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Autore: Crudelia_02    06/10/2013    1 recensioni
Amber è una studentessa dell’ultimo anno. Ha un problema fisso con chimica, sarà la prof ma è più probabile quel ragazzo che la manda ai nervi e con cui è costretta a passare quattro ore a settimana in laboratorio. Si crede bello, ma ovviamente lo crede solo lui e trova sempre l’occasione per stuzzicarla. Motivo: una rivelazione sbagliata risalente alle elementari. Amber invece ha un sacco di cose per la testa, come per esempio la separazione dei suoi avvenuta dopo che la madre ha rivelato di aver avuto un figlio con un altro quando ancora frequentava il college. E chissà com’è proprio ora si è decisa a cercarlo. Così Amber si ritrova con un padre lontano, una madre con cui parla (quasi) sempre litigando, un fratello che a quanto pare sa chi l’ha generato, un corso di chimica che le fa perdere la voglia di andare a scuola e una festa in maschera in una famosa quanto sconosciuta villa della cittadina, l’unica distrazione di questo periodo. Ma chi può essere quel meraviglioso ragazzo nascosto da una maschera e da lunghi messaggi di chat che le ha rubato un solo bacio alla festa ma di cui lei non si è dimenticata affatto?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Capitolo dieci
 
  
Stavo ricalcando da più di mezz’ora la stessa orecchietta del libro che continuavo a piegare.
Era di nuovo lunedì, quindi di nuovo chimica in terza ora. L’ultima volta che ci avevo riflettuto era stato due settimane prima ed ora, mentre qualcuno spiegava una lezione di letteratura sicuramente più noiosa dei miei problemi, ricordavo quante cose fossero successe in quelle due settimane.
La notizia del tradimento di mia madre, la scoperta di avere un fratello, Alex, per di più antipatico e presuntuoso dopo averlo conosciuto in dieci minuti, la scomparsa di mio padre da casa, una festa che doveva farmi distrarre dai pensieri e che invece era finita col procurarmene altri. E poi, erano successe anche altre cose, come un nuovo ulteriore litigio con Kevin (che avrei purtroppo rivisto all’ora successiva), ma di certo era il più futile dei problemi. Ora, ciò a cui pensavo costantemente era quella dannatissima festa di due giorni prima…
 
