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Autore: Erica_Writer    08/10/2013    1 recensioni
Ginny è una ragazza particolare, determinata ma con molte, forse troppe, insicurezze. L'arrivo di una novità, un ragazzo semi-sconosciuto, la porterà a conoscere un mondo meraviglioso, fatto di divertimento e amore.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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How can you love me? -1-

How Can You Love Me?

Salve a tutti! Questo è il primo capitolo della prima storia che pubblico, anche se ne scrivo tante altre. Spero che come incipit vi piaccia, se mi farete sapere pubblicherò le parti che seguono questo breve inizio!

A presto!

Erica

PS. Prometto che i prossimi capitoli saranno mooolto più lunghi!


             

Ginny                                Noah

1° Capitolo – Ma chi  si  rivede?!

 I beg to dream and differ from the hollow  lies. This is the dawning of the rest of our lives on holiday!”

Da sempre era stato questo il più grande peccato di Ginny: permettersi di sognare e di non credere alle menzogne che da sempre le venivano raccontate dalla società, dai suoi genitori, che dopo aver rivoluzionato la sua vita si  erano sempre giustificati con le scuse più banali che potessero inventare; dai media e dallo stesso mondo in cui viveva e che aveva sempre sognato di abbandonare. Quella canzone, che sempre le dava pace interiore rispecchiando il modo di vivere che aveva sempre adottato venendo additata come diversa, ora le rimbombava nelle orecchie ad un volume per molti assurdo ma che per lei era l’unico a rendere quella musica, rifugio sicuro in una realtà che ti pone troppo allo scoperto, ciò che era davvero: un mondo tutto da scoprire che poteva sostituire quello che in tanti credevano l’unico esistente. La canzone andava avanti, trascinandola nel suo vortice di note gravi e acute, lunghe e brevi, pause attacchi e assoli. Conosceva quel brano a memoria, aveva suonato quelle note con tutti gli strumenti che era in grado di strimpellare, ma tutte le volte che la ascoltava scopriva sensazioni nuove e meandri di se stessa che ancora le erano sconosciuti. Ciò che la circondava perdeva piano consistenza, sostituito da suoni e colori; attorno a lei stava sicuramente succedendo qualcosa che però non le importava, anche perché di lì a poco si sentì scuotere tutta, come da un terremoto, ma riaperti a fatica gli occhi vide la mano affusolata di sua madre, che evidentemente la chiamava per cose di estremamente urgenti, quali andare a comprare la carta igienica o qualche ingrediente per le disgustose zuppe vegane che preparava sempre e che rendevano l’aria della cucina irrespirabile, motivo per cui la camera di Ginny era sempre tappezzata di candele profumate e incensi. Sua mamma non approvava affatto l’amore di sua figlia per la musica, o meglio per quella musica: era convinta che il rock distruggesse il buonsenso dei giovani, perche rappresentava la droga e la malavita, non si rendeva conto che per una ragazza che non aveva ancora trovato il suo posto nel mondo poteva rappresentare la salvezza.

-Muoviti Ginny, devi andare assolutamente a comprare queste cose che mi servono per stasera!

-Perché? Cosa accadrà di nuovo questa sera?

-Vengono a cena degli amici, quelli che abbiamo visto l’ultima volta l’anno scorso. E non lamentarti, questa volta ti va anche bene, visto che Noah ha la tua età.

-E chi sarebbe questo Noah?

-Ma come?! Non te lo ricordi? Quel ragazzo con gli occhi azzurri, grassottello, è molto simpatico!

