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Autore: Kim NaNa    16/10/2013    5 recensioni
Alla ricerca di una preziosa e misteriosa collezione di opere d'arte, Michiru si imbatte in Haruka, bella, seducente e sfrontata.
Un conflitto tra senso del dovere e sentimento, un mistero intorno ad una missione ed uno strano segreto...
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Capitolo 2
 

Il tram superò il parco antistante all’hotel Planetarium e si inoltrò sul ponte, dondolando.
Seduta sulla vecchia panca di legno, con la borsa sulle ginocchia come una brava scolara, Michiru guardava con lo stesso incanto della prima volta l’acqua del fiume Shinano (*), di un grigio verde pallido, che lambiva il ponte levatoio della cittadina di Niigata (*’), specchiandosi nei vetri delle macchine che lo attraversavano.
Per un attimo ripensò alla sconosciuta del Planetarium.
Quello sguardo intenso, quella sua improvvisa voglia di ridere…
Scosse le spalle e, aperta la borsa, ne estrasse una cartellina gonfia di carte.
Una brusca ed improvvisa frenata del tram la fece sbattere contro l’uomo che le sedeva vicino.
«Le chiedo scusa…»
Abbozzò un lieve sorriso, inchinando leggermente il capo.
Il suo vicino, un grosso tipo dall’aria amorfa, sollevò solo una palpebra e scosse appena la mano.
Imbarazzata, Michiru tornò a concentrarsi nella lettura ma non c’era niente da fare: l’immagine di quella sconosciuta dallo sguardo cupo e magnetico continuava a tormentarla e, con un sospiro, chiuse la cartelletta e la rimise nella borsa.
Ad ogni modo sapeva tutto a memoria, aveva studiato tutto fin nei minimi dettagli, un ripasso non le sarebbe stato di nessun aiuto. Tanto valeva lasciarsi andare al pensiero della bella sconosciuta e chiuse gli occhi abbandonandosi all’immaginazione.
«Oh, no!»
Con uno scatto Michiru balzò verso la porta, ma troppo tardi. Il tram era ripartito e lei aveva sbagliato fermata.
Scosse il capo optando per una passeggiata: era comunque già in ritardo sull’ora dell’appuntamento.
La bella tenebrosa, intanto, cominciava a diventare una presenza ingombrante. Michiru non era mai stata una donna impulsiva, con dei grandi slanci, tranne che per quel che la colpiva subito, sin dal principio, come lo scatto rubato di un obiettivo fotografico.
Era così solo per i dipinti, per i paesaggi, per la musica.
Fu proprio questo raro impeto incontrollabile che l’aveva fatta buttare a corpo morto in quella strana storia della “Collezione Silver Royal“.
Una storia contorta, le ripeteva la sua collega e cara amica Setsuna Meioh.
«Michiru… Michiru! Delle volte sei davvero sentimentale, sai? Cerca di essere ancor più fredda e distaccata sul lavoro, eviterai di cacciarti nei guai!» le diceva continuamente.
E ne aveva passati di guai e di tutti i generi!
Ma questa collezione di preziosi oggetti e una particolare tela smarriti, ritrovati e poi persi di nuovo, l’appassionava davvero tanto.
Erano ormai due anni che non si occupa d’altro. Archivi, montagne di carte, piste false che finivano in un vicolo cieco… eppure, anche se lentamente, lei andava avanti.
Sentiva che la meta era vicina, o quasi.
Lo sentiva nel suo cuore, nella sua testa.
Sentiva lo sciabordio dolce e delicato delle fresche acque dell’oceano musicarle le orecchie, sentiva il profumo della brezza marina solleticarle il naso.
Non doveva mollare, ne era sicura. Il suo mare le dava sempre i giusti sentori. Era sempre stato così, sin da bambina.
Il tram si arrestò e la giovane donna scese al volo, mentre le porte si aprivano con un rumore di mantice sfiatato. Ritornò indietro, a lunghe falcate, mentre nella mente le ripassavano davanti quei due lunghi anni di ricerca.