 
Mio padre aveva mantenuto la sua promessa: mi aveva svegliato, anche se non dormivo esattamente, e mi aveva accompagnato in ospedale.
Ci eravamo fermati da un fioraio: volevo un piccolo mazzo di fior per Sarahi, niente di esagerato, sebbene l’avrebbero dimessa poco dopo che li avrebbe ricevuti.
A lei piacevano i fiori di campo, le margherite arancioni innanzitutto, poi i papaveri e quei fiori gialli e rosa che si schiudono alla luce del sole e si ritirano al tramonto. Non potevo trovare quelli in un negozio apposito, per cui mi limitai a delle gerbere colorate.
Sembravano più da cimitero, ma se a lei piacevano…
Quando arrivai mi diressi nella stanza dove aveva passato la notte, camminavo lentamente: non sarei mai voluta entrare lì dentro.
Ma, via il dente via il dolore, no?
Abbassai piano la maniglia della porta bianca e…
Chiusi gli occhi: su coraggio!
Spalancai la porta nello stesso istante in cui finsi il miglior sorriso che meritava la mia amica.
Era seduta sul letto già pronta per uscire con dei vestiti più puliti e meno eleganti di quello della sera prima, con sua madre e mia madre in piedi vicino al letto.
“Ehiii…” Anche lei sorrise aspettando a braccia larghe che la stringessi forte.
Quanto ne avevo bisogno… Le corsi incontro e l’abbracciai. Sentivo le lacrime pizzicarmi ai lati degli occhi e deglutii più volte nella speranza di ricacciarle indietro. Ma in realtà tutto ciò che era stato efficace a non singhiozzare tra le braccia della persona che doveva essere consolata e non consolare, era stato conficcarmi le unghie affusolate sul dorso di una mano. Solo il dolore fisico che mi infliggevo evitava di mostrare quello emotivo che da un po’ di ore si era accumulato dentro di me.
Si staccò dall’abbraccio e mi guardò sorridendo. Cioè lei sorrideva e io stavo a pezzi?
Sembrava come se fosse lei a voler dirmi ‘non ti preoccupare, adesso è tutto passato’ e non il contrario. Volevo sapere se Scarlett già le avesse parlato… le avesse detto cos’era successo… quella notte.
“Allora, pronta per uscire?” Chiesi dopo aver deglutito un paio di volte.
“Sì, camera mia è più bella di questa.” Rispose guardandosi intorno.
Scarlett abbozzò appena un sorriso. Aveva l’espressione ancora frastornata e incapace di reagire.
“Tieni, questi sono per te.”
“Uh grazie, almeno potrò ammirare un po’ di colore finché non esco.” Sorrise di nuovo. “Mamma, io ho fame. Possibile che in un ospedale mi tengano a digiuno? È un paradosso…”
“Sarah, dovrei chiedere al medico se puoi mangiare dopo una lavanda gastrica.”
“Okay, noi VI aspettiamo qui.”
Quello scrocchiazeppi della mia amica non aveva MAI fame. Era solo un modo per rimanere da sola con me, lo capii dopo l’ultima frase. Ed era quello il momento che temevo di più. Ero una codarda, ma non sapevo dirle come stavano realmente le cose.
Dopo che sua madre e la mia furono fuori, fu lei a parlare.
“Amber, so tutto. Stai tranquilla.”
Alzai lo sguardo, che avevo abbassato istintivamente per evitare l’argomento.
“Oh Dio, Sarah mi dispiace tanto.” Mi gettai di nuovo fra le sue braccia finché lei non mi allontanò per parlare di nuovo. Continuavo a pensare di essere una pessima amica. L’avevo lasciata sola il giorno prima mentre era in bagno, lasciavo a lei il compito più scomodo in questa situazione… Cos’altro NON avrei fatto per lei?
“Io sto bene. O meglio… sinceramente quando mamma mi ha sparato la notizia bomba è stato uno shock. Sul serio, non… non ero molto preparata. Però sto cercando di convincermi che siccome non ho sentito nulla, non È successo nulla.”
“Non sai quanto vorrei che le cose fossero andate in un altro modo. Non avrei mai dovuto lasciarti…”
“Ehi, basta. Te l’ho detto: pensandola così sto davvero molto meglio. Devo credere solo che ho avuto la mia sbronza e che in fondo questo mi permette di avanzare nei gradini sociali della nostra scuola. È una specie di premio di cui vantarsi!”
Sorridemmo entrambe ed entrambe sapevamo che lei ci stava malissimo, ma cercava solo di non darlo a vedere e di provare a dimenticare il prima possibile quanto Scarlett le aveva confessato. Non voleva essere compatita perché primo, non sarebbe servito a nulla, secondo, le avrebbe fatto tornare alla mente solo qualcosa che lei per fortuna non poteva ricordare. Terzo, non era assolutamente il tipo da lasciarsi compatire.
“E poi ti devo raccontare un sacco di cose!”
