Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: angelica e triglia    04/04/2008    10 recensioni
storia di due perdenti.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Quel giorno, nel piccolo paese marittimo, lo scirocco soffiava orgoglioso tutta la sua violenza.
Una tempesta di terra si abbatteva sul borgo e arrossava gli occhi dei passanti indifesi, le foglie frusciavano creando una musica tetra e lamentosa, Eolo e Nettuno mettevano in fuga gli ultimi bagnanti di quel pomeriggio estivo sostituendo la lieve e piacevole increspatura di spuma con marosi di una potenza tale da rendere l’acqua, dove blu e cristallina, atra e infida.
Un uomo camminava a passo lento, ostacolato da quella forza straordinaria; il vento, soffiando all’interno della camicia di lino bianco, delineava perfettamente le linee del suo busto.
Un intruso in una veccia cartolina di mare.
Leggermente più basso della media, di corporatura robusta ma snella, aveva braccia forti e mani decisamente mascoline e poco curate. I capelli scuri appena mossi gli conferivano quell’aspetto europeo che le ampie basette confermavano in modo inequivocabile.
Nuovo posto di lavoro, nuova stazione del treno: un pendolare come tanti.
Altrove i capelli biondo cenere di una ragazza del posto rilucevano nel sole del tramonto e godevano della libertà che la natura donava loro in quelle terribili ore.
Non aveva una meta precisa, vagava come non fosse lei stessa a muovere quei passi.
Aveva concluso da poco gli studi universitari. Nei suoi grandi occhi scuri era possibile leggere la determinazione a rinnegare un futuro già scritto. Tutto il suo essere trasudava una presunzione, ma soprattutto un orgoglio smisurato che le gonfiava ventre e torace ogni qual volta si rendeva conto di quante cose contro le quali aveva sempre lottato, ora le piacessero e le desiderasse con quella brama, con quella cupidigia che, specialmente a quell’età, non può essere sedata con pazienza; per poi “ritornare” ai suoi principi, negando perfino a se stessa di averli traditi, nell’impeto di un orgoglio e di un egocentrismo esaltati, che dettavano la convinzione di non poter concepire idee sbagliate e di non avere, nell’essenza, alcun difetto.
Il suo giudizio negativo sul matrimonio e la famiglia, ad esempio, la portarono a rovinare ogni storia d’amore che ebbe, anche le più belle e le più invidiate. Il pensiero di essere schiava di un uomo che con un anello e un “sì” poteva imprigionare per sempre quella sua energia dirompente, la atterriva e la indignava allo stesso tempo.
Proprio per questo non avrebbe mai ammesso che, da ormai due mesi, si recava alla stazione due volte al giorno per vedere, anche un solo attimo, il nostro impiegato pendolare.
Il suo sguardo, profondo e vacuo al contempo, aveva inferto (in modo del tutto involontario) un duro colpo al suo ego.
Dal canto suo lui si era reso conto di quanto succedeva, dei sorrisi latenti e del rossore di quelle giovani gote. La trovava belle, questo sicuramente, ma in nome degli sforzi compiuti dal suo vecchio per mantenerlo agli studi aveva da tempo deciso di non perdere il suo tempo con le donne. Malgrado la sua espressione sicura e quella ruga che gli si veniva a formare sulle guance nei momenti di inquietudine, che gli conferivano un che di anziano, di impolverato, non aveva che trent’anni.
Per le donne c’era tempo.
Lei si poneva frequentemente l’interrogativo del come avrebbe potuto affrontare questa sua debolezza senza creare un precedente, senza che gli altri smettessero di considerare con il massimo rispetto la convinzione con la quale esprimeva i suoi ideali e principi. Il suo amante occhiceruleo le compariva anche nei suoi spazi onirici più liberi e intimi.
Questi, come il vento l’aveva portato, così ripartì, allettato da una nuova proposta di lavoro e dalla speranza di raggiungere, in ambito professionale, la massima carica possibile.
La ragazza tornò molte e molte altre volte ancora alla stazione, ma lui non scese mai più da quel treno.
Mille volti, ognuno con la sua storia, attraversavano e contribuivano al brusio dei vagoni, ma nemmeno uno gli assomigliava.

Passarono gli anni, lei appassì, diventò stanca e adulta, seppure questo non celasse la sua andata bellezza.
Si sposò.
Lui era alto e castano, con un paio di bei baffoni e un portamento piuttosto austero, geloso oltre ogni razionalità.
Quasi trentacinque anni dopo il suo addio quell’impiegato aveva notato, un po’ nascosto, un annuncio di vendita di un villino con un piccolo appezzamento di terreno ad un ottimo prezzo. L’idea di trasferirsi in quel paesello lo solleticò; gli tornò in mente, sorridendo, la sua “amica” bionda. Si chiese che fine avesse fatto.
Così si trasferì.
Era ormai anziano, i suoi capelli folti erano divenuti meno folti e del tutto canuti, il suo viso pulito era ora ricoperto da una barba di qualche centimetro, molto curata. Era stanco e rassegnato. Aveva sgobbato ed aveva finalmente raggiunto i quarant’anni di servizio, senza mai essere promosso. Non si era mai sposato e non aveva figli. Solo un nipote, figlio di una sorella che ormai non c’era più, che ogni tanto lo andava a trovare e, suo malgrado, subiva la solita vecchia predica sui bei tempi.
Più volte, vivendo lì, sperò di incontrarla. Non sapeva neppure il suo nome e, infondo, non credeva nemmeno che l’avrebbe riconosciuta.

Lei, da parte sua, non lo aveva mai dimenticato, pur vivendo con un uomo molto ricco, che aveva un’ottima posizione in società, e che possedeva una macchina con molti cilindri e cavalli.
Il nostro uomo, invece, di cavallo ne aveva solo uno, Tancredi, un indomabile ussaro nero donatogli da un allevatore locale caduto in rovina.
Un giorno, al sole tiepido di un settembre sbarazzino, coi suoi capelli più bianchi dello zucchero, il pendolare (o meglio, il pensionato) camminava sulla piazza, cosa che non soleva assolutamente fare.
Bastò uno sguardo.
Era lei.
Lei lo riconobbe, riconobbe i suoi occhi azzurri e vacui e, come quando era ragazza, arrossì e abbassò lo sguardo.
Lui, con un nodo in gola, voltò le spalle e continuò a camminare verso il mare infido e scuro.
Per le donne non c’era più tempo.

  
Leggi le 10 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: angelica e triglia