Serie TV > Once Upon a Time
Ricorda la storia  |       
Autore: Yoan Seiyryu    06/10/2013    7 recensioni
[ Mad Wolf (Ruby Jefferson) + accenni Outlaw Queen ]
Nella Foresta Incantata Regina desidera distruggere Snow White annullando quelle amicizie che rendono la figliastra forte ed audace. Decide di servirsi di Jefferson per compiere un gesto estremo nei confronti di una giovane ragazza dal Cappuccio Rosso che vive al villaggio di Nottingham. Jefferson, per offrire un futuro migliore a sua figlia Grace, accetta il patto con Regina ed è intenzionato ad eseguire gli ordini.
A Storybrooke Jefferson ricorda perfettamente il suo passato e tenta con ogni mezzo di far riemergere la memoria perduta di Ruby con cui è stato legato prima del sortilegio, ma affronteranno entrambi diverse problematiche prima di conoscersi davvero secondo la propria natura.
**
"E' ironico che sia tu a parlare di mentire, del passato, di conoscersi per ciò che si è [...] quando sei tu il vero mostro fra noi due"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Jefferson/Cappellaio Matto, Paige/Grace, Ruby/Cappuccetto Rosso, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A





Corro, ma voglio fermarmi.
Le gambe tremano e stanno per cedere. Arranco, ma non mi arrendo. Guardo davanti a me, i rami degli alberi mi feriscono il viso. Non importa, la ferita che ho dentro è più profonda. Sanguino, ma non me ne rendo conto. Voglio girarmi ma non posso, se mi avesse seguita? Non gli darò la soddisfazione di guardarmi in viso. E’ finita, non tornerò più indietro.
Fallo funzionare, fallo funzionare, fallo funzionare!
Che ore sono? E’ l’ora del tè. Il tè, odio il tè. Qui è sempre l’ora del tè! Ed io dovrei essere a casa, dalla mia Grace, che mi aspetta per il tè. Odio, odio il tè. Il tempo è fermo e se non lo è gira troppo velocemente. Sono le cinque, ma lo sono da tanto, lo sono da troppo. Oh, una lancetta si è spostata! Ed ora torna indietro.

La sento, la cicatrice è proprio lì a ricordarmi la mia esistenza, la mia fuga. La sento bruciare, va a fuoco e forse così lui verrà a cercarmi. Se noterà il sangue, saprà dove sono. Ma perché, perché penso questo? Lui mi ha procurato quella cicatrice, da lui io non guarirò mai. Guardo avanti, non mi fermo, tornare indietro sarebbe un errore e già ne ho commessi troppi.
Non capisco dove è il sopra e dove è il sotto in questo cappello, ma qui tutto è sottosopra! Quel che dovrebbe essere sotto è sopra e quello che dovrebbe essere sopra è sotto, odio questo posto. Lo odio. L’orologio va avanti, ticchetta ma rimane fermo. Come può muoversi e al tempo stesso essere immobile? Il tempo, lo spazio, qui è tutto al contrario di ciò che si pensa.
Sento le lacrime scivolarmi sul viso ma le caccio via, non le avrà. La strada che percorro è lunga, mi distraggo e inciampo. Cado a terra e mi sento sprofondare, non riesco a rimettermi in piedi. Le gambe sono pesanti, i miei occhi rimangono a tremare sulle radici di un albero. Non lo rivedrò mai più e non dovrebbe importarmi. Provo rabbia, non dolore, perché lo odio.
Eccoli, eccoli che arrivano a comunicarmi che a breve qualcuno ci salverà. Alice, quella Alice! Sciocchezze: Alice è un’invenzione, una leggenda per farci credere che può esserci ancora speranza. Perché tutti per vivere ne abbiamo bisogno. Ma Alice non verrà, non verrà nemmeno questa volta perché lei non c’è mai stata. Poveri stolti, nessuno può fuggire dal Paese delle Meraviglie.
Non è vero, certo che non lo odio. Mi rialzo e sistemo il cappuccio rosso sulla testa, Charming mi attende e l’ho fatto aspettare anche troppo. Non mi sarei mai dovuta fermare, perché l’ho fatto? Perché sono stata attratta da quel sorriso? Ed ora non potrò più rivederlo. Ma non mi importa, no che non mi importa! Un mostro, ha detto che sono un mostro ed io non tornerò indietro.
Rimarrò qui per sempre, non c’è via di fuga. Guardo in alto e vedo il basso, le finestre sono porte e le porte sono al contrario, i miei pensieri sono diventati come questo paese. Il tè, eccolo di nuovo, l’unica salvezza. Devo lavorare, devo lavorare. Il cappello, mi serve il cappello. Perché non funziona? Voglio che funzioni! Impazzisco, impazzisco, sto scivolando via e non mi importa. Rido, non mi fermo.



