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Autore: Shin83    15/10/2013    2 recensioni
[College!AU]
Tony è un nerd atipico, conta i giorni che lo separano dal MIT e si ubriaca alle feste.
Steve è il capitano della squadra di basket, fidanzata perfetta, vita perfetta. All'apparenza.
Che succede quando questi due mondi collidono?
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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So raise your glass if you are wrong
In all the right ways, all my underdogs
We will never be, never be anything but loud
 


Nelle ultime due settimane, Tony aveva deciso che piangersi addosso e fare la femminuccia non avrebbe portato indietro Steve e soprattutto non era da lui.
L’unica cosa che poteva fare era chiudersi in laboratorio ed occupare in maniera produttiva tutte le ore in cui non aveva lezione.
Il campus poteva benissimo fare a meno di lui. Le due uniche persone a cui rivolgeva la parola erano Bruce e Pepper, anche se, con quest’ultima, parlava solo in lunghissime videoconferenze su Skype.
Dedicarsi ai suoi esperimenti nella sua stanza del polo scientifico non era solo una buona scusa per focalizzare la mente su qualcosa di utile, ma sicuramente riduceva il rischio di incrociare Steve da qualche parte.
In effetti,  dall’ultima partita, non lo aveva più visto, neanche per sbaglio e non avevano neanche lezioni comune in quel semestre.
Non passava giorno, però, che Tony non si chiedesse cosa stesse facendo Steve e che cosa gli passasse per la testa. E ancora continuava a chiedersi cosa potesse essergli preso per comportarsi in quel modo, non era facile smettere di pensarci.
Ogni tanto ripensava a quello che gli aveva detto Peggy, che un giorno avrebbe capito. La ragazza era stata fin da subito diffidente nei suoi confronti, lo sapeva, l’aveva percepito immediatamente, quell’avvertimento a San Valentino non lasciava molto spazio a fraintendimenti.
Ma poi col tempo si era ammorbidita ed addirittura erano arrivati a provare una specie di affetto reciproco. Quindi, in fondo al suo cuore si fidava di lei.
 
Però aveva avuto voglia, un paio di volte, di andare in biblioteca a cercarlo nella sezione di storia dell’arte. Era più che certo andasse a rifugiarsi lì ogni volta che ne avesse occasione, ma era sempre riuscito a fermarsi in tempo.
Anche Pepper, in una delle loro videochiamate infinite, gli aveva sconsigliato di andare a cercarlo, anche solo per vederlo. Lei gli aveva detto di avere pazienza e di aspettare, era convinta che prima o poi Steve avrebbe provato a contattarlo.
La ragazza era praticamente l’unica persona, o quasi, nel riuscire a far desistere Tony dal commettere stupidaggini. Anche quella volta ci era riuscita, non era stato semplice, ma le sue doti di persuasione avevano fatto centro anche quella volta.
 
***
 
Tony, però, non le aveva detto delle sue intenzioni di andare a vedere la finale del campionato di basket. Quella cosa non contava. Sapeva che non ci sarebbe stato nulla di male, ad una partita c’era già stato e Steve non se n’era accorto, o almeno, così credeva lui. E poi alla finale ci sarebbe stata tanta di quella confusione che lui sarebbe stato solo un puntino in mezzo alla folla.
Per quanto Steve l’avesse ferito, non riusciva ad odiarlo. Andare e vederlo contento nel trionfare in campionato, perché era convinto che Georgetown si sarebbe portata a casa la vittoria, avrebbe fatto bene anche a lui.
 
Era riuscito a convincere Bruce ad andare con lui e soprattutto a non raccontare nulla a Pepper per evitare che facesse storie. L’amico detestava le manifestazioni sportive, anche se quelle potevano portare un prestigioso trofeo al proprio college.
Tony lo aveva fatto cedere con la promessa di non ubriacarsi più almeno fino alla laurea, visto che da quando Steve l’aveva lasciato, ogni venerdì e sabato sera, puntualmente, Bruce lo trovava in condizioni pietose a gambe all’aria in qualche cespuglio vicino al dormitorio o, nel migliore dei casi, riverso semi-collassato sul pavimento del suo bagno  - ogni volta toccava a lui ripulirlo e metterlo a letto.
Toccò a Banner anche andare a comprare i biglietti per il match, Tony voleva evitare il contatto diretto con la squadra o chi gli gravitava attorno,  aveva sempre disprezzato quella gente e adesso che si era creata quella situazione con Steve, li odiava ancora di più. Non sapeva se quelli fossero coinvolti o meno con quello che era successo, ma la sua naturale diffidenza gli suggeriva di star loro lontani il più possibile.
 
