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Autore: Kastel    14/10/2013    2 recensioni
Aprì gli occhi con calma, trovandosi davanti alla penombra di una stanza con le imposte socchiuse. Si mise a sedere sul letto, strofinando il dorso della mano sinistra sull'occhio per scacciare gli ultimi residui di un sonno che accennava a prenderla ancora con sé quando lei non desiderava ciò.
[Gender Bender AkaKuro]
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Seijuro Akashi, Tetsuya Kuroko
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender
- Questa storia fa parte della serie 'Akane e Tsukiko '
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Aprì gli occhi con calma, trovandosi davanti alla penombra di una stanza con le imposte socchiuse. Si mise a sedere sul letto, strofinando il dorso della mano sinistra sull'occhio per scacciare gli ultimi residui di un sonno che accennava a prenderla ancora con sé quando lei non desiderava ciò.
Fortunatamente solo il silenzio si accorse dei suoi movimenti: il respiro tranquillo di Akane faceva intendere che non si era svegliata. Tsukiko la poteva solo intravedere la sua sagoma, raggomitolata su un fianco e immobile, presa chissà da quale sogno. Era così tranquilla quando dormiva che spesso Tsukiko si chiedeva se era la medesima persona che durante il giorno faceva impallidire giudici e avvocati. Oppure i suoi ricordi la ingannavano e si confondevano nella dolcezza di quella notizia che avevano tanto aspettato.
Non resistette, Tsukiko, nel darle una carezza delicata sul collo, nel tentativo di non svegliarla. Dopodiché si alzò, lasciando sola la compagna nel grande letto matrimoniale.
Doveva fare piano, perché non voleva assolutamente che Akane si accorgesse di ciò che stava per fare. E poteva anche capirla, dato l'orario, ma era tutto il giorno che ci pensava. Ne voleva uno, ORA.
“Che stai facendo, Tsukiko?”
Una voce femminile che non risentiva delle tracce del sonno che aveva appena abbandonato parlò nello stesso instante in cui le sue dita riuscirono a premere l'interruttore per illuminare la cucina moderna e attrezzatissima della casa che condividevano. La colpevole si girò piano, beccata praticamente senza neanche aver avuto la possibilità di agire. Come al solito, perché lei era troppo limpida per poter commettere qualche scorrettezza.
Akane Akashi fissò gli occhi azzurri e con una lieve traccia di colpa della compagna con curiosità, poiché non riusciva a capire il perché Tsukiko si fosse alzata nel bel mezzo della notte per andare in cucina.
“Ecco...”
Distolse lo sguardo per spostarlo sui lunghi capelli rosso fuoco di Akane, legati da un semplice nastro sul fondo e lasciati cadere sul davanti, in modo da tenerli sommariamente in ordine. Si spostarono un poco quando la donna scosse la testa, capendo al volo cosa stesse succedendo.
“Fammi indovinare... hai voglia di un milkshake alla vaniglia.”
Non per niente stavano insieme da quindici anni: oramai si comprendevano alla perfezione senza neanche bisogno di parlare.
Akane sospirò, alzando gli occhi su Tsukiko. Occhi che avevano perso in parte il loro eterocromatismo per limitarsi solo a una leggera sfumatura di oro sull'occhio destro, un segno della presenza passata di lei. Oltre a un leggero astigmatismo, che obbligava Akane ad indossare degli occhiali per riuscire a leggere.
“Meno male che quella incinta sono io. Non oso immaginare se lo fossi tu.”
Non c'era traccia di rabbia o fastidio nella voce però, solo un sano divertimento. Infatti sul viso c'era un leggero sorriso, così delicato che pareva quasi fosse stato tracciato con un pennello.
Akane si avvicinò a Tsukiko, prendendole la mano e accompagnandola a prendere gli ingredienti per fare il frappè.
“Ti perdono solo perché domani è domenica. La prossima volta non sarò così clemente.”
E Tsukiko rabbrividì, temendo e al contempo desiderando la punizione della compagna.

