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Autore: Jo_March_95    11/10/2013    1 recensioni
What's wrong with me?
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"Lip alza gli occhi verso la massa di atomi che compongono il soffitto, convincendosi con accurate tesi scientifiche, che tutto ciò che sente non è nulla di certo ma solo una distorsione delle informazioni.
Quella sensazione di viscida appartenenza, quel bruciore di infimo rimpianto e il bisogno di dare protezione ad ogni spina di quella rosa selvatica che è Mandy Milkovich, nulla è reale, solo un'eventualità su un milione di universi possibili.
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Mandy sussurra ninna nanne viscerali alla bambina racchiusa in un guscio di lame che le giace dentro,
mentre ha la bocca impegnata nell'attività di vergognosa soddisfazione a cui era destinata da ere primordiali alla sua."
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Mandy e Lip, due sistemi separati, due universi opposti, due rette infinite che si incontreranno una sola volta nel corso di quell'esistenza stentata che si trascinano dietro, e sarà fatale. Oh se lo sarà.
E' la prima volta che scrivo di questi due, spero di averli resi per come sono e non per come mi illudo che siano.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mandy Milkovich
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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                                            What's wrong with me?

An unexpected light 
Why can't I love you?
An unexpected delight
Why can't I love you?
When I'm in your arms
The world is beautiful
When I'm in your arms
I am beautiful





Le dita di Mandy Milkovich scorrono veloci e frenetiche sulle braccia scolpite di Lip, affondano nella curva gonfia dei bicipiti mentre gemiti sillabati appena nella frescura invernale le raffreddano le parole in gola.
La bocca è dischiusa, raccoglie nuvolette di condensa dai bassifondi e la deposita direttamente in prossimità dell’orecchio dell’altro, quell’ammasso umidiccio di aria di scarico è abbastanza caldo da far rabbrividire Lip per lo sbalzo termico ma non sufficientemente soffice da poter essere digerita senza che gli si impigli in gola.

Inizia sempre così, tra loro due.
E’ un gioco di sguardi e polarizzazione interna, gli occhi dell’una spingono in direzione di quelli dell’altro ma nessuno dei due fa un passo, lasciano che siano le pupille ad agitarsi, cercarsi e attrarsi in una passione che bruci se stessa e lasci intatti loro.
La frangetta di Mandy nasconde le sopracciglia corrucciate nello sforzo di trattenersi, si morde la lingua quando legge nelle mani di Lip qualcosa che le appartiene.
E’ sempre una cattiva idea lasciarsi andare, la femmina di Milkovich (come la chiamano gli spacciatori particolarmente fatti) dovrebbe averlo imparato, ormai,
Avvicinarsi ad un altro essere umano, sentirne il tocco soffice sulla pelle, la carezza gentile della lingua in balia degli ormoni.. è deleteria per la sua speranza spicciola.

Vissuta nella casa degli orrori, costretta a fantasticare sulla propria madre nascosta sotto il letto.. aveva imparato ad aver paura di Terry solo quando ormai era troppo tardi.
Quando mai e poi mai avrebbe voluto sentire l’odore alcolico dell’alito del genitore soffiarle in faccia che razza di puttana da quattro soldi fosse, quando mai e poi mai sarebbe riuscita a dimenticare le mani tozze e callose di chi ha maneggiato armi talmente spesso da aver consumato i palmi, aprirle le gambe con forza e pizzicarle l’interno coscia sbruffando di fastidio.
Mandy aveva ricevuto in dono il seme della conoscenza, peccato l’avesse portata alla conclusione drastica e innegabile di essere sul serio una cagna come sua madre.
Si era gettata sul sesso come un morto di fame su un piatto fagioli, aveva creato una corsia preferenziale di cazzi all’interno della propria vulva per cercare di far andare via i segni del passaggio di Terry.
Quello, dal canto suo, continuava a tornare ubriaco, il che non sarebbe stato male se si fosse limitato ad accasciarsi sul tappeto in coma etilico e chissà.. schiattare sul pavimento come il rifiuto umano che era.

