Finding
Love
in Darkness
Autore: Destiny Aitsuji
Traduttore: Scribak
Reborn
scrutò attentamente attraverso le lenti del binocolo e
sogghignò: "Faremo
un passo alla volta... e se non dovesse rispettare i patti, posso
sempre
rispedirlo in quell’inferno da dove proviene".
Colonnello
rabbrividì, ma non diede voce ai propri pensieri. Nonostante
fosse diventato un
tutore al servizio dei Vongola, Reborn manteneva il freddo contegno di
sempre,
senza aver perduto minimamente il suo tocco, celebre nel duro mondo
della
malavita.
"Spero davvero che possa farcela...
per il bene di entrambi", pensò Colonnello,
guardando il ragazzo dai
capelli corvini che, sulla sua motocicletta, stava lasciando il
reticolo di
strade per prendere una scorciatoia non esattamente legale.
Hibari
accelerò
digrignando i denti, irritato al pensiero di dover superare i limiti di
velocità ed infrangere il codice della strada, guidando sui
marciapiedi ed
attraverso il parco. Mentalmente, allungò la lista dei
motivi per cui avrebbe
dovuto mordere a morte l'erbivoro dalla testa ad ananas.
"Tsunayoshi...",
pensò: "Resisti".
Ritornando a dove
si
trovavano, in quel momento, Tsuna e Mukuro - dopo numerose
rassicurazioni, da
parte di quest'ultimo, che, minacciando di possedere
il primo, aveva
solo scherzato -, non si era ancora visto nessuno dei fedeli seguaci
dell'italiano. Tsuna, intanto, sedeva su un soffice divano
all’interno di una
stanza lussuosamente arredata (non che il ragazzo lo sapesse, ad ogni
modo).
"Vuoi
una tazza di tè, mio caro Tsunayoshi?", chiese Mukuro. Tsuna
si mosse,
agitato, sul divano, declinando educatamente l'offerta.
"Davvero?
Allora, che ne dici di un caffè? O hai delle preferenze in
particolare? Ho
tutto quello che puoi desiderare... anche se, certo, non è
escluso che tu possa
ricevere qualcosa di completamente diverso dalle tue aspettative: per
esempio,
potresti benissimo bere del sangue, convinto che quello che ti abbia
dato sia
succo di frutta...", ribattè l'italiano. Tsuna, visibilmente
impallidito,
si affrettò a declinare con veemenza l'ospitalità
di Mukuro, fino a che
quest'ultimo scoppiò a ridere.
"Sei
davvero unico, Tsunayoshi. Non potrei aspettarmi altro che sorprese da
te. Davvero,
non vorresti concedermi la possibilità di farmi perdonare?
Mi scuso per prima:
eri troppo carino e, semplicemente, non ho potuto fare a meno di
stuzzicarti un
po'".
Tsuna
arrossì: "Non è necessario che tu ti scusi,
Mukuro. Ti ho già perdonato...".
"Oh,
ma devo insistere...", soffiò l'italiano, carezzevole.
Tsuna
sobbalzò: anche senza l'aiuto del suo Iperintuito, il
ragazzo sapeva che c'era
qualcosa che non andava.
Intanto, a casa di
Tsuna,
tre dei guardiani stavano attendendo, come per ricevere istruzioni, i
due
arcobaleno di ritorno dalla ricognizione a Kokuyou Land. Inutile dire
che, per
ammazzare il tempo, avevano iniziato a litigare, come loro solito:
"Che
cosa hai detto, Testa a Polipo?".
"Ho
detto che sei un idiota tutto muscoli e niente cervello, che non sa
pensare ad
altro che alla box, Testa a Prato!".
"Ehi,
ehi! Calmatevi e non iniziate una discussione in camera di Tsuna,
d'accordo?".
Con
un tempismo perfetto, Lambo scelse proprio quel momento per fare la sua
entrata
in scena - portando, necessariamente, altri guai:
"Gyahahah!