“Mmh…” Ero un po’ scettica. Quante cose potevano essere successe in poco più di cinque ore?
“Ho conosciuto un ragazzo!”
“Eh?!” Aggrottando le sopracciglia si capiva quanto non stavo capendo?!
“Si chiama Edet…”
Aaah, questo spiegava tutto.
“È ancora qui?” Chiesi sbalordita.
“No, è andato via un’oretta fa.”
“È stato lui a portarci qui.”
“Sì, lo so, me l’ha raccontato. È stato carino ad aspettare tutta la notte qui fuori.”
Non dovevo pensarlo, Sarah non l’avrebbe mai fatto, ma quell’affermazione mi sembrava solo un modo per farmi sentire un verme ancora di più: uno sconosciuto aveva aspettato che la mia amica si risvegliasse ed io no!
Però c’era anche da dire che io ero molto più scioccata di lui!
“Rieccoci signorina.” Annunciò un medico, dopo essere entrato ed aver chiuso la porta.
“Buongiorno.” Salutai.
Lui abbozzò un sorriso di rimando.
Che vita impegnativa, quella del dottore. Non hanno tempo nemmeno per essere gentili.
“Le visite di questa mattina hanno confermato che è tutto in regola. Può tornare a casa.”
“Grazie.” Rispose Sarah.
“Di nulla, arrivederci.” Il giovane medico le strinse la mano e rivolse un sorriso ad entrambe prima di uscire.
“Vado a chiamare tua madre per dirglielo.”
Non feci in tempo ad aprire la porta che la maniglia si abbassò da sola e Scarlett entrò seguita da mia madre.
“Ho una bella notizia!” La madre della mia amica era completamente euforica. Chissà perché… Con tutte quelle che erano successe. “Sapevate che la segreteria della scuola risponde anche di domenica?!”
“Ovvio, mamma! Per le questioni urgenti…” Sarah scosse la testa come se fosse la cosa più scontata del mondo e a me venne da ridere.
“Beh, io non lo sapevo ma il bello è che ho parlato con la direzione e ho chiesto se ci fossero stati problemi nel caso ti fossi assentata per un paio di settimane.”
“E perché dovrei?”
“Perché vorrei prenotare una vacanza, solo per noi due. Potrei proporlo a tuo fratello, ma non so nemmeno dove quello scellerato alloggi la notte, figuriamoci sapere dov’è questo momento per chiederglielo. E il telefono, ovviamente, è spento.”
“Mamma, tralasciando Eddie per un istante… Se io mi assento per due settimane, torno a scuola per una sola settimana prima che comincino le vacanze di Natale. Non posso perdere tutte queste ore di lezione. Tra poco finirà il quadrimestre.”
“Ma se ti dico che ho parlato con la direzione, vorrà dire che non ci sono intoppi, no?!”
“Un giorno devo chiederti come riesci sempre ad ottenere le cose più impensabili. Comunque grazie, di cuore.” Scarlett le si avvicinò e la figlia le buttò le braccia al collo.
Guardandole pensai a me e a mia madre. Una simile coccola noi ce la sognavamo… La guardai nello stesso instante in cui lei fissava me. Subito distolsi gli occhi dai suoi.
“Bene… Allora, mi porti via la mia saggia amica per un po’?” Mi rivolsi direttamente verso Scarlett.
“Temo proprio di sì.”
“E quale sarebbe la meta, mamma?” Chiese Sarah curiosa.
“Non lo so, pensavo al sud. Il Messico mi ispira parecchio. Tortillas nelle salse piccanti, le canne di Tijuana…”
“Mamma!”
Non credo che Sarah la rimproverasse perché c’eravamo io e lei che apparentemente non dovevamo essere a conoscenza di simili sostanze, più che altro lo faceva per mia madre, così ‘casa e chiesa’ che per poco le veniva un colpo. Tra l’altro non doveva essere poi così ‘casa e chiesa’ se era riuscita a tradire il suo fidanzato. Meglio non ripensarci…
“Che c’è?! Io e tuo padre ci siamo fatti certi cannoni in viaggio di nozze…”
“Oh mio Dio, se non lo fai tu mi diseredito da sola.”
“Oppure,” continuò imperterrita Scarlett “potremmo fare un viaggetto sulla West Coast: Santa Barbara, Santa Monica, Los Angeles con capatina obbligatoria a Rodeo Drive e sui set di 90210, Newport Beach… In quei posti si fa shopping a tutte le ore e ti fai tutti i surfisti della costa.” La faccia inebetita di Scarlett alludeva a qualche probabile scappatella a tempi neanche non troppo remoti. Da lei c’era da aspettarsi di trovare l’amante di turno dentro il suo letto. Tanto, non lo nascondeva né ai suoi figli né a sua madre.
“Mi disconosco, faccio prima.”
Per fortuna anche mia madre si era messa a ridere per la battuta di Sarah, pensavo che dovessimo portarla in rianimazione da un momento all’altro.
“Non ho mica detto che sei obbligata a rimorchiare… Io, se non sbaglio, dovrei avere da qualche parte il numero di Kevin…”
 
