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Autore: oltreiconfini    10/10/2013    0 recensioni
Hai attraversato tutto il mondo prima di andare via davvero. Prima di farmi sentire che il tuo non era più uno sguardo, ma soltanto un profumo.
Te ne sei andata, ma mi hai portato con te.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Papà ha lo sguardo più buono del solito, me ne sono accorto non appena sono entrato in cucina a versarmi il cappuccino caldo di Maria. E' buona tanto quanto cicciona. Fa il miglior cappuccino della casa. Mi stritola ancora come se fossi un bambino. 
Adoro Maria.
La cucina è tutta sua, e sul davanzale ha già preparato qualcosa di buono sotto le pellicole trasparenti. 
Maria adora cucinare, badare alle cose, perfino a me dice, nonostante sia cresciuto. Maria è la mia seconda madre da circa dieci anni. Quando ero piccolo, e mio padre era come al solito in uno di quei paesi che la mamma dicevi "Hanno i grattacieli! un giorno ci andremo anche noi." Maria la notte mi leggeva dei libri bellissimi, che non erano Spiderman o Hulk. Erano i libri di sua madre e raccontavano di cavalieri medievali, piccoli eroi che erano grandi. "Buongiorno!"
"Alessandro! Lo sai chi è tornato?"
Ritornando allo sguardo di mio padre ora appare ancora più raggiante.
"Il mio amico Sergio, non te lo ricorderai perché avevi circa sette anni l'ultima volta che lo hai visto ma quasi preferivi lui a me. Viene a cena stasera, così lo conosci... "
Sembra entusiasta. Non distoglie gli occhi dal giornale ma continua a parlare come se lo stessi ascoltando.
"Non vede l'ora di parlarti, deve offrirti non so cosa..."
"Sarà un altro architetto palloso pieno del suo lavoro e basta." Gli confesso mentre deluso lascia il suo quotidiano accanto al caffè e mi segue con lo sguardo sotto gli occhiali con gli occhi stizzosi. 
"No. È un marinaio, una persona umile. Ci conosciamo da ragazzi..." 
Nel suo tono vuole che io gli creda. Ed io lo credo. A volte quello troppo preso è lui. L'architetto impeccabile Forzieri.
Io non mi sento come lui. Forse mi sento come Maria, come Sergio, un umile marinaio. Ma non glie lo dico nemmeno, mi piacerebbe che lui lo capisse da se. Mi capisse. 
Invece, mette la sua giacca e va via. È sempre andato via. È sempre stato lontano da me. Ha sempre preferito i lavori e i grattaceli, ma non importa. Faccio un grande passo su questo come ho sempre fatto. Vincerò una maratona.
Mia madre è sulla porta, gli da un bacio prima di salutarlo. Nonostante il loro tempo lo ama ancora molto, lo capisco dal modo in cui lo guarda andar via, mentre aspetta che sia distante, così tanto da non poterlo più guardare, per poi rientrare in casa.
Non so bene cosa l'abbia fatta innamorare, era un uomo sempre distante, non c'era mai e quando c'era inventava altro lavoro nel suo studio, sempre preso da un portatile e delle squadrette a vista d'occhio. Mia madre era bellissima come ogni madre, era premurosa e così buona che ci rimetteva ogni volta che faceva del bene. Perfino con me, a volte non riuscivo ad essere il figlio perfetto che avrei voluto essere. No. Non ci riuscivo mai. "Che ci fai ancora qui?" Sorride un po'
"Hai le labbra piene di cappuccino!" Penso che quello è il primo sorriso che ho visto. Che cosa bella l'amore.
Mi piace il nostro amore, il loro amore. Mi piace anche lei. 
"E la scuola?"
Ma forse mi piace più il cappuccino.
"Siamo in sciopero. Devo andare al porto, mi ha telefonato Giorgio, Paola mi cercava."
Giorgio è il terzo amico di mio padre. Lui lo conosco. È un tipo apposto, sta sempre sulle sue. Mentre Paola è bizzarra per essere sua figlia. Una volta ad una festa di fine anno si era ubriacata così tanto da sputare sulla giacca del preside dieci Peroni, per poi gridargli in faccia quando somigliasse ad Homer. Siamo amici, un po'. Non so ancora di cosa voglia parlarmi.
***
Ha smesso di piovere.
La sabbia è già asciutta, i bar hanno tirato fuori i tavolini. Le pozzanghere stanno dilatando sotto al sole. Schizzano appena sotto la ruota della mia Vespa.
Faccio attenzione, non ho il casco, non c'è l'ho mai. Mi fa sentire stretto, invece ho bisogno di sentirmi libero.
Cesare sta sempre li. Sotto il porticato del ristorante "La voce del mare." è il ristorante che ha comprato Sergio. L'amico misterioso di mio padre.
