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Autore: Againstallodds    11/10/2013    3 recensioni
Carole ha perso suo figlio.
Non sa che fare, non vuole piangere di nuovo davanti a Burt e Kurt, sono già abbastanza praoccupati per lei e anche loro stanno soffrendo, così decide di andare al parco di Lima per pensare.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Carole Hudson, Finn Hudson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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N/A questa cosa mi è venuta di getto dopo aver visto la puntata tributo a Cory. Era iniziata come uno stato per facebook ma ha preso un'altra via quindi niente. Sono solita esprimere sentimenti forti con cose artistiche, come testi o disegni, e questo è una sotra di mio piccolo tributo a Finn e Cory.
Per chi legge Love Is Like A Wild Flame, chiedo scusa per l'assurdo ritardo ma non ho avuto e ancora non ho la possibiltà di continuare il capitolo 23. Farò del mio meglio per completarlo pal più presto.
Nel frattempo, chiedo scusa se qusta OS farà piangere i più emotivi.
 
You'll always be my baby

Carole è seduta su una panchina al parco, piove ma non le importa, suo figlio è morto e nulla può farlo tornare indietro.
Fissa l'erba senza fare nulla, immobile.
Trattiene il respiro aspettando che arrivi il suo bambino e le faccia uno scherzo saltando dietro di lei e dicendo "boo", ma nel parco non c'è nessun altro oltre a lei.
La pioggia le fa attaccare la frangia alla fronte e le offusca la vista, ma forse sono le lacrime che le riempiono gli occhi, quelle a fare sembrare tutto come se fosse in un acquario.
Il suo bambino, il suo Finn. Bambino, sì. Era alto due volte lei, altro che bambino. Eppure per lei lo era sempre stato, ai suoi occhi era sempre quel bimbo di tre anni con gli occhioni marroni che le correva in contro sorridendo e gridando "Mamma! Mamma!".
Nonostante fosse cresciuto, nonostante fosse diventato quel grande giovane uomo che era, era sempre stato il suo Finny. 
Ogni tanto gli sembrava ancora di sentire la sua voce, il rumore dei suoi passi scomposti che scendevano le scale, quel costante rombare di batteria seguito da qualche esclamazione irritata a causa di un errore. 
A pensarci i tuoni che ora risuonano nell'atmosfera sembrano quasi i colpi di batteria di suo figlio. I primo colpi, quelli che scandiva con quel sorriso sdentato quella sera in cui gli aveva regalato la sua prima batteria giocattolo.
Ah, il suo Finn. E quella volta in cui aveva investito il postino? Era stato comico, dovette ammetterlo.
Per non parlare di quella volta in cui lo aveva trovato a cantare ad una sonografia. Certo, era stato leggermente imbarazzante, come ogni volta in cui lo aveva trovato con Rachel o Quinn o...beh, solo, ma le aveva fatto pensare. Suo figlio aveva un cuore grande cento volte il mondo, e la cosa la aveva sempre resa la mamma più fiera al mondo.
Basti pensare a quella volta in cui era piombato in salotto chiedendole dove era la tenda della doccia e al suo "Perché?" aveva risposto "Devo vestirmi con la tenda della doccia per scusarmi con Kurt". Aveva passato tutta la mattina cucendogli il vestito con un sorriso enorme stampato in faccia.
Ma quel sorriso ora non c'è. Il suo volto è corrugato in una espressione di dolore mentre le lacrime si fondono alla pioggia.
Un altro ricordo, quel sorrisone sghembo e quel "Ciao mamma", la fanno quasi saltare dalla panchina per la violenza del singhiozzo che le esplode dal dal petto.
Si prende la testa tra le mani mentre i singhiozzi si trasformano in tentativi di presa di fiato, trema, piano piano avvicina sempre di più il petto alle ginocchia fino ad arrivare ad essere praticamente sdraiata sulle cosce fissando il pavimento.
Dalle sue labbra iniziano a saltare fuori dei "No", dapprima sussurrati, poi sempre più firti, fino a diventare delle grida disperate. E non le importa se l'intero vicinato la può sentire. Potrebbe essere udita dal Presidente in persona e non le importerebbe un accidente, perché, diamine, era suo figlio. 
Ora le lacrime sono svanite, è oltre alle lacrime. E' arrivata a quello stadio dell'elaborazione di un lutto nel quale le lacrime non servono più. Semplicemente, se ne sta lì sulla panchina a tremare, singhiozzare, esclamare qualche frase sconnessa.

