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Autore: amu hinamori    13/10/2013    3 recensioni
Dal capitolo 1:
Ikuto pensò subito che la ragazza non poteva conoscere il giapponese, così iniziò a parlare in inglese: -My name is Ikuto and I’m 17 years old, on your right you can fin..- poi venne interrotto dalla voce della ragazza.
-Non c’è bisogno che tu mi parli in inglese, conosco il giapponese come lo conosci tu- affermò lei con modo retorico.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Era una giornata come le altre, la solita classe, i soliti libri noiosi come un film in bianco e nero, i soliti amici, i soliti prof, e il solito banco.
Questo era la giornata di Ikuto.

Durante le prime tre ore, si era dedicato al scarabocchiare le pagine dei libri con note musicali, chiavi di violino, frecce in 3D bianche e nere. Certo chi non si annoierebbe durante un’ora di matematica e due di storia? Questo succedeva al 90% delle lezioni, nessun professore lo aveva mai beccato, era sempre stato seduto infondo alla classe, vicino alla finestra, accanto a lui c’era un banco vuoto, in parole povere era isolato dal mondo. Anche il suo modo di vestire era diverso, vestiva sempre e solo tre colori: blu, nero e bianco. Carattere: non faceva trapassare alcun sentimento, era definito dalle ragazze il ragazzo più misterioso e più bello della scuola, ma nessuna di queste ragazze ci provava con lui, perché la risposta era sempre la stessa: un bel “no” spaccato. Durante le due ore di storia aveva iniziato a piovere a dirotto, poi qualcuno bussò alla porta. Il preside con una ragazza con i capelli raccolti in una coda, vestita con un abito nero con i bordi in pizzo e gli stivali che le arrivavano al ginocchio.
-Buongiorno ragazzi, vi presento la vostra nuova compagna di classe: Amu Hinamori. Viene da una prestigiosa scuola inglese, vi prego di trattarla bene. Visto che è la prima volta che entra in questa scuola. Professore potrei chiedere a un alunno di accompagnarla a fare un giro della scuola- chiese il preside al professore di storia.
-Credo che non ci siano problemi. Tsukiyomi, potresti andare tu?- disse il professore. Ikuto si alzò, la ragazza lo iniziò a guardare, notò che era un ragazzo alto, dai capelli blu notte, con gli occhi color ametista. Lui notò che non era molto alta, aveva degli splendidi occhi color ambra, un corpo da normale ragazza e strano ma vero non era truccata; Ikuto non sopportava le ragazze che si truccavano troppo, invece questa era al naturale, ed anche bella.
-Non ci sono problemi- disse Ikuto con tono incolore. Così lui e la ragazza nuova uscirono dalla classe e iniziarono a camminare per il corridoio.

Ikuto pensò subito che la ragazza non poteva conoscere il giapponese, così iniziò a parlare in inglese: -My name is Ikuto and I’m 17 years old, on your right you can fin..- poi venne interrotto dalla voce della ragazza.
-Non c’è bisogno che tu mi parli in inglese, conosco il giapponese come lo conosci tu- affermò lei con modo retorico.
-Quindi tu parli la nostra lingua?- chiese lui.
-Per tua norma e regola io sono giapponese al 100%, comunque hai una buona pronuncia- disse Amu con lo stesso tono di prima.
-Grazie- disse lui con il suo stesso tono.
-Cosa posso trovare alla mia destra?- disse lei riferendosi al discorso del ragazzo.
-Le varie aule del secondo anno e a sinistra quelle del terzo- parlò lui riprendendo il discordo di prima, - scendendo al primo piano puoi trovare le aule del primo anno e i laboratori di informatica- continuò facendole scendere le scale e mostrandole i vari laboratori. Scesero al piano terra, non c’era nessuno in giro, la scuola sembrava un deserto.
-Al piano terra puoi trovare l’ufficio del preside, l’ufficio del vicepreside, la segreteria, la mensa, l’aula magna e il laboratorio di musica- continuò lui. La ragazza non aveva aperto la bocca da quando lui aveva ripreso a parlare della scuola, era silenziosa, attenta, anche se non lo dava a vedere.
Ikuto fece attraversare ad Amu un grande corridoio pieno di foto di ragazzi e ragazze, Amu si fermò davanti a una in particolare, una foto dove era ritratto Ikuto con in mano un violino. Il ragazzo notò che la ragazza non lo stava più seguendo e che era rimasta a fissare la parete, si avvicinò a lei e le disse: -Cosa stai guardando?
Lei si voltò verso di lui e disse: -In questa foto ci sei tu- indicandola con il dito. Ikuto rivolse il volto verso la foto indicata dalla ragazza.
-Ah, sì. È la foto del saggio dell’anno scorso, mi avevano chiesto di suonare il violino- disse lui rincominciando a camminare verso la porta infondo al corridoio. La ragazza lo seguì senza dire una parola e oltrepassarono la porta.

