenzione» dice Tracey guardandole velocemente con aria di compassata superiorità.
«Mhmm?» Mark si volta verso di loro e dal gruppetto di ragazze si levano degli strilli acuti ed eccitati.
Le guardo come se fossero impazzite e poi guardo Mark.
Forse non passeremo tanto tempo insieme, durante questa crociera.
È più probabile che lui se la spassi con qualche bella ragazza, lui è carino ed è più che logico. Non ci avevo mai fatto caso.
«Ti muovi o ti leghiamo ai bagagli e trasciniamo di peso?» come al solito, la voce di Tracey mi riporta alla brusca realtà senza molto tatto.
Le faccio una smorfia e mi affretto a seguirli. «Dovresti imparare ad essere più cortese» le dico, astiosa.
«E tu dovresti imparare a vivere con i piedi per terra e a non pensare ai fattacci tuoi! Quando saremo sulla nave ti darò il permesso di sparire, ma fino ad allora mi rimarrai appiccicata al culo e ti darai una mossa!».
«Ricorda che se non fosse per me non saresti qui!» esclamo con cattiveria.
«Sì, ma se fosse per te adesso staremmo ancora a New York e addio alla bella vacanza! Muoviamoci, dobbiamo prendere il pullman per Savona tra quindici minuti!».
«Veramente io volevo dare un’occhiata a Genova!».
Tracey si ferma e mi guarda negli occhi. «Se proprio ci tieni potremmo farlo al ritorno, ma adesso abbiamo una precisa scaletta da rispettare e se seguiamo te perderemo di sicuro la nave!»
Adesso basta! «Smettila di essere così dispotica! Hai ragione, sono una ritardataria cronica e non vado in visibilio per questa vacanza che dura più di tre mesi, ma non c’è bisogno di ripetermelo ogni volta che ne hai l’occasione!».
«Ragazze…» cerca di intervenire Mark, per farci calmare.
«Che c’è?» ci voltiamo contemporaneamente nella sua direzione e lo fulminiamo con lo sguardo.
«Non discutete. È il primo giorno di vacanza, cerchiamo di essere tranquilli… Tracey, non c’è bisogno di saltare in aria per ogni minima cosa e Karol…».
Lo guardo, le braccia conserte, sfidandolo a continuare.
Mark mi rivolge un sorriso dolce, che gli scalda gli occhi. «sai che Tracey non dà pace se non le dai ragione. Perciò accontentala così non rompe le palle per i prossimi tre minuti» mi fa un occhiolino e scoppio a ridere.
Tracey riduce gli occhi a due fessure e gli punta un dito contro il petto. «Ti risparmio solo perché potresti tornarmi utile in questa vacanza, Mark Wright, zoticone del cazzo! Ma stai pur certo che te la farò pagare!».
Poi si volta verso di me, mi guarda in cagnesco e sta per dire qualcosa, ma ci ripensa e con una scrollata di spalle si dirige verso la fermata dei pullman.
 
Arriviamo in stazione in perfetto orario ed in perfetto silenzio e quando il treno inizia a sferragliare allegramente, mi alzo e lascio Tracey ai suoi progetti e Mark al suo sonnellino ristoratore.
Premo il tasto di chiamata rapida e aspetto che mia madre risponda.
«Oui?».
«Ciao, mamma».
«Tesooroooo!» esclama con enfasi. «Tutto bene? Dove sei?».
«Siamo in treno, stiamo andando a Savona» spiego, soffocando uno sbadiglio e distendendo le dita della mano dolorante.
«Oh, la mia bambina!» vorrei sbattere la testa contro il finestrino. «Sicura di voler partire? Starai bene? Hai abbastanza soldi?».
«Mamma! Sì, voglio partire e poi papà ha già pagato, starò benissimo e ho una banca con me! Stai tranquilla e smettetela di chiamarmi bambina, tesoro o orsacchiotta! Ho. Ventuno. Anni!» sbraito contro il ricevitore.
Dall’altra parte sento un sospiro triste e per un momento mi sento in colpa per aver risposto così nervosamente. Dopotutto loro sono i miei genitori, mi vogliono bene e mi sono stati accanto nei momenti più difficili.
«Sei proprio cresciuta, tesoro…» dice e stavolta sono indecisa se fare i salti di gioia perché l’ha capito, o sbattere nuovamente la testa contro il finestrino perché mi ha chiamato ancora tesoro.
«Buone vacanze, allora! Adesso devo andare a vedere le prove per la sfilata, fatti sentire tramite internet, ho controllato e sulla nave ci sono i computer!».
Adesso vorrei stendermi sui binari e farmi prendere sotto dal treno.
«Sì, mamma».
«Un bacione! A presto, cucciolotta!» chiudo la chiamata con furia assassina.
 
«Karol Peerce?» chiede l’addetto al check-in, guardando la foto sul passaporto. Annuisco, mentre Mark carica i bagagli sul nastro e Tracey saltella, con un sorrisone stampato sul viso.
«Mark Wright…» constata, osservando il ragazzo. «E Tracey Foster…» dice, lanciando una lunga occhiata alla scollatura della mia amica.
Lo guardo di traverso, il vecchiaccio, e mi schiarisco la gola.
«Prego» dice, invitandoci ad andare uno alla volta davanti al bancone e scattandoci la foto di identificazione. Poi ci porge le carte che useremo sulla nave.
«Vi auguro un buon viaggio».
Lo guardo malissimo, mentre mi sistemo la borsa a tracolla e mi avvio verso l’uscita, al seguito di Tracey e Mark.
Una volta fuori non posso trattenermi. «Caspita, Tracey, capisco che sei grande e vaccinata, ma ti guardano anche i vecchiacci per come ti vesti!».
«A te invece non ti guardano nemmeno i carciofi per come ti vesti!» mi accusa, lanciandomi un’occhiataccia.
A questo non posso ribattere e lo sa benissimo anche lei.
Mi vesto come meglio posso per non attirare l’attenzione e passare per una normale, comunissima e anonima ragazza. Jeans abbastanza larghi e scoloriti e magliette non aderenti e senza scollature profonde.
«Karol ha ragione… quel vecchio ti guardava con la bava alla bocca, Tracey», interviene Mark, pronto a salvare la situazione.
Gli rivolgo uno sguardo grato mentre Tracey scrolla le spalle con la sua solita indifferenza. «Magari era anche bravo a letto…» dice con nonchalance.
Sgrano gli occhi. «Ma sei proprio una put…».
«GUARDATE! Eccola lì, eccola lì!» esclama Tracey saltellando ed indicando una nave gigantesca. «È lei, è la Destiny!!»
Io e Mark ci voltiamo verso il mare e non abbiamo nemmeno individuato la nave, che Tracey ha già afferrato la sua borsa e corre in quella direzione. 
 

 
  *WHAWAIEAH!
Ciao a tutti!! (: Spero che il prologo vi abbia intrigato un pochino e che vi inviti ad andare avanti nella lettura... :)
Nel prossimo capitolo conoscerete Jake, il LUI strafigo del video ;D
Un bacione a tutte fatemi sapere cosa ne pensate! ;p
Kry <3

ORDER OF THE PHOENIX*
  
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