Cicatrici
Era notte, una di quelle serate dense e scure, ed il cielo
sembra voler esprimere tutta la sua compassione nei confronti del mondo,
piangendo per lui, cercando di purificarlo; c'era un bambino che non dormiva,
non ancora, e se ne stava solo sotto un porticato di pietra, appena sfiorato
dalla pioggia, quasi insensibile a quell'insolito freddo
estivo.
"Sorella..."mormorava a denti stretti, osservando cupamente le
nuvole, specchio cromatico dei suoi occhi cangianti. "io sono solo, ma lotterò
per non essere debole e non soffrire più, mai più. Te lo prometto."sussurrava in
una flebile dichiarazione di coraggio, stringendo i pugni e chinando il capo
castano a rimirare il suolo. Non sapeva ancora ciò che la vita gli avrebbe
riservato, sapeva solo che tutta la solitudine provata non avrebbe più potuto
scalfirlo; lui era diventato grande, quel giorno. Lui era diventato forte,
credeva…
Squall si riscosse improvvisamente da quel sonno tormentato, e
la luce che filtrava dalla finestra semichiusa della sua stanza lo ferì senza
pietà; si girò e rigirò nel letto, rimuginando sulle parole e sul volto di quel
bambino. Era così gracile, da piccolo?
Quel ragazzino mogio e sconsolato,
fantasma onnipresente che animava le sue notti, tornava di quando in quando a
riproporgli le reminescenze di un passato non poi così lontano, eppure così
sgradevole. Un passato che avrebbe volentieri dimenticato, sotto molti punti di
vista.
Scosse appena la testa, scacciando qualunque pensiero molesto e
concentrandosi sull'allenamento che sarebbe presto arrivato. Seifer Almasy lo
stava aspettando concitato e febbricitante come sempre, immaginava vestendosi,
pronto a brandirgli contro quel suo Hyperion, felice di stuzzicarlo nella
mischia.
Sorrise al solo pensiero di quella faccia da schiaffi, affibbiando
il gunblade alla cintola in pelle, nel dirigersi alla porta; oggi era il giorno
in cui Seifer Almasy si sarebbe ritrovato finalmente con la terga sbattuta per
terra, sotto il peso schiacciante della parola "sconfitta".
La sua ilarità si
spense presto: nel momento esatto in cui varcò la soglia della sua camera,
osservando con fare distaccato entrambi i lati del corridoio, scegliendo solo
dopo alcuni attimi il lato destro.
Passo deciso ad aprirgli un varco fra la
folla di studenti accalcati in prossimità delle rispettive classi, la matricola
Squall Leonhart si faceva prossima alla sua, senza degnare di uno sguardo quella
ragazzina o quello sbruffone.
"Squall, Squall!..."Sentì qualcuno che lo
chiamava, ma decise di non voltarsi, anche se la voce in questione assomigliava
molto a quella della professoressa Quistis Treepe. Anche? Sopratutto perchè la
voce in questione assomigliava molto a quella della professoressa Quistis
Treepe; quella donna era tanto inutile quanto assillante, con quelle finte
maniere calcolate che tradivano un sentimentalismo smodato, pensò Squall
entrando nella sua classe con andatura sostenuta, all'aprirsi delle porte
automatiche.
Lui in fondo doveva solo controllare l'orario delle lezioni e
degli esami, niente più.
Si avvicinò alla bacheca passando in rassegna i
vari orari, avendo ormai rimosso la figura della donna che fino a pochi attimi
fa gli incombeva alle spalle, con tutte quelle sue solite premure.
Premure
male accette, pensò uno Squall alquanto scocciato; lo pensò solamente, perchè
difatti, di Squall Leonhart, non si poteva intuire niente; era il volto di un
bambino troppo cresciuto, dai bei lineamenti giovanili, che, tuttavia, incuteva
un timore istintivo per la serietà dei tratti facciali. Gli occhi, poi, erano
gelidi, ghiacciati, e talvolta trafiggevano più duramente della spada; altre
volte, invece, si trovavano a rifuggire verso il pavimento, per eludere ora
quella domanda, ora quella situazione imbarazzante. Quel blu cangiante
nascondeva cosa assai differente dalla freddezza.
"Allora, che fai,
scappi?"quella voce sibillina e ilare gli raggiunse le orecchie, con suo enorme
rammarico, distogliendolo dal noioso lavoro di ispezionare la tabella
orari.
Squall si girò, appuntando lo sguardo sul volto della professoressa,
che gli aveva posato una mano sulla spalla a mo di saluto.
"...Scusa."fece la
matricola, scrollando al contempo le spalle in un gesto automatico a cui Quistis
neanche diede peso. "Sono di fretta"concluse laconico, deviando lo sguardo
altrove.