Il grande Lambo vuole giocare e tutti voi dovete dargli i dolci! Dai,
Stupidera, gioca con me! Gyahahah!".
"Scemucca!
Chi è che dovrebbe giocare con te?
Vai a
prendere i tuoi dannati dolci da qualche altra parte: non ho tempo per
te!", urlò Gokudera, scaraventando il bambino fuori dalla
stanza.
Non
appena Lambo atterrò sul pavimento con un tonfo ben udibile,
iniziò a piangere
disperatamente, tirando fuori il suo famoso bazooka.
"Lambo!
Non farlo!", gridò Gokudera cercando di fermarlo, ma era
troppo tardi. La
stanza venne completamente invasa da una nuvola di fumo rosa: una volta
scomparsa, i guardiani si trovarono dinanzi un Lambo quindicenne.
Gokudera
grugnì, irritato.
"Ah,
ah, ah! Bel trucco, piccolo!", rise Yamamoto. Il guardiano della
Tempesta
sospirò, mentre Ryohei urlava il suo estremo benvenuto al
nuovo arrivato.
Improvvisamente,
i due Arcobaleno comparvero dal nulla.
"Ciaossu!",
li salutò Reborn. "Sembra che tutte le parti in gioco siano
qui. Incominciamo".
In Italia, presso il
quartier generale dei Vongola, Iemitsu e Timoteo stavano contemplando
due foto.
"Sono
entrambi scelte eccellenti", ammise Iemitsu: "Ma nutro ancora qualche
dubbio a riguardo".
Timoteo
sospirò: un lieve sorriso si disegnò sulle labbra
del più anziano, che sollevò
la foto del nuovo guardiano della Nuvola: "Posso capirti", disse al
suo miglior amico e più fidato consigliere, prima di
aggiungere, scherzando:
"In un certo senso, sembra proprio un fidanzamento, no? Be', di certo
non
diventerà un posto abbandonato, qui, anche se Tsuna dovesse accasarsi, te lo prometto (1). Posso
assicurati che sono entrambi uomini in gamba".
Iemitsu
sospirò a sua volta, gemendo: "Non mi servono uomini in
gamba... Volevo
solo una nuora graziosa".
Il
capo dei Vongola sorrise sotto i baffi, cercando di consolare il
più giovane.
"Su,
su...", mormorò, dandogli un buffetto sulla testa.
"Tsunayoshi...",
mormorò Mukuro, supplichevole: si trovava già in
ginocchio, le mani di Tsuna strette nelle proprie.
Il
giovane boss era decisamente a disagio, se non terrorizzato: poteva
avvertire
chiaramente il respiro di Mukuro sulla propria pelle e le mani del
guardiano
che lo stringevano, fredde come il ghiaccio.
"Ti
prego, accetta le mie scuse, Tsunayoshi. Prometto che avrò
cura di te, finché
vivrò", implorò Mukuro, mentre Tsuna si dibatteva.
“No!”,
urlò, sfuggendo dalla presa dell’italiano, ma
Mukuro lo afferrò di nuovo per la
vita, trascinando entrambi sul pavimento.
“Ti
prego, Tsunayoshi! Non ti chiederò mai più nulla.
Dammi solo una possibilità!”.
“Mu-mukuro!
Per favore, smettila! Non voglio… lasciami
andare!”, gridò istericamente il
ragazzo, quasi sopraffatto dalla stretta di quelle mani gelide e
dall’impossibilità di vedere cosa stesse
succedendo, mentre Mukuro continuava a
toccarlo, proferendo false scuse.
Del
tutto indifeso, Tsuna lanciò un urlo: in quel preciso
istante, la meravigliosa
illusione che lo aveva circondato fino a quel momento si
incrinò, rivelando la
minacciosa realtà (2).
“Kufufufu.
Allora sei venuto. Non mi aspettavo che ti facessi vedere”.
L’altro
ragazzo lo guardò in tralice, per poi impartire, cupo, un
ordine:
“Restituiscimelo”.