Ginny avrebbe voluto mettersi le mani nei capelli, ma sapeva che quel gesto avrebbe fatto infuriare sua madre, perciò afferrò malamente la lista chilometrica scritta da sua madre ed uscì di casa sbattendo la porta. L’enorme e sformata felpa blu le arrivava fino al ginocchio e gli aderenti jeans erano ormai scoloriti in più punti. Probabilmente guardandola sembrava trasandata, ma era l’unico tipo di abbigliamento in cui si sentisse a suo agio. Infilò in fretta gli auricolari, precedentemente avvolti attorno al polso, e si mise a correre lungo il marciapiede. Pioveva a dirotto e non aveva nessuna voglia di ammalarsi, anche perché di lì a poco avrebbe avuto la verifica di fisica, ed il terzo anno di lice scientifico è famoso per essere particolarmente pesante. Percorrendo i trecento metri che la separavano dal centro commerciale ripensò a quel ragazzo, Noah. Lo ricordava a stento, con quei suoi capelli neri e un po’ troppo lunghi, gli occhi azzurrissimi e il fisico pienotto. Non avrebbe saputo definirne i tratti caratteriali, ma era certa che avrebbe fatto a meno di vederlo, oltretutto aveva tantissimo da studiare. Ormai era arrivata davanti al supermercato ed entrò in fretta, felice di essere al riparo dall’acqua. Nella fretta urtò una sagoma, contro la quale si bloccò interdetta: non si aspettava di andare a sbattere contro un muro umano. Come suo solito Ginny aveva gli occhi bassi, quindi la radiografia partì dagli anfibi, evidentemente malridotti da un uso prolungato  e frequente, per poi risalire lungo i jeans neri e bucati sulle ginocchia. Lo sguardo della ragazza si piantò su mani affusolate, da pianista, particolarmente pallide. Da sempre Ginny aveva il vizio di osservare le mani delle persone, e quelle affusolate le erano sempre piaciute tantissimo. Lentamente risalì sulla maglia, di un gruppo musicale a lei ben conosciuto, coperta da una semplice giacca nera. Il collo del ragazzo era bianco quanto le mani, lungo e sottile. Il mento spigoloso veniva automaticamente ammorbidito da una dolce fossetta appena sotto le labbra rosse, perfette. Non un filo di barba copriva gli zigomi alti e proporzionati. Uno spruzzo di lentiggini scure dava luce a quegli occhi azzurri, quasi familiari, nei quali Ginny si perse automaticamente. Ciglia scure rendevano lo sguardo profondo e la fronte ampia veniva coperta da capelli scurissimi e scompigliati, mossi e naturali, quel tipo di capelli che la ragazza aveva sempre desiderato al posto della cascata liscia e rossiccia che le copriva la schiena  fin quasi al sedere.

Il ragazzo sgranò gli occhi, e Ginny non se lo spiegò fino a quando lui non esclamò il suo nome con voce melodiosa.

-C-Come? Perché sai il mio nome?

-Ma come Ginny? Non mi riconosci? Sono Noah! Pensavo di vederti stasera, ma evidentemente ti mancavo!- “Noah? E chie è Noah’ Ah si! Quel ragazzo che doveva venire stasera! Ma non era bruttino e tozzo?” Ginny si pentì subito di questi inappropriati pensieri. Aveva appena ammesso con se stessa che trovava attraente quel ragazzo, ma in fondo come biasimarsi?! Era diventato davvero bello!!!

-Noah? Oh ciao! Ti ricordavo …. Diverso!

-Lo so, sono diventato più bello!- “Ecco, oltre che bello sei diventato strafottente”. Evidentemente la faccia di Ginny doveva essere abbastanza eloquente, visto che Noah scoppiò a ridere e esclamò:

-Ma stavo scherzando, comunque anche tu sei cresciuta tanto nell’ultimo anno, ti ricordavo on i capelli più corti!- Interdetta Ginny fece scena muta, al che Noah fece una proposta che Ginny non si aspettava affatto:

-Cosa ne pensi di venire a prendere un caffè, visto che comunque ci dovremmo rivedere a casa tua tra meno di due ore?

-Ma veramente … dovevo fare la spesa per mia madre …

-Oh, in due si fa prima, lo faremo più tardi!- detto questo sfoggiò un sorriso smagliante e Ginny si perse completamente, balbettando un insignificante affermazione e avviandosi verso l’uscita al fianco di quel meraviglioso amico sconosciuto.

  
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