"Ah, già. Posso immaginare. Scommetto che Seifer aspetta te, al
centro addestramento."La professoressa assottigliò le palpebre, con l'aria di
chi la sa lunga su qualsiasi cosa.
"Sì, infatti."annuì semplicemente Squall,
ignorando quella faccia lungimirante. Per dissimulare il suo disappunto portò la
mano al gunblade, come per indicarglielo.
"Ho capito, ho capito... mi
raccomando, allora. Ricordati -ti cercavo appunto per questo- che entro oggi
dobbiamo visitare la caverna del fuoco. Il tuo programma prevede che tu ottenga
il guardian force Ifrid, e tu ne sei ancora sprovvisto."Quistis inarcò un
sopracciglio. Dalla sua voce trapevala un'aria di sfida, ma il ragazzo si limitò
ad accettare il tutto con un cenno del capo.
"D'accordo, ciao."Squall non si
fermò ad ascoltare quel che Quistis aveva ancora da dire, sfrecciando via, giù
per i corridoi che portavano al centro addestramento.
Era il periodo in cui
il Garden di Balamb, scuola di guerra e nido dei più grandi mercenari,
organizzava gli esami per il conseguimento del titolo effettivo di guerriero, e
Squall era uno dei candidati più promettenti. Balamb, isola sperduta nel mare
centrale, all'apparenza un innocuo concentrato di casupole, costituiva la più
grande preoccupazione per la potenza mondiale: Galbadia.
Molto presto
arriverà anche il mio turno, pensò Squall con un moto interiore di impazienza,
intravedendo già la figura di Seifer poco distante. Il ragazzo biondo svettava
senza problemi fra le teste delle altre matricole, con quell'aria melliflua e
saputa stampata in faccia.
“Ah, eccoti…non mi starai mica prendendo la strada
di Zell?”Lo salutò a suo modo il biondo, osservandolo con aria ilare. “Sempre lì
a curarsi quella cresta, il gallinaccio…e tu ora, cos’è che hai fatto tutto
questo tempo, invece di venire un po’ prima a farti il culo col tuo caro amico
Seifer?”chi era stato a parlare sembrava sprizzare energia da tutti i pori e,
come suo solito, lo faceva tramite la sua arma migliore, a parte il gunblade:
l’ironia.
“No, forse non è come penso…non ti sei neanche pettinato. Squall
non diventerà MAI vanesio, dico bene?” Intanto sia l’uno che l’altro s’erano
incamminati all’interno della tanto sospirata area dedicata al training. Il più
alto dei due faceva strada, con i suoi soliti modi strafottenti, sorreggendo
l’Hyperion s’una spalla; Squall, sentendo lo sguardo insistente del rivale
puntatogli contro, rispose con un tacito ed insipido “Uhmpf”, né
accondiscendente, né avversativo, che diede l’impulso all’altro di continuare la
sua opera.
“Allora forse è per la tua cara maestra, che hai fatto
tardi…”iniziò Seifer, ma lasciò cadere la frase a mezz’aria notando il campo
addestramento per gunblader occupato da una marmaglia di studenti che cercavano,
senza riuscirci, di trovare uno schieramento soddisfacente.
“Piantala.”fece
Squall, indicando appunto l’area che avrebbe dovuto costituire il loro 'terreno
da gioco'.
“Così non se ne fa nulla.”mormorò Squall, e poco dopo il suo
compagno d’armi sbottò senza ritegno in un alterco contro il capogruppo delle
matricole, rivendicando, solo dopo alcuni spintoni, il campo per loro.
Squall
si posizionò celermente nel lato meridionale del campo, impugnando con cautela
il gunblade tramite una presa salda e calcolata. Fiutò l’aria, misurando con lo
sguardo le grandezze del posto: era il solito campetto, relativamente piccolo e
dalla forma ovale, costellato ai lati da varie pietruzze più o meno grandi, ed
il solito terreno battuto, vissuto dal sudore di tante generazioni; ma lui si
trovava a ripetere sempre lo stesso gesto, nell’osservarsi intorno, nel saggiare
le condizioni di quell’arena…
Forse era la tensione che lo portava a
distogliere gli occhi, ed il pensiero, dalla faccia strafottente di Seifer,
cercando un diversivo in qualsiasi oggetto costituisse i dintorni.
Respirò
profondamente, lanciando un’ultima occhiata al cielo nero e minaccioso, prima di
divaricare le gambe e riportare quegli occhi seri e distaccati sul suo rivale.
Si trovavano a svariati metri di distanza, ogni singolo muscolo del corpo teso,
pronti a scattare l’uno verso l’altro.
“Fatti sotto” Gli disse quello,
posizionandosi nella sua solita posa irrisoria che non sapeva né di difesa, né
di attacco, invitandolo a farsi avanti con un cenno della mano.
