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Autore: Fiamma Erin Gaunt    05/10/2013    0 recensioni
[Questa storia partecipa, per la fazione Mangiamorte, al contest: "La guerra magica di EFP" indetto sul forum da Moonspell]
L’alchimista Grigore sembra essere in possesso di una Coppa capace di donare la vita eterna. Una soffiata riferita da Rookwood porterà il Signore Oscuro ad affidare la missione allo scettico Wilkes e al suo compagno di sempre, il cugino Evan. Tuttavia non tutto è ciò che sembra.
Genere: Generale, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Evan Rosier
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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La coppa della vita

 

 

Nickname sul forum: Kyra Nott
Nickname su EFP: Fiamma Erin Gaunt
Pacchetto scelto: 3
Fazione scelta: Mangiamorte
Titolo della storia: La coppa della vita
Raiting: Giallo
Personaggi: Wilkes; Evan Rosier
Introduzione: L’alchimista Grigore sembra essere in possesso di una Coppa capace di donare la vita eterna. Una soffiata riferita da Rookwood porterà il Signore Oscuro ad affidare la missione allo scettico Wilkes e al suo compagno di sempre, il cugino Evan. Tuttavia non tutto è ciò che sembra.
Note dell’autore: Allora, la storia è ambientata nel 1979, prima di ogni balzo temporale sarà riportata data e località in cui è ambientata la storia. Alcune frasi sono in rumeno, subito dopo i dialoghi trovi tra parentesi la traduzione della frase. Infine, il nome e la parentela di Wilkes con Evan sono una mia licenza in quanto di loro due non sappiamo praticamente nulla; visto che quasi tutte le famiglie Purosangue sono imparentate tra loro ho immaginato quindi che fossero cugini e che condividessero un legame praticamente fraterno. Mi è stato talvolta fatto notare, nelle mie storie che li vedono come protagonisti, che assomigliano per certi versi a una versione Serpeverde di James e Sirius per via del rapporto che li lega.

 

 

Villa Malfoy, 19 dicembre 1979.

 

 

Rico si smaterializzò davanti ai cancelli della residenza dei Malfoy. Lanciò un’occhiata intorno a sé, controllando se qualcuno l’avesse seguito, poi si strinse nel mantello da viaggio e s’incamminò lungo il vialetto ricoperto dalla ghiaia più bianca che avesse mai visto. Si trattava bene, Lucius, non c’era che dire. Trovò ad attenderlo, appoggiato a una colonna del patio, il familiare profilo di suo cugino. Con la carnagione alabastrina, i capelli color dell’oro e gli occhi blu sembrava la statua perfetta per un giardino ammantato di neve come quello.

- Ti aspettavo, sei quasi in ritardo. – lo accolse, una nota di rimprovero trasparì dal tono abitualmente incurante e pacato.

- Quasi in ritardo significa che non lo sono ancora, rilassati cugino. –

Evan alzò gli occhi al cielo. Era sempre così con Rico, diceva bianco e lui ribatteva nero, certe volte spingeva la sua sopportazione ogni limite.

Rico lo oltrepassò, bussando con decisione al battente in mogano laccato. Gli aprì un’elfa domestica dallo sguardo timoroso.

- I signori sono gli ospiti che padron Malfoy attendeva? – squittì, badando bene a non incrociare il loro sguardo.

- Sì, siamo noi. Facci strada, elfa. –

Si voltò verso il cugino, che non aveva mosso un muscolo.

- Bè? Mi era parso di capire che fossimo quasi in ritardo. – lo incalzò ironicamente.

- Farò finta di non aver colto il tuo sarcasmo. – replicò, seguendolo e sforzandosi di ignorare lo sguardo del moro. Dannazione, mantenere la serietà e la compostezza quando lo guardava in quel modo era quasi impossibile, possedeva una mimica facciale a dir poco espressiva ed esilarante.

- Vorrà dire che dovrò impegnarmi a rendere il mio sarcasmo ancora più evidente. –

- Rico, per favore. – borbottò, scuotendo la testa. Le morbide onde dorate gli finirono davanti agli occhi, costringendolo a ravviarsele con la mano. Portava i capelli un po’ più lunghi di quanto fosse solito fare e stava cominciando a pentirsi di quel seppur lieve cambio di look.