Cesare ha i capelli un po' bagnati per la pioggia che c'è stata, non avrà trovato un gran riparo. Ha tutte le sue duecentoventi rose rosse sulla spalla, gli ho promesso che un giorno le comprerò tutte. Magari le regalerò a Maria, magari a qualcun'altra. Lo saluto veloce. La strada è tutta mia per rallentare.
Paola. La ragazza bizzarra È in fondo a quella strada, sembra agitata, ma i suoi capelli biondi risaltano fra Chiara e le altre ragazzine che sono li vicino a lei.
Paola è bella, l'ho sempre pensato. E le sorrido mentre me lo lascia ripensare adesso che rallento verso di lei con un sorriso.
Ha quei riccioli biondi abbastanza scombinati. Il trucco un po' sbavato. 
"Dove eri?! Devi correre in ospedale! Marcello, Marcello è lì, ha avuto un incidente!"
Allora smetto di sorridere.
Paola è davvero agitata. Perdo ogni pensiero che avevo e riparto senza badare alle pozzanghere, senza pensare alla pioggia che sembra ricadere appena. Senza cercare Giorgio.
Semaforo rosso. Motociclette e macchine della polizia che sfrecciano tra il bivio di Piazzale Roma per chissà quale motivo, ma non ci penso su. Aspetto il verde nervoso, mentre due ragazze passano qui davanti a me, lungo le strisce pedonali. Ridono appena, non le ho guardate, guardavo a terra distratto da Marcello, da quello che Paola mi aveva appena detto.
Che aveva combinato stavolta? Si sarebbe fatto mettere di nuovo sotto per saltare il periodo veriche? Comunque le ho sentite, e un sorriso mi ha distratto.
È stato un attimo, ed ho alzato gli occhi.
È stato come alzare gli occhi al cielo. Aveva i capelli raccolti male, le cuffiette dell'mp3 le scivolavano fra questi; castani e chiari, leggeri.
I suoi occhi erano persi dall'altra parte della strada: sul mare, poi su di me. Un altro sorriso, più piccolo, sincero, come per dirmi: "grazie di non essere ripartito, nonostante il semaforo sia tornato verde"
Ha rismesso di piovere non appena l'ho guardata, di colpo Marcello stava di nuovo bene, di colpo esistevo di nuovo.
Ma poi verde.
Verde e quei secondi sono finiti, la polizia è già lontana ed io mi sono scordato di partire, di badare al semaforo, di ripensare a Marcello. Di ritornare a terra.
Verde e la sconosciuta è già dall'altro lato, già verso il suo mare, ed io, verso un mare di guai.
Cosa avrai combinato ora, amico mio?
E' l'unica cosa a qui ripenso mentre corro impazzito.    ***
Sono così le pareti degli ospedali:
Quasi sempre bianche e verdi. Hanno colori poco saturati, e un'aria strana, che a me non è mai piaciuta.
Mi rendono irrequieto, le arie degli ospedali.
Ne hanno visti di sorrisi e di pianti queste mura, ed anche Enzo, il padre di Chiara, ne ha visti. 
E' un omone di quelli che andrebbero bene per fare i buttafuori. Da piccolo avevo paura delle sue mani, erano troppo grandi. Oggi invece con quelle mani l'ho visto stringere Filippa, Enzo ha visto tante lacrime in lei. Ha dovuto telefonarla, dirle tutto d'un fiato. Come si fa a dire certe cose ad una madre? Mentre è a casa, tranquilla? Non lo so, ma lo ammiro. Ci è riuscito.
Non appena sono arrivato Filippa è scoppiata a piangere. 
"Il suo migliore amico" avrà pensato.
Quella donna così fragile stava in quell'angolo con le sue braccia strette per stringersi di più. Il mascara era andato via tutto, i suoi capelli corti e rossi sembravano impazziti tanto quanto i suoi pensieri. Enzo si è tolto la mascherina e l'ha allontanata delicatamente verso la finestra. Piange appena anche lui, quel poco che basta per la preoccupazione. Proprio appena per bagnare gli occhi di un uomo.
"È un ragazzo forte, e io farò ogni cosa, lo sai."
Le ha dato un bacio sulla fronte, ha saputo rassicurarla, sono sicuro. Ha il viso rilassato dopo quel bacio, come se da quella finestra sia entrata una boccata d'aria fondamentale. 
È davvero l'amore la speranza più forte? Magari lo scoprirò, magari glie lo chiederò un giorno.
Chiara è appena arrivata insieme a tutti gli altri, ha visto Enzo darle quel bacio innocente, e un po' ancora le fa male. Nel suo felpone nero della nike ha tutti i suoi guai. Tutte le ossa che reggono a malapena quel piccolo corpo. "Sono una ragazza andata" ogni volta era quello che mi diceva mentre piangeva e l'abbracciavo. È rimasta li a guardarli, ha calato gli occhi, forse ha pensato a sua madre.
"Stai tranquilla."
L'ho stretta forte. Aveva bisogno di un abbraccio così. Aveva bisogno di un amico.
