Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: char18    11/10/2013    1 recensioni
Questa non è la classica storia che ha come protagonista una ragazza piena di valori che affronta la sua vita all'insegna della moralità e della sobrietà. Questa è la storia di Nicole Leinghton, una 25enne piena di vizi e cattive abitudini. La sua vita è il risultato di un'interminabile lista di errori che l'hanno cambiata in maniera irreversibile e che l'hanno fatta diventare una persona cinica e menefreghista. Dopo aver toccato il fondo tra cliniche di disintossicazione e relazioni clandestine con suo cognato, Nicole capisce che è arrivato il momento di cambiare vita.
Londra fa da sfondo perfetto ad una storia fatta di famiglie sgretolate, storie segrete, scelte discutibili, tradimenti e, perchè no, anche un po' di emozioni.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 1

Londra, 20 settembre 2011
 
«Signorina Leinghton, come sta?» mi chiede il dottor Barnes dalla sua poltrona color oro posizionata proprio davanti la mia.

Sorrido appena e accavallo le gambe. «Bene, grazie.»

«Il suo negozio?»

«Va splendidamente.»

«Oh, sono felice di sentirlo.»

Mi rilasso sullo schienale imbottito della Bergère e osservo velocemente l’ambiente ormai familiare. Dopo tanti anni, ormai questo studio mi rilassa infinitamente ed è uno dei pochi posti in cui mi sento veramente me stessa. Strano a dirsi visto e considerando che sto parlando dello studio del mio psicologo, ma forse è proprio questo il motivo principale: non ho paura di tirare fuori tutto quel che ho dentro semplicemente perché lo sto facendo davanti ad un completo sconosciuto.

«Beh, dovrebbe proprio esserlo.» ribatto «In fondo è anche un po’ merito suo se sono riuscita a mettere su la mia attività. È stato proprio lei a farmi venire l’idea di aprirmi un negozio d’intimo femminile che vende modelli creati da me.»

L’uomo sorride e sistema meglio il blocco d’appunti che tiene in equilibrio sulle ginocchia ossute. «La ringrazio, ma temo di doverla contraddire. Io l’ho spronata a disegnare per canalizzare la sua rabbia in qualcosa di producente, il resto l’ha fatto da sola.»

Abbasso lo sguardo sulle mie cosce lasciate scoperte dal tubino grigio che indosso. «Si dà il caso che alla fine aveva ragione, la mia rabbia può essere davvero producente. La cosa buffa è che non l’avevo mai vista sotto questo punto di vista.»

«Tuttavia questo mi fa capire che il mio lavoro è tutt’altro che terminato. La speranza era che, canalizzandola, la sua rabbia si sarebbe affievolita fino a trasformarsi in… qualcos’altro.»

Scoppio a ridere. «In gioia pura?»

Il dottor Barnes piega gli angoli della bocca all’ingiù. «Sì, perché no. Le pare una cosa così irraggiungibile?»

Alzo le spalle. «Non so. Lo è?»

«Niente è irraggiungibile signorina Leinghton, soprattutto per chi è giovane come lei. Il segreto è desiderarlo veramente, lottare ardentemente per raggiungerlo. Il primo passo, ad esempio, potrebbe essere tagliare del tutto i ponti con chi ci tiene costantemente ancorati dove siamo e che ci impedisce, invece, di progredire.»

Alzo gli occhi al cielo. Ci risiamo, siamo arrivati al nodo della questione sul quale le nostre sedute si bloccano ogni singola volta.

«Ho capito la metafora. Devo dire che dopo sette anni di terapia le sue allegorie si fanno sempre più poetiche, Dottore.»

Benjamin Barnes si accarezza distrattamente il suo pizzetto sale e pepe che nasconde un sorriso divertito. «Già, io faccio del mio meglio per non rimanere ancorato.»

«Allora dovrei ritenermi fortunata di essere una sua insulsa paziente. Pensare che, anche in questo caso, l’idea non è partita da me. Chi l’avrebbe mai detto che un giorno quella puttana ne avrebbe combinata una giusta.»

