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Autore: Kysaw    13/10/2013    0 recensioni
Isobel scappa da un passato che vuole nascondere a tutti i costi. Lavora in un pub ed è sempre gentile con tutti, le piace leggere i libri ma soprattutto le persone, e quando conoscerà un ragazzo di nome Louis il suo mondo che ha ricreato sarà costretto a crollare. Dovrà fare i conti con la paura di riaprire le ferite che sembravano essere scomparse e ferirsi ancora con i fantasmi del passato che pensava fossero rimasti a Yuma, il paese da cui lei proviene.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Sconosciuto.

Indossai la mia giacca di cotone col cappuccio, le mie cuffie e uscii in fretta dalla stanza, salutando Megan che era china ancora sui libri. Aveva un esame di fisica tra due ore. Uscita fuori mi avviai verso il parco, a passo svelto mentre per strada le persone correvano indaffarate e prese dalla propria routine.
Arrivata al parco iniziai a correre dopo tre minuti di camminata svelta, misi le cuffie come sempre e finalmente iniziai a svuotarmi di ogni pensiero come accadeva ogni volta. Adoravo andare lì dentro e guardare la gente serena giocare con i propri bambini, nipoti, fratelli, amici; vedere i ragazzini baciarsi e sapere che quei baci non sarebbero stati i primi e neanche gli ultimi. Era questo quello che facevo, osservavo. Non perché mi piacesse sapere le cose intime della gente, non ero un’impicciona, la maggior parte delle volte mi facevo gli affari miei, ma credo che più che altro mi piacesse leggere le persone e scoprire cosa nascondessero dietro un sorriso o uno sguardo.
Quando passarono le due ore ero esausta e immaginai di buttarmi sul letto che mi aspettava a casa, ma purtroppo avevo un lavoro e quel lavoro mi permetteva di pagare l’affitto della casa dove tenevo il mio bel letto.
Arrivai a casa, corsi in bagno a farmi una doccia e quando ne uscii mi accorsi che Megan non c’era più. Era proprio asociale quella ragazza, dopo tre mesi di convivenza a stento sapevo quale università frequentasse.
Mi tolsi l’accappatoio e mi vestii, presi la borsa con il cellulare e le chiavi e mi avviai a lavoro.

“Ciao Will!” esclamai quando entrai nel pub.
“Hey Isobel!” Alzò la testa da dietro al bancone. Will era un uomo panciuto, sui sessant’anni e le guancie rosse. Era simpatico e pacioccone e ogni volta che apriva bocca capivo perché la moglie l’amasse ancora così tanto. “Ci sono da pulire i tavoli in fondo e da prendere due casse d’acqua dallo scantinato” disse.
“Corro!” sentii le mie gambe protestare. Mi dicevo sempre di andare a correre la sera, dopo il lavoro, ma per paura di stare lì dentro al buio, da sola, non lo facevo mai.
Pulii i due tavoli, presi le casse d’acqua e riempii le ciotole di biscotti da mettere sui tavoli. Girai il cartello con scritto ‘aperto’ e mi misi ad aspettare dietro il bancone che entrassero i primi clienti.
Il pub di Will era carino e di solito pieno di gente, lui aveva lì abitudine di non mettere prezzi alti perché era convinto che questo attirasse le persone anziché farle scappare, con i tempi che corrono. Le persone lo adoravano e tutti gli erano amici, chi lo non lo conosceva imparava presto a conoscerlo.
Entrarono alcune ragazze, sembravano l’una la fotocopia dell’altra. Ridevano come oche e si sedettero al proprio tavolo, si guardarono intorno in cerca di qualcuno. Io uscii dal bancone, indossai il grembiule con la scritta ‘Da Will’ e mi avviai da loro.
“Cosa vi posso portare?” sorrisi.
“Quattro insalate e dell’acqua, grazie” disse una di loro, guardandomi dalla testa ai piedi.
Scrissi l’ordine e mi avviai al bancone.
“Non le reggo queste!” bisbigliai a Will che mi sorrise, prese l’ordine e lo lesse a Tom che era dietro la cucina.
Il resto della giornata passò così, tra un’insalata e un hamburger si era quasi fatta ora di chiudere. Mancava un’oretta, quando entrarono tre ragazzi. Due di loro erano altri quasi due metri e l’altro invece sembrava un tappetto, tanto era il distacco. Si sedettero al tavolo e io andai da loro.
“Cosa vi porto?” chiesi.