 



Run Rabbit Run



 

Storybrooke, durante il sortilegio
 
Schioccò la lingua con fare annoiato mentre afferrava il vassoio che le porgeva sua nonna e lo trascinava verso il tavolo occupato da Mary Margaret, la quale era arrivata una decina di minuti in anticipo rispetto all’appuntamento che aveva preso.
Se ne stava seduta con le mani conserte, vestita con il suo maglioncino rosa che non lasciava intravedere alcuna forma ed una gonna bianca che copriva le ginocchia, senza lasciare spazio all’immaginazione.
Quando Ruby si rese conto del terribile errore che aveva commesso, si indirizzò da lei, chinandosi lentamente verso il suo orecchio per sussurrare poche ma intense parole.
“Dovresti smetterla di conciarti in questa maniera, di questo passo il Dottor Whale finirà per annoiarsi” e subito dopo si allontanò per posare il vassoio con sopra una fetta di torta al tavolo accanto.
Mary Margaret arrossì fino alla punta delle orecchie, mostrò un’espressione stizzita e sprofondò nella sedia con un senso di vergogna ampiamente accentuato.
Quando Ruby tornò da lei, appoggiò una mano sullo schienale della sedia, inclinando la testa verso il basso per attendere una risposta.
“Trovo che sia più confortevole vestirsi in modo comodo, che mettere in mostra tutto e subito” rispose Mary Margaret alzando il viso verso di lei, la quale parve accusare la frecciata che le aveva mandato.
“Non hai scusanti, sei bella e potresti rivaleggiare con tutte le donne di Storybrooke. Perché ti ostini a nasconderti dietro ad un maglioncino che non indosserebbe nemmeno mia nonna?” le chiese Ruby con un broncio.
Fece proprio questo, chiudendo le braccia in modo che potesse stringersi, quasi in un solitario abbraccio.
“E’ ciò che sono,  se il Dottor Whale non è interessato a quel che ho dentro, può scordarsi di vedermi in modi diversi da questo” rispose con fermezza, anche se capiva bene che cosa l’amica le stesse dicendo.
Ruby sospirò, alzando gli occhi al cielo.
“Riponi troppa fiducia negli uomini, se prima non li attrai con le apparenze, non cadranno mai ai tuoi piedi per scoprire cos’hai davvero da offrire” e con questa sentenza si allontanò, richiamata dalla nonna che la rimproverò per fermarsi sempre a chiacchierare invece che darsi da fare.
Intrattennero una breve discussione, come capitava ogni giorno, in fondo era diventata un’abitudine quella di cadere perennemente nell’incomprensione.
Quando tutto tornò alla normalità, Ruby continuò a sparecchiare i tavoli e a servire i clienti, nonostante il suo sguardo sorridente fosse rivolto con costanza verso Mary Margaret che era ancora in attesa. Anzi, in anticipo, come sempre. Non imparava mai che avrebbe dovuto farsi attendere, per una volta. Glielo aveva ripetuto così spesso che ormai non vi dava nemmeno conto, se non accettava i suoi consigli per conquistare un uomo, non poteva insistere.
Mary Margaret iniziava a respirare profondamente, turbata dall’idea di esser stata piantata in asso, ma quando credé di aver perso le speranze, il Dottor Whale fece il suo ingresso nella tavola calda per potersi presentare all’appuntamento.
Ruby aveva seguito tutta la scena, Mary Margaret si era alzata con imbarazzo mentre salutava la sua possibile fiamma, ma Whale non aveva l’aria di essere entusiasta, piuttosto la sua espressione rimaneva cauta e fredda.
Un vero colpo di fortuna, pensò Ruby, avere un appuntamento con il miglior dottore di Storybrooke fuori dall’orario di lavoro. Mary Margaret si meritava questo ed altro.
In un momento di pausa Ruby si affacciò ad una delle finestre per poter guardare all’esterno, vide sfrecciare un maggiolino giallo dalla parte opposta della strada, doveva trattarsi di quello della nuova arrivata, Emma Swan.