Invece no, già il modo incerto con cui girava il pomello della porta era un segno di avvertimento.
Immediatamente quegli stronzi dei suoi fratelli andavano via tenendosi i coglioni con una mano e le birre con l’altra, troppo codardi per affrontare il padre, tremavano come scheletri vuoti di chi è stato spremuto fino all’osso da ogni sostanza.
La lasciavano sola e andavano a caccia di fantasmi con cui trastullarsi: chi si faceva prendere a pugno fino a perdere qualche rotella; chi aveva iniziato con la polvere bianca su per il naso ma sognava segretamente di finire con un coltello tra le budella; chi andava allo stesso poligono di tiro fatto in casa, su un terrazzo desolato, a sparare colpi veri ai bersagli sbagliati.

Mandy, nell’udire i passi di Terry rimbombare nella cadenza claudicante da ubriaco, cercava di smaterializzarsi senza riuscirvi, avrebbe voluto scomporre il proprio corpo in mille e più pezzi, nascondersi per tutta la casa e lasciare che il padre impazzisse nello sforzo di cercarla.
Solitamente veniva colta in flagrante con un coltellaccio da cucina in mano e l’aria spaurita da cerbiatto nella prateria.
Peccato che quella non fosse una fottuta favoletta disney, che Mandy aveva pianto pure lei alla scena di Bambi che si gira e non trova la mamma ma solo perché della sua, di madre, non era rimasto che un ricordo distorto dall’alcol che puzzava solo di marcio.
Quando Terry l’afferrava per i capelli Mandy iniziava a tremare a tal punto da lasciarsi sfuggire la lama dalle dita, la quale cadeva a terra con un tonfo secco di metallo.
Forse quelle convulsioni incontrollabili erano dettate per il 90% dalla paura delle proprie azioni e per il 10% dalla consuetudine malata e perversa di quel rottame di suo padre che si sollazzava nell’abusare di lei sotto le mentite spoglie della perdizione con la scusa di un falso nome attribuito dalla misera legge dell’associazione ereditaria.

Gli epiteti che l’accompagnavano nell’agonia di quei venti minuti d’inferno erano sporchi e destabilizzanti, ma sparita l’attitudine inerme iniziale, la piccola MIlkovich trovava la forza di afferrare qualsiasi oggetto contundente trovasse a portata di mano, iniziando ad aggredire il vecchio incosciente che continuava a stringerla a tal punto da farle esplodere i capillari.
A volte, però, per qualche gioco del destino, nulla era abbastanza pesante da far perdere i sensi a Terry, così Mandy si limitava a strillare a denti stretti, a piegare le ginocchia facendo pressione sull’addome gonfio e teso dell’altro.
Quello, da parte sua, continuava a solleticare il nome di quell’angelo demoniaco di sua moglie, bagnandolo di saliva e bistrattandolo con la lingua.
La ragazza era come una cazzo di spugna, assorbiva tutto e si lasciava dilaniare dal ricordo di ciò che non era mai stata
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<< M-MANDY???! MANDY CAZZO-! >> Lip schiaffeggia leggermente il viso pallido della ragazza, quando si porta le mani sugli occhi scopre i polpastrelli umidi di lacrime amare, tipiche dei Milkovich.
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<< VAFFANCULO >> Mandy riprende tutto il fiato respirando quell’unica parola e si mette seduta con le scapole troppo sporgenti a far attrito contro la testata del letto
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<< Cosa cazzo..? >> La domanda resta sospesa sulla punta della lingua del biondo, mentre gli occhi asimmetrici squadrano la ragazza cercando un errore del sistema.
La mente matematica di Lip fa le capovolte attorno alle equazioni delle lacrime della compagna, la sintesi chimica del sudore umidiccio alla base dell’attaccatura dei capelli.
Mandy sbruffa e dissolve con una manata i ricordi evaporati in una nuvoletta di rimpianto, che le avvolgono la mente.
Gli occhi le si prosciugano e diventano oceani aridi, sanno di piscine autunnali condannate al sapore dolceamaro dell’abbandono.
Lo sguardo da gatta si riaccende assieme al prurito congenito che la fa sentire sempre fuori posto, ma basta allungare una mano verso i pantaloni di Lip per attenuare quel fastidio.
Basta essere sul serio sporca per smettere di sentirsi lurida.