"Non potevi prendere me?"

"Aveva solo diciannove anni!"

"Perché?"

"No, no, no, no!"


Un altro tuono, poi la pioggia che prima le colpiva con veemenza la schiena e la nuca inizia a diradarsi. Da quel diluvio che era va scomparendo, ma non del tutto. 
Da diluvio diventa pioggerellina.
Un accenno di sorriso si materializza sul viso di Carole poco prima di scoppiare in un altro singhiozzo.
Pioggerellina. Sarebbe dovuto essere il nome di sua nipote.
Alza lentamente la testa mentre le lacrime riprendono a scorrerle sulle guance, il loro caldo e salato che si mischia al freddo e dolce della pioggia.
E' regredita allo stadio del pianto. Buon segno, no? Significa che ora forse smetterà di girarle la testa per la mancanza di ossigeno provocata dai singhiozzi.
Chiude gli occhi, lascia che le lievi gocce d'acqua le carezzino il viso. 

"Mi manchi, amore mio" sussurra verso il cielo con gli occhi ancora serrati.

La sensazione di calore del sole le riscalda il volto e per la prima volta si accorge di aver avuto freddo. Per tutto il tempo, per quelle ore che avrà passato sulla panchina, aveva avuto un freddo atroce, ma non se ne era accorta.
Ora però c'è il sole.

"Mi manchi così tanto" sussurra di nuovo, e questa volta apre gli occhi e guarda il cielo.

Al di sopra di lei, quasi come se fosse stato posto esattamente sopra di lei, c'è un arcobaleno, e Carole non può fare a meno di pensare a quella canzone che ha cantato una amica di suo figlio.

"Signore fai di me un arcobaleno, brillerò su mia madre"

"Ti voglio bene" dice a quella linea di colori sopra di sé, poi una folata di vento fa frusciare l'albero alla sua destra.

Carole sorride. Sembra quasi che suo figlio le abbia voluto dire "Lo so".

"Sarai sempre il mio bambino" dice ancora.

E ancora le fronde dell'albero si muovono. Questa volta, però, sembra uno sbuffo.
Carole riesce quasi a sentire la voce di Finn.

"Non sono un bambino, mamma! Ho diciannove anni ormai"

"Avrai anche diciannove anni, ragazzo, ma resti sempre il mio dolce e goffo Finny"

A quella affermazione l'albero resta fermo. Nessun movimento. 
Ah, ma era ovvio. Era ovvio che non fosse suo figlio. I cari perduti non comunicano con noi, e di certo non attraverso dei semplici cambiamenti atmosferici.

Oh, Carole, stai perdendo la testa.

Scuote la testa sospirando mentre tira su col naso, e ad un tratto le leggera e forte allo stesso tempo folata di vento le investe il petto.
Questa volta le parole di Finn risuonano vivide nella sua mente come se le avesse davvero appena sentite.

"Ti voglio bene anche io, mamma"

Un sorriso dolceamaro illumina il viso della madre seduta sulla panchina, ora ne è sicura.
Quello era suo figlio, l'ha abbracciata. 
E le sarà sempre accanto, in qualsiasi momento lui sarà con lei.
Alcuni giorni si farà sentire, vento, pioggia, sole, arcobaleno, altri no. 
Ma sarà sempre con lei.

Sempre.
  
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