Cinque oggetti di inestimabile valore, sequestrati alla mala locale. Tre splendidi manufatti: il “Deep Aqua Mirror”,  la “Space Sword” e il “Garnet Orb”; un preziosissimo quanto sconosciuto cristallo “ Silver Crystal” e uno strano ritratto di donna dedicato ad una certa Queen Serenity.
Un ritratto senza un particolare valore, visto l’anonimato dello sconosciuto pittore, di una donna dalla bellezza sconcertante. Un volto dagli zigomi alti e gli occhi grandi del color del cielo pieni di una struggente melanconia.
I preziosi era stati confiscati ad un collezionista giapponese di nome Diamond Prince.
Con pazienza, Michiru aveva sciolto quel filo d’Arianna ingarbugliato. Aveva passato intere giornate a scartabellare fra cataloghi che le si sbriciolavano fra le dita, giorni a frugare nei sotterranei di oscuri musei in giro per mezza Europa… e, una volta giunta a Parigi, li aveva localizzati.
Dopo di che sparirono di nuovo nel nulla.
Il colpo di qualche agente troppo avido? Probabile…
Una galleria svizzera gli aveva esposti per qualche giorno, un catalogo faceva fede all’evento, ma nessuna notizia di vendita.
La galleria era stata chiusa dopo poco tempo e le tracce si erano volatilizzate nell’aria asettica della Svizzera.
Era da lì che, colta da un’intuizione, Michiru aveva dirottato le sue ricerche in Giappone.
Un famoso collezionista le disse che il semi-sconosciuto pittore aveva origini giapponesi e che la donna raffigurata fosse il più grande amore della sua vita. Ella era stata la madre dell’ultima discendente di un’antica famiglia, della quale nessuno aveva mai sentito parlare: la famiglia reale del Silver Millenium.
Alla fine era diventata quasi una questione personale… e poi la fanciulla del ritratto dedicato a Queen Serenity era così bella, la sua espressione così commovente…
Naturalmente Setsuna l’aveva presa in giro per bene:
«Una botta di romanticismo! Non vorrai mica passare il resto della tua vita a correre dietro questi manufatti, solo perché ti sei infatuata di un ritratto, no? Ci stai costruendo sopra tutto un romanzo e su cosa poi? Una storia di oggetti e tele rubate! Sai bene che sono sparite diverse importantissime opere: Van Gogh, Rembrant… Devo proseguire la lista? Vedrai che non caverai un ragno dal buco, te lo dico io! Pensa piuttosto ad innamorarti! Hai ventisette anni e il tuo è ancora un cuore solitario!»
Michiru sorrise a quella donna nonostante la ramanzina.
Aveva conosciuto Setsuna sette anni prima, all’accademia della musica. Entrambe amavano gli strumenti a corda, Michiru il violino, Setsuna il violoncello. E tra una lezione e un saggio invernale erano diventate amiche, anzi, Setsuna era l’unica persona con la quale aveva legato in quegli anni.
Era sempre troppo misteriosa e diffidente, Michiru, per legarsi senza troppi problemi alle persone.
Con Setsuna fu diverso. La sentì subito.
Quand’era al suo fianco il tempo pareva distorcersi, anzi, neanche sembrava ci fosse una dimensione temporale. Era tutto fermo, immobile. Tutto pendeva dagli occhi scuri e inscrutabili di Setsuna Meioh.
«Guarda che mi ritrovo a pensare…» si disse Michiru, spingendo la massiccia porta della direzione del Museo Nazionale.
«Signorina?»
Michiru si fermò davanti al tavolo dell’usciere.
«Avevo un appuntamento con il signor Koishikawa, il direttore.»
L’impiegato le lanciò un’occhiata sospettosa prima di chiederle il nome e consultare una lista.
Sì, mi sono distratta. Aveva voglia di dirgli.
Ho incontrato una donna splendida e mi sto rendendo conto che, di fianco a lei, tutti gli uomini e tutte le altre donne risultano insignificanti.
Ma era a Niigata in missione ufficiale e doveva mantenere un atteggiamento consono.
«Il signor Koishikawa è impegnato in qualche riunione?» chiese fredda.
«Aspetti…»
Michiru era abituata ai tempi della burocrazia e si girò a guardare la grande anticamera.