E come un nastro che si riavvolge, il ricordo del giorno prima svanì per riportarmi a quel lunedì e alla campanella che sarebbe suonata di lì a poco e mi avrebbe fatta incontrare con il mio incubo fisso.
 
 
Da quando la professoressa di chimica mi aveva messo una F, cercavo di mostrarmi come la studentessa modello quale non ero. Non per niente fui una dei primi ad entrare nel laboratorio. E già cominciavamo col piede sbagliato perché mi aveva squadrata malissimo, ignorando completamente il mio saluto appena entrata. Aspettò che il laboratorio si riempisse di tutti i suoi studenti di quell’ora (tutti tranne uno) per umiliarmi. Evidentemente l’aveva presa sul personale: non avevo versato le beute sporcando il laboratorio due settimane prima, né avevo evitato le ricerche volutamente. Semplicemente avevo un sacco di cazzi e mazzi che di certo non era il primo fra i miei pensieri occuparmi di un’insignificante materia. Chimica era fra quelle che io consideravo materie di tipo B: obbligata a studiarla per fare numero tra i corsi obbligatori da frequentare per ogni quadrimestre, ma non fra le prime che mi aiutavano ad arrivare al mio obiettivo lavorativo. Non sarei voluta diventare una giornalista ambientale, una biologa marina, o un membro della ricerca mondiale sulla chimica. Il mio più grande sogno era diventare una famosa drammaturga, ma per ora facevo solo volontariato occasionale per le rappresentazioni dell’ultimo minuto che il reverendo metteva in scena a Natale. Più che altro ero costretta da mia madre e corrotta dalla perpetua che cercava di comprarmi con un’immangiabile torta di pere. In ogni caso, avrei difficilmente fatto carriera e ancora più difficilmente se continuavo a perdere tempo dietro a chimica e alle materie di tipo B.
Quando la professoressa segnò sul suo registro l’assenza, per mia fortuna, di Kevin, si concentrò esclusivamente su di me.
“Bailey, stavo pensando che per recuperare quella sua F presa nella mia materia per mancanza di compiti svolti, potrebbe fare qualche attività di recupero… Altrimenti difficilmente arriverà a chiudere il quadrimestre in modo esemplare e lei sa bene, signorina, che per essere promossi in questa scuola bisogna ottenere il massimo dei voti.”
Tradotto: non riuscirà a strapparmi una A neanche corrompendomi e, anche volendo, non riuscirebbe a recuperare, signorina Bailey, perché mancano solo tre settimane alla chiusura del quadrimestre, per cui… dica pure addio a questo anno scolastico.
“Giusto.”
Tradotto: vada a fare in culo, prof.
Avrei voluto rispondere “pensata intelligente”, ma avrebbe procurato più effetti negativi di quelli a cui già dovevo riparare.
“Ho avuto quindi la brillante idea di affiancarti Hailey. Sicuramente, con un po’ di impegno,” e alzò pure il sopracciglio… Voleva insinuare che io mancassi d’impegno?! Assurdo. “…tu gioverai dell’aiuto di questa ragazza. Al contrario Hailey, mi dispiace di averti firmato un contratto con la morte.”
Ora mi sarei alzata in piedi e l’avrei presa a schiaffi a due a due finché non sarebbero diventati dispari.
“Non credo professoressa sia un problema per me.” Rispose questa Hailey. Mi ero sempre accorta di lei a lezione come una persona che ti porta sulla cattiva strada e non avrei mai creduto che invece fosse un piccolo chimico. Odiavo le secchione…
Eccellente: ero proprio partita con il piede giusto per recuperare quella maledettissima F.
“Bene. La aiuterai quindi a ripassare, o meglio, a studiare, le insegnerai come si legge un vetrino e come si analizzano le sostanze sulla sua superficie senza rovesciare tutte le ampolle del laboratorio sugli esperimenti dei compagni.”
Ammazza oh! Non credevo di avere una megalomane fra gli insegnanti: una delle due dannosissime mani di Kevin aveva distrattamente intruppato contro una beuta fra quelle che servivano per realizzare i miscugli, così come il progetto richiedeva. Io non avevo toccato nulla, né tanto meno più di UNA ampolla! E poi il mio miscuglio ero riuscita a realizzarlo e l’avrei anche relazionato se non avessi perso completamente le tracce del suo risultato. E gli esperimenti dei compagni non li avevo minimamente toccati, così come sapevo studiare da sola. Avevo un metodo imbattibile che di certo non facevo criticare da una come lei!
Dal televisore della stanza cominciò a partire la sigla del notiziario della scuola. Dopo il breve logo e la musica in sottofondo, il faccione del preside apparve sullo schermo.
“Buongiorno studenti e studentesse della Camden High School. Sono lieto di comunicarvi che gli annuari, per quanto riguarda la compilazione dei dettagli che vi caratterizzano, sono stati terminati. Mancano solo le foto e poi andranno in stampa. Dunque vi avviso che a gruppi tutti voi da questo momento interromperete le lezioni e raggiungerete l’aula magna in ordine alfabetico. Per questa terza ora si presenteranno solo gli alunni dalla A alla F, così facilitiamo il lavoro. Per la quarta ora gli studenti dalla G alla L e riprenderemo dopo il pranzo per le restanti lettere. Buona giornata a tutto il corpo docente e al resto di voi studenti.”
Il motto di  quelle quattro deficienti oche giulive delle cheerleader chiuse il notiziario.
Bingo! Terza ora di chimica evitata.
“Bene, per quelli che di voi devono andare, alla prossima lezione.”
“Arrivederci.” Salutai a denti stretti più furiosa che mai, cercando di ostentare la calma.
“A mercoledì, signorina Bailey.”
Ma perché il suo modo di dire ‘signorina Bailey’ era così irritante? Solo lei aveva la capacità di farlo sembrare un insulto.
 
