12/10/2013
6 recensioniSpirito Indomito
È
bellissimo.
È bellissimo il suo corpo, per come si flette e si inarca inesperto ad ogni suo tocco, per come sente quei muscoli elastici e tonici delinearsi sotto i polpastrelli delle dita, per quella pelle calda e imperlata che trema ad ogni contatto, anche quello più innocente, anche quello più leggero e delicato.
È bellissimo per come strizza gli occhi ad ogni nuova spinta, per come tenta di soffocare malamente gemiti che alle sue orecchie ingenue devono apparire così vergognosi, per come volta la testa nel tentativo vano di nascondersi nel cuscino, per come cerca di evitare il suo sguardo a tutti i costi, spinto da un imbarazzo impossibile da celare.
È bellissimo perché serra le mani, conficca le dita nelle lenzuola, nel materasso, gratta con le unghie per cercare stabilità, un punto fermo, deciso a non cedere, a non lasciarsi andare, volendo dimostrare chissà che cosa, fino a quando è lo stesso Rivaille ad afferrargli i polsi – quasi con gentilezza, con una cura che non gli pare appartenere alla sua stessa persona – e invitarlo a stringere quelle braccia attorno al suo busto, a poggiare quelle mani e quelle dita sulla sua schiena, a toccarlo, a trovare riparo e appoggio in lui, a usarlo come sostegno e come sicuro porto.
Eren è bellissimo, pensa Rivaille, perché così complicato, così pieno di sfaccettature, perché è così puro nonostante tutte le sue contraddizioni, perché ancora non cede nonostante tutto quello che ha lacerato il suo animo, perché ancora crede in qualcosa, futuro o sogno che esso sia.
Perché c’è disperazione e rabbia nei suoi occhi, e speranza, e volontà di non arrendersi mai.
Rivaille si china su di lui, il ventre che sfiora l’erezione del ragazzo, e cattura con un bacio il singulto incontrollato generato dal suo stesso movimento. Gli bacia le labbra, più e più volte, gli carezza il viso, le guance, infila le dita tra i suoi capelli e continua a baciarlo, senza irruenza ma deciso, fino a quando Eren non si muove anch’esso, schiudendo le labbra e cominciando a far muovere le proprie dita sulla schiena di Rivaille, saggiandone scompostamente vecchie cicatrici e nuove ferite, aggrappandosi alle sue spalle e carezzando la nuca, fino a toccare lì dove le ciocche di capelli sono più lunghe.
Un fremito di piacere lo coglie, ora che lo sente davvero così vicino, partecipe, qualcosa che trascende il puro atto fisico. Gli lambisce le labbra con i denti, ne assapora di nuovo la morbidezza e il calore, reclama un bacio più profondo e languido.
Lo vuole, lo vuole ora e lo vuole sempre, tutto per sé; lo vuole per quella luce che ha negli occhi, per quel fuoco che lo divora da dentro, per come urla e si agita e non accetta l’ingiustizia di un mondo troppo crudele; lo vuole per quelle sue lacrime, di dolore, di disperazione, di rabbia, di rancore, per quel fiume di sentimenti così assoluti di cui è artefice instancabile.
Rivaille lo vuole, semplicemente, accanto a sé, sotto la sua protezione e vigilanza, non importa in che modo, non importa se giusto o sbagliato, deciso a vedere fino a dove potrà arrivare lo spirito indomito di Eren.
È bellissimo il suo corpo, per come si flette e si inarca inesperto ad ogni suo tocco, per come sente quei muscoli elastici e tonici delinearsi sotto i polpastrelli delle dita, per quella pelle calda e imperlata che trema ad ogni contatto, anche quello più innocente, anche quello più leggero e delicato.
È bellissimo per come strizza gli occhi ad ogni nuova spinta, per come tenta di soffocare malamente gemiti che alle sue orecchie ingenue devono apparire così vergognosi, per come volta la testa nel tentativo vano di nascondersi nel cuscino, per come cerca di evitare il suo sguardo a tutti i costi, spinto da un imbarazzo impossibile da celare.
È bellissimo perché serra le mani, conficca le dita nelle lenzuola, nel materasso, gratta con le unghie per cercare stabilità, un punto fermo, deciso a non cedere, a non lasciarsi andare, volendo dimostrare chissà che cosa, fino a quando è lo stesso Rivaille ad afferrargli i polsi – quasi con gentilezza, con una cura che non gli pare appartenere alla sua stessa persona – e invitarlo a stringere quelle braccia attorno al suo busto, a poggiare quelle mani e quelle dita sulla sua schiena, a toccarlo, a trovare riparo e appoggio in lui, a usarlo come sostegno e come sicuro porto.
Eren è bellissimo, pensa Rivaille, perché così complicato, così pieno di sfaccettature, perché è così puro nonostante tutte le sue contraddizioni, perché ancora non cede nonostante tutto quello che ha lacerato il suo animo, perché ancora crede in qualcosa, futuro o sogno che esso sia.
Perché c’è disperazione e rabbia nei suoi occhi, e speranza, e volontà di non arrendersi mai.
Rivaille si china su di lui, il ventre che sfiora l’erezione del ragazzo, e cattura con un bacio il singulto incontrollato generato dal suo stesso movimento. Gli bacia le labbra, più e più volte, gli carezza il viso, le guance, infila le dita tra i suoi capelli e continua a baciarlo, senza irruenza ma deciso, fino a quando Eren non si muove anch’esso, schiudendo le labbra e cominciando a far muovere le proprie dita sulla schiena di Rivaille, saggiandone scompostamente vecchie cicatrici e nuove ferite, aggrappandosi alle sue spalle e carezzando la nuca, fino a toccare lì dove le ciocche di capelli sono più lunghe.
Un fremito di piacere lo coglie, ora che lo sente davvero così vicino, partecipe, qualcosa che trascende il puro atto fisico. Gli lambisce le labbra con i denti, ne assapora di nuovo la morbidezza e il calore, reclama un bacio più profondo e languido.
Lo vuole, lo vuole ora e lo vuole sempre, tutto per sé; lo vuole per quella luce che ha negli occhi, per quel fuoco che lo divora da dentro, per come urla e si agita e non accetta l’ingiustizia di un mondo troppo crudele; lo vuole per quelle sue lacrime, di dolore, di disperazione, di rabbia, di rancore, per quel fiume di sentimenti così assoluti di cui è artefice instancabile.
Rivaille lo vuole, semplicemente, accanto a sé, sotto la sua protezione e vigilanza, non importa in che modo, non importa se giusto o sbagliato, deciso a vedere fino a dove potrà arrivare lo spirito indomito di Eren.
Note: Oddio, la mia prima fanfic su L'attacco dei Giganti! Non ci posso ancora credere! Da dove è spuntata fuori? Soprattutto, come ho avuto il coraggio di pubblicarla? xD
Come i più acuti fra voi avranno notato è una Rivaille/Eren, perché, ovviamente, mi voglio del male, e ho deciso di iniziare con un pov semplice come quello di Rivaille; pov che tra l'altro, mi è familiarissimo *ironia*.
Un paio di precisazioni: spero di non essere andata palesemente OOC; ho scelto di usare il nome "Rivaille", invece della traslitterazione ufficiale, perché più si avvicina all'effettiva pronuncia; all'inizio volevo intitolare questa fanfiction "Diamante allo stato grezzo", ma ho rinunciato perché l'ovvietà della citazione mi faceva ridere. :'D
Grazie per aver dimostato il coraggio di leggere fino a questo punto. ♥