Era un tiepido sabato di Maggio inoltrato, gli alberi del campus erano tutti fioriti, la temperatura era gradevole ed il chiacchiericcio per i viali inondava l’aria.
Se Steve non avesse avuto la partita e soprattutto se si fossero ancora rivolti la parola, si sarebbero sicuramente rifugiati in un parco cittadino giù a Washington a godersi la giornata in assoluta tranquillità,  facendo gli stupidi e sorseggiando caffè al caramello di Starbucks sull’erba verde e fresca appena tagliata.
E invece Tony era assieme al suo migliore amico, per le viuzze di una Georgetown addobbata a festa in grigioblu.
Ragazzi e ragazze indossavano le magliette della squadra ed un paio di mascotte Jack the Bulldog andavano in giro a distribuire volantini.
Tutta quella gioia e festosità dava sui nervi a Tony, lui non aveva granché da festeggiare.
 
Facendo slalom tra matricole impazzite e tifosi della squadra avversaria, alcuni dei quali già piuttosto alticci, Bruce e Tony arrivarono al campo mezz’ora prima del fischio di inizio. Si rifornirono di bibite e snack ed andarono ad accomodarsi ai loro posti in tribuna.
Tony era stranamente silenzioso, Bruce provò un paio di volte ad attaccare discorso, ma ogni tentativo andò a vuoto e decise di dedicarsi alla sua vaschetta di nachos con la salsa al formaggio.
L’altro sembrava ipnotizzato dal parquet del campo, guardava fisso in un punto e quasi si strozzò con la sua cola quando Steve ed un gruppetto di suoi compagni uscirono per fare un po’ di riscaldamento, accolti da un boato del pubblico che sventolava forsennatamente bandiere e sciarpe.
Steve era lì a pochi passi da lui e non lo aveva mai sentito così lontano.
Appoggiò dunque la sua bibita per terra e si mise a fissarla, prendendosi la testa fra le mani. Dopo poco si sentì afferrare la spalla sinistra e si voltò di scatto, quasi di soprassalto, vedendo Bruce guardarlo con un alone di dispiacere che gli velava gli occhi. L’amico era sinceramente in pena per lui, per quanto fosse sempre stato un tipo problematico, Tony aveva sempre il sorriso sulle labbra.
“Sei sicuro che te la senti di stare qui?” Gli chiese.
“Sì, sì, tranquillo. Sono solo un paio d’ore, ce la posso fare.” Rispose Tony, abbozzando un sorriso forzato.
 