- Lo so, lo so: diplomazia, insolenza e tracotanza. Non dimentico le regole, Ev. –

Certo che non le dimenticava, peccato solo che la diplomazia non fosse esattamente una delle sue migliori qualità, quanto a insolenza e tracotanza invece ne possedeva fin troppa.

Raggiunsero la sontuosa sala da pranzo in stile impero, trovando il resto dei loro compagni già ai loro posti. Non si trattava di tutti gli adepti del Signore Oscuro, ma solo di una cerchia ristretta, quella che si sarebbe potuta definire l’elitè. Bellatrix e Rodolphus sedevano a metà tavolata, accanto ai padroni di casa, e davanti a loro avevano preso posto Regulus e Rabastan; il primo posto a sinistra era occupato da Severus, che scrutava il resto dei presenti con i suoi penetranti occhi scuri, gli unici liberi erano i primi due posti a destra. Presero posto lì, trovandosi davanti l’espressione altera di Rookwood e Mulciber. A giudicare dal ghigno di superiorità che avevano dipinto sul volto sembrava che fossero perfettamente consapevoli del motivo per cui era stata convocata quella riunione.

- Pensavo che non saresti venuto, Wilkes, non sei quello che si dice un tipo affidabile. –

Rico gli rivolse un sorriso sprezzante: - E tu non sei quello che si dice una testa fina, Mulciber, ma a un certo punto dovrebbe essere evidente anche a una testa di legno come te che non ho alcuna intenzione di tirarmi indietro. –

- Come mi hai chiamato? – esclamò il Mangiamorte, tirando indietro la sedia di scatto e facendola stridere sul pavimento in cotto.

- Testa di legno. Che c’è, per farmi capire da te devo parlare più lentamente o semplicemente cercare qualcuno che parli imbecillese? –

Evan soffocò una risata, affondando il viso nel calice di cristallo e prendendo un lungo sorso di vino elfico. Ecco che ricominciavano, sembrava che quei due fossero incapaci di stare nella stessa stanza senza saltarsi alla gola.

La discussione venne interrotta prima che finisse con il degenerare da un rumore di passi che riecheggiò lungo il corridoio. Si alzarono tutti in piedi, pronti ad accogliere l’ingresso del loro Signore.

- Bene, vedo che i miei fidi Mangiamorte sono già tutti qui, possiamo cominciare. – esordì con la sua voce simile al sibilo di un serpente.

Soffermò gli occhi rossastri su ciascuno dei commensali.

- Immagino vi domandiate a cosa si debba questa riunione straordinaria. Confesso di saperne quanto voi, ma spero che Mulciber e Rookwood vogliano illuminarci con le loro scoperte. –

Non sembrò che i due uomini avessero colto l’ironia nella voce del loro Signore, o forse decisero semplicemente  d’ignorarla. Era evidente che fossero certi di essere in possesso di notizie formidabili o non si sarebbero mai arrischiati a disturbarlo.

- Mio Signore, lavorando all’Ufficio Misteri ho appreso una notizia che sono certo susciterà il vostro interesse. Si tratta di un manufatto leggendario che sembra essere in possesso di un noto alchimista rumeno, Nicolai Grigore. –

Al nome del celebre alchimista si levò un mormorio lungo il tavolo. Grigore era un caro amico di Nicolas Flamel ed era passato alla storia per le sue sperimentazioni ai limiti dell’incredibile. L’idea che fosse in possesso di un oggetto di incredibile potere non era poi così ridicola.

- La tua fonte ha detto di che manufatto si tratta? – lo interrogò l’Oscuro, parte della sua ironia era scomparsa a quella notizia.

- Sì, mio Signore, dell’ Ankh. –

Il mormorio si trasformò in sbuffi increduli. La coppa dell’immortalità era una storiella per bambini, lo sapevano tutti.

- Mio Signore, con il dovuto rispetto, non vorrete davvero cercare una coppa di cui non esistono prove che ne documentino l’esistenza? – intervenne Rico.

Si era unito ai Mangiamorte per l’azione e la gloria, per passare alla storia come il migliore dei combattenti, non certo come colui che rincorreva leggende infantili.

- In verità esistono testimonianze di una coppa del genere, il suo percorso è facile da rintracciare nella storia se ci si rifà all’altro nome che le è stato dato. Sto parlando di quello che i Babbani chiamano il Sacro Graal. –

Rico sbuffò, incredulo. Fantastico, ora ci si metteva anche Lui con quelle stupide leggende.

