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Autore: Im that boy    12/10/2013    3 recensioni
Questa non è una storia, è qualcosa di completamente diverso. Qualcosa che ho scritto di getto, per sfogarmi riguardo agli ultimi rumors, che mi hanno letteralmente distrutta e per parlare un po' di quei tre ragazzi.
"We stayed, so what about you?"
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6 novembre 2009.
 
Ero in macchina, agitatissima. Quelle quattro ore di viaggio erano durate un’eternità, neanche la loro musica era riuscita a calmarmi. Eravamo in ritardo e nessun torinese riusciva ad indicarci il Palaolimpico, temevo di non arrivarci mai, avevo il terrore di perdermi quell’evento tanto atteso, tanto sperato.
Tremavo e i miei occhi stavano riempiendosi di lacrime: erano due anni che aspettavo quel momento, e pareva che stesse scivolandomi via dalle dita come insulsi granelli di sabbia.
Erano le 21.30 quando, non so come, l’auto si fermò. Io e mio padre ci precipitammo fuori, corremmo a più non posso verso i cancelli dai quali provenivano le note di “Hold On”, e in un attimo io fui dentro. La scena che mi si parò davanti era esattamente come l’avevo sognata: centinaia di persone che urlavano davanti a quel palco dove tre ragazzi, tre fratelli regalavano la loro musica.
Scesi le scale correndo, col cuore scalpitante e m’intrufolai tra la gente; volevo cercare di essere più vicina che potessi a quelli che io chiamavo idoli, i miei pilastri: i Jonas Brothers.
Ancora non riuscivo a credere di aver realizzato il mio sogno. Ero lì, loro erano davanti a me, finalmente riuscivo a sentire le loro melodie dal vivo.
Non piansi, no, eppure la mia gioia era tale che avrei potuto toccare la luna se solo lo avessi voluto. Ma a cosa mi sarebbe servita la luna dal momento che avevo quei tre ragazzi davanti a me?
Lo spettacolo terminò ed io tornai fuori più lentamente che potevo, guardandomi indietro infinite volte. Dentro di me gioia e depressione lottavano per prevalere: sapevo che non appena avessi messo piede fuori da quel teatro la serata sarebbe stata solamente un meraviglioso ricordo, come sapevo che lì dentro avevo lasciato qualcosa che non intendevo recuperare: il mio cuore.
Mio padre mi aspettava lì fuori, e non appena lo vidi non potei fare a meno di gettargli le braccia al collo. Era solo grazie a lui se avevo coronato il mio sogno.
 
 
 
6 novembre 2012
 
Tre anni fa, a quest’ora ero quasi arrivata a Torino.
Mio padre vagava spaesato ed io piangevo perché stavamo facendo tardi, mentre la radio riproduceva il mio cd, “A Little Bit Longer”.
I problemi a lavoro, la mia emozione mischiata ad una leggera rabbia perché eravamo partiti con un'ora e mezzo di ritardo da Firenze, il viaggio in autostrada, il navigatore che non c'era, le indicazioni sbagliate, il Palaolimpico che sembrava essersi nascosto.
E ancora: prendere una multa, trovare finalmente lo stadio; erano le 21.30, parcheggiare alla meno peggio e correre, correre a perdifiato verso l'entrata sulle note di “Hold On”, cantata talmente tanto forte da essere sentita perfino fuori.
Infine vederli finalmente di persona, cantare insieme a loro, piangere, ridere, non capire le loro parole.
Tre anni fa, a quest'ora stavo coronando il mio sogno.
 
Non appena mio padre tornò a casa gli domandai se sapeva che data fosse e la sua risposta quasi mi fece piangere.
“Certo che lo so: Torino. Come passa il tempo.”
 
 
 
11 ottobre 2013
 
In questa data, due anni fa io già stringevo in mano un cd intitolato “Fastlife”, e solo un anno fa quei tre fratelli visti a Torino, in quella città magica, sono tornati sulla scena.
Radio City, la prima di una lunga serie di tappe, il primo, nuovo successo… o almeno così pensavamo.
Sui social network non si parla d’altro, le notizie si accumulano come le lacrime che scorrono implacabili sul mio volto.
Una serie di, dal canto mio, tragiche notizie si sussegue facendo temere a tutti il peggio.
Joseph è stato visto insieme ad un infermiere del centro di riabilitazione che ha ospitato Demi Lovato… Il motivo non è quello che tutti noi stiamo pensando, vero? Dimmi di no, Joe, ti prego.
Danielle è in ospedale, e sto sperando con tutto il mio cuore che non sia successo niente alla bambina.
Olivia è in carcere, qualcuno pensa che tra Blanda e Joe sia finita, e quest’ultimo ha apparentemente litigato con Nicholas, il quale è stato visto piangere…
Cosa sta succedendo alla band… alla famiglia? Cos’è che li ha divisi a tal punto da cancellare il loro tour tanto atteso?
Tremo al solo pensiero che la band possa sciogliersi.
Spengo la musica. In questo momento non riesco ad ascoltare le loro voci, sto troppo male. Così male che sento il bisogno di prendere uno dei miei psicofarmaci, o forse due… o forse tutta la confezione.
Dio, mi sento così stupida a piangere per una band.
Ecco, forse è proprio questo il problema: dopo sei anni non li considero più come un gruppo di cantanti; loro sono la mia ispirazione, il mio punto di riferimento… i miei fratelli.
Non mi abbandonate, ragazzi, vi prego. Io non l’ho fatto. Mai. Ho sopportato la vostra assenza per questi quattro, lunghissimi anni e posso aspettare ancora… anche per l’eternità, ma voi non potete lasciarmi.
“Non puoi dividere una band di fratelli”, dicevano. Dimostratemi che questo è vero, che risolverete i vostri problemi e tornerete da me… da noi.
Ho bisogno della vostra musica più di ogni altra cosa… restate per me.
 
We stayed, so what about you?
   
 
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