Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Ricorda la storia  |      
Autore: Manny_chan    10/10/2013    3 recensioni
Esperimenti
Manipolazioni genetiche.
Più la tecnologia faceva progressi, più l’etica sembrava svanire, sepolta sotto la smania
di trovare cure ai più disparati problemi.
Debellata ogni malattia gli scienziati di erano dedicati a studi per eliminare gli altri piccoli
problemi che affliggevano l’umanità.
Calvizie, difetti fisici, carenze genetiche.
L’invecchiamento.

Quando la scienza sbaglia spesso sono gli innocenti a farne le spese. Una caccia spietata a coloro che non sono altro che povere vittime. Come Josiel, perseguitato ed inseguito da qualcuno che non lo vuole proprio lasciare andare...
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

∙ Introduzione: 
Esperimenti
Manipolazioni genetiche.
Più la tecnologia faceva progressi,  più l’etica sembrava svanire, sepolta sotto la smania
 di trovare cure ai più disparati problemi.
Debellata ogni malattia gli scienziati di erano dedicati a studi per eliminare gli altri piccoli
 problemi che affliggevano l’umanità.
Calvizie, difetti fisici, carenze genetiche.
L’invecchiamento.
La ricerca divenne una scellerata rincorsa alla vita eterna.
Passarono anni a sperimentare e a giocare a Dio con le loro provette e i loro esperimenti.
Poi, poco prima della decisione definitiva di abbandonare quello che, a tutti gli effetti, sembrava un sogno irrealizzabile, una nuova porta si aprì ai loro occhi.
Venne fatta una scoperta che avrebbe segnato l’inizio di una nuova era.
O la sua fine.
Venne sintetizzato un enzima che se iniettato all’interno di un organismo ne alterava il DNA.
Forza, bellezza ed eterna giovinezza sembravano a portata di mano.
Se non che…
La sperimentazione umana non diede i risultati sperati.
Infatti dopo aver modificato il DNA l’enzima innescava un processo degenerativo delle cellule del corpo ospite. Tale processo, si scoprì, veniva temporaneamente fermato se l’organismo ospite si nutriva del plasma di altri esseri viventi che, per un periodo limitato, funzionava da antidoto, rigenerando le cellule morte.
La cosa peggiore?
Quella patologia era estremamente contagiosa, si trasmetteva dalla saliva del soggetto infetto -perché da cura miracolosa quell’enzima era stato declassato a pericoloso virus- al sangue di un soggetto sano.
Quella scoperta venne fatta nel peggiore dei modi, quando il paziente “0”, la cavia umana dell’esperimento, in preda alle convulsioni per la fame, aggredì uno degli scienziati, azzannandolo per nutrirsi, prima di scappare.
Dopo circa quarantotto ore lo scienziato aggredito cominciò a manifestare le stesse mutazioni genetiche del paziente “0”, ormai libero. Ben presto furono segnalati altri casi di aggressione e contagio, in città.
La scienza aveva creato una moderna razza di vampiri…
La decisione univoca del governo fu brutale, ma necessaria.
L’eliminazione di ogni individuo infetto per evitare ulteriori contagi.
La caccia ai nuovi vampiri venne legalizzata, costringendo gli infetti, vittime innocenti, a fuggire e vivere nell'ombra…
(Estratto dal diario del Dottor Richard Hamilton. Paziente “01”) 


Corri!
Le sagome scure dei palazzi della zona industriale scorrevano come tanti fantasmi ai margini del suo campo visivo.
Corri!
L’adrenalina in circolo faceva battere il suo cuore al punto che l’unico suono che sentiva era il ruggito del sangue che scorreva nelle vene.
Sapeva che l’adrenalina era l’unica cosa che lo teneva in piedi. Aveva perso molto sangue e la gamba ferita iniziava a cedere sempre di più, ogni volta che ci caricava sopra il peso del proprio corpo.
Quel bastardo che gli aveva sparato l’aveva centrato bene. 
Corri!
Gli stava alle costole, non poteva permettersi il lusso di fermarsi a riprendere fiato.
Corri!
Il suo istinto di sopravvivenza stava praticamente strillando. Una sola parola all'infinito.
Corri!Corri!Corri!
Negli ultimi mesi la caccia si era fatta spietata. Aveva visto morire uno dopo l’altro tutto gli appartenenti al piccolo gruppo a cui si era unito. Erano incappati in un gruppo di cacciatori addestrati, che aveva fatto non poca fatica a seminare. Ma quello…
Quello gli stava alle costole e non lo mollava. Maledizione.