- Leggo lo scetticismo nel tuo sguardo, Wilkes, forse dovresti essere proprio tu a occuparti di questa missione. – aggiunse, assottigliando lo sguardo con aria pericolosa.

- Ma, mio Signore… - fece per protestare Rookwood, venendo zittito da un deciso cenno della mano.

- Ho deciso che andrà Wilkes. Rosier, tu andrai con lui. –

Evan annuì all’istante. Era la prassi quella di muoversi in coppia e la loro intesa era ormai consolidata.

- Bene. Elfa, comincia a servire la cena. – ordinò, facendo sussultare la creaturina che si trovava in un angolo e si era appiattita il più possibile contro la parete per non farsi notare più del necessario.

Due ore più tardi la cena era terminata e Villa Malfoy si era lentamente svuotata.

Rico ed Evan uscirono in giardino, alzando il cappuccio nero per proteggersi dalla neve che aveva ripreso a fioccare.

- Ti rendi conto, dovremo andare alla ricerca di una cosa che nemmeno esiste. E in Romania per giunta, hai una vaga idea di quanto faccia freddo lì in questo periodo? –

- Non sarebbe successo, se tu avessi tenuto chiusa la bocca e non avessi fatto mostra di tutto il tuo innato scetticismo. – gli fece notare Evan, porgendogli un braccio.

- Dovevo dirlo, insomma, è ridicolo. –

Serrò la presa sull’avambraccio del cugino e un attimo dopo udì il consueto Pop che contraddistingueva la Smaterializzazione. Si ritrovarono nel salotto di villa Wilkes, dove ad attenderli davanti al caminetto stavano Rikki ed Erik, rispettivamente la cugina e il fratello di Evan.

- Fammi spazio, sto congelando. – esordì Rico, sedendosi accanto alla sorella e allungando le mani verso il fuoco crepitante. Avvertì il familiare senso di pizzicore che preannunciava il risveglio degli arti e la riattivazione della circolazione sanguigna.

- Kelly, un boccale di Burrobirra caldo, subito! – urlò in direzione della cucina.

Rikki studiò con attenzione il volto del fratello, lo aveva visto irritato in quel modo solo in rarissime occasioni.

- Cosa è successo, Evan? –

- Nulla che ti riguardi. – borbottò scontrosamente Rico.

- Non l’ho chiesto a te. – ribattè, guardando con insistenza il cugino.

- L’Oscuro ci ha assegnato una missione e Rico è arrabbiato perché per portarla a termine dobbiamo recarci in Romania. – replicò ironicamente.

- Non sono arrabbiato per la Romania. Cioè, non solo per quello, ma perché non troveremo un dannato accidente di niente. Io lo so, tu lo sai, tutti lo sanno. – lo contraddisse.

- Kelly, la Burrobirra! – aggiunse, alzando nuovamente la voce. Non ottenendo risposta, si alzò dal divano con impeto: - Si può sapere dove sei, stramaledettissima incapace di un’elfa? –

L’elfa si Materializzò ai suoi piedi, il nasino sottile e a punta semi congelato per il freddo. In mano stringeva un termos e un paio di boccali.

- Kelly chiede scusa, padron Rico, ma in casa non c’era Burrobirra e Kelly è andata a comprarla al bar più vicino. –

- Va bene, per questa volta non fa niente, ma prima di agire avvisa, mi si è sentito strillare come un matto per tutta la casa. –

L’elfa annuì, assicurando che in futuro avrebbe avvisato, e si ritirò in cucina.

- Che hai da ridere, Ev? –

- Nulla, solo che non puoi incolpare Kelly, se ti comporti da pazzo è solo perché lo sei. –

- Divertente, veramente spassoso, perché non conservi un po’ di humor per i rumeni, sono sicuro che lo adoreranno. –

- D’accordo, non è serata, perché non andiamo a dormire? Domani ci servirà tutta l’energia in nostro possesso per cominciare la missione. –

Rico annuì, sbadigliando, - Questa è la prima cosa intelligente che ti sento dire in tutta la giornata. –

Raggiunsero la camera dell’erede dei Wilkes e s’ infilarono sotto i molteplici strati di coperte. Avevano iniziato a dormire insieme durante le nottate invernali quando avevano solo tre anni e da allora era diventata una prassi. Persino a Hogwarts, quando non erano impegnati in attività più piacevoli, condividevano il letto. Nessuno si era mai stupito più di tanto né aveva fatto commenti maligni. Il fatto che Evan e Rico vivessero in perfetta simbiosi non era un segreto per nessuno.

