Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: glendower    08/10/2013    5 recensioni
[AruAni /Armin-Annie]
Dormiva, gli occhi chiusi dentro l'oscurità densa delle palpebre abbassate.
Dormiva, alla stregua di una fiaba che sentiva, indistintamente, ogni sera perché sussurrata nelle tana in cui era rinchiusa.
Dormiva nonostante i suoi baci. Effusioni a cui non poteva rispondere.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Leonhardt, Armin Arlart
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il frutto del male germoglia nel corpo di vergini addormentate


 

Cade una pioggia unta e acida, olio dosato a cucchiaini dalla forma stretta di uno stiletto; bagna poco, ferisce quanto basta per far urlare dal dolore – brucia ed è grasso sotto le suole degli stivali immersi in mezzo al pantano di fango e sabbia. Quel nascondiglio dove giace la bella addormentata è un buco, rovina di terra e caverna per una strega in cui rintanarsi - è un giardino dei morti viventi, scatola immortale e rettangolo d’erba esteso fino alle oasi di nebbie arricciate alle cancellate principali, teneri refoli che si appiccano all’aria e penetrano tra i suoi capelli biondi; è semplice campo nel ventre centrale del Wall Sina, necropoli di anime dov’è consigliabile non camminare quando avanza il buio e le ore si fanno tarde.
      Il cimitero in cui si è inoltrato è padre di sonni eterni, pensieri che si mettono distesi nei campi elisi con le braccia aperte per accettare eternità grigie da sognare solo in morte, quando il corpo diventa duro, pietra soffiata in un’ immobilità perenne. Bare di marmo, lapidi bianche, catafalchi aperti e croci premono per uscire sotto una corte di fiori inginocchiati alla loro base e sbocciano, allungando volti fatti di petali quando la rugiada serale ne tocca gli steli. Statue d’angeli in pose celesti aprono le mani in cerchio, stringono corpi sotto le ali e, guardiani della santità, sono simili ai giganti che combatte ma con visi ammorbiditi dalle disgrazie che raccontano, proteggendo la strage di buche sepolcrali che sale in fila a processione fino ad una collinetta bassa dove si è proposto di arrivare in corsa per aprire a calci e poi entrare nel casotto sigillato fermo sotto la quercia.
      Dentro la chiesa è piccola, un bugigattolo per accogliere i viandanti infreddoliti. Struttura che basta e avanza per accendere un cero a chi viene sbranato vivo – alle madri tediose che piangono i figli, ai genitori commossi perché chi ha perso, ha vinto comunque la vita e ai bambini, unici ribelli con i loro incubi buoni. Due navate le sono sufficienti e quattro sottili colonne in granito per lato tengono perfettamente in piedi l’intera struttura, una manciata di legna e tronchi rovinati dal passare degli anni e dagli sciacalli passati e presenti. Mosaici sbeccati in vetro smerigliato abbelliscono le vetrate, sbriciolandosi sulle panche rotte e i poggiapiedi bucati da dove fanno capolino testi sacri privi di pagine e corone di rosari senza perle.
      L’altare verso cui è diretto sembra non esserci più, è rimasto il tabernacolo e la rappresentazione figurativa di una delle protettrici del mondo.
    Mezzo busto di donna cieca negli occhi vitrei, chiusi come lei in un sonno senza tempo, nuda e seduta su tralicci di fiori e spine intrecciate, rampicanti lungo le mani chiuse a reggere due file speculari di tende spalancate, spioventi dal soffitto. Ciò che cerca Armin è nell’ombra poco distante, proprio sotto i drappi, protetto da statue di santi e madonne senza volto e con il corpo in pezzi – è bara verticale retta ai muri da cavi d’acciaio che scendono trasversali per tenere in piedi la bella dormiente, protetta da un sonno da cui è incapace di destarsi.
      «Ciao Annie» mormora con il calore riservato agli amici, sganciando gli alamari del mantello per riversarlo sul pavimento, acqua verde smeraldo sulle piastrelle luride dell’assito.
       E a mezzanotte il rito è già iniziato.
     Siede sui gradini sbeccati al suo fianco e apre il libro riposto sotto il braccio, spingendo le astine di una montatura di occhiali che lo aiutano a rendere chiara la lettura e, finalmente, inizia a leggere la favola che le racconta tutte le sere dal momento in cui lei ha deciso di non guardarlo più.