“Possiamo avere un menù?” disse il ragazzo con i capelli castani. Aveva un’aria annoiata e impassibile, non alzò neanche gli occhi quando mi parlò.
“Ve lo porto subito.” Presi tre menù da sotto al bancone, glieli portai e tornai dietro il bancone. Dopo due minuti mi chiamarono per l’ordine.
Mangiarono pianissimo, mentre il biondo parlava in continuazione con quello più basso e il castano annuiva di tanto in tanto, e solo quando iniziai ad alzare qualche sedia dei tavoli vuoti si accorsero che si era fatto tardi.
Mi chiamarono per il conto, pagarono e si alzarono. Erano dei veri giganti quei due!
Posai i soldi, pulii il tavolo e iniziai a sognare il mio bel letto che era a casa ad aspettarmi. Le giornate al pub erano tutte faticose, dato che ero l’unica cameriera e Will non mi aiutava più di tanto a causa delle chiamate della moglie.
Chiusi per bene tutte le finestre, Will uscì qualche minuto prima di me e mi augurò la buonanotte. Presi le chiavi, uscii e abbassai la serranda, misi il catenaccio e solo allora mi accorsi che faceva freschetto. I marciapiedi erano bagnati ed io avevo solo una camicetta a mezze maniche. Mi maledissi per  non aver portato una felpa. Incrociai le braccia e mi avviai verso casa.
Il Pub era dietro una stradina isolata, a circa un chilometro da casa. Speravo non mi venisse la febbre.

Arrivata a casa sospirai per l’atmosfera calda che finalmente mi aleggiava intorno e decisi di farmi una doccia. In corridoio passò Megan.
“Hey, com’è andato l’esame?”
“Male”. Sbatté la porta della sua camera e si chiuse dentro a chiave.
Presi il mio pigiama e andai a lavarmi. Feci in modo di levarmi tutto il gelo di dosso e poi corsi a letto senza mangiare nulla. Ero stanca morta. Mi accalorai sotto le coperte. Era solo ottobre e a Los Angeles non faceva molto freddo, ma a me sembrava di stare a dicembre.
Presi subito sonno.

Il mattino dopo mi svegliai con la luce del sole che filtrava dalla finestra, mi stiracchiai e mi preparai ad un’altra giornata. Stavolta presi anche un golfino di lana sottile e lo indossai, afferrai la borsa con il cellulare e mi avviai al lavoro.
Circa due minuti dopo essere uscita di casa squillò il cellulare.
“Cath!” esclamai dopo aver letto il nome sul display “ma che cavolo di fine avevi fatto! Com’è andato l’incontro con i genitori di Fill?”
“Bene! Ero troppo ansiosa, ma mi sono promessa che il prossimo week-end sarò più socievole e meno taciturna” disse in tono dispiaciuto.
Risi. “Impareranno a conoscerti anche loro e allora avrai dei suoceri fantastici che ti amano!”
“Speriamo! Ma dove sei ora? Sei già a lavoro?”
“No, sono per strada. Quando torni?” chiesi ansiosa.
“Non lo so. Fill ha alcune faccende da sbrigare con degli amici e quando avrà finito torneremo.” Sentii un rumore in sottofondo. “Eccolo che torna.. Fill! Aspetta ti aiuto! Hey Bell ci richiamo, ok?”
“Va bene, ci sentiamo allora. Un abbraccio e torna presto che mi manchi!”
“Farò del mio meglio, mi manchi anche tu.”
Ero quasi arrivata al pub. Grazie alle mi gambe piuttosto lunghe e al mio passo svelto, di solito non ci mettevo più di un quarto d’ora al massimo.
“Buongiorno Will!” esclamai quando entrai.
“Hey Isobel, ti vedo serena oggi! Ieri eri cadaverica!” esclamò.
“Sì, mi sono ricaricata e ora torno all’attacco” rise. “Cosa c’è da fare oggi?” dissi poggiando la borsa sul mio scaffale.
“Nulla, ho già sistemato tutto stamattina presto. Devi solo aspettare i primi clienti che arriveranno a momenti.” Fece una pausa. “Senti io oggi non ci sarò per tutta la giornata, vado con mia nipote al parco e credo poi andremo a mangiare fuori. Ti lascio l’amministrazione del locale. Non far bere i minorenni..-”
“Non essere scortese ai tavoli e non farti trattar male dai ragazzi che pensano tu sia una poco di buono. Già lo so, Will. Vai tranquillo e goditi questa giornata.”
