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Autore: porcelain heart    14/10/2013    7 recensioni
July fece roteare con rapidità la penna nera che stringeva tra il pollice e l’indice, prima di poggiarla tra le due pagine del diario che aveva davanti a lei; lo chiuse, facendo ben attenzione che non si formassero delle pieghe nei bordi, e lo fece scivolare lungo la superficie del tavolo, fino a fargli raggiungere l’angolo, accanto al suo braccio destro.
“A dire il vero ti lasci sempre distrarre da tutto, Harry.”
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Una piccola colonna di fumo ascendeva lentamente, perdendosi in strani giochi di forme astratte, sfuggendo maldestramente dal bordo in ceramica bianca, colma di un liquido nero e bollente; su di esso, si era formata una sottilissima patina traslucida, che seguiva un andamento circolare. Accanto c’era un’altra tazza, identica alla prima, al cui interno si potevano osservare unicamente delle piccole linee scure, segno della presenza di un caffè amaro, con mezzo cucchiaino di zucchero, che era andato scomparendo senza fretta, con il preciso intento di lasciare una traccia del proprio passaggio.
“ Si raffredderà.”
La sua voce sovrastò improvvisamente il rapido rincorrersi dei pensieri della ragazza, che si trovò suo malgrado costretta ad alzare lo sguardo, per sfiorare in un primo momento i suoi occhi; poi, infilando il pollice nel piccolo manico ad ansa ed avvolgendo la circolarità della tazza nella propria mano, la sollevò, avvicinandola alle proprie labbra. Soffiò un paio di volte, prima di godersi due piccoli e lenti sorsi.
“Mi chiedo come abbia fatto a finirlo così in fretta..”
Rispose immediatamente dopo, aggrottando le sopracciglia in un’espressione confusa.
“Semplicemente, non mi lascio distrarre da altro.”
Il ragazzo sorrise, scrollando le spalle.
July fece roteare con rapidità la penna nera che stringeva tra il pollice e l’indice, prima di poggiarla tra le due pagine del diario che aveva davanti a lei; lo chiuse, facendo ben attenzione che non si formassero delle pieghe nei bordi, e lo fece scivolare lungo la superficie del tavolo, fino a fargli raggiungere l’angolo, accanto al suo braccio destro.
“A dire il vero ti lasci sempre distrarre da tutto, Harry.”
Ribattè,  puntando il gomito sinistro sul tavolo, e poggiando poi il mento sul palmo, rivolto verso l’alto, le dita che seguivano l’andamento della guancia. Piegò leggermente il capo, sorridendo.
“Quando sono con te cerco di mantenere una certa concentrazione, a dire il vero.”
Rispose anche lui al sorriso, lasciando comparire una piccola fossetta al lato della bocca.
“Ho sempre paura che, se solo mi lasciassi sfuggire un piccolo particolare, potrei voltarmi e non trovarti più qui, seduta di fronte a me.”
Aggiunse, accorgendosi dell’espressione interrogativa che gli era stata rivolta.
July abbassò lo sguardo, dissimulando l’imbarazzo che l’aveva colta; poi ruotò il capo, osservando l’ambiente che avevano intorno, sebbene lo conoscesse ormai praticamente alla perfezione.
Un piccolo bar nella periferia di Londra, in cui i due erano soliti rifugiarsi in quei freddi pomeriggi di fine dicembre, dove nessuno sembrava curarsi di loro; la finestra dall’altra parte della sala si affacciava su una strada che al momento appariva completamente imbiancata da uno strato di neve che ricopriva le auto parcheggiate, ed i davanzali delle finestre delle abitazioni che la serpeveggiavano.
All’interno, invece, i tavoli erano quasi completamente vuoti, fatta eccezione per uno vicino al bancone, occupato da una donna con lunghi capelli castani, che sorseggiava una cioccolata calda mentre si affrettava a concludere la compilazione di alcuni documenti di lavoro, che apparivano sul laptop aperto davanti a lei. Un barista annoiato passava un panno all’interno di alcuni bicchieri in vetro già perfettamente puliti,  sistemandoli poi lungo due file simmetriche, su una mensola alle proprie spalle.  