***
 
Georgetown sconfisse la Columbia University per 98 a 80.
Gli spalti esplosero in un tripudio di gioia e coriandoli grigioblu.
La confusione regnava sovrana ed i due ragazzi si trascinarono a fatica fuori dall’edificio, ma anche lì la situazione era a dir poco incasinata, tant’è che tra spintoni, urla ed inni si persero di vista.
Tony decise quindi di andarsene al suo angolo preferito del campus, la panchina del parchetto accanto al suo dormitorio.
Anche nella zona “residenziale” c’era un via vai pazzesco, sembrava quasi che la popolazione dell’università si fosse triplicata ed in un certo senso era vero: tra tifosi ospiti, vecchi studenti di Georgetown ed appassionati del basket universitario, il posto gremiva di gente.
Ma la sua oasi, almeno per quel momento, sembrava essere salva: l’andirivieni era a distanza di sicurezza ed il rumore del chiacchiericcio festoso non andava a disturbare i pensieri di Tony. Il ragazzo avvisò Bruce, in parte mentendo, dicendogli di essere tornato in camera sua e di voler rimanere da solo. L’amico non insistette e lo lasciò fare.
Non avrebbe saputo dire per quanto tempo rimase su quella panchina a ripensare agli ultimi mesi, scalciando la terra ai suoi piedi. Certamente non era poco, visto che il cielo stava assumendo un tono aranciato grazie ad uno di quei tramonti con il sole così rosso da sembrare finto, quel tipo di tramonto che Steve amava tanto.
E fu proprio mentre pensava a quanto sarebbe piaciuto al ragazzo dipingere quello spettacolo della natura, che qualcuno si sedette accanto a lui, silenziosamente.
Era talmente preso dai suoi viaggi mentali che non l’aveva sentito avvicinarsi, ma avrebbe potuto riconoscere quel profumo tra mille.
“Che ci fai qui? Non dovresti essere a festeggiare con la tua squadra?” Chiese risoluto Tony, senza voltarsi a guardare l’altro.
“Devo parlarti.” Rispose sommessamente Steve.
“Ci hai messo tre settimane a ritrovare la lingua, eh? E chi te lo dice che io abbia voglia di starti a sentire?” Disse secco l’altro, che fece per alzarsi, ma Steve lo bloccò afferrandogli un polso.
Quello lo scansò e rimase seduto.
“Ti prego.”
Tony non rispose, continuava a guardare dritto davanti a sé, non sapeva dire se per orgoglio o se per resistere alla fortissima tentazione di saltargli al collo e baciarlo nonostante tutto.
“Voglio provare spiegarti cos’è successo quella sera. L’ho fatto per te, volevo proteggerti, volevo che mi odiassi.”
L’altro ragazzo sentiva un tremolio alla bocca, era lì lì per urlare di tutto contro Steve nell’udire quella frase.
“Bucky, non so tutt’ora come, ha scoperto di noi due. Me lo sono trovato in camera, mi ha pietrificato vederlo lì. Mi ha minacciato. Ha detto che se continuavamo a vederci ne avresti pagato tu le conseguenze. Non volevo che ti facessero del male, lo sai quanto poco basti a quei trogloditi ad attaccar briga e mi son fatto prendere dal panico.”
Tony non fu più in grado di restare in silenzio e si voltò verso di lui, ferito, gridandogli contro: “Perché non me ne hai parlato? Hai una vaga idea di quello che ho passato in queste settimane senza sapere cosa cazzo ti fosse preso? Pensavo di aver fatto chissà cosa, di aver rovinato l’unica cosa bella della mia vita.”
Ogni parola pronunciata da Tony, colpiva l’altro dritto nel petto, lui se ne rendeva conto ma voleva che capisse, in un certo senso voleva fargliela pagare.
Steve gli prese di nuovo la mano, stringendola tra le sue e lo fissava implorando perdono con quegli occhi così azzurri da far invidia al cielo primaverile.
“Lo so Tony, lo so che ti ho fatto star male. Te l’ho detto, mi son fatto prendere dal panico, ho creduto che farmi odiare fosse l’unica soluzione che avessi. Mi sento un totale idiota. Ho rovinato tutto.”
“Perché sei qui? Perché non vuoi che continui ad odiarti? Ammesso che sia mai riuscito a farlo. Mi hai fatto incazzare e tanto, ma non sarò mai in grado di odiarti, stronzo.”
“Perché ti amo e non ce la faccio a stare senza di te. E se per difenderti devo prenderle dall’intera squadra di basket o perdere la borsa di studio per Yale non me ne frega un accidenti. Io voglio solo te.”
“Steve, non è necessario che per stare con me tutto il resto della tua vita debba andare a rotoli. Quei dementi si fottano e non c’è bisogno di perdere la borsa di studio.”
Il ragazzo biondo, a quel punto, gli lasciò le mani, gli prese il viso e fece quello che gli mancava dannatamente da tre lunghissime settimane:  lo baciò.
Tony rimase inebetito da quel gesto, proprio lì, all’aria aperta con un gremire di gente che, seppur da lontano, li avrebbe potuti vedere. Se Steve non ne faceva un problema, figuriamoci lui e, se in un primo momento quasi non reagì per lo stordimento, dopo qualche secondo rispose a quel bacio che lo cercava disperatamente, che lo desiderava. Cinse le braccia attorno alla schiena dell’altro come se la loro già minima distanza fosse chilometrica, lo strinse a sé come se avesse paura di perderlo una seconda volta.
Le loro lingue e le loro labbra si scontrarono con una tale avidità che sembrava fossero passati secoli e non una manciata di settimane dall’ultima volta che erano venute a contatto.
 
