Anime & Manga > My HiME - My Otome
Ricorda la storia  |      
Autore: Shainareth    08/04/2008    4 recensioni
[Mai HiME - anime] Uhm… Akira ci stava davvero mettendo molto per fare il bagno. I suoi occhi tornarono sulla porta chiusa: ecco cosa lo stava distraendo, dovette confessare a se stesso con un sospiro. Poggiò il gomito sul tavolo sul quale stava studiando ed affondò la mano sinistra fra i capelli, l’altra che giocherellava con la matita.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akira Okuzaki, Takumi Tokiha
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Femminilità

 

 

Sollevò per qualche istante gli occhi azzurri dai compiti di matematica e li fissò sulla porta chiusa del bagno; quindi riprese a scribacchiare sul proprio quaderno. Non passò molto, però, che Takumi si rese conto di aver scritto il risultato sbagliato alla fine dell’ultimo esercizio da lui svolto e subito mise mano alla gomma per riparare all’errore. Chissà cosa diavolo aveva per la testa per fare uno sbaglio come quello, si chiese. Scrisse il risultato giusto e si soffermò a guardare la perfetta successione di numeri e operazioni aritmetiche eseguite negli ultimi tre quarti d’ora. Uhm… Akira ci stava davvero mettendo molto per fare il bagno. I suoi occhi tornarono sulla porta chiusa: ecco cosa lo stava distraendo, dovette confessare a se stesso con un sospiro. Poggiò il gomito sul tavolo sul quale stava studiando ed affondò la mano sinistra fra i capelli, l’altra che giocherellava con la matita. Appena poche settimane prima proprio lì, sull’uscio del bagno, la sua compagna di stanza l’aveva assalito, buttandolo a terra e minacciandolo di morte perché reo di aver involontariamente scoperto il suo segreto: Okuzaki Akira, sebbene risultasse lo studente più corteggiato di tutta la scuola media, era invece una ragazza. Graziosa, per di più, non poté fare a meno di pensare Takumi, riuscito a cavarsela per il rotto della cuffia, quella volta, unicamente perché Akira possedeva un cuore buono e giusto. Ironia della sorte, oltretutto, anziché tagliargli la gola, lei lo aveva baciato per somministrargli delle medicine, arrivando così a salvargli la vita da una nuova crisi cardiaca. E se pure inizialmente in quel gesto il giovane aveva rivisto quello compiuto da sua sorella per salvare Mikoto durante la traversata in nave che mesi prima li aveva portati lì al Fuka Gakuen, adesso al solo ripensarci non riusciva a fare a meno di percepire un “qualcosa”, una sensazione stranissima che gli rimescolava il sangue e gli faceva avvertire un piacevolissimo calore che partiva dalla bocca dello stomaco e che finiva con il coinvolgere il suo tenero cuore malandato, arrivando finanche a scaldargli il viso. Colpa delle chiacchiere dei loro compagni di classe e della loro curiosità, si era detto e ripetuto, perché insistevano nel volergli estorcere il nome della persona che lo aveva baciato. Ed Akira gli aveva persino chiesto scusa… Che sciocca.

   Alzò entrambe le braccia verso l’alto, inarcando la schiena per stiracchiarsi ben bene; quindi si lasciò cadere lentamente all’indietro, lungo steso sul pavimento, le gambe sotto al tavolo, lo sguardo al soffitto. Lei lo aveva minacciato di morte, lui le aveva confessato di esser stanco di quella vita, incoraggiandola a proseguire nel suo intento omicida, e lei… Takumi sorrise: lei, dispettosa, gli aveva fatto dono di un nuovo stimolo, di una nuova curiosità nei confronti di quella stessa vita che il giovane andava rifiutando. Sapeva perfettamente che Akira non l’aveva fatto con quell’intenzione, eppure era comunque riuscita ad insinuare in lui il sospetto che quel bacio, prima, e quelle lacrime, dopo, fossero scaturite dalla profondità del suo animo, molto più puro e sensibile di quanto egli avesse inizialmente creduto. E l’averla vista avvinta dalla propria emotività aveva regalato a Takumi la consapevolezza che la vera Akira – l’amica e non già il compagno di stanza – era quella e quella soltanto. Eppure… eppure adesso, riflettendoci meglio, il ragazzo non poteva non convincersi del fatto che anche la Akira accigliata o quella che lo prendeva scherzosamente in giro, così come quella assorta sul proprio album da disegno o quella forte e determinata che lottava contro i mostri presenti al Gakuen, e dei quali Takumi ancora ignorava l’origine, non fossero altro che le diverse sfaccettature della stessa persona. E probabilmente lui – e di questo non riusciva a non rallegrarsene – era il solo a conoscerle tutte.

   Beh, forse non proprio tutte, si corresse un attimo dopo, arrossendo per l’audacia dei propri pensieri e rimproverandosi per la mancanza di rispetto avuta nei riguardi dell’amica. Brutta cosa, la pubertà, si disse, issandosi su a sedere con fare impacciato. Era da un po’ che ormai non riusciva a controllare più come prima mente e corpo, al punto da ritrovarsi a pensare e a reagire a determinate cose che fino a qualche tempo prima non avevano costituito per lui grande motivo di interesse. Si rendeva perfettamente conto che si trattava di una fase normalissima della crescita, dovuta essenzialmente allo sviluppo del suo corpo; tuttavia non poteva fare a meno di provare una certa vergogna per la cosa, specie considerando che divideva la stanza del dormitorio maschile con una ragazza – anche lei alle prese con lo stesso identico problema, fra l’altro.