Quello, d’altro canto, apre la bocca soffiando blande richieste di rifiuto, ma viene immediatamente zittito da un gemito di piacere che gli sconvolge le spalle.
Il biondo vorrebbe chiedere, smettere di ridurre la figura che gli sta accanto e a volte anche /dentro/ ad una funzione analitica.
Parlare di sentimenti e sputarli in faccia alla realtà meccanicistica della vita, lasciarsi abbandonare ad un mondo interiore che stride contro quello esteriore come una forchetta sul un piatto di ceramica.
Nessuno dei due ha ancora pronunciato la fatidica condanna dei ti amo prematuri, la quotidianità è scandita dal frusciare delle lenzuola e da piccole attenzioni maniacali a cui non dare troppo peso almeno per il momento.


<< Shhh… >>  La voce di Mandy è un violino scordato accoltellato dal suo stesso archetto, il rumore è simile a legno bagnato da lacrime di classicismo rinascimentale misto a pause
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Lip alza gli occhi verso la massa di atomi che compongono il soffitto, convincendosi con accurate tesi scientifiche, che tutto ciò che sente non è nulla di certo ma solo una distorsione di informazioni.
Quella sensazione di viscida appartenenza, quel bruciore di infimo rimpianto e il bisogno di dare protezione ad ogni spina di quella rosa selvatica che è Mandy Milkovich, nulla di reale, solo un’ eventualità su un milione di universi possibili.
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Mandy sussurra ninna nanne viscerali alla bambina racchiusa in un guscio di lame che le giace dentro,
mentre ha la bocca impegnata nell’attività di vergognosa soddisfazione a cui era destinata da ere primordiali alla sua.

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Lip solleva una mano e la posa sulla massa di capelli neri dell’altra, la fa staccare dal quel risucchio di malsano piacere e le avvicina un dito alle labbra in un segno universale di tacito accordo tra silenzi diametralmente opposti.

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Mandy appoggia la testa sui pettorali di lui, con i muscoli che guizzano sotto il suo peso impercettibile e il naso che ne aspira ogni minima fragranza:

Sa di famiglia che si riunisce a tavola tre volte al giorno e mangia roba scotta o bruciata, e mentre le molecole di carbonio viaggiano tra i capelli e si depositano nell’ombelico, discorsi senza fine prendono vita da parole banali;
Sa di protezione, di braccia protese a scudo contro il male del mondo, di letture solitarie a lume di torcia e occhi neri di kryptonite;
Sa di amore nascosto in amplessi facili e punti G segnalati in rosso sulla cartina geografica di quel corpo filiforme;
Sa esperimenti nel laboratorio di chimica e furti nelle università;
Sa di amore fraterno, di quelli che mai e poi mai ti sogneresti di lasciare tua sorella dodicenne sul ring del tavolo della cucina con tuo padre armato di cattive intenzioni a falciarne l’infanzia con lacrime rosso sangue;
Sa di futuri improbabili che non sa scegliere, di strade intricate tra le membrane cellulari costituite da fosfolipidi e dubbi;

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Lip da si casa, ma Mandy è una palla demolitrice di pesante ferro, armato dai più crudeli intenti.
Lip sa di incertezza e dolceamara convinzione di cavarsela, mentre Mandy ha artigli piantati in sé stessa più profondi di qualsiasi radice, tutto potrebbe fare tranne sradicarsi da quel posto o continuare a viverci.
Lip sa di vita e di amore incondizionato; Mandy sa di morte prematura ed eros estratto con la forza.














NdA
Che dire, ho dato tutto a questa fan fiction. Ho iniziato a scribacchiarla su un quaderno a righe elementari tra una lezione a scuola guida e l’altra, l’ho finita dieci minuti fa e mi sento solo smarrita e sconfortata.
Non sono mai soddisfatta di ciò che compongo, eppure ogni volta riemergo dalla scrittura stremata.
La canzone che mi ha accompagnata è What’s wrong with me di Julia Stone, leggendo il testo ho subito pensato a Mandy.
La mia predilezione per i Milkovich è palese ormai, spero solo che non mi accechi troppo e non mi faccia scrivere di personaggi OOC.

  
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