Entrarono in un altro stabile dove c’erano dei tappeti in stile ottocentesco e vari dipinti sulle pareti, ad Amu sembrava di essere nella sua vecchia scuola dalla somiglianza all’arredamento inglese.
-Questo è lo stabile dei vari club e laboratori della scuola, al primo piano ci puoi trovare le aule dedicate ai club di musica, giornalismo, scrittura e disegno. Al secondo piano ci trovi l’aula di danza classica, che è inutilizzata perché la gran parte delle ragazze segue i corsi di danza moderna che si tengono in una delle palestre della scuola- disse lui fermandosi nel mezzo dell’entrata davanti allo scalone.
-Vieni- gli disse, -ti mostro uno posto che sembra sia stato dimenticato da tutti- continuò mentre camminava verso un altro corridoio, si fermarono davanti a una grande porta di legno che arrivava fino al soffitto. Ikuto aprì la porta ed entrò, Amu lo seguì e si trovò davanti a una splendida biblioteca molto simile a quella che si vede nei film come Harry Potter. La ragazza accarezzò i dorsi dei libri che erano impolverati da quanto non venissero sfogliati, la mano di Amu si fermò su un libro in particolare, che non era impolverato come gli altri, lo sfilò dalla pila di libri sul ripiano e lesse il titolo: “Le cronache di Narnia”. Lo aprì per vedere chi fosse stato l’ultimo a prenderlo dalla biblioteca, lesse sul foglietto solo un nome: Ikuto Tsukiyomi, lei si voltò verso il ragazzo e gli chiese: -Tu sei l’unico ad aver letto questo libro?
-Purtroppo sì, tutta la scuola si è dimenticata di questo posto- disse lui con un tono dispiaciuto. Amu ripose il libro al suo posto e poi si voltò verso di lui.
-Ma ci sei mai venuto con qualcuno?- chiese lei.
-Con nessuno, una volta ho invitato i miei amici durante la pausa pranzo, ma loro sono andati a giocare a calcio fuori, perché me lo hai chiesto?- chiese lui curioso.
-Per sapere qualcosa su di te- disse lei senza nascondere la cosa.
-Cos’è? Ti piaccio per caso?- chiese lui con malizia.
-M-m-ma n-no! Che ti salta in mente?- disse lei arrossendo. Lui si mise a ridere.
-Lo sai che sei diventata tutta rossa!- disse lui mentre rideva.
-Non vedo cosa ci sia da ridere, non hai mai visto una ragazza arrossire?- chiese lei con tono arrabbiato.
-Ne ho viste a bizzeffe di ragazze che arrossiscono, ma non come te- disse lui cercando di smettere di ridere.
-In che senso “come me”?- chiese lei.
-In questa scuola le ragazze, s’imbarazzano a parlare con me, anche se sono sempre loro a rivolgermi la parola- disse lui tornando serio, -fin dal primo anno sono stato etichettato il bel ragazzo misterioso, con uno stuolo di ragazze al suo seguito.
-Allora sarai famoso?- disse lei.
-Sì, ho il record mondiale di rifiuti, da parte mia, in tutta la scuola- disse lui facendola ridere.
-Ma non mi dire, quindi sei il ragazzo impossibile della scuola, famoso fra le ragazze- affermò lei ridendo.
-Già- disse lui orgoglioso, -continuiamo il giro?- chiese lui, le fece cenno di sì con la testa e passarono in un altro stabile.

Ikuto mostrò ad Amu il teatro, la sala dei ricevimenti dove si tenevano i balli scolastici, le palestre e gli spogliatoi delle palestre.
-Amu- disse Ikuto.
-Sì?- rispose lei guardandolo.
-Tu hai qualche hobby particolare?- chiese lui.
-Perché lo vuoi sapere?- chiese lei curiosa.
-Così, tanto per sapere- disse lui.
-Mah, leggo libri, mi piace cantare, fare sport e disegnare, e tu?- disse lei con tono disinteressato.
-A me piace suonare il violino, leggere, fare sport e basta- disse lui, poi suonò la campanella dell’intervallo.
  
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