“Grazie Bells, a domani allora” disse dandomi un bacio affettuoso sulla guancia. Mi ritenevo fortunata ad avere un capo così.
La giornata passò in fretta, tra un ordine e l’altro mi portai avanti anche con qualche pagina di un libro che stavo rileggendo in attesa di comprarne uno nuovo.
Arrivata la sera, girai il cartello con scritto ‘chiuso’ e iniziai a riordinare il locale. Lavai gli ultimi bicchieri, contai i soldi e iniziai a chiudere le finestre prima di andarmene.
Ero nell’ufficio di Will, quando sentii il campanellino della porta d’ingresso. Erano l’una passata e io come al solito avevo dimenticato di chiudere a chiave. Ero sola e non sapevo difendermi, nel caso fosse stato qualche ladro.
Decisi di avvicinarmi in silenzio e sbirciare dall’angolo dietro la porta. Vidi che qualcuno era seduto la bancone e aspettava in silenzio. Capii che non era un ladro, ma solo qualcuno che non aveva notato la scritta ‘chiuso’. Avanzai verso di lui e quando mi vide, alzò gli occhi. Era uno dei ragazzi che si erano presentati la sera prima, quello dallo sguardo spento. Lo aveva anche mentre mi guardava.
“Siamo chiusi” dissi quando mi guardò.
“Volevo solo un bicchiere di coca” disse sottovoce, mentre si guardava intorno. “Non ho notato il cartello con scritto ‘chiuso’” disse indicando la porta.
Gli sorrisi. “Fa nulla.” Sembrava triste, per cui decisi di accontentarlo e presi due bicchieri. Uno lo riempii di coca-cola e glielo porsi, l’altro lo riempii d’acqua. Avevo sete.
Restò in silenzio per un po’, poi sembrò ricordarsi di me. “Non hai paura a stare da sola?” disse alzando lo sguardo.
“No, lavoro qui da un po’ e non è mai successo nulla. In più tutti vogliono bene a Will e nessuno si azzarderebbe a derubarlo.”
“Ma potrebbero decidere di fare del male a te” disse con una strana voce.
“Non ne vedo il motivo. Cerco di essere sempre gentile con tutti..” dissi come se sembrasse ovvio.
Lui continuava a guardarmi e a quelle parole sorrise. Non era d’accordo. Gli sembravo scortese forse?
Aveva una tristezza infinita che gli trapelava dagli occhi. Guardava ciò che lo circondava con una pacatezza esagerata e quando parlava sembrava nervoso, ma non credo che lo fosse sul serio. Volevo chiedergli cosa fosse successo e perché all’una di notte si ritrovasse solo in un pub a bere coca-cola con una cameriera conosciuta solo due minuti prima. Mi trattenni dal farlo ovviamente.
Aspettai che finisse la sua coca e gli chiesi se volesse qualche altra cosa.
“No, nulla grazie.”
Presi il bicchiere e iniziai a lavarlo insieme al mio.
Lui mi osservava mentre facevo le ultime cose. Io speravo pagasse e se ne andasse, in modo da non costringermi a dirgli che dovevo chiudere.
Ricontrollai le finestre due volte, ma lui non si mosse di lì, continuando a fissarmi. Alla fine cedetti.
“Hey, io dovrei chiudere..” dissi imbarazzata.
Prese il portafogli. “Dici che nessuno si azzarderebbe a derubare il proprietario di questo pub, ma hai controllato le finestre due volte.” Disse mentre prendeva i soldi.
“Io non conosco il futuro per cui mi affido al detto ‘meglio prevenire che curare’” dissi avvicinandomi al bancone per prendergli il resto.
Sorrise, si alzò e mi aspettò vicino alla porta.
Presi le chiavi, indossai il golfino che mi ero tolta e afferrai la borsa. Feci uscire prima lui, abbassai la serranda, misi il catenaccio e lo salutai.
“Torni a casa da sola a piedi?” mi chiese con aria sorpresa.
“Certo, se pagassi un taxi ogni sera non potrei neanche pagare la bolletta della luce. E poi mi rilassa camminare” conclusi.
“Non hai paura di niente” disse quasi sottovoce. “Ti posso accompagnare fino a casa?” attendeva una risposta.
Non conoscevo quel ragazzo e non sapevo se fosse un maniaco che voleva sapere dove abitavo, né che intenzioni avesse. Però lo guardai negli occhi e vidi ancora una volta una tristezza infinita.