Il passo da quel bacio bagnato alla stanza di Steve era stato breve.
Tony aveva mandato a quel paese orgoglio e propositi di tenere sulle spine Steve ancora un po’, propositi che gli erano venuti in mente quando erano seduti sulla panchina.
I loro vestiti erano sparpagliati sul pavimento e facevano a pugni con l’ordine rigoroso che regnava nella stanza.
In lontananza si sentiva ancora il vociare e la musica del campus nel pieno delle celebrazioni, mentre in quell’angolo nascosto la festa aveva un sapore intimo e di passione ed i loro gemiti di piacere sovrastavano tutto il resto, questa volta senza che i due ragazzi si curassero che qualcuno potesse sentirli.
Aggrovigliati l’uno all’altro erano ormai un tutt’uno  di desiderio, pelle, sudore e umori.
Le mani scivolavano, si insinuavano alla riscoperta dell’altro, non riuscivano a star ferme.
Le labbra si assaporavano,  i loro corpi madidi si muovevano ritmicamente in cerca di quel piacere così profondo che solo loro due sapevano regalarsi.
Tony si era abbandonato a Steve, che ormai conosceva ogni punto del suo corpo che lo avrebbe fatto fremere di piacere, la sua mente era andata in totale black out e quelle tre settimane erano sparite non appena l’ultimo indumento ebbe toccato terra. Al diavolo tutto, lui aveva bisogno di Steve ed era sicuro gli avrebbe chiarito le sue scelte e le sue paure, in fondo si vedeva lontano un miglio che era profondamente dispiaciuto e ferito lui stesso, quando lo aveva raggiunto alla panchina.
 
Dopo aver fatto l’amore, che era stato così bello ed intenso come non mai, restarono abbracciati ed in silenzio per un po’. Tony tra le braccia di Steve e quello che gli accarezzava i capelli lentamente.
Fu proprio Tony a rompere il silenzio, dicendo a bruciapelo: “Mi sei mancato, stronzo.”
L’altro sorrise e rispose: “Mi sei mancato anche tu.”
“Non farlo mai più, ti prego. Promettimi che non sparirai ma più dalla mia vita come hai fatto. Promettimi che mi dirai sempre tutto.”
“Te lo prometto. Sono impazzito questo tempo senza di te.”
Tony quindi si voltò verso Steve, gli lasciò un ultimo, delicato bacio ed affondò il viso nel suo petto, addormentandosi beatamente.
 
 
***
 
Le cose erano dunque tornate come prima, anzi, forse anche meglio visto che adesso non avevano più la necessità di nascondersi.
Il lavoro in laboratorio era comunque intenso ma, invece di essere semplicemente un modo per incanalare il proprio dolore e la propria rabbia, era tornato ad essere pura passione. E poi c’era Steve che si presentava puntuale all’una con pranzo e caffè a fargli compagnia, non avrebbe potuto chiedere di meglio; inoltre, dopo pranzo, ci scappava sempre qualche attività ricreativa per “digerire” meglio.
A Tony era tornato il sorriso ed anche Bruce e Pepper erano felici per lui. Era un sollievo per entrambi gli amici, specie per la ragazza che così lontana si sentiva impotente davanti all’amico ferito.
 