     C’era una volta, in un tempo lontano, parallelo al dolore vissuto dentro ai nostri cancelli e segnato da giorni più felici e diversi dalla crudeltà passata, un Re ed una Regina reclusi dalla speranza del mondo. Amati e rispettati dai loro sudditi, ricoperti d’oro e di grazia, vissero per anni scontenti per la mancata venuta al mondo di un figlio che potesse, in futuro, succedere al trono e così continuare a portare la pace in loro assenza e mancanza. Un giorno però, quando il sole batteva, per grazia delle tre Dee sorelle, accadde un miracolo e la giovane moglie rimase incinta di una bambina dai capelli biondi come l’oro del grano estivo e la bocca infuocate di una rosa.
      Per festeggiarne la nascita improvvisa e tanto aspettata, i reali decisero così di dare una grande festa, chiamando nel palazzo tutte le genti dei regni vicini al fine di accogliere la nuova pupilla, erede allo scranno tanto attesa e desiderata; agli invitati furono così dati doni e gioielli per suggellare lo stato d’animo dei regnanti, ricambiati con affetto ed altrettanti regali per la principessa. Un invito però andò smarrito: la carta laccata d’oro recava il nome di un’antica strega, sfregiata sul cuore e sul viso una volta bellissimo, adesso solcato da bruciature e cicatrici indotte per la sua immonda cattiveria. Fu proprio lei a presentarsi in una nube di nebbie, senza inchinarsi al cospetto della piccola. Arrabbiata e convinta di non essere stata convocata per colpa del suo aspetto immondo, maledisse la neonata:
      «Anch’io merito di dare qualcosa a questa fanciulla, proprio come le fate hanno ben pensato di dar a lei tutte le virtù cardinali…» disse, alzando le braccia per interrompere il ballo che si stava svolgendo sotto la luce cadente delle candele «…io le concedo una vita avventurosa, a discapito della gabbia in cui sarà rinchiusa una volta cresciuta. Al compimento dei suoi quindici anni, si ferirà un dito ed il suo sangue la trasformerà in un’orrenda e crudele bestia. Colpirà a morte le sue terre e tutte le persone legate a lei, radendo al suolo tutto il suo regno. Così ho detto, così il mio incantesimo sarà.» E fatta la sua promessa, posando una carezza sul viso della bimba, la malvagia sparì, avvolta dalle ombre serpentine che le faceva da abito elegante.
      Tra le lacrime dei reali e del popolo, si fece improvvisamente avanti una fanciulla dai profondi occhi azzurri e lo sguardo gentile.
      Toccando lì dove la brutalità aveva posato un futuro terribile, rimediò in parte al danno con una magia.
    «Non posso salvarla ma la vostra Annie si addormenterà, una volta consumata la sua rabbia. Prenderà le sembianze di una farfalla chiusa in un bozzolo di diamante e, con gli anni, arriverà qualcuno a baciarne le labbra. Solo quando sarà finalmente pronta, si laverà con l’amore di quell’uomo, abbandonando le colpe dei peccati commessi, tornando a risplendere per ricostruire ciò che della sua vita con la guerra avrà distrutto.»
    Fu così che il Re e la Regina tennero sempre d’occhio la Principessa fino al suo compleanno, bandendo dal castello tutto quello che poteva farle dal male ma un giorno, alla soglia del quindicesimo inverno, mentre giocava nei giardini, la sua mano ignara toccò lo stelo dritto di una rosa, sporcandosi appena il polpastrello. Venne in quel modo l’avvento del suo male e il candido viso divenne mostro, avverando così le disposizioni della strega.
     Ormai vittime di ogni tipo di brutalità, nessuno riuscì a sfuggirle e quand’ella finì di mietere corpi si richiuse in se stessa, completamente sola, abbandonandosi sulla scalinata di una chiesa, finalmente a riposo da ogni male.
   Passarono gli anni e un giovane che aveva sentito parlare della sua leggenda da qualche ballata cantata in un villaggio, decise di avventurarsi al confine per uccidere chi l’aveva ridotta in quello stato, azzardandosi a offrirle un sentimento quando nessuno aveva tentato.     Le bastò uno sguardo per innamorarsene all’istante – per vedere, sotto le ciglia, la bontà che in realtà nascondeva.
   Liberata da una prigionia di rovi provò a darle il bacio del risveglio ma quella, tra le lacrime asciutte e ormai secche sulle sue guance, continuò comunque a galleggiare nel suo mondo di sogni per sempre, nonostante l’invano tentativo continuo del principe di averla per sé.
   Giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, secolo dopo secolo, un gesto d’amore dopo l’altro resistette senza mai rispondere ai tentativi di chi per lei aveva perso la testa.
  Aveva paura, temeva che alla fine avrebbe ucciso anche lui o peggio, che sarebbe scappato una volta conosciuta la cattiveria del suo animo e alla fine decise di guardarlo invecchiare, lasciandolo marcire davanti ad una tomba condivisa da entrambi per colpa di lieti fini che non si sentiva di meritare.


      Sollevandosi in punta di piedi cerca la sua bocca e spinge le labbra nel punto in cui si sono posate altre volte, sulle sue gemelle al di là della crisalide. Sotto il rumore secco della porta che sbatte, nelle pagine girate da una mano di vento, Armin spegne infine le candele e si allontana, deciso a tornare la sera seguente.
      Sa perfettamente che Annie non ha intenzione di svegliarsi, non ancora – non a questo ennesimo scambio di effusioni che non può percepire perché è troppo leggero oltre lo strato duro del sarcofago di diamante che la contiene. Ha ancora troppi baci da recuperare, contro le favole che lui ha da raccontare, ma immagina che lei riaprirà gli occhi solo quando sarà il momento e allora saranno davvero felici e contenti.

      La creatura maligna, della fiaba narrata nel suo libro, salverà un bimbo biondo, guardandolo dritto negli occhi e lo amerà, quando, una volta cresciuto e diventato principe, proverà a salvarla.
 

note dell'autrice; prometto che la maggiorparte delle scelte sono basate su un mio headcanon, visto che Annie non si sa dove l'abbiano messa, una volta successo quello che è successo. Alla fine ho optato per darle il posto in una chiesa, coperta per evitare la luce diretta del sole e sistemata in un cimitero cosicché la gente non vada a disturbare (e curiosare il suo sonno).
Alla fine della corsa l'AruAni è diventata OTP, quando all'inizio era soltanto un gioco in cui passavo immagini ad una bagigia a cui tengo molto, quindi alla fic in sé ci tengo particolarmente, ora che è diventata la mia copia effettiva. In realtà non ho delle grandi note da fare, se non citare la fiaba della Bella Addormentata, che ringrazio, vista l'ispirazione nata proprio da una revisione del film. Vi invito a leggere le mie precedenti fic, qual'ora questa vi fosse piaciuta e mi schiodo, in definitiva, dalle note, prima di dilungarmi con vaneggiamenti nonsense. Mi piacerebbe ricevere un parere, se leggete (a queste storia, come alle altre) perché un commento non fa mai male! Kiau, Ness.

 

  
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