Uno sparo squarciò il silenzio ed alla sua destra un pezzo di muro andò in frantumi, costringendolo ad un brusco scarto a sinistra.
La gamba ferita gli diede una fitta tale da fargli cedere anche l’altra, facendolo finire a faccia in giù sull'asfalto. Rimanere lì così, arrendersi, non gli sembrava più un’idea così brutta. Era esausto e la ferita alla gamba non riusciva a rimarginarsi. Continuava a sanguinare lasciando dietro si sé una scia di sangue fin troppo visibile.
Rimanere lì, chiudere gli occhi.
Pochi secondi passarono prima che al battito del suo cuore si aggiungesse il rumore dei passi. Alle sue spalle, sempre più vicini.
Quello che non era riuscito a fare l’istinto di sopravvivenza lo fece il terrore. La stanchezza sembrò scomparire mentre schizzava in piedi, zoppicando via.
Una rapida occhiata alle sue spalle gli rivelò che il suo inseguitore era più vicino di quello che pensasse. Il suo sguardo fu attirato da ciò che aveva al collo. Un crocifisso.
Merda. I gruppi di fanatici religiosi erano i peggiori…
Un altro sparo lacerò l’aria costringendolo di nuovo a cambiare direzione. Non c’erano posti dove nascondersi in quella zona; l’unica soluzione era spingersi oltre la periferia, dove la città lasciava il posto alla boscaglia. Lì sarebbe riuscito a nascondersi.
E corse, fino a non sapere più se stesse respirando e se stesse correndo in apnea.
Finché, dopo l’ennesima svolta, dopo l’ennesimo sparo, i vecchi fabbricato si diradarono, lasciando lo spazio ad alcuni vecchi casolari, dall'aria rustica, cintati da mura.
Oltre quelle mura la luce della luna illuminava le cime degli alberi.
Era quello che cercava. Ce l’aveva fatta. Oltrepassato il muro sarebbe scomparso nella boscaglia e sarebbe stato salvo.
La luna non gli era mai sembrata così meravigliosa, mentre zoppicava verso il muro.
Fu l’ultima cosa che vide.
Un attimo dopo un violento lampo di luce lo accecò. Sollevò le braccia per proteggersi il viso, ma fu troppo lento. Sentì delle schegge ferirgli il viso e gli occhi.
Realizzò di essere finito in una trappola, mentre si accasciava a terra.
Ferito. Cieco. Inerme. 
Non aveva più speranze.
Il cacciatore gli fu addosso l’attimo dopo. Gli saltò addosso, ammanettandogli le mani dietro la schiena ed appoggiandogli un ginocchio sul petto per tenerlo bloccato. “Maledizione, ci manca poco che mi venga un infarto”, ansimò, cercando di riprendere fiato. “Mi hai fatto correre fin quasi a sputare i polmoni stavolta.”
Josiel serrò le labbra, senza rispondere. Non vedeva il suo viso o la sua espressione. Ma immaginava fosse gonfio di soddisfazione. Si dimenò istintivamente mentre l’uomo gli sfiorava i capelli, le spalle e le braccia, soffermandosi sui fianchi. Che stava facendo? Voleva accertarsi che non avesse armi nascoste?
Cercò di liberarsi, ma le manette si limitarono a scricchiolare, senza spezzarsi. Era troppo debole, stremato dalla fuga e dall'emorragia, per riuscire a farlo.
“Smettila di agitarti tanto.”
La sua voce vibrava di un emozione che Josiel non riuscì ad identificare. Non era la rabbia o il disgusto che trapelavano dagli occhi e dalle parole dei cacciatori che aveva incontrato in passato. Sembrava prendersela con calma, l’aveva spinto in quel posto isolato, accecato e reso inoffensivo apposta per avere tutto il tempo che voleva.
Il pensiero lo terrorizzava. Che cosa aveva in mente?
Un brivido gli scivolò lungo la schiena, quando la mano dell’uomo scivolò dai suoi fianchi verso il basso, soffermandosi ad accarezzargli l’inguine, strappandogli un ansito. “Tu non sei uno dei Nuovi Crociati”, realizzò, sorpreso.
Uno di quei bigotti non lo avrebbe toccato in quel modo. 
La barba dell’uomo gli sfiorò la guancia, mentre si chinava per sussurrargli direttamente all'orecchio. “No. Cosa te l’ha fatto pensare?”, chiese.
“Il crocifisso”, dovette deglutire per riuscire a rispondere.
Il cacciatore sospirò pesantemente, contro al suo orecchio, facendolo sussultare. “Non sono un fanatico, è solo un regalo”. 
