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Autore: Vals Fanwriter    10/10/2013    9 recensioni
[Atlantis]
Forse, semplicemente, Pitagora era troppo abituato a riflettere e ad analizzare ogni più piccolo dettaglio del mondo, a cercare segreti e spiegazioni nascoste, dove magari non era neanche necessario. Lo faceva anche con Jason. Lo osservava concentrato, cercando di capire. Lo aveva fatto fin dal primo giorno, quando era letteralmente precipitato giù dal suo tetto e aveva iniziato a farfugliare di città sommerse e strani oggetti chiamati “sottomarini”.
Jagoras (Jason/Pythagoras) | Introspettivo, Sentimentale, Fluff | One Shot
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Serie TV: Atlantis (BBC).
Titolo: On your side.
Pairing: Jagoras (Jason/Pythagoras).
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Fluff.
Avvertimenti: Ambientata dopo la 1x02, One Shot.
Rating: Verde.
Conteggio parole: 1423 (secondo Word).
Per le note ci si vede giù.

 

 
On your side.
 
 
 
Si svegliò che era notte fonda. Non c’era un vero motivo per il quale valesse la pena abbandonare il proprio giaciglio, ma qualcosa dentro il suo petto gli suggerì di alzarsi. Così lo fece, si mise a sedere e si stropicciò gli occhi assonnati. Era buio pesto, in casa, e l’unico rumore distinguibile era il russare grezzo e scomposto di Ercole, che dormiva profondamente nella stanza accanto, favorito dalla quantità assolutamente improponibile di vino che aveva ingerito la sera prima, a cena. Ma Pitagora era così abituato a quel rombo molesto che neanche si accorgeva di quanto dovesse essere assordante; di certo non era stato quello a svegliarlo. Era qualcosa di più profondo, una sorta di sensazione inspiegabile. E quella sensazione poteva essere ritratta come il profilo ombroso di un ragazzo che se ne stava accovacciato accanto alla balconata. Quella stessa balconata da cui era piombato giorni addietro.

Jason guardava fuori con sguardo perso e assorto, illuminato appena dalla luce della luna fino alle spalle. Pensava a qualcosa di preciso, glielo si leggeva in viso. Aveva la fronte leggermente aggrottata e la preoccupazione affiorava sul suo volto in maniera vivida, nonostante il buio. Pitagora non lo conosceva abbastanza bene da sapere cosa lo stesse turbando, ma sapeva per certo che si trattasse di qualcosa di piuttosto grave. C’erano dei piccoli particolari nelle espressioni di Jason che lo facevano sembrare un libro aperto, almeno per lui. C’era quel qualcosa che gli faceva intuire i suoi pensieri e i suoi stati d’animo.

Forse, semplicemente, Pitagora era troppo abituato a riflettere e ad analizzare ogni più piccolo dettaglio del mondo, a cercare segreti e spiegazioni nascoste, dove magari non era neanche necessario. Lo faceva anche con Jason. Lo osservava concentrato, cercando di capire. Lo aveva fatto fin dal primo giorno, quando era letteralmente precipitato giù dal suo tetto e aveva iniziato a farfugliare di città sommerse e strani oggetti chiamati “sottomarini”.

Jason lo incuriosiva, prima di tutto. Lo incuriosiva quello sguardo puro e cristallino che non aveva mai visto negli occhi di nessun abitante di Atlantis, prima di allora. E lo incuriosiva la sua lealtà ingiustificata. Il modo in cui aveva preso il suo posto, quando aveva deciso di combattere il Minotauro. Il modo in cui si era offerto di aiutare un perfetto sconosciuto a trovare sua figlia. Aveva il cuore di quelli che le leggende chiamano eroi, e di quelli che le persone comuni chiamano amici.

Perciò, così come Jason aveva preso a cuore lui, fin dal momento in cui lo aveva salvato dalle guardie del re e ospitato senza indugi in casa sua, allo stesso modo Pitagora era pronto a stargli vicino e a capire, a risolvere i suoi dilemmi col solo scopo di alleviare i suoi crucci.

Si alzò, dunque, e seguì la lunga ombra che si stagliava sul pavimento di pietra fino alla balconata. Non disse nulla per annunciarsi – Jason aveva già udito i suoi passi e aveva sollevato lo sguardo su di lui, con un pizzico di sorpresa in viso. Pitagora ricadde al suo fianco un po’ goffamente e, non appena toccò terra, puntò i suoi grandi occhi azzurri in quelli dell’altro, come chiedendogli silenziosamente cosa ci fosse che non andasse.

Jason abbozzò un sorriso incerto. ‹‹Non riuscivo a dormire›› disse, come se quello bastasse a spiegare tutto.

Pitagora annuì, mentre incrociava le gambe sul pavimento e vi poggiava sopra i gomiti. ‹‹Pensieri?››

‹‹Uno in particolare.››

Tornò a guardare di fronte a sé, all’orizzonte, oltre i tetti di Atlantis, cercando chissà cosa con lo sguardo. E Pitagora cercò quel qualcosa nei suoi occhi, con la sua solita analisi precisa e metodica, ma inconcludente in quel determinato caso. Non trovava la risposta ai suoi quesiti negli occhi di Jason, trovava Jason stesso, e tutto ciò che provava. E si sentiva travolto e stordito e fin troppo connesso a lui. Il suo cervello non riusciva a lavorare efficientemente come accadeva con le sue teorie, perciò dovette domandare alla fine.

‹‹Vuoi parlarne, per caso? Tanto ormai sono sveglio.›› Soffiò una lieve risata, appena sussurrata, provando ad alleggerire l’atmosfera e a respirare normalmente – d’improvviso qualcosa aveva iniziato a bloccargli la gola, forse l’ansia, forse tutto il resto.