Da quel che aveva capito il sindaco di Storybrooke non sembrava apprezzare la sua presenza, visto che si era rivelata la madre naturale di Henry, ma a lei non dispiaceva affatto. Rappresentava qualcosa di nuovo ed eccitante per la solita vita della città, sicuramente avrebbe portato solo del bene averla lì. Inoltre Mary Margaret si fidava di lei, quindi poteva sentirsi al sicuro, aveva un ottimo istinto verso le persone.
Nel momento in cui fece per tornare indietro, pestò con il piede  di qualcuno subito dietro di lei e appena si voltò incontrò lo sguardo azzurro di Jefferson. Sì, era così che si chiamava anche se quella sera era arrivato in ritardo rispetto alla solita ora. Lui era uno  di quelli che abitava lontano dal centro cittadino, quasi ai margini del bosco e che arrivava al Granny’s Diner sempre a piedi. Una passeggiata notevole che non tutti avrebbero fatto con piacere.  Ruby gli sorrideva ogni volta che  lo vedeva entrare, si accomodava sempre al solito tavolo in un angolo del locale  e di tanto in tanto si accorgeva che rimaneva a fissarla per qualche istante, prima di esser scoperto e volgere la testa altrove.
“Perdonami, spero di non averti fatto male” Ruby tirò le labbra in un sorriso ammiccante.
Jefferson guardò per un istante il piede che lei continuava a tenere sul proprio, poi rialzò lo sguardo  e si strinse nelle spalle.
“Se mi liberassi di questo peso andrebbe sicuramente meglio” così sorrise.
Lentamente la ragazza spostò il piede da quello di lui, a volte era divertente stuzzicarlo, anche se non gli aveva mai dato troppo conto. Era un tipo strano, uno di quelli che sarebbe stato meglio evitare di frequentare, per questo qualche volta aveva cercato di andare oltre la semplice ordinazione.
“Ecco, ora va meglio” disse lui prima di togliere il soprabito e appoggiarlo su una sedia.
“Ruby, vuoi darti una mossa?” la voce di Granny risuonò nelle sue orecchie, era sempre la stessa storia.
“Arrivo, arrivo!” alzò gli occhi al cielo prima di dileguarsi, perdendo l’occasione di insistere in quell’accenno di conversazione.
Non appena Jefferson si voltò verso il bancone sollevò una mano in segno di saluto.
“Buonasera Granny, come sta?” domandò prima di appoggiare i gomiti sul tavolo.
Granny alzò il sopracciglio con aria più minacciosa che sarcastica.
“Sei qui per intrattenere una conversazione con me o per spiare mia nipote come al tuo solito?” incrociò le braccia al petto.
Jefferson allungò le labbra in un sorriso, conosceva sin troppo bene il caratteraccio della nonna di Ruby e non si stupiva del suo modo di fare, di certo era un modo per proteggerla.
“Sempre di ottimo umore a quanto vedo” rispose scrollando le spalle.
Ruby finse di non aver ascoltato il loro scambio di battute e andò a prendere  un nuovo vassoio con altre fette di torta. Jefferson prese ad osservare i suoi movimenti, finché non scosse lentamente la testa, rendendosi conto che la ragazza insisteva nel vestirsi in modo provocante, non che gli dispiacesse ma al contempo provava una certa amarezza.
Dopo che consegnò le ordinazioni a Mary Margaret e al Dottor Whale che parve essere più interessato a seguire lei con lo sguardo che non ad ascoltare la sua compagna, tornò da Jefferson.
Ruby appoggiò una mano sul tavolo, inclinando la testa di lato per lasciare scoperto il collo solo da una parte.
Quando gli occhi di lui vi caddero per pura curiosità, avvertì un leggero fremito percorrergli la schiena, fu costretto a serrare il pugno con vigore per evitare di perdere il controllo. Ruby possedeva una sensualità unica e riusciva sempre a scombussolarlo. Si inumidì le labbra e si schiarì la voce, per riprendere possesso dei suoi pensieri.