 
Oh merda, oh puzzolentissima merda di una vacca!
Ma che male avevo fatto nelle mie vite precedenti per ritrovarmi il mio fratellastro come fotografo per l’annuario?
Fra la confusione delle centinaia di studenti con il cognome tra la A e la F, riuscivo a distinguerlo lo stesso con quel suo parka verde da ‘Welcome to the jungle’ e quell’odiosissima reflex al collo.
Però… Non era obbligatorio farsi fotografare per l’annuario, questione di privacy. Potevo dire che non ero d’accordo. Ma avrebbero verificato la mia firma sul foglio di adesione che settimane prima avevo fatto. Era meglio essere minorenni, quando a queste cose ci pensava mamma. E no, non dovevo ricominciare col solito circolo vizioso: Alex, mamma, mamma, Alex…
Stava diventando una cosa monotona, però dovevo ammettere che ricordarlo spesso facilitava la mia mente ad accettare che lui esistesse.
Meglio specificare: NON ad accettare lui, questo mai; ma accettare la sua ingombrante esistenza.
Potevo dileguarmi. Sì, sarei potuta andare a finire l’ora fuori scuola, avrei chiamato Sarah e addio annuario. Ero geniale!
 
 
“Sto diventando pazza!”
Terminai con quella frase il mio racconto articolato di venti minuti al telefono con Sarah.
La sentivo ridacchiare dall’altro capo: “Amber, sta’ calma. Guardala dal lato positivo: non è stato Kevin a procurarti tutta questa rabbia.”
“Credimi, non so se è un bene. Vuol dire che sto peggiorando, che non tollero più nessuno e non solo lui. Almeno prima avevo solo un nemico; in due settimane la mia lista è aumentata a dismisura.” Ero sempre più disperata: in effetti, riascoltando bene ciò che avevo detto, dovevo interrogarmi un po’: ero io ad essere diventata intollerante o si erano messi tutti d’accordo per chiudermi in un ospedale psichiatrico?
Mai mi ero sentita più a pezzi di quel breve periodo e, sinceramente, anche un po’ sola. Soprattutto che ora Sarah doveva partire.
“Dimmi un po’… Tua madre ha scelto la meta per il viaggio?”
“Sì, partiamo fra due giorni per un tour sulla West Coast fino alla Baja California. Qualche escursione nella capitale e poi saremo di ritorno.”
“Un piccolo viaggetto insomma…”
“Alla fine abbiamo scelto di andare anche in Messico.”
“Sono contenta! Ricordati di portarmi qualche sostanza calmante.”
“Di sicuro troverò più di qualche sostanza a Tijuana.”
“E se ti capita, segnati il numero di qualche surfista, come ha detto tua madre. Le scopate dopo le canne sono sempre le migliori.” Affermai estasiata. Beh, questo si diceva.
“Sì, perché tu le hai provate, vero?” Mi prese in giro Sarah.
“Perché, tu sì?”
Ops.
Non dovevo ASSOLUTAMENTE dirlo! Se alle canne venivano sostituite le pasticche, allora sì lei le aveva provate.
“Devo andare, ci sentiamo.”
“Sarah…”
Tu-tu-tu-tu-tu-tu-tu-tu.
Aveva riagganciato.
Mi accasciai sulla panchina lì vicino, prendendo il viso fra le mani. Che periodo di merda!
“Chi non muore si rivede!” Mi scoprii il viso.
“Kevin? Ma che ci fai qui?”
“Sai com’è, siamo a scuola.”
Kevin di buon umore? Kevin che improvvisamente non ce l’aveva più con me per la storia della F? Ora nevicava, sicuro…
“Sì, lo so dove siamo. Ma non ti ho visto alla lezione di chimica.”
“Oh… Ho preferito evitare.”
Evitare me?
Gliel’avrei chiesto volentieri, ma non avevo le forze per affrontare pure lui.
“Tu invece, perché sei qui?”
“Perché dentro…”
Ma scusate, erano cavoli miei del perché ero lì. Lo guardai prima di cambiare risposta.
