Such a lonely day and
it’s mine
The most loneliest day of my life
Dieci primi d’aprile, contando oggi.
Guardandosi alle spalle, sembrano passati così in fretta da averne appena
sentito lo scorrere. Vivendoli sono parsi a tratti interminabili. Ci sono state
giornate in cui avrebbe voluto cedere, chiudere gli occhi una volta per tutte.
Non pensarci più.
Altre in cui si alzava la mattina ringraziando di poter assistere al sorgere ed
al tramontare del sole. Di quale delle due si tratti, non saprebbe dirlo.
Anche questo è cambiato. Una volta non c’avrebbe messo poi molto a bollarlo
come il peggior giorno che esistesse, da cancellare proprio dal calendario. Il
peggio, ormai, era passato. Per l’appunto, ora quella data gli suscitava
sentimenti contrastanti, ma non riusciva a detestarla del tutto.
Era pur sempre un piccolo miracolo che fosse lì per vederne passare un altro. Mantenere
questo equilibrio, però, non era facile.
L’avere tutti coloro che amava a festeggiarlo acuiva la consapevolezza della
mancanza dell’altro e la sua assenza amplificava a dismisura il vuoto che aveva
lasciato. Sottolineava che esso non sarebbe mai stato colmato, che la
tristezza, il senso di colpa del sopravvissuto non sarebbero mai spariti né si
sarebbero attutiti con il tempo. Perché ogni anno si sarebbero riaperte le
ferite, dolorose come non mai, in questa occasione.
Anche se aveva imparato a conviverci, i sobri party che si concedeva di
celebrare ora erano la pallida ombra di quelli che erano stati organizzati, per
ben otto anni, con l’aiuto del gemello.
Sì, se n’erano occupati da soli fin da quando erano entrati a Hogwarts. Non che
i loro compagni non avessero provato a fargliene più d’uno a sorpresa, solo che
loro erano campioni di sotterfugi e li avevano beccati con le mani nel sacco
ogni volta. Avevano apprezzato i tentativi, però.
Il penultimo, poi, era stato epocale. Finalmente liberi di fare quello che gli
pareva, avendo un appartamento tutto loro ed un discreto capitale messo da
parte con il negozio, avevano fatto dimenticare agli invitati di quanto bui
fossero i tempi in cui vivevano, che si potesse ancora essere spensierati e
divertirsi fino ad esserne esausti almeno per una sera.
Era sempre stato così. Oltre che dalla narcisistica ammirazione del proprio
ingegno, buona parte della soddisfazione nel loro lavoro veniva dalla reazione
che suscitavano nel pubblico.
Vederli andarsene tanto allegri, dimenticando perfino che la mattina seguente
avrebbero dovuto lavorare, era il regalo più bello che potessero ricevere.
Sviolinate a parte, quello che più pesava su lui era l’ultimo che avevano
trascorso insieme. Solo loro due ed una bottiglia di whisky. Fred aveva
momentaneamente abbandonato i compagni di Potterwatch
per raggiungerlo nel suo nascondiglio. Lì George s’occupava di produrre
Cappelli, Guanti e Mantelli scudo per chi si scontrava in prima linea contro i
Mangiamorte, aspettando con crescente frustrazione che venisse il loro momento.
Di tornare ad essere un duo, lui ed il gemello, perché la distanza lo stava
logorando.
Spostandosi entrambi in continuazione, non potevano nemmeno essere al corrente
della posizione l’uno dell’altro. Eppure era lì, l’aveva trovato.
Nonostante i pericoli che costellavano la strada di chiunque
mettesse il naso fuori di casa, era arrivato illeso, portando con sé quel
liquore di pessima qualità.
Si erano messi al corrente degli ultimi avvenimenti, avevano progettato i
prossimi prodotti da vendere in negozio, s’erano storditi di chiacchiere fino
all’alba. S’erano dati l’arrivederci con una pacca sulla spalla, scherzosa.
Niente lacrime, abbracci disperati. Sapevano che si sarebbero rivisti.
Con il senno di poi, avrebbe voluto aggrapparsi e non lasciarlo andare.
Ed era terribile non riuscire a ricordare ogni più piccolo particolare, ogni
parola e gesto dell’ultimo compleanno che avevano trascorso insieme. Insomma, a
rigor di logica sarebbero dovute essere impresse a fuoco nella sua mente.