“Allora, visto che per poco non ti ho ucciso, cosa posso portarti?” gli domandò prima di sorridere ampiamente.
“A meno che non sia avvelenato, direi un tè rosso, quello di sempre” rispose senza esitazione.
Ruby aggrottò le sopracciglia ed incrociò le braccia al petto.
“Per quale motivo a quest’ora vuoi un tè rosso?” non che si aspettasse una risposta diversa.
“Il tè è buono a tutte le ore e quello rosso è più simile ad una tisana” vi era un motivo specifico per cui Jefferson ordinava sempre lo stesso tè, alle stesse ore del giorno in cui frequentava il Granny’s.
“Da quando ti conosco non fai che ordinare sempre la stessa cosa, ogni tanto dovresti cambiare” gli disse prima di allontanarsi verso il bancone  allungando il passo, per preparare l’acqua da bollire e l’infuso da lui richiesto.
Jefferson appoggiò il pugno della mano sotto il mento, rimanendo a fissarla per qualche istante, alla estenuante ricerca del suo sguardo chiaro.
“Per curiosità Ruby, da quanto tempo mi conosci?” una volta posta la domanda si spinse leggermente in avanti, rimanendo sulla punta della sedia di modo che potesse seguire i suoi movimenti.
Ruby si morse il labbro inferiore, cercando di riflettere sulla domanda posta. Si formò un’espressione contratta e pensierosa, era evidente che stesse tentando di scavare nella memoria ma non riuscì a tirarne fuori nulla.
“Io non credo di ricordare, so solo che è da molto tempo” rispose lievemente stranita da quella prova miseramente fallita.
Jefferson alzò gli occhi al cielo, sprofondando di nuovo sulla sedia, aveva tentato più e più volte di ritrovare in lei ricordi che non vi erano e ormai doveva arrendersi all’evidenza.
Credé che l’arrivo di quella Emma Swan avrebbe rivoluzionato l’intero mondo di Storybrooke, ma evidentemente non sarebbe bastata la sua semplice presenza.
Ruby terminò di preparare il tè rosso e consegnarlo a Jefferson, avrebbe gradito continuare a parlare con lui se non fosse stata presa più dalle chiacchiere di sua nonna che le riempivano la testa.
Fu in quel momento che Mary Margaret uscì dal Granny’s con le lacrime agli occhi, acuendo il tutto con un passo a dir poco contrariato, mentre Whale cercava di rimediare seguendola.
“E’ tutto inutile Whale” lo sbeffeggiò Jefferson prima che potesse uscire  “le donne non sono così stupide, la prossima volta prova ad ascoltare quello che ti dice Mary Margaret anziché sbavare dietro Ruby. E asciugati, stai lasciando la scia” gli rinfacciò con un fastidio che tentava di reprimere.
Whale arrestò il passo per lanciargli un’occhiata furibonda.
“Fatti gli affari tuoi, Jefferson. Non sei l’unico ad avere gli occhi per farlo” gli rimbrottò contro per poi uscire e andare alla ricerca della compagna, che sembrava scomparsa in qualche vicolo della città.
Ruby che non aveva ascoltato il loro breve scambio di battute, si ritrovò ad osservare prima l’una e poi l’altro uscire dal locale senza nemmeno salutare.
Inarcò un sopracciglio, scuotendo la testa. L’aveva detto a Mary Margaret che avrebbe dovuto chiedere a Whale di incontrarsi al Rabbit Hole invece di trascorrere la serata lì ad annoiarsi.
Lei che aveva la possibilità di godersi un’intera nottata libera, avrebbe dovuto approfittarsene.
Jefferson tornò a concentrarsi sulla sua tazza di tè rosso, gustandone il sapore anche se a volte credeva di non poterlo più sentire. Strinse leggermente la sciarpa che teneva legata al collo, per nascondere segni che avrebbe preferito dimenticare.
Dimenticare… a volte poteva solo sognarlo.
 