“Sai com’è, siamo a scuola.” Risposi sarcastica.
Alzò gli occhi al cielo. Evidentemente avrei dovuto fare una scorta di energie perché presto avremmo litigato.
“Intendevo… Perché sei qui fuori?”
“Dentro stanno facendo le foto per l’annuario.” Risposi sconfitta.
“E ti hanno cacciata?”
“No, non tutti sono come te, che provocano un danno dopo l’altro!” Sbraitai esasperata.
Kevin rimase interdetto. Wow! Ero riuscita ad azzittirlo, anche se…
“Stai diventando sempre più acida.” Kevin alzò i tacchi e sorpassò la panchina.
Ero davvero così intollerante al punto che gli altri non tolleravano più me?
 “Kevin, aspetta!” Ci contavo che non mi prendesse per una pazza furiosa: quello era capace di spargere la voce a scuola e, in tempi duri come quelli, era meglio avvalersi di una buona reputazione.
Gli presi la manica della giacca per farlo girare.
“Aspetta!”
“No, no, no, NO. Malattie del genere potrebbero essere contagiose. Meglio andare!”
Ignorai quello che uscì dalla sua bocca, abbassai lo sguardo e parlai.
“Ti ricordi quella volta che ti ho parlato dei problemi della mia famiglia, fuori dal negozio di abiti da lavoro?”
Lo avevo azzittito per la seconda volta in un giorno! C’era da stupirsi.
“… sì.” Rispose, questa volta più attento ad ascoltarmi.
“Ti ho parlato anche del mio fratellastro.”
Rimase in silenzio aspettando che continuassi.
“Beh è lì dentro, a fare le foto agli studenti per l’annuario.”
 
 
 
_________________________________________
 
 
 
Saaalve gente!
Ho cercato di protrarre tutta questa storia del pentimento, senso di colpa, eccetera, solo per lo stretto indispensabile così questa storia non passerà al tragico. In fondo il risultato dovrebbe avvicinarsi a qualcosa di carino e romantico, non lagnoso. Comunque, come vi sembra?
So che il capitolo è più corto rispetto agli ultimi due, ma mi sembrava abbastanza ricco di informazioni. Per cui ho rimandato la chat con lo sconosciuto al prossimo capitolo.

“Tra poco finirà il quadrimestre.” So che gli americani parlano sempre di semestre, però è praticamente impossibile che questi si facciano sei mesi l’anno di lezioni, perché vorrebbe dire niente vacanze. Non vorrei sbagliare ma nel film LOL con Miley Cyrus (per chiarire: io non la reggo, ma il film è carino), l’anno viene diviso in due quadrimestri. Ripeto, non vorrei sbagliare anche perché non essendo il film più gettonato della mia videoteca, non lo vedo a ripetizione.
Per quanto riguarda il televisore nel laboratorio, beh sappiamo tutti che l’istruzione americana funziona un po’ diversamente dalla nostra. Per cui i presidi parlano agli studenti per comunicazioni importanti attraverso schermi presenti nell’aula di ogni professore. Quindi anche nel laboratorio, pianta stabile ormai della professoressa di chimica e biologia.
Scarlett per sud intende qualsiasi località sotto Portland. Adesso ho finalmente dato una collocazione al luogo in cui vivono i nostri personaggi. Diciamo che non si tratta di Portland con i grattacieli, troppo affollata. Si tratta di periferie limitrofe con gli stessi paesaggi alberati e umidi ma con la distesa di oceano oltre una collina. Per ogni città ci sono sempre le zone meno conosciute, ecco quelle di Portland sono la nostra cittadina.
Credo di aver spiegato tutto, mi scuso per il ritardo e spero di poter aggiornare presto.
Un bacio,
M.
  
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