Lo psicologo mi fulmina con lo sguardo.

«Mi scusi» dico mettendomi due dita sulle labbra «mi scordo sempre. Niente parolacce.»

«Immagino che si stia riferendo a sua sorella Claire.» continua l’uomo passando oltre l’inconveniente. Prende in mano una penna e inizia a scribacchiare qualche parola sul taccuino.

Annuisco. «Sì, con “puttana” mi riferivo esattamente a lei.»

Il dottore mi guarda male da sopra i suoi occhiali squadrati e poi prosegue a scrivere. «Sono certo si ricorderà bene che la signorina Claire aveva i suoi buoni motivi per indurla a venire da me.»

«Sì, me lo ricordo.» rispondo fugacemente. Troppo fugacemente.

Lo psicologo interrompe la trascrizione dei suoi appunti quando percepisce la nota di irritazione nella mia voce. «Le dà fastidio pensare quel periodo?»

«Intende dire se mi dà fastidio riportare a galla i ricordi di quando, a diciassette anni, sono stata messa in una clinica di disintossicazione? Di quando ero entrata nel tunnel della cocaina, delle metamfetamine e delle brutte compagnie? Intende quegli anni o quelli precedenti nei quali ho dovuto affrontare la morte di mia madre e la continua assenza di mio padre che era totalmente assorbito dal lavoro e dall’alcool? Perché abbiamo già messo in chiaro come la mia infanzia sia stata dominata dal lusso più sfrenato ma anche dalla completa assenza di una famiglia che mi supportasse. Mi dica, Dottor Barnes, quali di questi aspetti vuole che le approfondisca?»

Lo psicologo mi guarda impassibile per una manciata di secondi. «Sì, pensare a quel periodo le dà fastidio.»

«Decisamente.»

«Ciò non toglie che sua sorella, nonostante il vostro rapporto altalenante, le abbia salvato la vita riportandola sulla retta via. L’ha portata in una clinica e successivamente si è assicurata che continuasse con me il percorso iniziato.»

«Questo è vero e Claire fa di tutto per ricordarmelo.» replico sorridendo amaramente.

«Ciò nonostante stiamo trascurando dalla lista un fattore molto importante.» mi fa lo psicologo congiungendo entrambe le mani sotto il mento.

Alzo nuovamente gli occhi al cielo. «Immagino di sì.»

«Vuole dirmi quale?»

Sospiro. «Pierre Dubois.»

Barnes annuisce. «Suo cognato.»

«L’uomo con cui vado a letto da ormai nove anni.»

«E una delle principali motivazioni per cui lei e Claire non andate d’accordo.» aggiunge lui.

«È stata la motivazione che ci ha allontanate del tutto quando io ero ancora un’adolescente, ma mia sorella non sa che io e Pierre continuiamo a vederci, anche se ormai molto di rado.»

L’uomo torna a scrivere sul suo taccuino. «Mi racconti di nuovo la storia.»

Mi passo una mano tra i lunghi capelli castani e li porto su una spalla. «Avevo sedici anni quando Claire tornò a casa da un semestre passato all’estero, a Parigi precisamente. Si portò con sé il suo fidanzato, Pierre appunto, un ragazzo della sua stessa età che aveva conosciuto in Francia e che aveva sempre voluto venire a vivere a Londra. Io e lui legammo da subito perché entrambi ci sentivamo come pesci fuor d’acqua nell’ambiente posato e innaturale di casa mia. Claire era sempre più assorbita da mio padre, nel giro di sei mesi si laureò e iniziò a lavorare nell’azienda di famiglia. Era assente e Pierre si stava avvicinando a me sempre di più. Così io e lui iniziammo ad andare a letto e continuammo a farlo anche quando si lasciarono. E quando si rimisero insieme. E quando si fidanzarono ufficialmente. E quando si sposarono. Mentre Claire era incinta. Quando partorì…»

«Insomma» mi interrompe il Dottore con fare risolutorio «iniziaste una relazione segreta con una certa continuità.»