Jason poggiò la schiena contro il muro e lo guardò con la coda dell’occhio. Alla luce della luna, Pitagora vide che il suo sorriso si era incurvato un po’ di più. Qualcosa di buono l’aveva fatta, dunque.

‹‹È complicato›› iniziò, ‹‹non so spiegarlo bene. Va a finire che confondo sia te che me.›› Scosse la testa e la smorfia buffa che gli comparve sulle labbra fece fare una capriola allo stomaco di Pitagora. Ma quest’ultimo non vi diede alcun peso, si trascinò più vicino a lui e sollevò una mano a mezz’aria, indeciso. Gliela batté delicatamente sulla spalla, alla fine.

‹‹Ehi, io sono piuttosto intelligente, magari riesco a capire anche se non sai spiegarlo.››

Jason sospirò, ma nei suoi occhi vi era gratitudine. Apprezzava quel gesto, apprezzava l’interesse che traspariva dalle parole di Pitagora. Era felice di averlo lì vicino ad aiutarlo ad abbattere la confusione che aveva in testa. Felice di avere un amico accanto.

‹‹Il fatto è che›› sollevò lo sguardo sul soffitto, provando a concentrarsi e a mettere in fila le parole, ‹‹c’è questa cosa per cui io conosco delle cose che voi abitanti di Atlantis non sapete.››

Pitagora aggrottò la fronte e continuò a fissarlo concentrato, provando a sgarbugliare come meglio poteva quella matassa inceppata, ma non proferì parola. Lasciò che Jason proseguisse e desse voce ai suoi pensieri, in modo da rendere più chiaro ciò che ancora non lo era.

‹‹È qualcosa di molto simile alle premonizioni, hai presente?›› Pitagora annuì, anche se di premonizioni aveva soltanto sentito parlare; non aveva mai incontrato nessuno che le avesse avute. Era un concetto piuttosto astratto nella sua mente. ‹‹Beh, io ho delle specie di premonizioni. So delle cose sul futuro di Atlantis… E so delle cose su Medusa.››

L’ultima frase l’aveva detta sottovoce, mentre incontrava di nuovo gli occhi dell’altro e cercava di rendersi più trasparente possibile, così da permettere a Pitagora di capire che il futuro che conosceva non prevedeva nulla di buono. Ma non aveva bisogno di sforzarsi. Anche senza guardarlo dritto negli occhi, Pitagora l’aveva capito.

‹‹Quindi›› provò a dire, cautamente e con quanta più delicatezza riuscisse a trovare, ‹‹tu sai cosa le succederà?››

‹‹La maledizione.›› Lo sguardo di Jason era più spento adesso, mortificato ed impotente quasi. ‹‹Non le permetterà di sopravvivere.››

In quel momento, Pitagora sentì qualcosa annodarsi dentro di sé. Quello strano legame che lo collegava a Jason lo stava coinvolgendo ancora. Jason non era uno di quegli eroi che uccideva senza riserve, in lui c’era anche altro: dispiacere, compassione, sentimento. Aveva conosciuto Medusa come la ragazza innocente e coraggiosa che era e adesso era costretto a vederla morire.

Senza pensarci un attimo, allentò la presa sulla sua spalla e la lasciò andare, cercò la sua mano e la strinse per infondergli della forza che non era neanche sicuro di possedere. Ma aveva bisogno di farlo stare meglio e se quel gesto aveva anche la più piccola possibilità di farlo riuscire nel suo intento, allora doveva provarci.

‹‹Puoi salvarla, magari. Conosci il suo destino e forse… Lo conosci per un motivo preciso.››

Avvertì la mano di Jason stringersi attorno alla sua, immediatamente, come fosse un appiglio per lui, come fossero parole preziose a cui aggrapparsi, quelle di Pitagora. Si sentì importante, ma non come quando giungeva ad una conclusione fondamentale della geometria che studiava ogni giorno – e che, a dirla tutta, aveva un po’ abbandonato da quando Jason era piombato in casa sua – molto più importante, un compagno indispensabile. Sorrise automaticamente. E Jason fece lo stesso, nonostante il cenno di dissenso in cui si produsse.

‹‹Questa volta no, Pitagora.››

Fu un altro pugno nello stomaco, sentire il suo nome pronunciato con tutta quella tristezza e arrendevolezza; ma non poté fare molto altro per lui, se non chiudere la sua mano in entrambe le sue e trasmettergli un minimo di sicurezza attraverso lo sguardo. Pochi minuti a guardarsi in silenzio e poi…

‹‹Lo affronteremo insieme.››

Io, te ed Ercole, avrebbe voluto aggiungere, ma erano parole superflue. Sapeva perfettamente che ad entrambi bastava che fossero loro due ad affrontarlo. Era una certezza che non andava spiegata.
 


Il resto della notte lo trascorsero lì, seduti per terra, spalla contro spalla, a guardare il cielo senza dire una parola, perché era l’unica cosa che potesse rendere il passare del tempo più leggero e sereno. La vicinanza dell’altro. La certezza di non essere soli.
 


 
Fine.
 
 


 


 
È stato amore a prima vista con questi due, Jason e Pitagora, e anche se non c’era una sezione qui su efp ho avuto un bisogno talmente forte di scrivere di loro che non mi sono preoccupata di nient’altro. Non mi accadeva da un sacco di tempo, quindi, in un certo senso, sono orgogliosa di questa storia. E lo so, non succede nulla di così eclatante, ma… Loro sono belli e diciamo che, nello scrivere, ho avuto modo di conoscerli meglio e di studiarli, quindi… ♥

Boh, chissà se c’è qualcuno che vede Atlantis, qui da qualche parte. ;)

 
Vals

 
   
 
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