 


Le sue labbra si posarono sul ventre di Akane, baciandolo dolcemente.
“Ancora non si sente.”
La mano di Akane si appoggiò sulla testa di Tsukiko, accarezzandone piano i capelli, fissandola con quella dolcezza che da poco era apparsa sul suo viso, quasi come se la gravidanza avesse risvegliato un lato sconosciuto persino a lei stessa.
“Shintaro ha detto che ci vorrà ancora qualche settimana prima che il bambino scalci.”
Erano appoggiate al lavabo, dove ancora dovevano preparare il frappè. Il progetto sembrava però naufragato, dato che Tsukiko aveva iniziato a toccare il corpo di Akane per studiarlo ancora una volta.
Forse lei non se ne accorgeva, ma qualche cambiamento, seppur impercettibile, c'era stato. Tralasciando gli sbalzi di umore e le voglie improvvise che avevano spesso imposto lei e Midorima ad alzarsi di notte e accontentarla, sembrava quasi che il corpo si stesse rendendo più morbido per poter prepararsi ad accogliere nei migliore dei modi quella nuova vita.
Passò la mano sul grembo, accarezzandolo piano e tracciando dei disegni immaginari che fecero sobbalzare leggermente Akane. Era strano vedere il suo corpo così diverso e non levigato dalle perfette sessioni di jogging mattutine. Invece ora c'erano le nausee, che spesso impedivano ad Akane di lavorare in maniera costante e decente. Non che odiasse l'idea di diventare una madre, ma mal sopportava che comportava così tanti fastidi e cambiamenti in lei, sia dentro che fuori.
A Tsukiko, invece, quei mutamenti non spaventavano né dispiacevano, anzi, le davano un'emozione che non avrebbe mai potuto spiegare a parole, soprattutto perché era per lei che aveva scelto di cambiare. Non per quello che era un marito di facciata, non per accontentare quel despota del padre, per lei.
Si alzò in piedi, senza però lasciar scivolare via la mano da sotto la maglietta leggera che Akane indossava (poco importava che fossero in pieno dicembre, per il suo corpo era come se fossero rimasti a settembre), avvicinando il viso al suo e dandole un bacio a fior di labbra. Akane istintivamente socchiuse gli occhi, senza ammonirla o fermarla, sentendo solo il cuore accelerare di un poco i battiti.
La mano, libera di agire, iniziò ad accarezzare pian piano la pelle leggermente accaldata di Akane, arrivando a sfiorare il seno, ottenendo come risposta un sospiro spezzato.
C'era una cosa che entrambe avevano notato: il suo corpo era diventato parecchio sensibile e bastava veramente niente a provocarlo, come ad esempio delle dita sottili che accarezzavano il seno destro, prima delicatamente poi con sicurezza e voglia. La risposta era, come ogni volta da qualche tempo, un gemito mal trattenuto, nonostante la mano che puntualmente copriva la bocca per non lasciarsi andare eccessivamente. Perché Akane non amava così tanto dimostrarsi in balia delle emozioni e del bisogno di lei che sentiva così forte in quel periodo. Eppure il suo corpo la fregava, non le permetteva più di nascondersi. Ed era ciò che Tsukiko amava di quella gravidanza.
Non era una relazione semplice, la loro. Non solo perché entrambe avevano due caratteri molto difficili e complessi, che quasi a volte rendeva impossibile loro una convivenza pacifica e serena (entrambe erano molto sicure delle loro idee e ci tenevano a tutti i costi a dimostrare all'altra di aver ragione); non soltanto perché il lavoro di avvocato di Akane rendeva difficile lo stare insieme (visto gli orari pesanti che era costretta a fare). La cosa che le aveva più messe in crisi era stato però il matrimonio di Akane con Shintaro Midorima.
Era stato di copertura, qualcosa che era stato celebrato solo per far contento il mondo che desiderava vedere due persone importanti come loro in un contesto normale e accettato. Non c'era mai stato amore o qualche sentimento romantico fra loro due: erano solamente due ottimi amici che si rispettavano e che avevano scoperto di avere in comune una sessualità poco accettata. E per poterla vivere (seppure nell'ombra, seppur nascosti) avevano accettato di sposarsi, facendo felici parenti e colleghi.
Non era stato semplice né per Tsukiko né per Takao (il compagno di Midorima) accettare il matrimonio. Non perché non si fidassero dei loro sentimenti, ma perché era come se rinnegassero di amarli. Era come se ammettessero che la loro relazione era sbagliata. E ci erano voluti mesi per convincere entrambi che, purtroppo, non avevano scelta. Non erano loro ad essere sbagliati ma il mondo che li circondava. E se volevano continuare a lavorare dovevano accettare di sottostare a quel compromesso, per quanto pesante fosse.
Alla fine, però, quel legame dettato dalla legge non creò nessun problema alle due coppie. Akane e Midorima vivevano con i loro compagni per la maggior parte del tempo, tranne quando dovevano incontrare qualche parente o per discutere di problemi legati alla casa che avevano in comune (dove stavano Shintaro e Takao, Akane si era rifiutata di passare il resto della sua esistenza in un luogo che le ricordava tanto quello paterno). Avevano imparato a gestire due vite, con la differenza che nessuno tradiva nessuno.
Poi le due donne, arrivate a un punto cruciale del loro rapporto, avevano desiderato una cosa entrambe.
“Vogliamo un figlio nostro.”
Un figlio che non significava chiedere a Midorima, l'unico che legalmente aveva il diritto di farlo, di mettere incinta Akane. Significava un bambino che avesse i tratti di entrambe (nei limiti del possibile), che potessero riconoscere come loro. La soluzione era stata semplice da trovare: la fecondazione assistita. Fortunatamente in Giappone per le coppie sposate era un diritto garantito ed era bastato usare a loro vantaggio il matrimonio e le conoscenze di Shintaro come medico per ottenere ciò che desideravano. Anche se poi era subentrata l'ansia del non riuscirci, la fatica di seguire ritmi precisi, l'adeguarsi a determinate regole, alla fine ce l'avevano fatta. Akane aspettava un bambino. E Tsukiko sapeva per certo che le sarebbe assomigliato un poco: aveva scelto il donatore fisicamente più simile a lei, dopo una ricerca lunga e faticosa. “Ha anche il tuo stesso sguardo”, le aveva detto, e per una volta non lo aveva considerato una cosa così brutta.
Nonostante tutto ciò, però, Tsukiko, delle volte, soffriva per l'incapacità di Akane di sciogliersi. Non che fosse incapace di dimostrarle il proprio amore ma spesso preferiva non perdersi in concezioni romantiche ed astratte. Il loro rapporto era fatto di solidità, amava ripetere, non aveva bisogno di gesti eclatanti o appassionati. E spesso le dava ragione. C'erano alcuni momenti dove però percepiva tutto ciò come una freddezza inutile nei suoi confronti. Desiderava abbatterla, quella sensazione. Desiderava accarezzare il suo corpo, per poterla sentire sua e soltanto sua.
E fu per quella ragione che la mano lasciò perdere il seno e scese, superando l'ostacolo della biancheria intima e toccandola, sentendo già le dita umide al solo sfiorarla.
Chiuse gli occhi, concentrandosi solo sulla voce di Akane che chiamava il suo nome, sulle sue mani che stringevano la maglia che indossava, la sua bocca che la cercava per baciarla con foga.
Si concentrò solo sul sentire il suo amore.
Solamente quello.