 

 

 

*

 

 

Distretto di Cluj, 23 dicembre 1979

 

 

- Hai una vaga idea di dove ci troviamo? – domandò Rico, scrutando gli alberi che li circondavano. Aveva l’impressione che fossero già passati in quel punto, o forse no? Quei dannati alberi erano tutti uguali.

- In un bosco. – replicò Evan, sforzandosi d’interpretare con esattezza le parole riportate sulla mappa. Abbandonando la prudenza, decise di utilizzare la magia. In fin dei conti chi si sarebbe mai aspettato di trovare due Mangiamorte in un bosco della Transilvania?

- Lumos. – sussurrò. Ecco fatto, ora sì che riusciva a leggere.

- In un bosco, che brillante deduzione, come ho fatto a non arrivarci da solo? – borbottò ironicamente Rico, avvicinandoglisi e sbirciando al di sopra della sua spalla.

- Casa di Grigore dovrebbe essere qui. –

Indicò un punto non molto lontano dai margini del bosco. Fantastico, ora che lo avevano individuato non dovevano fare altro che trovare un modo per riuscire a orientarsi in quel dannatissimo labirinto naturale.

D’un tratto un rumore attirò l’udito sviluppato di Rico. Fece cenno a Evan di non muovere un muscolo e chiuse gli occhi, cercando di captare da dove provenisse. La cecità simulata aiutava a concentrarsi sui suoni, perché la vista non distraeva il cervello con dettagli inutili e questo poteva concentrarsi esclusivamente su ciò che percepiva.

Indicò un cespuglio non molto lontano, a una decina di metri più o meno, e sfoderò la bacchetta. Evan lo imitò all’istante. Non era bravo a percepire le presenze come suo cugino, ma si fidava ciecamente del suo istinto. Se Rico diceva che c’era qualcuno che li stava seguendo allora era così.

Un nuovo frusciare e finalmente il misterioso sconosciuto si fece vedere. Balzò fuori dal cespuglio dietro cui si era nascosto e si lanciò verso di loro. Era un lupo dal pelo fulvo ed era delle dimensioni di un pony. Un lupo mannaro, ecco spiegata quella puzza di cane bagnato che aveva sentito.

- Stupeficium. – pronunciarono all’unisono. Due fasci rossastri colpirono in pieno petto la creatura, che andò a finire contro il tronco di un albero e giacque immobile.

- Incarceramus. –

Delle resistenti funi d’argento apparvero a incatenare il lupo al tronco. Uccidere un animale mannaro era complicato e loro non avevano tempo da perdere, magari sarebbe rimasto legato lì per qualche giorno e la mancanza di cibo e acqua avrebbero fatto il resto.

- Non è sicuro accamparci, probabilmente il suo branco si aggira per questi boschi, dobbiamo uscire di qui il prima possibile. – decretò Evan, puntando la bacchetta davanti a sé.

- Guidami. – sussurrò, picchiando sul punto della cartina che segnava la loro destinazione.

Seguirono la scia luminosa della bacchetta, uscendo dal fitto della vegetazione e riuscendo finalmente a rivedere la luce lunare. Evan spense la bacchetta, con quella luna piena non occorrevano altre fonti di illuminazione, tutta l’area circostante era rischiarata da quella spettrale luce biancastra.

- Quella deve essere la casa del nostro uomo. – decretò, indicando la villetta in legno a pochi metri da loro.

- Fantastico, andiamo a parlarci e, quando ci dirà che in realtà è tutta una stupida favola, finalmente torneremo a casa. –

Raggiunsero la porta dell’abitazione e bussarono un paio di volte. Nel giro di qualche minuto una donna si affacciò sulla soglia e trasalì, impaurita.

- Cine ești, ce vrei?* - (*Chi siete, cosa volete?)

- Che ha detto? – domandò Evan, perplesso. Non era mai stato un granchè con le lingue, meno che mai con il rumeno.

- Vuole sapere chi siamo e cosa vogliamo. – tradusse Rico, poi si rivolse alla donna, parlando lentamente per permetterle di capirlo malgrado la pronuncia non proprio perfetta: - Cautam Nicolai Grigore*. – (*Cerchiamo Nicolai Grigore)

Il tono della donna passò dall’impaurito al sospettoso: - Ce vrei Nicolai?* - (*Cosa volete da Nicolai?)