“Con
piacere”esalò Squall, dando inizio ad una corsa impareggiabile per grinta e
violenza: la corsa di un guerriero; non esisteva più l’ansia, e nemmeno il
turbamento. Tutto si era ridotto ad una sensazione di vuoto e sicurezza completa
nelle sue capacità, riempita solo in parte dalla voglia di battere quel dannato
esibizionista. Questo pensava Squall Leonhart, correndo verso la vittoria con un
ruggito.
Aprì gli occhi con una lentezza spaventosa, e subito venne investito da un'ondata di luce inaspettata. Una chiazza rossa, un'altra chiazza nera... gli ci vollero diversi minuti per riacquistare la vista e rendersi conto che il vero dolore non proveniva dagli occhi, bensì dalla fronte. Sospirò un mugugno di disapprovazione e fastidio, sbattendo le palpebre nel ritrovare la normale miosi degli occhi; che fosse sdraiato su un letto gli era chiaro, ma che fosse il letto dell'infermeria gli giungeva nuovo; era proprio nell'infermeria del garden, ancora nella sua tenuta da allenamento, che la matricola Squall Leonhart giaceva in solitudine, senza riuscire a focalizzare i momenti che precedevano questo ricovero.
"Seifer..."gracchiò, con una voce che non gli suonava familiare. Probabilmente lo avevano anestetizzato, per poter suturare la ferita che sentiva pulsare ancora viva sotto la benda, e questo lo rendeva ancora inibito, non del tutto presente. La risposta ai suoi interrogativi lo raggiunse lentamente, ma infine lo rese partecipe degli avvenimenti di quel passato pomeriggio in maniera soddisfacente. "Seifer mi ha colpito, ed io ho colpito lui..."sorrise di quest'ultima affermazione, ce l'aveva fatta! Lo aveva colpito, anche se non nella maniera che intendeva attuare. La sua intenzione era semplicemente batterlo, avendo il piacere, per una volta, di minacciarlo dall'alto al basso con il debole del suo gunblade. E per un certo verso i suoi desideri si erano realizzati, aveva fatto ben altro! Ora la fronte del suo nemico era marchiata a vita dalla sconfitta, perchè ricordava benissimo la cascata vermiglia di sangue che gli colava dal naso. Seifer fu il primo a cadere, stramazzando al suolo; questo lo fece esultare, in qualche modo... Ma tutto sommato anche quel bastardo aveva lasciato il segno. Un segno analogo, intuì Squall, percependo il dolore della ferita.
Si spostò su di un fianco, osservando l'altra stanza dell'infermeria attraverso la lastra di vetro che si affacciava al suo interno. Era ancora perso nei suoi pensieri, quando sentì una voce che gli arrivò ovattata e lontana, ma comunque riconoscibile; era la voce di una ragazza che si era, a sua volta, sporta verso quella vetrata, osservandolo bonariamente con un sorriso caldo. Non capì chi fosse, nè cosa volesse; si limitò a ricambiarle lo sguardo per alcuni attimi. Era una ragazza dai capelli neri, corti fino al mento, con due occhi grandi e profondi. Aveva un'espressione decisamente felice, anche se nel suo sguardo si leggeva una certa saggezza, tipica delle persone anziane. Ma lei aveva l'aria d'essere una ragazza molto giovane, quasi una bambina...
"Ciao, Squall! Ci si rivede...!"fece lei, sventolando una mano a
mo di saluto prima di dargli le spalle e allontanarsi. Squall inarcò un
sopracciglio e, successivamente, si maledì per questo, in quanto una terribile
scossa di dolore gli percorse il viso, facendolo sussultare. Perplesso più di
prima si voltò a pancia all'aria, contemplando il soffito senza riuscire a dare
un nome a quella visita insolita. Ci avrebbe comunque dovuto pensare più tardi,
a lei ed al suo odiato Seifer, dato che la dottoressa Kadowaki, dirigente del
ramo medico della scuola, fece il suo ingresso con un saluto cordiale.
"Cos'è
successo?"domandò Squall, tirandosi su, più per chiedere informazioni sul suo
rivale che per altro. La dottoressa sventolò una mano grassoccia davanti al
volto, con grande disapprovazione. "Tu e quell'altro vi siete bevuti il
cervello! Avete combattuto seriamente, ma non vi siete lasciati altro che una
cicatrice...per fortuna...!"soggiunse con aria paternalista, attaccando un
discorso su ciò che è bene fare, e ciò che non è bene fare durante un
addestramento. Squall probabilmente non vi prestò molta attenzione, dato che
girò il capo verso la vetrata, quasi potesse rievocare l'immagine di quella
ragazza sconosciuta. "Qual è il nome della tua professoressa, Squall?"domandò la
donna, ed il ragazzo gli rispose sommessamente, sospirando al pensiero di dover
fare i conti, ancora, con la più tediosa delle grane: Quistis Treepe.