Qualche giorno dopo il loro ricongiungimento, Steve si presentò al laboratorio con un occhio nero ed il labbro superiore gonfio.
“Cosa cazzo è successo, Steve?” Chiese allarmato Tony quando vide entrare il ragazzo nella stanza conciato in quel modo.
“Oh, niente, un piccolo diverbio con Bucky questa mattina, quando sono venuto via dalla tua stanza.”
Tony provò a toccare il viso del ragazzo, ma quello si ritrasse istintivamente per il dolore.
“Occhio, fa ancora un po’ male.” Sorrise e riusciva ad essere bello anche con i lividi in faccia.
“Sì, ma tu dimmi perché hai la faccia gonfia, me l’hai promesso, niente segreti.” Insistette Tony, visibilmente contrariato.
“Niente di che, non è stato molto contento che il capitano della squadra abbia saltato i festeggiamenti di sabato. E poi abbiamo messo in chiaro un paio di cosette, purtroppo in certi casi, le parole non bastano.”
“Cristo, andrei a riempirlo di botte solo per come ti ha conciato. E’ un peccato capitale sfregiare un viso come il tuo.” Disse l’altro, analizzando le ferite di Steve.
“Che sarà mai, un paio di giorni e passa tutto. La parte peggiore è che finché non si sgonfia il labbro non posso baciarti.”
“Ora lo meno.” Dichiarò Tony e fece per uscire dal laboratorio, Steve lo afferrò per il collo della maglietta e lo attirò a sé.
“Smettila scemo, sta’ tranquillo che anche lui ha preso la sua buona dose, anzi credo che a lui sia andata peggio, un paio di punti al sopracciglio sicuramente non glieli toglie nessuno.” Sentenziò divertito il ragazzo biondo.
Tony lo guardò un po’ perplesso, ma quello continuò ridendo: “Che c’è? Ti sembro il tipo che le prende senza rispondere?”
“L’animo gentile Steve Rogers che fa a botte, non potrei mai immaginarlo.” Non riuscì a mantenere un’aria seria neanche lui e scoppiò a ridere al pensiero del suo fidanzato che massacrava di botte quello stronzo di Bucky.
Steve era riluttante a dare ulteriori dettagli, Tony l’aveva capito e non aveva insistito a farlo parlare, d’altra parte gli aveva spiegato da dove arrivassero quei lividi e non voleva mettere il dito nella piaga, anche se rideva e sembrava felice, un velo di tristezza gli copriva gli occhi, Bucky era pur sempre stato il suo migliore amico.
“Bè, adesso mi toccherà farti da infermiere personale, allora.” Cercò di cambiare discorso Tony,  guardandolo dritto negli occhi con una certa malizia
“Ti costerà molta fatica, lo sai.” Rispose l’altro, dandogli una pacca sul sedere.
“Paziente Rogers, è ora di pranzo.” Proclamò, sciogliendosi dal suo abbraccio e portandolo al tavolo per la mano.
 
Durante il pranzo, più lento del solito, visto che Steve faceva un po’ fatica a masticare.
“Cosa volevi dire, l’altro giorno, quando parlavi di perdere la borsa di studio?” Chiese a bruciapelo Tony,  mentre addentava il suo sandwich.
Steve abbassò lo sguardo alla sua insalata e cercò di rispondere: “Tecnicamente non ho più obblighi con la squadra, visto che il campionato è finito e per di più lo abbiamo vinto, ma se lascio la squadra potrei correre questo rischio.”
“E allora perché vuoi correre questo rischio? A così poco dal traguardo poi?” Il tono del ragazzo era piuttosto preoccupato.
“Avrei dovuto farlo già molto tempo fa, avrei dovuto mollare tutto e fregarmene delle apparenze. Sono stato un idiota e un egoista. Volevo avere tutto senza pagarne le conseguenze.” Steve mise giù la forchetta ed alzò lo sguardo verso Tony.
“Ma non dire stronzate. Stava andando tutto bene, era solo questione di un paio di mesi, non è mica colpa tua se Bucky ci ha scoperti. Non potevi certo rinunciare ai tuoi sogni per colpa mia.”
Steve gli abbozzò un sorriso ed allungò il braccio per stringergli una mano.
“Me ne farò una ragione, troverò una soluzione. Andrò a lavorare e rimanderò l’iscrizione all’anno prossimo, troverò una scuola meno costosa. Magari riesco a convincere mia madre a farmi arruolare per un paio d’anni, così da riuscire a mettere via un po’ di soldi…”
A quell’ultima frase Tony si allarmò senza neanche preoccuparsi di nasconderlo.
“Sappi che mi alleerò con tua madre se ti azzardassi anche solo a pensarlo di nuovo. Piuttosto, te la pago io la retta.”
“Non accetterei mai i tuoi soldi, lo sai.”
“Non puoi rifiutare i miei regali.”
“Sì, che posso.”
“Allora sarà un prestito.”
“Tony.” Gli disse, alzando un sopracciglio come rimprovero.
L’altro si alzò  sfilando la mano da quella di Steve e mollando il suo pranzo, in preda all’agitazione, iniziando a fare avanti e indietro  per la stanza.
“Parlerò col prof. Hofstadter, lui sicuramente potrà darti una mano, per anni è stato tutor per le richieste di borsa di studio. Non diamoci per vinti.”
Steve si alzò a sua volta e si avvicinò a lui per fermarlo, bloccandolo con le mani sulle spalle.
“Stai calmo.”
“No, che non sto calmo. Non voglio vederti rinunciare alla cosa a cui tieni di più, dopo di me, ovviamente, o peggio ancora vederti partire con i Marines.”
Steve lo strinse a sé e gli lasciò un bacio tra i capelli.
“Ok, troveremo una soluzione.”
 
