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Autore: eremita88    08/10/2013    0 recensioni
quando Ettore sta per andare incontro alla morte affrontando gli Achei, in una delle scene più commoventi dell'Iliade, l'eroe saluta la moglie e il figlio, dice loro addio. molti conoscono questa storia, ma quanti si sono chiesti leggendo del dialogo fra i due sposi e del loro splendido e delicato amore "che tipo di donna era Andromaca?" "cosa pensava mentre salutava Ettore?" "che cosa ha provato quando ha perduto il figlio e i greci hanno conquistato la sua città?" e, soprattutto, "che cosa le accadde dopo essere stata presa prigioniera?" . c'è un mito che racconta la storia di Andromaca dopo la guerra di Troia, ma in questo non sono contenuti anche le sofferenza e i sentimenti di questa coraggiosa donna. Andromaca, un personaggio su cui nessuno si è mai concentrato davvero, a mio parere, merita un'epopea tutta sua, una storia di furia, amore, dolore, bellezza e pietà.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Otherverse | Avvertimenti: Non-con
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i rumori della città le riempivano le orecchie mentre, sulla soglia di casa, attendeva, come ogni giorno, che Ettore uscisse per salutarlo prima del combattimento. Ma il punto era che quello non era un giorno come gli altri .... le lacrime le bagnavano le guance, i singhiozzi, invece, si ostinava a trattenerli, temendo di essere udita. Andromaca voleva mantenere il controllo, non mostrare apertamente quanto soffriva, perchè era questo che le avevano sempre insegnato, a mascherare la sofferenza dietro la dignità, a far sembrare sicurezza e coraggio quello che dentro di lei era sempre stato paura. Ettore era stato il primo a capire il suo modo di essere... volevano che fosse la sua sposa, l'avevano portata a Troia in una lettigia semplice, ma attorniata di ancelle e servitori. Aveva 17 anni all'epoca, e non riusciva nemmeno a pensare che essere donna volesse dire quello: essere scelta e rapita come una schiava, essere un oggetto in mano a un principe, per quanto grande e destinato a grandi imprese ... Aveva pianto per tutto il viaggio che da casa l'aveva portata alla reggia di Priamo. quando aveva iniziato a sentire, attraverso le tende di lino della lettigia, le grida del popolo per le strade che accoglievano la sposa del principe Ettore, si era asciugata le lacrime e aveva alzato il mento fieramente, se doveva soffrire l'avrebbe fatto con la dignità che doveva mostrare. quando aveva posato i piedi sulla terra troiana aveva pensato sconsolata che quella sarebbe stata casa sua, e che doveva abituarcisi. E poi l'aveva visto, in piedi di fronte alla reggia, appoggiato ad una colonna , che la fissava intensamente. Non l'aveva mai visto prima, il suo "sposo", e ricambiò il suo sguardo freddamente, mettendo su la sua impenetrabile "maschera" , dietro la quale nessuno era mai riuscito a percepire sentimenti compromettenti come il dolore, dietro la quale lei sopprimeva tutto ciò che provava. Mentre si avviava verso di lui registrava mentalmente tutte le sue caratteristiche fisiche: la barba nera un po' ispida, il collo taurino, e il corpo stranamente affusolato rispetto a esso, il fisico slanciato e magro, i capelli scuri e folti e i guizzanti occhi azzurri, tipici dei figli di Priamo. quando si era avvicinata a porgergli i suoi saluti aveva utilizzato parole semplici e formali, di circostanza, ma lui, inaspettatamente, le aveva preso la mano affusolata fra le sue e, con uno sguardo placido e curioso insieme, le aveva detto, quasi in un sussurro: "occhi meravigliosi come i tuoi sono fatti per sorridere.Non far loro torto, te ne prego. Io vivrò felice fintanto che saprò che la mia sposa ha un motivo per sorridere con quei suoi occhi incantevoli.E sono certo che ti hanno insegnato che il dovere di una sposa è rendere felice il proprio sposo." Andromaca era rimasta sconvolta. Non per le parole in se', per quanto le avesse trovate decisamente dolci e lusinghiere, ma perchè lui aveva letto dietro la sua maschera, per la prima volta, qualcuno aveva capito cosa c'era dietro la facciata di dignità che l'avevano costretta a portare. Per la prima volta si sentì in pericolo, messa a nudo, e il suo sguardo stupito dovette apparire comico, perchè Ettore aveva sorriso divertito. Stranamente in quel momento Andromaca non pensava più alla sua rabbia e alla nostalgia di casa, ma soltanto che Ettore aveva un sorriso incredibile. Ed ora eccola lì, a piangere disperata, tentando invano di ritrovare in se' quelle difese che cedevano di fronte a qualcosa di en più grande di lei. Al bambino che teneva in braccio voleva dire qualcosa come "fagli capire che gli vuoi bene, perchè questo è un addio, piccolino.", ma sapeva che lui non poteva capirla. Durante quei minuti infiniti passati ad attendere lo sposo, aveva tentato invano di convincersi che si sbagliava, che sarebbe tornato, che gli dei l'avrebbero protetto, ma quel nome "Achille", tornava sempre in questi pensieri, infettandoli con il suo suono minaccioso. E poi Ettore uscì, splendente nella sua armatura , prese in braccio il figlioletto, togliendosi l'elmo che avrebbe potuto spaventare il bambino. Trattenendo le lacrime lo baciò e ci giocò per qualche minuto, poi lo mise in braccio alla balia, e guardò Andromaca, la sua sposa, e le asciugò una lacrima. "Te l'ho sempre detto che i tuoi occhi non sono fatti per le lacrime. ti amo" Le loro mani si stringevano, le loro labbra tacevano cose che non avevano più tempo per dirsi. "Per me sei tutto" riuscì solo a mormorare lei:" padre, madre, fratello, sposo... Ti amo." "sai, potremmo anche rivederci..." disse lui stringendola dolcemente a se'. Ma non c'era motivo di mentire. Sapevano entrambi che quello era un addio.
  
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