Attendeva una risposta. “Non ho voglia di tornare a casa..” disse quando si accorse che non sapevo cosa rispondere. “Non sono un malato mentale, voglio solo un po’ di compagnia” sorrise.
“Va bene.” Dissi sorridendogli.
Durante il tragitto gli chiesi cosa facesse e cose del genere. Disse che era al quarto anno di scienze umane e che era stato bocciato due volte a causa degli spostamenti del padre. Voleva laurearsi, ma non sapeva ancora in cosa preciso.
“Tu invece? Cosa fai oltre lavorare al pub?”
“Nulla” risposi fredda.
“Impossibile. Devi pur fare qualcos’altro” insistette.
“Leggo.” Risposi infastidita dalla sua curiosità.
“Ecco, vedi? Ne hai una anche tu.” sorrise. Cambiò discorso e mi tenne compagnia con chiacchiere inutili durante il tragitto.
“Ecco, qui è dove abito” dissi indicando le mura della mia casa quando fummo arrivati.
“Ah.” La scrutava con aria dispiaciuta. “Va beh, è stato un piacere conoscerti..”
Solo allora mi accorsi di non sapere ancora il suo nome.
“Sentimmo una finestra che si apriva al secondo piano. Megan si sporse.
“Hey, dai sali. Sono le due di notte quasi ed ero tanto preoccupata per te!” bisbigliò con aria nervosa e preoccupata. Megan preoccupata per me?
“Ci vediamo” dissi rivolta a lui. Corsi verso le scale e quando mi voltai per vedere se era ancora là era ormai sparito.
Lo avrei sicuramente rivisto al pub, pensai mentre cercavo di indovinare il suo nome.

Aprii la porta di casa e chiamai Megan.
“Sono qui!” rispose dalla cucina.
Mi affacciai ed era seduta a bere un bicchiere di latte. “Che fame, credo mi farò un panino” dissi rovistando nel frigo.
“Cosa? Alle due di notte? Sei impazzita?”
“Non ho mangiato nulla, sono a digiuno da stamattina..” risposi. In effetti non mi ero accorta di quanto fossi affamato, troppo presa dal lavoro e da quel ragazzo. “Forse però è meglio che prenda un bicchiere di latte anche io.. Ma prima andrò a farmi una doccia.” Dissi andando a prendere il pigiama.
“Come vuoi.” Megan si avviò in camera sua.
Aprii la porta della mia camera e nel buio vidi una sagoma sul letto. Accesi la luce di colpo, presa dallo spavento.
“Hey! Stavo dormendo!” Cath si alzò a sedere sul letto e si coprì gli occhi.
“E tu cosa ci fai qui?!” corsi verso di lei e la strinsi forte. Non la vedevo da soli tre giorni, ma quando non c’era faceva sentire la sua mancanza per bene.
“Avevo pensato di farti una sorpresa ma non c’eri. La tua coinquilina è davvero antipatica comunque” disse con voce offesa. Megan doveva averla risposta il modo brusco. “ma che ore sono?” Guardò l’orologio sul comodino. “Cazzo, sono le due passate! Fill sarà preoccupatissimo!” si alzò di scatto e iniziò a cercare il cellulare. Fece un numero. “Fill! Sì lo so, sono andata a casa di Isobel e mi sono addormentata qui. Penso che passerò qui la notte tesoro, scusa se ho chiamato solo ora” continuò con qualche parola sdolcinata verso il fidanzato e poi riattaccò.
“Allora, come stai?” mi chiese con un gran sorriso.
“Stanca morta e affamata. Vado a farmi una doccia e dopo parliamo ok?” dissi afferrando il mio pigiama.
“Okkey” rispose buttandosi di nuovo sul letto.
Cercai di fare una doccia veloce e poi così in cucina a prendere due bicchieri di latte con dei biscotti. Li misi in un vassoio e mi avviai verso la mia camera.
Quando entrai vidi che Catherine si addormentata di nuovo. Sorrisi, la coprii con una coperta, bevvi il mio bicchiere di latte e decisi di addormentarmi anche io.
Quella notte, con il sottofondo del respiro regolare di Cath, non smisi di pensare a quel ragazzo e alla sua tristezza. Ma ero intenzionata a non fissarmi troppo, non volevo che ricapitasse di nuovo tutto. La prossima volta che l’avrei visto lo avrei trattato con più freddezza, non mi sarei resa più così disponibile e avrei fatto di tutto per apparire meno interessata. 
  
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