***
 
Tony era riuscito a convincere Steve a parlare col professor Hofstadter per la questione della borsa di studio,  fissandogli un appuntamento qualche giorno dopo.
Lo stava aspettando alla loro panchina fuori dal dormitorio, quando lo raggiunse Peggy, sedendosi accanto a lui.
“Ultimamente attiro un sacco di gente a stare seduto in questo posto.” Rise Tony quando vide arrivare la ragazza.
“Chissà, magari hai una calamita, Stark.” Rispose lei, una volta vicina a lui.
“Cos’ho fatto stavolta?” Chiese con un sospetto misto ad ironia.
“Niente, o almeno, niente di male.”
“Strano.”
“Avevo ragione o no, allora?” Domandò Peggy.
“Su cosa?”
“Quando ti dicevo che lui ti ama e che avresti capito.”
“Forse mi ama troppo o comunque più di quanto possa meritare.”
“L’hai reso felice. Ti sembra poco? Te lo meriti il suo amore, se sei in grado di farlo sorridere e farlo stare bene. E guarda che mi sta costando molto dirti questa cosa.” Rise lei.
“Per colpa mia ha la faccia tumefatta, ha litigato con il suo migliore amico, si è messo contro l’intera squadra di basket e la confraternita e rischia di non iscriversi a Yale. Bel modo di renderlo felice.”
“La faccia guarirà, Bucky si meritava una sana ripassata e quelli sono degli idioti è meglio averli persi, te lo dice una che fino a poco tempo fa credeva che mantenere le apparenze fosse basilare. E per Yale una soluzione si troverà, sei stato tu, no, a farlo parlare con il professore? Quindi, cos’hai da rimproverarti?”
“Ho mandato all’aria tutta la sua vita.”
“No, sei riuscito a fargliela trovare, invece. Prima che vi metteste assieme pensavo che avere una buona reputazione e una certa immagine fosse tutto. Apparire forti e perfetti era l’unica cosa che contasse, per me. E quanto mi sbagliavo. Poi ho iniziato a guardare voi due, a quanto eravate felici quando stavate assieme, a quello che avete passato per non rinunciare l’uno all’altro. Ho visto gli occhi di Steve prima dello Spring Break e dopo ed ho capito cosa conta veramente nella vita e non è di certo un gruppetto di fighetti deficienti che hanno lo spessore interiore della carta velina. Tu sarai un eccentrico Stark, un rompiballe, un saccente ed ubriacone, ma ami Steve e l’hai reso felice nonostante tutto. E questo basta.”
Tony perse le parole nuovamente dopo poco tempo, guardò la ragazza con gentilezza. Aveva voglia di rispondere col suo solito sarcasmo, ma l’unica cosa che gli uscì di bocca fu: “Grazie.”
Rimasero per qualche minuto in silenzio, ad osservare il campus placido ed indaffarato con gli ultimi esami prima delle lauree e delle vacanze, quando poco dopo li raggiunse Steve, con un’espressione raggiante.

 
E buonsalve, dopo quanti eoni sono riuscita ad aggiornare? Ho perso il conto, ma vabbè.
Le cose, a quanto pare, si sono rimesse a posto tra i due cretini. C'è solo quest'ultimo piccolo intoppo dell'università per Steeebe.

Che altro dire? Credo nulla, a parte che siamo in dirittura d'arrivo e dovrei iniziare a pensare se fare un'altra long e trovare idee decenti per svilupparla, soprattutto.

Mille mila grazie ad Outlaw_ per il betaggio, che quando lo fa in diretta assieme a me su Facebook mi fa sempre letteralmente scompisciare.

Al prossimo capitolo e grazie a tutte! :3

 

 
  
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