Esasperato, Evan puntò la bacchetta contro la donna.

- Portaci da Nicolai. –

- Lui no è qui, io casa sola. Lui no è qui. – esclamò, in un inglese sgrammaticato e dal pesante accento rumeno.

Un rumore proveniente dal retro interruppe la strenua difesa della donna. Rico la spinse di lato, varcando la soglia e dirigendosi nell’altra stanza. Era una specie di incrocio tra un salottino e una cucina, una bambina colorava un disegno che ritraeva una famiglia felice. Le si avvicinò, mettendosi in ginocchio  per stare alla sua stessa altezza e la guardò negli occhioni azzurri.

- Bună ziua, ce e numele tău?* - (*Ciao, come ti chiami?)

- Irina. – replicò sorridendogli.

- Eu sunt Rico. Trezoreria, este casa ta tata?* - (*Io sono Rico. Tesoro, è in casa il tuo papà?)

La piccola annuì, indicando con un ditino una porta dall’aria solida.

- E così non era in casa, eh? – commentò Evan, rivolgendo uno sguardo tagliente alla donna, la quale prese a piagnucolare in un incomprensibile misto di inglese e rumeno.

- É sigillata. – annunciò Rico, dopo aver cercato di buttare giù la porta a spallate.

- Spostati. Bombarda Maxima. –

Il battente saltò in aria con un boato che fece spaventare la bambina. La piccola Irina corse tra le braccia della madre, che la strinse a sè e cercò di farla smettere di piangere.

Sembrava proprio che avessero appena trovato il laboratorio di Grigore. L’uomo, intento a nascondere qualcosa in un cassetto, sobbalzò e si addossò al muro. Il volto era una maschera di terrore.

- Nu știu nimic, nu știu nimic*. – (*Non ne so niente, non ne so niente).

- Di cosa, esattamente, non sai nulla? – domandò Rico con tono gelido.

- Di cosa voi cercare, io non sapere. Giuro, io non sapere. –

Gli si avvicinò lentamente, scrutando gli alambicchi e le provette che ricoprivano i vari tavoli del laboratorio. Quando fu a pochi centimetri dalla sua faccia lo fissò negli occhi. Erano di un verde chiaro che la paura faceva assomigliare a pezzi di vetro e guizzavano da una parte all’altra; si posavano ovunque, meno che sul volto del Mangiamorte di fronte a lui. Mentiva, ed era anche un pessimo bugiardo, poteva quasi riuscire a sentire il sapore della menzogna nelle sue parole.

- Non mi piacciono i bugiardi, non li ho mai sopportati. –

L’alchimista perse il poco colore che era rimasto sul suo volto. Evan osservava la scena con pacato distacco, quasi disinteressato. Quello era il momento di Rico, era lui quello bravo a minacciare e a instillare il terrore nelle loro vittime.

- Scommetto che in quei fogli che cercavi di nascondere c’è proprio ciò che cerchiamo. – aggiunse, chinandosi ad afferrarli. Grigore provò a reagire, cercando di ostacolarlo, ma un fascio di luce rossastra lo spedì a cozzare contro la parete opposta.

- Da un’occhiata a questa roba, Evan, mentre io faccio due chiacchiere con il nostro amico. –

Il cugino afferrò la manciata di fogli di pergamena e li esaminò con attenzione. Erano scritti fittamente con una calligrafia spigolosa e difficilmente comprensibile, ma il senso globale era chiaro: annotazioni su una sorgente che si trovava nella regione più settentrionale della Romania, la cui acqua era connessa alla Coppa della vita.

- Chiedigli di questa sorgente, Vară. –

Aveva un pessimo presentimento, sperava tanto di sbagliarsi.

- La sorgente, Grigore, parlami di Vară. – ordinò Rico.

L’uomo scosse la testa, - No dico, io non dico nulla. –

Dannato idiota, pensava davvero che lui non sapesse come estorcergli ciò che voleva sapere? Se avesse voluto avrebbe potuto obbligarlo a farsi a pezzi da solo.

- Imperio! –

L’uomo lo fissò con occhi vacui, come un bambolotto privo della propria volontà.