Passava gente con le braccia cariche di cartelle e dossier, l’aria indaffarata e sempre di corsa, che, inevitabilmente, le faceva tornare alla memoria i chilometri di corridoi e le centinaia di stanze visitate negli ultimi due anni.
Quegli uffici e la gente che ci lavorava, avevano ovunque lo stesso aspetto triste e polveroso.
«Il signor Koishikawa è assente.» Disse l’usciere, posando la cornetta cromata del telefono.
«Ma non è possibile! Avevo appuntamento con lui alle undici…»
«Il signor Koishikawa non c’è!»
Dopo la perentoria dichiarazione l’impiegato aveva immerso la faccia in un catalogo di nuove aspirapolveri, ignorandola.
«E io cosa faccio adesso?» domandò Michiru, sconcertata.
«Non so cosa dirle, signorina. Ma una cosa è certa: il signor Koishikawa non c’è.»
Di malavoglia l’usciere mise da parte la rivista e gettò un’occhiata su un elenco.
«Ci sarebbe il signor Taiki Kou, vice direttore. Ma se non ha appuntamento deve ritornare domattina, dalle 9 alle 11 e fissarne uno. Potrebbe ottenerlo, ma non prima di una settimana, il signor Kou è sempre molto occupato…»
Posando le mani aperte sulla tavola, Michiru si chinò verso l’uomo con gli occhi blu sfavillanti e un’aria decisamente minacciosa.
«Mi ascolti bene: sono due anni che giro per mezzo mondo e adesso che le mie ricerche mi hanno condotta qui, non me ne andrò senza essere ricevuta da qualcuno. Non sono venuta in questo posto per sentire le sue patetiche formalità. Se questo signor Kou non mi riceve immediatamente farò scoppiare uno scandalo diplomatico!»
Impressionato dall’aspetto deciso della giovane donna e spinto dalla naturale prudenza del burocrate incallito, l’uomo si attaccò al telefono e cominciò a mormorare velocemente.
Poi, dopo averle rivolto un fugace sguardo velenoso, si immerse di nuovo nella lettura del suo catalogo.
Meno di un minuto dopo un uomo ben vestito, di una trentina d’anni, attraversava l’anticamera.
Ricercato ed elegante, capelli castani pettinati all’indietro ed un lungo, ma sottile, codino sulla schiena. Un profumo pungente lo precedeva di qualche metro.
«Signorina Kaioh? Sono davvero desolato, mi creda.» Le disse quando le fu di fronte.
«Deve esserci stato un disguido. Non ha trovato il mio fax al Planetarium?»
«No, non c’era alcun messaggio per me in hotel!» «Sicuramente ci sarà stato qualche problema con la ricezione dei fax…» Poi, tendendo una mano pallida, si presentò:
«Taiki Kou, vice direttore del Museo Nazionale di Nishida. (*’’) Il signor Koishikawa ha avuto un contrattempo e non può essere presente per riceverla. Mi ha dato personalmente l’incarico di assisterla!»
Michiru si lasciò sfuggire un ghigno.
«Secondo l’usciere avrei dovuto attendere una settimana!»
«Cosa vuole farci! La burocrazia, cara signorina Kaioh, è spaventosa ovunque… Mi segua, la prego.»
Lei lo seguì non prima di aver lanciato un’occhiata di trionfo all’impiegato che, assorto nella consultazione del suo catalogo, non se ne accorse nemmeno.
Una serie di corridoi, due ascensori, un altro corridoio con una serie di porte nere e, alla fine una porta di legno che Taiki Kou aprì facendo passare Michiru.
L’uomo fece accomodare la ragazza su una poltrona di pelle bordaux e sedette anche lui dietro l’immensa scrivania tutta intarsi e dorature.
«Le chiedo scusa per il disordine.» Disse il direttore, indicando la pila di cartelle e dossier riposte sulla scrivania.
«Si figuri, non sono qui per criticare l’ordine di questo ufficio. Suppongo lei conosca il motivo della mia visita…»
Senza perdere altro tempo, Michiru, porse all’uomo una cartelletta del ministero di Tokyo.
«È solo un riassunto, naturalmente, ma se le servono dettagli ho con me tutte le copie dei documenti…»
«No, non ne vale la pena, grazie.»