Improvvisamente si sentì sfiorare, e tornò a concentrare la propria attenzione su Harry, che si era leggermente alzato dalla sedia e si era sporto in avanti con il busto verso di lei, allungando il braccio e sfiorandole i capelli neri con le dita della mano destra;  July osservò l’avambraccio del ragazzo, che superava la manica della camicia arrotolata sul gomito, soffermandosi  su quel ‘things i can’t’  per qualche istante, prima di sfiorarne con lo sguardo la pelle morbida, inseguendo le vene violacee gonfie a causa della tensione del muscolo del polso, nascoste ad un tratto dal cinturino in cuoio marrone dell’orologio. Avvertì il suo tocco, e trattenne appena il fiato: nonostante l’avesse accanto praticamente ogni giorno, riusciva ancora a tremare al solo pensiero del profumo, e dei suoi occhi che si posavano su di lei. vivevano in quella strana e semplice felicità, composta di momenti che attraversano con un equilibrio incerto, entrambi impauriti dall’idea che un semplice passo falso avrebbe potuto allontanarli di nuovo, irrimediabilmente; non erano sicuri di ritrovarsi, e perdersi appariva come la peggiore delle possibilità.
Harry tornò a sedersi, lo sguardo puntato sul proprio dito indice: un minuscolo fiocco di neve, miracolosamente sfuggito al calore di quel luogo chiuso, che era rimasto intrappolato in una ciocca dei lunghi capelli della ragazza. Sorrise, lasciando che si trasformasse in una goccia d’acqua piovana, a contatto con la propria pelle. 
“Mi farai mai leggere quello che scrivi?”
Domandò poi, indicando il diario con la copertina nera, chiuso lì accanto.
July sospirò, spostando a sua volta lo sguardo sull’oggetto.
“Sai già quello che c’è scritto, l’hai già letto.”
“E’ passato tanto tempo, no?”
Sorrise, mentre con la mano spostò il ciuffo di capelli ricci che gli ricadeva sulla fronte.
“A me piacerebbe poter leggere il tuo, invece.”
Ribattè, mentre alla sua mente tornò l’immagine di quel diario con la copertina marrone che il ragazzo portava con sé in ogni viaggio, e che lei non aveva mai avuto il coraggio di sfogliare.
“Ci sono cose che forse non sei pronta a sapere, July.”
Puntò gli occhi color smeraldo in quelli della ragazza, che aveva appena dischiuso le labbra, sorpresa da una risposta di quel genere.
“Lo immaginavo.”
Si limitò a rispondere subito dopo, scuotendo il capo, e spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro.
Il ragazzo scivolò leggermente sulla sedia, poggiandosi allo schienale ed allungando le gambe; lei invece prese la tazza con entrambe le mani, affondando il volto nella ceramica, mentre la parte inferiore degli occhiali si appannava a causa del calore che ancora emanava quel caffè ormai quasi finito.
“Ancora mi chiedo come tu faccia a stare con me, nonostante tutti i miei segreti.”
Riflettè a voce alta il ragazzo, giocherellando con il cucchiaino che pochi istanti prima era poggiato accanto sul tavolo.
“Perché l’amore è questo, Harry.” Sospirò July, sistemando la sua tazza ormai vuota accanto a quella del ragazzo. “Non importa chi tu sia, io ti aspetterò sempre a casa.” Sorrise, abbassando lo sguardo. “Nonostante gli errori, ed i segreti, ed i problemi, io desidererò essere sempre quella da cui tornerai quando il tuo volo atterrerà a Londra dopo mesi passati dall’altra parte del mondo.”
Lui abbassò lo sguardo, prima di voltarsi, e prendere qualcosa dalla tasca interna del cappotto nero che aveva indossato poco prima, e che ora giaceva poggiato allo schienale della sedia; le allungò il diario di cui avevano parlato qualche istante prima, ma July fece segno di no con la testa.
“Non capisco..”
“Io lo so chi sei, Harry.”
Si guardarono per un lungo istante, prima che il ragazzo arricciasse il naso, e le rivolgesse un sorriso.
“..ed io non capirò mai chi sei tu, July.”
La ragazza scrollò le spalle, mentre le dita della sua mano destra corsero a stringere il piccolo ciondolo con l’aeroplanino che portava sempre al collo, dal giorno in cui Harry gliel’aveva regalato.
“Ha importanza?”
Domandò lei.
Harry rispose scuotendo il capo, per poi riporre nuovamente quel piccolo volume consumato dove l’aveva preso, poco prima.