- Conosci la domanda, ora rispondimi. –

- Vară è sorgente con acqua che distrugge potere di Coppa. Io sapeva voi venuti qui a cercare, io distrutta giorni fa. –

Il pugno di Rico si abbattè sul volto dell’alchimista, fracassandogli il naso. Avrebbe continuato a colpirlo se non fosse stato per l’intervento di Evan, che gli serrò la mano in una morsa di ferro.

- Non abbiamo tempo per questo. –

Già, aveva ragione, ma il pensiero di aver fatto tutta quella strada per nulla lo mandava in bestia. Cosa avrebbero raccontato all’Oscuro Signore? L’ira riprese a infiammargli il corpo.

- Sectusempra! –

La testa di Grigore si staccò con un taglio netto dal collo e rotolò a terra, gli occhi spalancati per la sorpresa. La moglie e la bambina urlarono, troppo scioccate dall’orrore e dalla paura per provare anche solo a fuggire.

Evan si diresse verso di loro, incantandole affinchè dimenticassero tutto. Non avrebbero avuto alcun ricordo del loro arrivo, di come fosse morto Grigore nè di che fine avesse fatto la sua testa. Rico raccolse il capo dell’uomo e lo lasciò cadere con aria disgustata dentro un sacco trovato nel laboratorio.

- Andiamo, abbiamo finito qui. –

Uscirono in silenzio dall’abitazione e incantarono una pietra lì vicino affinchè si trasformasse in una Passaporta. Ormai la riservatezza era inutile, la missione si era rivelata un vero fiasco.

 

 

*

 

Villa Malfoy, 24 dicembre 1979

 

 

Arrivarono a destinazione all’alba della Vigilia di Natale, stremati per le lunghe notti insonni e il freddo che avevano patito in quei giorni.

- Non vedo l’ora di tornare a casa, mi alzerò dal letto solo per mangiare e bere. – decretò Rico, stiracchiandosi e storcendo il naso quando sentì il collo scricchiolare. Ci mancava solo la vecchia artrite al trapezio cervicale che tornava a farsi sentire

- Concordo in pieno, è stato un viaggio inutilmente faticoso. –

Vennero ricevuti dieci minuti dopo il loro arrivo, quando a entrambi era stata servita una cioccolata bollente e un vasto assortimento di cibarie.

- Allora, che notizie mi portate? – li accolse l’Oscuro Signore, gli occhi rossastri che li fissavano con intensità.

- Pessime notizie, mio Signore. Grigore aveva già distrutto la Coppa quando siamo arrivati. – replicò Evan, chinando lo sguardo e venendo imitato dal cugino. Entrambi s’irrigidirono in attesa di una punizione che non arrivò mai. La risata del loro Signore li fece sobbalzare per la sorpresa.

- Lo sapevo già, ovviamente. Si è trattato di un test, una piccola prova per verificare la vostra lealtà. Volevo vedere se vi sareste impegnati anche non credendo all’esistenza di ciò che vi chiedevo di cercare. Avete dimostrato che Lord Voldemort non sbaglia mai nel giudicare le persone, siete degni della mia fiducia. – concluse.

Si scambiarono un’occhiata sollevata. Almeno per questa volta l’avevano fatta franca.

- Ho un regalo di Natale per voi, mio Signore. –

- Un regalo per me, Wilkes, di che si tratta? –

Una punta di curiosità affiorò nella sua voce sibilante.

Si fece avanti, porgendogli il sacco con aria rispettosa. L’Oscuro Signore si lasciò sfuggire un’espressione di assoluto stupore mentre osservava la testa di Grigore uscire dal sacco e adagiarsi sul suo grembo.

- Un metodo d’uccisione poco ortodosso, la trovo una scelta originale, mi piace. – approvò, rivolgendogli uno sguardo d’approvazione.

- Ora andate, avete servito bene il vostro Signore, è giunto il momento che vi riposiate. –

Chinarono rispettosamente il capo e uscirono in silenzio. Quando furono fuori dalla villa, Evan prese la parola: - Come sapevi che avrebbe approvato il tuo dono? –

- Non lo sapevo, ho rischiato e ho vinto. – replicò Rico, rivolgendogli quel suo sorrisetto di ironica superiorità che non vedeva più sul suo volto da giorni.

- Ora basta con le domande. Andiamo a casa e non facciamo nulla per il resto della giornata, l’hai sentito no, ce lo siamo meritati. – aggiunse.

- E domani? –

- Domani è un altro giorno, ci penseremo. -

 

 

 

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