Si era messo a leggere il documento dopo aver accavallato le gambe e aver indossato un’espressione che a Michiru parve un po’ troppo vezzosa.
Fu una lettura veloce e l’ultima pagina fu solo guardata superficialmente. Chiuse la cartelletta e la rese a Michiru con un sospiro.
«Cara signorina, ho l’impressione di aver letto questa storia per la centesima volta!»
«Che vuol dire?»
Con un gesto della mano l’uomo indicò le carte che ingombravano il piano di lavoro e i mobili intorno.
«Vede tutto questo? Ebbene sono centinaia di richieste identiche alla sua. Tutti vogliono entrare in possesso di qualcosa: quadri, statue, gioielli, oggetti rari…»
«Ma io ho una lettera del vostro direttore che… aspetti.»
La donna aprì nervosamente la borsa e incominciò a cercare febbrilmente il documento.
Trovata la lettera, la brandì, come una minaccia, sotto il naso del burocrate.
«Eccola qui. La legga pure…»
Con aria dubbiosa lui la lesse, rendendogliela poi con una smorfia di disappunto.
«Sono davvero spiacente, signorina Kaioh, ma questa lettera non ha alcun valore.»
«In che senso nessun valore
I morbidi capelli ondeggiarono come le irruente onde del mare pronte ad infrangersi sulla scogliera.
«Per prima cosa i termini di questo scritto sono molto vaghi: Sembrerebbe verosimile che tali preziosi si trovino nel nostro territorio, ma si dovrebbe poter controllare gli inventari…»
 «Infatti, è proprio per questo che io sono qui.»
«E poi…» continuò lui imperturbabile.
«Manca un timbro.»
«Come un timbro? Ma se ce ne sono almeno una decina! E lì in basso c’è anche la firma del direttore…»
«È la firma dell’incaricato della pratica, signorina. In ogni modo, perché  la lettera abbia valore, è assolutamente necessario il timbro del ministero. È quello che le manca! Credo proprio che sia venuta a Niigata per niente.»
Michiru arrossì per l’imbarazzo. Come poteva aver scambiato la firma di un impiegato per quella del direttore? E quali assurde scuse erano quelle che stava tirando fuori quel Kou?
«Sia gentile, signor Kou. Mi risparmi almeno questo teatrino.» Disse seccata Michiru, alzandosi.
Rimise le sue carte nella borsa che richiuse con un gesto stizzito, si aggiustò la giacca e si avviò all’uscita accompagnata dal mormorio sconsolato del giovane Taiki che l’accompagnò fino al corridoio.
Kou guardò la donna allontanarsi. Il tailleur azzurro mare spiccava sui muri grigiastri come un’improvvisa onda anomala.
Appena sparita oltre l’angolo, Kou rientrò velocemente nel suo ufficio, prese il telefono e compose un numero.
«La camera quarantacinque, per favore.»
Aveva un sorriso soddisfatto mentre dall’altra parte qualcuno gli rispondeva.
«Buongiorno! Sono Taiki Kou. Devo informarla che ho appena ricevuto la visita di un’affascinante fanciulla che risponde al nome di Michiru Kaioh. Le dice qualcosa?»

 
 
Note:
  • Fiume Shinano è il fiume più lungo in Giappone. Nasce nella prefettura di Nagano e sfocia nel Mare del Giappone a Niigata.
  • Niigata è una città del Giappone, capoluogo della prefettura omonima, situata all’isola di Sado.
  • Museo Nazionale di Nishida, museo sito in Giappone dedicato al filosofo Nishida, considerato uno dei più importanti filosofi giapponesi.
 
Fonte: Wikipedia


NdA: *rullo di tamburi* Tadan! Chi non muore si rivede! Sembra strano anche a me essere tornata dopo mesi di assenza, ma oggi per qualche strana ragione ho continuato a scribacchiare per tutto il giorno e alla fine eccolo qui il secondo capitolo di questa mia insolita (quanto strana) fanfiction... Spero vi piaccia e che sia per voi almeno un tantino interessante. Se ne avete il piacere fatemi sapere che ne pensate, mi fareste cosa molto gradita!
Al prossimo aggiornamento!
Con affetto,
Nanasshì.
   
 
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