Josiel fremette, mentre un barlume di speranza gli appariva davanti.
Quell'uomo era forse un traditore del suo gruppo? Oppure stava solo giocando con lui come un gatto con la sua preda? “Hai intenzione di uccidermi?”, mormorò, incerto. 
Dentro di sé pregava. Una volta era un fervido credente, quando ancora invecchiava, mangiava e viveva normalmente. Anni ed anni prima. Per la prima volta da anni stava riponendo le sue speranze in qualcosa di ultraterreno.
“Non ci tengo affatto a farlo. Smetti di tremare”, fu la risposta del cacciatore.
Josiel sospirò di un sollievo talmente intenso che, se non fosse stato già steso si sarebbe accasciato a terra. Non aveva motivo di credergli, certo. Eppure sentiva che gli stava dicendo la verità.
Certo, il fatto che, dopo averlo accarezzato, pensieroso, si stesse dando da fare per spogliarlo lo inquietava un po’. Che volesse torturarlo?
“Ah!”, esclamò sorpreso quando, dopo avergli aperto la camicia il cacciatore si chinò a mordicchiargli un capezzolo. “Che… stai…”.
“Ssht! Smetti di farfugliare”, fu la risposta dell’uomo.
“Smetti di farfugliare un cazzo! Razza di depravato!”
Una risata roca gli rivelò che lo trovava divertente.
“E pesare che un attimo fa tremavi terrorizzato. Ora invece mi dai del depravato. Certo che hai una bella capacità di ripresa…”
Non sembrava intenzionato a fermarsi.  
“Ah, non… non ti azzardare…”, mugolò Josiel mentre i jeans seguivano la stessa sorte della camicia. Dio, era finito nelle mani di un maniaco?
L’aria fredda della notte gli accarezzò la pelle, facendolo rabbrividire. Le mani calde dell’uomo scivolarono sui suoi fianchi, quasi a volerlo scaldare, strappandogli un mugolio. Maniaco o no, non era del tutto dispiaciuto…
Non ricordava l’ultima volta che si era sentito così vivo.
Inarcò la schiena, buttando indietro la testa mentre le sensazioni si confondevano.
Labbra, lingua e denti. Baci, morsi, brividi e carezze. 
Dolore. Breve, passeggero, quando l’uomo che lo perseguitava da mesi si spinse dentro si lui, possedendolo con un impeto selvaggio.
I mugolii presto divennero gemiti.
Nel bel mezzo di quel turbine di lussuria una piccola ma insistente domanda galleggiava ai margini della sua coscienza. Era una sua impressione quella sensazione di Deja-vu? 
Quella domanda però ebbe vita breve; annegò nell'estasi improvvisa dell’apice di quel piacere che si era protratto per un tempo che gli era parso infinito.
Sentì il cacciatore gemere contro il suo collo mentre raggiungeva l’orgasmo a sua volta.
Josiel si sentì sopraffare dal profumo della sua pelle e del sangue che vi scorreva appena sotto. In un lampo scoprì le zanne, affondandole nella spalla nuda dell’uomo. Morse con forza.
Lo sentì gemere di dolore, scostandosi di colpo. L’aveva morso istintivamente, non era premeditato. Era affamato e stremato. Inoltre, più lucidamente, era la giusta punizione per averlo perseguitato così a lungo, sentenziò, leccandosi le labbra e le dita.
Sbattè le palpebre, rendendosi conto di due cose. 
Era libero, l’uomo gli aveva tolto le manette in un momento imprecisato dell’amplesso, e stava ricominciando a riacquistare la vista. Era ancora appannata e vedeva sfocato. Ansante si mise a sedere, afferrando i suoi vestiti e infilandoseli velocemente.
Rabbrividì mentre gli strascichi del piacere lo abbandonavano del tutto, sostituiti dal dolore delle ferite che si ripresentò non appena si mise in piedi. Barcollò, mentre il suo sguardo correva al cacciatore. Arretrò prudentemente.
“Non voglio spararti alle spalle, tranquillo”, sospirò l’uomo.
“Non sarebbe la prima volta”, sibilò nervoso. L’aveva inseguito in lungo ed in largo e lo lasciava andare via così?
“Lo so. Schizzavi qua e la come un coniglio, azzopparti  e attirarti in trappola era l’unico modo di fermarti”, disse, avvicinandosi. “Non scappare ancora, Josiel.”
Il ragazzo si immobilizzò, come paralizzato.
Quando gli aveva detto il suo nome? Quando? Come faceva a saperlo?