Mi metto a ridere. «Esattamente.»

«E in tutto questo tempo lei non è mai riuscita a farla concludere.»

«No. Voglio dire, mi sono vista con altri uomini ed ho anche avuto qualche storia, ma tutte le volte che Pierre bussava alla mia porta io lo lasciavo entrare e la mattina dopo troncavo il rapporto con il mio ragazzo di turno.»

Lo psicologo mi studia attentamente. «Questa sua mancanza di fedeltà nei confronti di sua sorella non la fa sentire in colpa?»

Alzo le spalle. «Io e mia sorella ci odiamo, lo abbiamo sempre fatto. Siamo state in competizione su tutto da che ho memoria e non c’è mai stato affetto tra di noi. Credo che se mia madre fosse ancora viva e vedesse a che punto è arrivato il nostro rapporto… probabilmente morirebbe per il dispiacere.»

«Non era questa la domanda che le ho posto.» obietta l’uomo.

Ci penso su per qualche secondo. Mi muovo a disagio sulla poltrona, poi incrocio le mani in grembo e inizio a giocherellare con i mignoli.

«Credo di sentirmi in colpa perché vado a letto con un uomo sposato, ma non perché lo faccio con mio cognato.» rispondo dopo un po’. «Non so se mi sono spiegata. Io… Non mi interessa di ferire mia sorella, lei per me è poco più che un’estranea. Ma… Non so. In realtà non so bene come rispondere a questa domanda.» ammetto infine.

«Però capisce che questa relazione non è salutare per lei?»

Sospiro. «Lo capisco, ma purtroppo non riesco a troncarla. Spesso passano mesi interi senza che abbia notizie di Pierre e spesso arrivo a convincermi che forse è davvero finita, ma poi una sera sento suonare il citofono, lui mi dice che ha litigato con Claire, che ha bisogno di me, che sta da schifo. Io lo faccio salire e poi succede quel che succede.»

Il Dottor Barnes annuisce lievemente. «Quel che afferma sottolinea ciò che pensavo.» Si sistema meglio sulla poltrona e lascia passare alcuni di secondi per creare una voluta suspense. «Ha mai pensato al fatto che, forse, lei si odia a tal punto da continuare a mettersi in situazioni sbagliate e pericolose?»

Lascio passare qualche secondo per registrare bene la sua affermazione e poi mi metto a ridere in maniera alquanto teatrale. «Io non mi odio, Dottor Barnes.»

«Magari non lo ammette a se stessa.»

«O magari lei si sta sbagliando.»

Lo psicologo rimane in silenzio. «Prima la droga, la vita spericolata, le brutte compagnie, poi la relazione clandestina con suo cognato. Le eccessive sigarette, la mancanza di attività fisica, la cattiva alimentazione…»

«D’accordo, non sono di certo un esempio per i bambini, ma questo non vuol dire che mi odio.»

«Ho l’impressione che a lei non piaccia prendersi cura di se stessa, ma con questo non intendo il suo aspetto.» prosegue l’uomo ignorando il mio intervento. «Lei ha dei bei capelli, Nicole, dei vestiti eleganti, un trucco sofisticato, una manicure impeccabile, gioielli abbastanza costosi… un guscio impeccabile, in poche parole. Il problema è che dentro sta morendo, si sta consumando poco a poco.»

Rimango basita di fronte a quelle parole. Non riesco a replicare, la mia mente si rifiuta di elaborare qualcosa di senso logico. Me ne sto seduta sulla lussuosa Bergère dello studio del mio psicologo, lo stesso che frequento da ormai sette anni, ma mi sento in trappola come un leone in gabbia. Mi sento esposta, vulnerabile.

Purtroppo so bene a cosa è dovuto tutto ciò, la causa è la consapevolezza che tutto quello che Benjamin Barnes mi ha appena spiattellato in faccia sia vero. Dalla prima all’ultima parola.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: char18