In quel preciso istante, la porta del bar si aprì, e fecero il proprio ingresso due ragazzini, correndo, completamente ricoperti di neve, ed infreddoliti. Ridevano, mentre il ragazzo le stringeva la mano nonostante entrambi indossassero i guanti e la trascinava dentro; lei si tolse il berretto in lana che indossava, dirigendosi verso un tavolo vicino alla finestra, poco lontano da quello di Harry e July. Lui, nel frattempo, si avvicinò al bancone, ordinando qualcosa di caldo. Presero entrambi posto, vicini, scaldandosi a vicenda, e parlando a bassa voce, mentre osservavano la tormenta di neve che non accennava a finire.
“Quando abbiamo smesso di essere così?”
Domandò Harry, che li osservava ormai da un po’.
“Suppongo quando tu sei diventato famoso.”
Rispose, inarcando un sopracciglio.
Lui annuì.
“Non mi perdonerai mai, vero?”
Sospirò, guardandola.
July prese fiato per rispondere, ma poi si limitò a distogliere lo sguardo, allungando le maniche della felpa fino a coprire metà delle mani. “Preferisco non parlarne, sto cercando di..”
“Dimenticare?”
“Lasciar andare.”
Sorrise appena.
Entrambi tornarono a guardare quei due ragazzi, che adesso ridevano per qualcosa che doveva aver detto lui; per un attimo, si sentirono catapultati indietro nel tempo, a quel giorno in cui avevano deciso di lasciar perdere la scuola e prendere un treno senza una destinazione precisa. Ricordarono l’euforia del momento, il rischio di essere scoperti, le corse una volta arrivati al mare, ed ancora la pioggia che li aveva colti, ed il rifugio in una cabina che non era stata chiusa bene, ed in cui si erano intrufolati.
Harry allungò la propria mano, fino a stringere quella della ragazza, poggiata sul tavolo.
“Siamo ancora qui, siamo ancora noi.”
Le sussurrò, guardandola.
“Chissà per quanto ancora..”
Rispose.
“Finchè avrò vita, July, e potrò cantare per te.”
“Non fare promesse, non mi piacciono.”
“Non la sto facendo a te, la sto facendo a me stesso.”
July arrossì appena, nascondendo un sorriso.
“Anche se non dovessi rimanere accanto a te?”
“Anche in quel caso.” Le sfiorò il dorso della mano. “Dovunque la vita ci porti, tu sarai sempre mia.”
“Sempre.”
Ribadì lei.
“..ed io, sarò sempre tuo.”
“Non lo sei mai stato. Il tuo cuore non può essere incatenato.. hai i tuoi viaggi da compiere, ed i tuoi amori da vivere. Per quanto io possa rimanere tua, tu non potrai mai essere mio.” Lo guardò. “Ma sono grata di avere la possibilità di illudermi che, per il momento, tu sia ciò che di più vicino alla felicità io possa ottenere.” Allungò la mano, slegandola dalla sua stretta, fino a sfiorargli il labbro inferiore. “Ti perderò presto.” Aggiunse.
Lui scosse il capo, spaventato.
“Non ti lascerò andar via, ti ho appena ritrovata.”
“Noi ci apparteniamo unicamente quando ci perdiamo.” Si morse il labbro. “O meglio, tu mi appartieni unicamente quando sei di qualcun altro.”
Lui trattenne il fiato. “Hai letto il diario.”
“Ho letto i tuoi occhi, ogni singola notte, in ogni singolo abbraccio, in ogni alba.”
Harry si passò una mano sulla fronte, maledicendosi a denti stretti.
“E’ un compromesso che sono disposta ad accettare.”
“Non è da te.”
“Non sono mai me stessa quando sei nei paraggi.”
Harry prese la mano della ragazza tra le sue.
Lei si alzò, e fece il giro del tavolo; lui ruotò appena le gambe, facendola sedere sopra di sé.
July gli gettò le braccia al collo, affondando il viso sul suo collo.
Harry la strinse a sé, circondandole i fianchi con le proprie braccia.
Poi si allontanò appena, guardandolo negli occhi; gli accarezzò la guancia, con il pollice, il resto della mano dietro l’orecchio. “Promettimi solo che tornerai da me.” Sibilò, trattenendo il fiato.
“Sempre.” Rispose. “Tornerò sempre da te.”




 
  
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