Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: formerly_known_as_A    10/10/2013    4 recensioni
C'è sangue ovunque.
Spoiler dal capitolo 50 del manga. JeanxArmin.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Armin Arlart, Jean Kirshtein
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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C'è sangue ovunque, ma Armin non saprebbe riconoscere il proprio da quello di Jean.

Ha dovuto lasciarlo andare per difenderli, ma è tornato presto da lui.

Lascia le lame ai piedi dell'albero, sorreggendogli la schiena anche se il braccio sinistro fa male. Sente il sangue colare lungo la manica della camicia, appiccicoso e tiepido e prega sia solo la frattura esposta che ha bendato alla bell'e meglio prima di affrettarsi da Jean. Il dolore rende la vista scura, ma non potrebbe importargli di meno.

Scuote il compagno, cercando di svegliarlo. Ha una ferita alla testa, ma niente che potrebbe portarlo a...

“No!” sbotta finalmente, imponendosi di non pensare al peggio.

Si china fino al suo petto, cercando segni vitali che, se ci sono, sono troppo deboli per essere percepiti. Si alza in piedi di colpo, nel panico, guardandosi intorno alla ricerca di aiuto e solo allora si rende conto di essere stato lasciato indietro, nella fretta della ritirata.

Forse qualcuno tornerà indietro.

Ci crederanno morti.

Forse Eren si ricorderà di lui.

Ma non l'hai visto? Era interessato a ben altro.

Lancia un'occhiata al corpo disteso sull'erba, la calma innaturale che li circonda che fa sembrare quella scena un sogno. Un incubo che non era pronto ad affrontare.

Il corpo di Jean -Jean, Jean, non è possibile che sia solo un corpo!- è messo in una posa insolita, le gambe quasi raccolte, le braccia mollemente abbandonate ai lati della testa. Sembra una marionetta insanguinata a cui siano stati tagliati i fili.

Armin non può sopportare quella vista.

Si affretta a spostarlo contro l'albero, seduto con la schiena appoggiata alla corteccia, le mani raccolte in grembo e la testa reclinata, come se dormisse.

Scatta di nuovo in piedi, sfoderando una lama spezzata come ultima arma disponibile, ma tenendola pronta in caso di attacco. Gli da' le spalle, mentre sale sull'albero a fatica per avere una visuale migliore.

Nulla, solo un silenzio ed un vuoto a cui non è più abituato, tutt'intorno a loro.

Prende tempo. Non scende subito, non guarda verso il basso. Stecca il braccio con un ramo troppo sottile, ma non ha la forza di spezzarne altri, non sanguina più, ma la testa continua a girare ed è costretto a scendere, ad affrontare il burattino scomposto che è diventato l'altro ragazzo.

Gli si inginocchia di fronte e lascia che i minuti scivolino in una tortura apparentemente senza requie, la consapevolezza che Jean, se riusciranno a tornare, sarà parte di una pira di uomini da eliminare.

Forse anche lui si affezionerà ad una scheggia d'osso, convincendosi che sia una parte del compagno.

Allunga una mano per sistemargli i capelli, voltando la garza piena di sangue, il dolore che diventa nausea, poi cambia forma ancora una volta nel studiare la sua ferita. Non sanguina più.

“Jean!” esclama, sentendosi come uscire da un lungo sonno, le dita che tremano mentre raggiunge le sue spalle e pensa di scuoterle.

Non ci riesce.

Ha paura che il collo si pieghi in modo innaturale, ha paura di avere una conferma.

Ma anche senza di essa, Armin scoppia a piangere.

Gli si getta contro, le mani che tengono le sue spalle mentre l'orecchio cerca ancora un battito, un segno debole della vita che deve ancora esserci in quel corpo.

Il proprio martella nelle orecchie e, per quanto ci provi, i singhiozzi che lo scuotono non diminuiscono di intensità. Non riesce a sentire, non riesce a calmarsi, il petto che sembra gonfiarsi di un dolore che non riesce a sfogare neppure con le lacrime.

Non sente subito la mano. Troppo impegnato e convinto del proprio dolore, la considera un'illusione.

Ma dura poco, perché Jean tossisce, scuotendolo e questo è fin troppo reale.

Scatta con la testa verso l'alto, mancando di colpirlo di nuovo e fargli perdere ancora i sensi, le dita che si aggrappano alle sue spalle fino a fare male.

“Jean!” esclama, incapace di dire qualcosa di diverso, gli occhi fissi sul suo viso mentre fa una smorfia di dolore e si tocca la testa.

“Avevi già intenzione di seppellirmi?” si lamenta, portando le mani ai suoi gomiti per fargli allentare la presa.

Armin scuote la testa, gli occhi appannati dalle lacrime, gli incisivi piantati nel labbro per non singhiozzare ancora.

“Andiamo via.” soffia, aiutandolo a mettersi in piedi, facendosi di nuovo sovrastare dai centimetri che li separano. Non è mai stato più felice di quella differenza e pensa, in un lato remoto del cervello, che non se ne lamenterà mai più.

Sente un trotto alle spalle, ma non si volta, ancora aggrappato, ancora con gli occhi fissi sul compagno.

Jean allunga una mano per fermare il cavallo, poi si china per sussurrare all'orecchio di Armin, il respiro accelerato per il dolore, ma il tono dolce, attento.

“Non vado da nessuna parte, mon ange. Torniamo a casa.”

Solo allora Armin riesce a salire sul cavallo.

E solo sentendosi stringere, recuperando il senso della realtà e ricominciando a soffrire per le ferite, riesce a dirsi che non moriranno neppure in quell'occasione.

   
 
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