Le vidi quel giorno.
Le vidi un istante, per la prima ed ultima volta, ma in quell’attimo i loro sguardi mi avevano già raccontato la loro intera storia, il loro amore e la loro sofferenza.
Era tutto in quegli occhi, che in silenzio parlavano e si sfioravano in chissà quale oceano di emozioni.
Mi bastò così poco per capire.
Nessuno sapeva, in quel piccolo gruppo di amici, nessuno aveva ancora capito, eppure era tutto così evidente.
Riuscivo a toccarlo quell’amore, tanto da sentirmi fuori posto, quell’aria gli apparteneva, come loro si appartenevano.
Per loro non ero che un passante, disinteressato e distaccato dalla loro realtà, che forse era l’unico luogo in cui erano al sicuro.
Si sentivano in pericolo, in costante pericolo, traspariva dalla stretta ferrea con cui si incatenavano l’un l’altra in quegli abbracci che tutto erano, tranne che privi di un segreto così grande da riempire un cuore.
Eppure, di che dovevano aver paura? Nessuno avrebbe potuto separarle, nessuno poteva osare così  tanto, a meno che non si parli di un assassino.
Non resisterebbero un attimo separate, impazzirebbero.
Sto impazzendo anch’io nel guardarle.
Come riescono a nascondere tutto questo? Sto scoppiando al solo pensarci.
Eppure lo fanno, sorridono, nonostante dentro stiano urlando, nonostante adesso stiano cercando le loro mani, vorrebbero stringersi, ma non possono, vorrebbero gridarlo quell’amore, ma tengono tutto dentro, chiuso in una cassaforte posta nella loro più oscura parte del cuore.
Perché nessuno deve vedere, nessuno deve sentire.
Non dovrei nemmeno io, sporco passante.
Ma non parlerò, non potrei mai, non sono un assassino.
Non potrei mai osare così tanto.
Dividerle. Come si può solo pensarlo?! È follia.
Come il loro amore.



Ps. Dedicato alle mie più care amiche.