Mukuro
finse di riflettere, quindi un ghigno divertito si allargò
sul suo volto:
“Mai”.
L’aria
venne attraversata da un clangore metallico.
“Allora
preparati a morire, erbivoro”.
Era
passato diverso tempo da quando la lotta tra i due era terminata, ma
Tsuna
continuava ad udire l’eco spettrale di armi che cozzavano
l’una contro l’altra,
insieme a voci beffarde e promesse di mordere l’avversario a
morte. Essere
ciechi e, allo stesso tempo, dotati di una vivida immaginazione aveva i
propri
svantaggi. Tsuna non riusciva a fare a meno di rivivere continuamente
la
battaglia, rannicchiandosi, terrorizzato, su se stesso ogni volta che
qualcuno
cercasse di avvicinarglisi. Il giovane boss sembrava pericolosamente
vicino al
confine della follia e nemmeno Reborn era riuscito a riscuoterlo dal
suo
delirio.
Hibari
si era pentito di averlo trascinato, quel giorno, a scuola. In un certo
senso, odiava
vedere quell’erbivoro ferito quanto sorprendere qualcuno ad
infrangere il
regolamento scolastico.
Un momento.
Torniamo un attimo indietro.
…
odiava vedere quell’erbivoro ferito.
…
odiava vedere Tsunayoshi Sawada ferito.
…
odiava vedere Tsunayoshi Sawada ferito da Mukuro Rokudo.
…
odiava vedere Tsunayoshi Sawada ferito da chiunque.
…
odiava vedere Tsunayoshi Sawada ferito da chiunque altro che non fosse
lui.
No.
…
odiava vedere Tsunayoshi Sawada ferito per causa sua.
Ogni cosa era successa per
causa sua. Se non si fosse scagliato contro il giovane boss, privandolo
della
vista, o se non avesse deciso di rispettare ad ogni costo il
regolamento
scolastico, trascinandolo a scuola, o se non l’avesse
lasciato solo, pronto a
cadere nelle grinfie di Mukuro… se non avesse deciso di
combattere contro
l’italiano, invece di preoccuparsi per come stesse Tsuna,
quest’ultimo non
sarebbe stato affatto ferito.
Non
appena il guardiano della Nuvola si rese conto di essere stato la causa
principale del dolore di Tsuna, una morsa iniziò a serrarsi
intorno al suo
stomaco.
Istintivamente,
il prefetto se ne domandò la ragione: prima di allora, non
si era mai
preoccupato per qualcuno, né avrebbe dovuto
iniziare a farlo in quel momento, eppure eccolo pronto ad
incolpare se
stesso a causa dell’erbivoro più debole e strano
che avesse mai incontrato.
Tempo
prima, Hibari aveva ritenuto impossibile, per un carnivoro come lui,
desiderare
qualcuno al proprio fianco: e, se proprio non avesse potuto farne a
meno, si
sarebbe dovuto trattare, almeno, di un combattente forte quanto il
prefetto.
Ed
ora, dinanzi ai suoi occhi, si trovava la figura, tenacemente
rannicchiata
sotto le coperte del proprio letto, di quell’erbivoro debole
e patetico che
rispondeva al nome di Tsunayoshi Sawada. Un’irritazione
malcelata faceva mostra
di sé sul volto del guardiano.
Perché non poteva trovare qualcuno di
più forte per il
quale…innamorarsi.
Innamorarsi
era una cosa: Hibari sarebbe riuscito ad accettarlo, prima o poi.
Innamorarsi
di un ragazzo era un’altra questione, ma Hibari avrebbe
provato a farsene una
ragione. Innamorarsi di Tsunayoshi Sawada, tuttavia, era completamente
un altro
paio di maniche. Hibari non era pronto ad affrontarlo.
Eppure,
quel ragazzo sepolto da una pila di coperte riusciva a causare una
dolorosa
stretta al cuore del prefetto.
“Perché proprio lui?”,
si chiese Hibari. Si
trattava di una sorta di punizione per essere crudele e spietato?