"Scusami" ha detto appena, mentre mi ha stretto più forte, lasciandosi andare.
"Non piangere." Le ho detto sentendo appena le sue lacrime. Ci ho provato ad essere Enzo, ma non lo so se io ci sono riuscito a farla stare meglio. Non le so abbracciare io le donne, non le so amare, le faccio piangere. Questo è quello che mi dicono loro.
"Marcello sta bene, e starà sempre meglio, vedrai."
Le sue piccole lacrime si sono soffocate nella mia maglietta blu mentre le ho detto quella frase di cui non ne ero sicuro. Ero un disastro, non avrei dovuto lasciare false speranze qua e la, e invece lo facevo, lo facevo per vederli sorridere tutti.
"Si, hai ragione."
Ma soltanto io e lei sappiamo che sono lacrime che provengono da più autostrade.
Marcello non ci da molte notizie, sono restato qui fuori questa notte, ma non mi da cenno. È in prognosi riservata ci ha detto Enzo. 
Non si sveglia nemmeno per ricordarmi che il Milan ha vinto il derby. L'unico rumore è il suo battito cardiaco che sento da qui fuori la porta bianca e leggera.
Marcello è come mio fratello. Mio fratello a distanza. Quello piccolo e impacciato con un cespuglio biondo in testa a cui dover riaddrizzare. L'ospedale è quasi vuoto. Filippa si è addormentata sulla spalla di Enzo che ha finito il turno ma è restato qui a vegliarla. 
Dormi anche tu amico mio, continua pure, ma non farlo per molto. Ho visto gli occhi di tua madre e li ho visti distruggersi. Rialzarsi a poco a poco soltanto grazie ad un altro amore. Dormi ma svegliati. Non lasciare ad Enzo tutta questa responsabilità, non lasciare la tua vita in questa stanza, non così. 
E non lasciare neanche me, che se non so amare le donne, a voi fratelli so amarvi.
Sono passate ore. La sala si è riempita, tutti i nostri amici lo hanno saputo.
Enzo ci ha portato sei buste di Mc Donald's, le ha poggiate li di fianco a Chiara, non appena a lei o qualcun altro venisse fame. È un ottimo padre, nonostante tutto. Chiara lo ha pensato, sono sicuro.
Si è precipitato in fretta nella stanza di Marcello. La settantatré. È scritto sulla porta con un rialzo rosso. Quando esce la sua espressione è la stessa
"Tutto stazionario"
La stessa frase di ogni ora.
Marcello dorme, ed anche Paola. È qui sulla mia spalla, non la lascio svegliare, ma la riaccompagno a casa.
"Perché non vieni anche tu, mh? Qui non serviamo a nulla." 
Ma il viso di Chiara mi dice di voler restare. Faccio come vuole, lascio andare il suo viso dalla mia carezza ingenua, sentendomi più piccolo di lei a lasciarla abbandonata su quella panchina scomoda e fredda.
Paola mi da un bacio caldo invece. Un bacio sulla guancia.
"Puoi anche lasciarmi ora..."
I suoi occhi enormi si sono dischiusi sul suo viso stanco e pallido. La lascio piano toccare il suolo.
"Volevo portarti a casa."
"Grazie. Avrebbe potuto farlo anche Andrea..." Il suo tono cerca di trovare un secondo fine al mio gesto.
"Andrea è andato via. Era mezzo ubriaco, Andrea non ti ama Paola." Ma Paola continua a camminare indifferente. Stringendosi le braccia. Forse ha freddo, ma non me lo direbbe mai. Forse invece avrei dovuto semplicemente star zitto.
"Non lo so Ale. Forse non me ne frega neanche. Non so nemmeno se amo lui o il suo amico... Non so neppure se siete gli stessi" Mi confessa sorridendo, come se lo sapessi per certo.
Siamo fuori dall'ospedale. Quell'amico la lascia salire sulla Vespa. Le da il suo giubbotto, e Paola lo accetta e lo tiene a se. Aveva freddo.
Non le ho detto nulla.
Andrea a quest'ora avrà finito con un altra ragazza. Non le ho detto nulla, non ci sono riuscito. Certe cose è meglio che restino a lievitare come i dubbi che aveva. Meglio scoprirle da sole. Come un telone bianco su una vecchia automobile, tu lo scopri e guardi da solo ciò che c'è sotto.
***
Ho ritardato. Ho mancato la cena. 
"Ho avuto altro a cui pensare. Mi rifarò." È l'ultima cosa che dico prima di chiudere la porta e tuffarmi sul mio letto.
A volte non senti bisogno di spiegare nulla. A volte cado su questo letto e ci resterei.
Possono parlare quanto vogliono li fuori. Non sanno di Marcello ed io non ne voglio parlare.
Possono parlare ancora per molto, quando sono in questa stanza, su questo letto, non sento nulla.
Non sento niente.
Solo quello che penso io, e per stasera quello che penso io è giusto.
Il mio migliore amico.
  
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