“Chi sei?”
Non ricevette risposta.
“Chi sei? Dimmelo!”
Sbatté le palpebre, cercando di mettere a fuoco l’uomo di fronte a lui. Alto, muscoloso, sulla quarantina. Un bell'uomo, coi capelli castani e gli occhi scuri.
Quegli occhi…
“Il tuo nome…”, mormorò Josiel. Sentiva che era importante. “Dimmi il tuo nome!”
Quegli occhi così tristi...
Erano lacrime quelle che brillavano sul suo volto?
“Il tuo nome….”, poco più che un sussurro sofferente. “Ti prego…”
Non ricevette risposta, lo sguardo dell’uomo si spostò altrove. “Te lo sei dimenticato, Josiel?”, disse quasi rancoroso.
Il ragazzo sentì una fitta all'altezza del petto, dolorosa come se gli avesse sparato. Perché si sentiva in colpa. Cosa aveva dimenticato? 
Poi ricordò.
Un altro volto si sovrappose a quello che cercava disperatamente di mettere a fuoco. Il volto di un ragazzo di vent'anni, sorridente mentre gli diceva con ari da cospiratore che i suoi genitori sarebbero stati fuori, quel fine settimana.
E ancora, ondate di ricordi che si riversavano nella sua mente come una marea.
Ricordi di baci, carezze, abbracci e promesse. Il ricordo di un regalo, un una catenina d’argento con un crocifisso, come portafortuna alle soglie di un esame importante. Di un’espressione scettica e di un sospiro accondiscendente da parte di chi l’aveva accettato.
Ricordi che si infrangevano dolorosamente contro a quello, sempre presente, della notte in cui era stato aggredito da un infetto. La notte in cui era cominciata la sua fuga.
“Demian”, mormorò. Pronunciare quel nome fu doloroso, come se fosse stato fatto di vetro scheggiato. Come se il solo pronunciarlo gli procurasse ferite profonde.
Gemette piano, portandosi le mani agli occhi. Le lacrime bruciavano come acido a contatto con gli occhi già irritati; scivolarono sulle sue guance, roventi.
Sussultò quando avvertì la mano dell’altro posarsi sulla propria, scostargliela dal volto e poggiarvi nel palmo qualcosa di morbido.
Mosse  le dita, riconoscendo la consistenza di un fazzolettino di carta. Era stato un gesto semplice, ma tanto premuroso che da solo bastò a scatenare altre lacrime. 
Demian.
Il suo Demian.
Demian che rimase pazientemente ad aspettare, osservandolo silenzioso, mentre tormentava il povero fazzoletto. Quando si calmò, riuscendo finalmente a frenare quel pianto, l’aveva ormai ridotto a brandelli. 
“Cosa… Cosa hai intenzione di fare, ora?”, domandò.
Demian scrollò le spalle. “Credo che mi toccherà venire con te, ora.”
Josiel lo guardò confuso. Poi si ricordò. “Ah! Ti ho morso!”, esclamò inorridito, rendendosi conto solo in quel momento delle implicazioni di quello che aveva fatto.
Ebbe solo la vaga percezione del muoversi dell’uomo di fronte a lui, ma sentì distintamente le sue braccia circondarlo.
Si abbandonò contro il suo petto, affranto, colpevole e colmo di orrore.
Sollevò però lo sguardo, stupito, nel rendersi conto che l’altro stava ridendo sommessamente. 
“Mi hai morso perché l’ho voluto”, lo tranquillizzò. “Se non avessi voluto correre rischi ti avrei messo una museruola, scemo.”
“Scemo a me?! Tu hai lasciato che ti mordessi! Io forse sono scemo, ma tu sei pazzo! Sono contag…”, si fermò bruscamente.
Demian gli aveva appoggiato un dito sulle labbra. “Ci ho messo vent'anni a trovarti. Pensi che volessi solo una scopata di addio?”, disse. Il suo viso era terribilmente serio.
Josiel non ne distingueva ancora i lineamenti perfettamente, ma riusciva lo stesso ad intuire quanto fosse greve la sue espressione.
Era estremamente facile capire il senso delle sue parole.
“Demian”, mormorò.
“Dimmi.”
“Credo che avrò bisogno di un altro fazzoletto…”
Demian rise sommessamente, dandogli un bacio sulla fronte. “Sei rimasto il solito piagnucolone…”, disse dolcemente, prima di prenderlo per mano ed incamminarsi verso la boscaglia, dove i rami si facevano più fitti.
Insieme.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: Manny_chan