Oppure era il
modo con cui sua madre voleva castigarlo?
Vendo
il più giovane tremare ad ogni suo più piccolo
movimento, Hibari sentì una
parte di sé morire:
“Ammesso che io lo ami, non
c’è modo che lui
possa ricambiare. Madre, che cosa dovrei fare? Non ho mai amato
nessuno, né
permesso a qualcuno di avvicinarsi a me, dopo averti visto morire per
il dolore
di aver perduto mio padre. Non voglio sentirmi debole per qualcuno,
né voglio
più sopportare il dolore per averlo perduto. Dimmi cosa
dovrei fare… E’ troppo
tardi per tornare indietro: non posso che amare Tsunayoshi Sawada. Ma
come
posso proteggerlo?”.
Con
questi pensieri, il prefetto lasciò Tsuna da solo nella
stanza. Con il cuore
pesante e confuso, Hibari si recò nella sua camera, dove
recuperò un piccolo
pugnale da una vecchia custodia di pelle.
Nella stanza dove
il
ragazzo aveva lasciato Tsuna, una piccola luce bianca apparve
all’improvviso,
fluttuando ed andando a posarsi gentilmente
sulla spalla del giovane boss. A poco a poco, il pianto ed i singhiozzi
si
placarono. Una voce calorosa spezzò il gelido silenzio che
era sceso sulla
stanza, e con esso il delirio di Tsuna.
“Chi sei?”,
domandò Tsuna, ritrovandosi
in un luogo che poteva essere la sua mente, sotto l’aspetto
di un bimbo di
pochi anni.
“Mi chiamo Maya Hibari”,
rispose la
strana voce proveniente dalla luce.
Tsuna
sembrò perplesso: “Hibari-san?”.
La
voce rise e le sopracciglia di Tsuna si incurvarono in un buffo
cipiglio.
In
quel momento, la luce si mosse e si trasformò in una
bellissima donna dai
capelli scuri, con gli occhi di un blu straordinario. Tsuna rimase
senza fiato.
“Salve, Tsunayoshi Sawada. Io sono
Maya
Hibari”, disse la donna, presentandosi per la
seconda volta.
Tsuna
fissò gli occhi della donna e qualcosa, nella sua testa,
andò a collocarsi nel
posto giusto:
“Sei la madre di Hibari-san?”.
La
donna misteriosa sorrise ed annuì. Improvvisamente, Tsuna
comprese che il suo
guardiano della Nuvola viveva da solo perché non aveva
genitori. Maya si limitò
a sorridere, per poi rispondergli, dando una conferma ai suoi pensieri:
“Kyoya è cresciuto senza
un padre sin
dall’età di tre anni, ed ha perso sua madre quando
ne aveva nove. Non sono
stata una buona madre, perché non sono riuscita ad occuparmi
di lui quanto
avrei voluto: la scomparsa di mio marito mi aveva colpito duramente,
tanto da
compromettere in modo irrimediabile la mia salute. Quando stavo per
morire, ho
affidato Kyoya nelle mani del nostro maggiordomo. Kusakabe ha badato a
mio
figlio fino alla sua morte, quando Kyoya aveva tredici anni. Da allora
il figlio
di Kusakabe, Tetsuya, ha preso il posto del padre e si è
occupato di mio
figlio, ma Kyoya si è chiuso irrimediabilmente in se stesso,
e questo perché
non sono stata una buona madre per lui”.
Tsuna
ascoltò pazientemente il racconto della donna, poi disse:
“Sono sicuro che Hibari non la
incolpa per
nulla. Se c’è un cattivo genitore, credo che
quello, invece, debba essere mio
padre”.