 
 
**
 
 
 
Foresta Incantata
 
Correva, correva follemente alla ricerca di un riparo. La coda del soprabito svolazzava veloce mentre tentava di non inciampare fra le radici selvagge che crescevano lungo il percorso. Di tanto in tanto si voltava per controllare di non essere raggiunto, poi riprendeva come se stesse tentando di spiccare il volo.
Si nascose dietro il tronco di un albero, aderendo perfettamente con la schiena, per evitare di essere scovato anche se alla fine fu tutto vano.
Grace spuntò di lato con il cappuccio ben calato sulla testa, appena affannata ma sorridente.
“Tana per papà!” esclamò saltandogli in braccio.
Jefferson la afferrò con cura, stringendola al petto e sollevandola da terra.
“Sei diventata un segugio, ormai riesci sempre a trovarmi” scherzò prima di farla girare con le gambe penzolanti che si alzavano grazie alla forza impiegata.
“Oppure stai solo invecchiando, papà” rispose Grace furbescamente ma con affetto, mentre lo stringeva al petto per non cadere.
Jefferson sgranò gli occhi, fingendosi offeso per quello che gli era stato detto.
“Ah, io sarei vecchio?” la mise immediatamente a terra, poggiando le mani sulle ginocchia per piegare la schiena e guardarla meglio negli occhi “Chi arriva ultimo a casa è la vecchia nonnetta del villaggio!”.
Non appena lo disse fuggì in gran fretta, afferrando il cesto pieno di funghi che teneva Grace, per poi correre  sulla discesa che conduceva alla loro umile dimora.
Grace spalancò le braccia, indispettita.
“Non hai dato il via, non vale!” poi scoppiò a ridere e prese ad inseguirlo, fin quando non si fermò all’improvviso, quando vide fare lo stesso dal padre che rimase ad osservare una carrozza ferma proprio davanti la casa.
“Papà, che ci fa la carrozza della Regina qui?” si avvicinò velocemente a lui, afferrandogli la mano e alzando lo sguardo su di lui per poter ricevere una risposta.
Jefferson aggrottò le sopracciglia e strinse con forza la mano della figlia, prima di inumidirsi le labbra per riflettere.
“Non ne ho idea, sicuramente ci sarà un motivo particolare” si schiarì la voce e mutò espressione da preoccupazione a falsa serenità “Grace, perché non vai a nasconderti nel bosco come facciamo sempre? Cerco di capire che cosa vuole e sarò di nuovo da te”.
Grace non parve contenta di doversi allontanare da lui, anche solo per un attimo, ma non poté fare a meno di ubbidire. Annuì appena e poi eseguì gli ordini, lasciandogli lentamente la mano.
Quando fu certo che lei si era immersa nella macchia boschiva, si adombrò in viso e si avvicinò alla casa, superando l’ingresso con fastidio e netto desiderio di togliersi da quell’impiccio il prima possibile.
Quando varcò la soglia e richiuse la porta, incrociò lo sguardo di Regina che sorrideva al suo solito modo, bella come ogni volta.
“Come ti sei ridotto, Jefferson” formò un broncio sulle labbra carnose “vorrei dirti che sei in gran forma, ma sarebbe una bugia. Hai appeso cappello al chiodo per raccogliere funghi nel bosco?”.
“Grace ha perso sua madre a causa del mio lavoro, non voglio che perda anche il padre” le rispose incrociando le braccia al petto “cosa siete venuta a fare qui? Ormai non posso più aiutarvi in alcun modo”.
“Ne dubito” disse Regina, avanzando verso di lui per poi iniziare a girare per la casa “non sai nemmeno che proposta ho da farti”.
“Che proposta può farmi una Regina che ha perso il trono in favore della sua figliastra? Non avete più potere, ormai” le rinfacciò con una certa soddisfazione.
Regina si voltò di scatto verso di lui, annullandogli completamente lo sguardo.
“Solo temporaneamente, molto presto riprenderò il mio posto e Snow White verrà schiacciata insieme al suo falso principe” gli ringhiò contro, per poi tornare perfettamente composta.
“La guerra che avete messo in atto non sembra avere buoni risultati per voi” insistette Jefferson, rischiando consapevolmente di farla adirare più del dovuto.
“E’ anche per questo che sono qui” sussurrò Regina, guardandosi intorno per poi lasciar cadere gli occhi sulle tazzine da tè lasciate su un piccolo tavolo di legno. Sorrise a mezza bocca “Tieni molto a tua figlia, non è vero?”.
Jefferson corrugò la fronte e fece un ampio passo avanti, puntandole il dito contro con fare minatorio.
“Non vi azzardate a nominare mia figlia, lei non deve essere sfiorata” sibilò con rabbia, l’avrebbe difesa fino alla fine dei suoi giorni.
Regina continuava a sorridere, conosceva il suo punto debole e se ne rallegrava, l’avrebbe incastrato ma oggi o domani non avrebbe fatto differenza.
Non fece caso al suo gesto di minaccia e continuò a vagare per la stanza, osservandosi intorno con falsa curiosità.
“Puoi rifiutare ora, ma prima o poi sarai costretto ad accettare la mia richiesta” disse Regina, fermandosi davanti al tavolino da tè per sollevare una tazzina minuscola utilizzata da Grace ogni giorno alla stessa ora.