 

 

“Sai, volevo chiamare il bambino Tetsuya semmai sarà maschio.”
Tsukiko la fissò incuriosita mentre lasciava lavorare il frullatore.
“Come mai?”
“Non lo so... mi ispira come nome.”
Sorrise un poco accarezzandosi il grembo, fissando poi Tsukiko.
“Per caso... ti sta per arrivare il ciclo?”
La osservava sorridendo e ciò non era male, era malissimo.
“Dovrebbe arrivarmi oggi. Perché...?”
“Niente... volevo ricambiarti il favore ma credo dovrai aspettare.”
Tsukiko capì al volo cosa volesse fare.
“M-Ma ancora non è...”
“Dovrai ASPETTARE. Mi dispiace.”
E dopo averle dato un bacio se ne tornò a dormire, lasciandola sola con il frappè appena pronto.
Non era un amore facile, il loro, ma almeno potevano dire di non annoiarsi mai.

 

 

 

 

 

Note.
Mi è venuta voglia di scrivere una storia con Akashi e Kuroko nelle loro versioni femminili.
All'inizio doveva essere una cosa più leggera, tipo che dormivano insieme e via... Poi è subentrata l'idea della gravidanza (che inizialmente doveva essere Kuroko quello che restava incinta) e quindi è diventata questa fic.
Spero di non essere andata troppo OOC, non è semplice descrivere due personaggi con il sesso cambiato.
I nomi Akane e Tsukiko significano, rispettivamente, “Rosso profondo” e “Luna più il carattere bambina”. Non devo certo spiegarvi perché ho scelto il nome Tetsuya, vero?
Grazie per aver letto questo piccolo lavoro.

   
 
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