Maya
rise:
“Tsunayoshi, sono sicura che tuo
padre abbia
avuto una buona ragione per fare ciò che ha fatto. Io,
invece, non ho il
diritto di giustificare le mie azioni verso Kyoya. Ho trascurato i miei
doveri
di madre e non ho amato mio figlio quando ero ancora in vita: non
riuscivo a
vedere altro che la morte di mio marito, e questo ha causato il
carattere
freddo di Kyoya. In realtà, è un ragazzo gentile
e premuroso, dotato di un
forte senso di giustizia. Dal momento in cui è apparso
Tsunayoshi, però, Kyoya
ha iniziato a cambiare. Come madre, desidero solo la
felicità per mio figlio: perciò
ti prego, Tsunayoshi-kun, di esaudire la supplica di una madre egoista!”.
Tsuna
desiderava ancora parlare con quella donna, ma,
all’improvviso, venne strappato
fuori da suo mondo interiore, non appena una mano ferma, ma gentile gli
sfiorò
la spalla.
“Svegliati,
Tsunayoshi. Devi mangiare”.
Nonostante
quella voce suonasse dura, essa tradiva un’evidente
preoccupazione nei suoi
confronti. Un lieve sorriso si aprì sulle labbra di Tsuna:
Hibari era
preoccupato per lui. Il giovane boss si alzò dal letto e,
guidato dalla stretta
salda di Hibari, seguì il prefetto in cucina:
“Se Hibari solo fosse più
spesso così…”.
Di
seguito, riporto la traduzione di alcune note dell’autore
riguardo ad alcuni
passi del testo:
(1)
“…
dal momento che
Iemitsu è un marito e padre apprensivo, quando pensa che il
figlio debba
lasciare la propria famiglia per raggiungere il suo futuro Compagno, la
sua
casa non può che sembrargli più vuota. In Asia,
è costume che la donna, una
volta data in moglie, viva con la famiglia dello sposo: similmente, qui
l’uke
deve seguire il seme... Dall’altro lato, Timoteo risponde che
Iemitsu non
rimarrà solo, in quanto sia Tsuna, che Hibari sono parte dei
Vongola, perciò
potrà vedere il figlio quanto prima, se non di
più…”.
(2)
“…
gradirei spiegare il
significato dietro la frase ‘la
meravigliosa illusione che lo aveva circondato fino a quel momento si
incrinò,
rivelando la minacciosa realtà’.
Può avere due significati, uno letterale
ed uno più simbolico. Quello letterale riguarda
l’illusione, creata da Mukuro,
di una stanza lussuosa, che svanisce all’urlo di Tsuna,
tornando a mostrare la
decadenza di Kokuyou Land. Il secondo significato, invece, si riferisce
alla
recita inscenata da Mukuro: il guardiano, infatti, si mostra disperato
in modo
da ottenere il perdono di Tsuna, ed, allo stesso tempo, tradisce il
desiderio
di avere la meglio su di lui prima che Hibari possa arrivare. Quando il
prefetto
raggiunge Kokuyou Land, tuttavia, Mukuro abbandona il suo intento
iniziale,
mostrando un lato più sadico del proprio carattere durante
la lotta con Hibari.
Il diverso comportamento di Mukuro, perciò, è
legato al significato non
letterale della frase utilizzata (riferendosi ad
un’illusione) …”.
Per quanto
riguarda la traduzione di (2),
credo sia abbastanza chiaro che, nella scelta delle parole da
utilizzare, abbia
seguito, principalmente, l’interpretazione più
letterale.
Chiedo scusa per
questa tirata finale: tuttavia,
ho ritenuto che le parole dell’autore potessero facilitare la
comprensione di
parti che, effettivamente, non è difficile trovare ambigue.
Come in
precedenza, ringrazio chi ha incluso
la storia tra le proprie preferite (Yaoi_Yarouze),
seguite (Donny, fliflai,
FranKuro, Iku
e Ryo, Kupo08, lululove2, MXI, Scricciola, Vincent
Dimitri
Petrenko), i lettori che l’hanno recensita o
ricordata (MXI e lululove2),
e quanti, ancora, la leggono e leggeranno rimanendo
nell’anonimato.
A presto (il prima
possibile, in effetti).
AF alias Scribak