Il più difficile era stato il primo, naturalmente. I clienti erano passati nel
fine settimana, tra il ventisette ed il ventotto, facendogli perdere il senso
del tempo nei giorni seguenti. Non si fosse trattato anche del proprio
compleanno, avrebbe potuto perfino lasciare che passasse senza accorgersene.
Invece n’era stato dolorosamente conscio fin da quando aveva aperto gli occhi
quella mattina, prima ancora di ricevere un timido augurio da parte di Ron.
In quelle interminabili ventiquattro ore, o quanto diavolo erano state, aveva
provato non solamente il consueto dolore sordo ma anche rabbia e nausea.
Rabbia perché, solo un anno prima, aveva fatto l’impossibile per poterci
essere, quindi avrebbe anche potuto sforzarsi di tornare dall’altro mondo, no?
Nausea nel constatare che se non s’era ripresentato per quell’evento, allora
non si sarebbero mai più rivisti. Per davvero. Non è che prima non lo sapesse,
ma non lo accettava. Metteva sempre da conto una minuscola possibilità che
bussasse alla sua porta.
Una presa di coscienza che gli aveva chiuso lo stomaco, impedendogli di buttare
giù perfino un bicchier d’acqua. Le sue
speranze erano state vane, stupide e puerili. E senza cos’era?
Nulla. Niente di niente. Finora era andato avanti aggrappandocisi, ed ora a che
pro darsi pena di continuare a sopravvivere?
Per non affliggere gli altri con un altro dolore. Be’, lui mica li obbligava a
tenere duro e superare la perdita. Con che diritto potevano loro, quindi, farlo
con lui?
Ma alla fine il coraggio gli era mancato, non era riuscito a farla finita.
S’era condannato a vivere ancora.
Such a lonely day
should be banned
It's a day that I can't stand
The most loneliest day of my life, the most loneliest day of my life
Da allora aveva bandito, perlomeno in casa Weasley,
qualsiasi cosa che potesse ricordare anche solo una festicciola. Questo se
volevano averlo a cena, poi se lo lasciavano fuori dalle loro rimpatriate che
facessero pure quel che preferissero. Beati loro che erano capaci di alzare i
calici e ripensare al caro estinto senza che gli mancasse il fiato, piuttosto.
Ovviamente nessuno era disposto a lasciarlo per conto suo proprio per il suo
compleanno, quindi spesso e volentieri si trovava in feste spacciate per
semplici cene dove magari non c’era la famiglia al completo fin da subito, ma
prima che se ne andasse erano passati tutti a fargli almeno gli auguri.
Per quanto lo riguardava, potevano essere due come duemila a fargli compagnia:
lui si sentiva solo comunque. Incompleto.
Such a lonely day
Shouldn't exist
It's a day that I'll never miss
Era arrivato al punto di desiderare che neanche esistesse.
Al diavolo che fosse
Sarebbe stato perfetto se dal trentuno si fosse passato subito al due, senza
quella dannatissima data di mezzo.
Ogni anno, però, si ripresentava; sordo alle sue richieste. Presto capì che
così non si poteva andare avanti.
D’altra parte, tra il comprendere la situazione ed aver voglia di cambiarla c’era
di mezzo il proverbiale mare.
Cos’era cambiato, allora?
Una piccola burla del Fato, che gli impediva di lasciare che quello sconforto
aleggiasse per settimane sopra di lui, a mo’ di nuvoletta nera.
Che lo costringeva a liberarsene in qualche ora ed essere pronto per tirare
fuori le decorazioni ed i regali messi da parte per suo figlio.
Già. Il neonato Fred aveva pensato di far loro una bella sorpresa e presentarsi
con un discreto anticipo, facendogli prendere anche un bello spavento.
Fortunatamente era in salute, ma certo che aveva scelto proprio con il
lanternino quando nascere.
Non il primo come lui – anche alla crudeltà della sorte c’era un limite – ma il
due. Ora passava quindi il proprio ad occuparsi di quello di Fred Jr. ed un
mese dopo Bill lo reclamava allo Shell Cottage per occuparsi di quello di
Victoire.
In men che non si dica era diventato un vero e proprio pianificatore di
compleanni e, nonostante continuasse a mal sopportare il proprio, aveva
scoperto d’avere un talento non indifferente nel campo.
Forse anche lui, prima o poi, avrebbe voluto di nuovo una
torta ed un paio di candeline da spegnere. Regali e la famiglia radunata per
dirgli, tutti in coro, un “Buon compleanno.”
Non gli restava che sopravvivere fino a quel giorno.
Such a lonely day
And it's mine
It's a day that I'm glad I survived