“Per curiosità, in cosa dovrei esservi utile?” domandò lievemente infastidito dal fatto che fosse andata a sfiorare qualcosa che appartenesse alla figlia, come se avesse potuto contaminarne qualche particolare.
Regina sorrise, lasciando passare l’indice sul bordo della tazzina, saggiandone la consistenza vecchia e rovinata.
“Ho bisogno che ti occupi di una persona speciale, voglio che tu la faccia fuori in qualche modo” rispose cercando di comprendere la sua reazione, dai suoi occhi parve decisamente contrariato.
“Non sono un sicario, pagatene uno che sappia fare il proprio lavoro” sussurrò con un certo astio.
“Non posso affidarmi ad un assassino qualunque” piegò le sopracciglia con fare scontroso, abbandonando la tazzina sul tavolo per poi avvicinarsi a lui con passi lunghi ma eleganti “ho bisogno del tuo aiuto, apparentemente hai l’aria di una brava persona e questo la ingannerà, cadendo nel tranello”.
Jefferson continuava a non comprendere, ma prestò arrivò una spiegazione esaustiva. Regina voleva annullare la presenza degli amici di Snow White, così da renderla vulnerabile e sola. La forza della figliastra era tutta nella sua bontà d’animo e nell’esser circondata da valide persone che l’avrebbero seguita fino alla morte.
Regina desiderava annientare ogni essere vivente che avesse con Snow legami particolari e  aveva assoldato diversi amici o clienti per fare questo. Lui era uno di essi. Avrebbero dovuto agire lentamente, così che Snow potesse soffrire poco a poco, creando un vuoto incolmabile nel suo cuore. Ma Jefferson sapeva che Regina doveva avere anche un altro piano, se fosse andata male.
Chi doveva far fuori per suo conto? Una ragazza apparentemente innocua, una giovane del villaggio accanto al bosco che era solita indossare un lungo mantello rosso che la proteggeva dalla maledizione che possedeva.
Aveva salvato il principe James da un attacco di Re George trasformandosi in lupo e Regina conosceva la sua forza, non poteva permettere che né lei né altri rimanessero in vita.
“Uccidere non faceva parte del mio lavoro e non ho intenzione di sporcarmi le mani di sangue per voi” sibilò Jefferson prima di voltarsi dall’altra parte, raggiungere la porta e indicarle di andarsene via.
Regina ghignò, inclinando il capo da una parte.
“Se mi aiuterai potrai far avere a tua figlia un futuro migliore, non dovrai più raccogliere funghi per sopravvivere” cercò di convincerlo, ma fu piuttosto inutile.
In fondo sapeva perfettamente che non avrebbe accettato, ma che avrebbe dovuto crearsi la giusta occasione per tirarlo dalla sua parte.
Silenziosamente uscì dalla sua umile dimora, salendo a bordo della carrozza e facendo partire il cocchiere perché potessero tornare indietro.
In quel momento Grace sbucò da dietro un albero e corse verso casa, con il cappuccio che le era ricaduto sulle spalle, si fiondò all’interno con un leggero affanno.
“Papà, allora cosa ti ha detto?” domandò con il fiato corto.
Jefferson per un attimo sobbalzò quando la vide entrare in quel modo, quasi si aspettava un ritorno di Regina con tanto di vendetta pronta per lui.
Scosse lievemente la testa.
“Nulla di importante tesoro, aveva bisogno di un piccolo favore ma non ho potuto accontentarla” le sorrise dolcemente, mentre se l’avvicinava per accarezzarle la fronte e spostarle i capelli dal viso.
Grace non parve soddisfatta della sua risposta ed incrociò le braccia al petto, sollevò un sopracciglio come faceva sempre quando era poco convinta.
“E’ così? Non voglio che ti metti in affari con lei…” disse nella speranza di potersene convincere.
“Credi che metterei prima gli affari di te?” domandò retoricamente Jefferson, scuotendo la testa “Puoi stare tranquilla, non cederò ai suoi ricatti” eppure non sembrò convincere nemmeno se stesso con quelle parole. 




// Nda: 

Ed ovviamente, ecco qui una nuova long. Poteva forse mancare una crack? Visto che scrivo solo di queste e sto infettando il fandom con le mie storie, ne propongo una un pò diversa.
La Mad Wolf è una coppia complicata, estrema e trovo anche che sia difficile da rendere (almeno per me lo è stato).
La storia consta di 17 capitoli e verrà pubblicata ogni domenica (tra l'ora di pranzo e quella di cena). 
Se desiderate seguire anche spoiler, foto, soundtrack a riguardo potete iscrivervi a questo gruppo che ho creato appositamente per le mie storie che ormai sono tante xD e potete anche fare domande se volete:  https://www.facebook.com/groups/507038592717142/
 
Il banner della storia è stato creato dalla pagina: Banner_ImmaginiProfilo_Copertine. 

Ringrazio in anticipo chi seguirà la storia, a domenica prossima! 
 
   
 
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Yoan Seiyryu