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Autore: GogoWills    06/10/2013    2 recensioni
Si dice che nei sogni esca fuori la parte più profonda di noi, i bisogni, le paure, i desideri.
E' nei sogni, forse, che capiamo cosa ci manca davvero, cosa non abbiamo.
Riccardo Ridolfi, è il nome del ragazzo protagonista della storia.
Spero la legga, spero gli piaccia.. nient'altro.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altri
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Riccardo. Così si chiama il ragazzo protagonista dei sogni che faccio, tutte le notti. Non chiedetemi come, ma è iniziato tutto da una foto. Una foto vista per sbaglio, una sera di novembre. Tornavo a casa da una delle mie solite passeggiate, l'inverno mi piaceva per quello. Si fa buio in fretta, hai tempo per pensare, per camminare da sola, per alzare il volume delle cuffie e muoversi più lentamente. Era novembre, ed il capello di lana ed i guanti non mi donavano affatto. Entrai in camera mia, buttai sul letto la giacca e il resto e mi passai le mani sul viso. Ero stanca, stanca della mia vita e delle cose che andavano storte, delle cose che si rovinavano, comprese le mie scarpe di danza. Mi sedetti e davanti a me c'era solo il pc aperto, e una foto. Un ragazzo, un ragazzo bello con gli occhi che sorridono e le labbra che li seguono. Un ragazzo di quelli che non si accorgono di quelle come te, che su un autobus non si siederebbe al tuo fianco. In fondo, cosa ne sapevo io di cose che succedono per caso? Io dovevo sempre tenere tutto sotto controllo: i rapporti, le relazioni, il tempo, tutto. Mie erano le decisioni su cosa e come provare un sentimento, mie erano le decisioni della loro durata, perchè tanto io ero abituata a lasciare andare chiunque, me compresa. Insomma, alla fine scossi la testa e chiusi il pc di nuovo, per andare a sdraiarmi sul letto. Guardavo il soffitto, e pensando a quella foto mi sentivo ridicola. Possibile che ero ancora così infantile da fermarmi a pensare a qualcuno che era così lontano da me? Oh no, non centra la distanza, non parlo di chilometri.. parlo di vite diverse, non parallele. Di giorni che scorrono in maniera diversa, di occhi che guardano altre strade, di piedi che camminavano ad un ritmo diverso dal mio. Di un passo più veloce. Sembrava uno circondato da cose che io mi sognavo. Tante persone, tanti amici, tante passioni. Io cosa facevo? Vivevo come potevo, a modo mio. Quali amici, quali persone.. io ero abituata a stare per conto mio, lontano dalle cose che non mi appartenevano. Chiusi gli occhi, e mi addormentai. Non era novembre, ora era la fine di gennaio, e aspettavo l'autobus alla fermata. Tenevo le mani nelle tasche della felpa, i capelli in disordine, la borsa tenuta in disordine sulla mia spalla. Avevo fatto tardi un altra volta, come tutte le mattine. Vicino a me c'era qualcuno, con un capellino e lo zaino sulle spalle. Porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio, e sospirai. Lo guardai ancora e quando riportai lo sguardo davanti a me, si aprirono le porte dell'autobus. Salivano tutti di fretta, e quel ragazzo prima di me. Quando toccò a me, non c'era un posto libero. Mi alzai sulle punte per guardarmi intorno, ma niente, tutto pieno. "Puoi metterti qui." Mi girai, era lui. Annuì, e mi sedetti, in silenzio. Che strano, mi sentivo in disordine vicino a quel ragazzo, avevo la voglia di sistemarmi tutta. "Grazie comunque. Intendo del posto, ahm.. è sempre pieno ultimamente e.. si." "Non preoccuparti, nessun problema." "Va bene.." Riuscivo a sentire il suo odore, e sapeva di buono. Mi imbarazzavo sempre di fronte ad un profumo maschile, mi faceva sentire piccola, meno donna. Ad un certo punto, ci ritrovammo fermi. La neve bloccava la strada, non si passava più, eravamo bloccati lì. Ora, non chiedetemi come mi sia passato per la testa, cosa avevo in mente ma.. portai la mano vicino a quella del ragazzo ed incrociai le dita alle sue, mentre deglutii rumorosamente presa dall'imbarazzo. Lui la strinse, sorrise e si girò verso di me. "E' tutto okay." Sorrisi anche io, ed era bello sorridere insieme. Faceva caldo stretta a quella mano, altro che neve.. lui aveva il sole negli occhi. Squillò il telefono, allungai la mano per rispondere: Era mia madre. "Dormivi?" - "Si, si.. Dimmi" - "Nulla, sei da sola?" - "Non prima che tu mi telefonassi.." "Che vuoi dire?" - "Nulla.. c'era qualcuno. Era come quando da bambina mi tenevi in braccio e dicevi che tutto era okay. Stavo bene.. l'autobus era pieno, ma c'era qualcuno che aveva un posto per me, anche se piccolo. C'era spazio vicino a qualcuno, e per un pò è stato mio." "Ma che stai dicendo?" - "Che in due si sta meglio."
  
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