   La porta del bagno si aprì e Takumi obbligò il proprio sguardo a rimanere fermo dov’era, e cioè sul quaderno di matematica. «Hai già finito?» esordì, schiarendosi la gola.

   «Sì, ma ho dimenticato una cosa» si sentì rispondere con voce timida, mentre di sottecchi seguiva i piedi dell’amica avanzare frettolosamente nella stanza e sparire dietro le tende che lei aveva fissato attorno al suo letto, alla sua scrivania e al suo armadio a mo’ di separé.

   Takumi provò a rilassarsi, rialzando gli occhi e poggiando il peso del corpo sui palmi delle mani adagiati sul pavimento alle sue spalle, ma non appena Akira tornò a percorrere la strada a ritroso, il giovane non poté fare a meno di lasciarsi andare ad una mezza esclamazione, insensata per di più, che indusse la ragazza a voltarsi nella sua direzione, seppur con fare schivo.

   «C-cosa?»

   La mascella del giovane, rimasta spalancata per qualche attimo, faticò a tornare in moto. Infine, quando riuscì a richiudersi, il suo proprietario fu in grado di pronunciare un nuovo suono gutturale.

   Akira aggrottò un sopracciglio. «Eh?»

   Takumi scosse il capo, come a farle capire che non era nulla di importante, e lei si sentì libera di tornare a chiudersi in bagno con grande sollievo del suo compagno di stanza, i cui occhi, in quel breve lasso di tempo, non avevano potuto fare a meno di focalizzarsi su un punto ben preciso del corpo di lei: benché tenesse le braccia piegate per nascondere la cosa, sotto la maglietta scura da lei indossata dopo il bagno, Akira non portava nulla. Probabilmente era proprio la benda con cui era solita fasciarsi il petto per nascondere il suo status di donna che la ragazzina aveva dimenticato di prendere prima di immergersi nella vasca, concluse Takumi. Proprio quella, si ripeté. Si morse il labbro inferiore quando davanti ai suoi occhi, non intenzionalmente evocata, tornò a scorrere l’immagine di Akira che, i capelli raccolti in un asciugamano, sfilava davanti a lui cercando timidamente di celare la rotondità del suo petto, coperto soltanto da una larga maglietta di cotone.

   Quando la porta del bagno tornò ad aprirsi alcuni minuti dopo, il giovane scattò in avanti, afferrando l’orlo inferiore della propria felpa colorata e tirandolo in giù, così da nascondere il disagio più evidente che comportava quella maledetta pubertà.

   «Ma stai bene?» si sentì domandare da una Akira parecchio confusa dal suo comportamento.

   Lui annuì nervosamente, lo sguardo di nuovo basso. «S-sì… scusa…»

   «Per cosa?» chiese la kunoichi, continuando a non capire e liberando i capelli umidi dall’asciugamano, così da farli ricardere a pioggia attorno al viso e lungo la schiena.

   Come spiegarle che le aveva mancato di rispetto per la seconda volta? Sentendosi mortalmente in colpa e non sapendo cosa rispondere, Takumi ripeté: «Scusa.»

   «Sei proprio strano, tu…» concluse con un sospiro lei, decidendo di lasciar perdere. Mosse i propri passi attorno al tavolo e gli sedette accanto, non conscia di causargli non poco disagio nell’averla così vicina proprio in quel momento. Il giovane diede un altro strattone alla propria felpa e spiò l’amica con la coda dell’occhio: intenta a spazzolarsi i capelli sciolti – altro privilegio concesso a lui soltanto, quella di mostrarsi al naturale… e Takumi adorava quando lei lo faceva – Akira stava dando uno sguardo ai suoi esercizi di matematica. «Qui c’è un errore» lo informò, mettendo da parte la spazzola e prendendo in mano la matita. Corresse la cifra sbagliata a metà del penultimo problema e la indicò al ragazzo. «Dici di aver avuto accesso a questa scuola grazie ad una borsa di studio… e allora come hai fatto a sbagliare una cosa tanto semplice?» non si capacitò, incrociando gli occhi di lui.

   «Ehm…» farfugliò Takumi, rendendosi conto solo allora di quanta fonte di distrazione potesse risultare l’amica per lui. «Scusa…» ripeté per terza volta, sorridendo a se stesso.

   «Giuro che se lo dici di nuovo, ti prendo a calci» lo avvertì Akira, innervosita, tornando a spazzolarsi i capelli scuri.

   Grazie a quel piccolo battibecco al giovane riuscì di rilassarsi, tanto che fu in grado di abbandonare la presa sulla felpa. Ma vedendo come lui non avesse alcun interesse nel riparare all’errore commesso nell’esercizio, la kunoichi sospirò ancora, mettendo di nuovo via la spazzola per armarsi di gomma e matita ed iniziare a cancellare la sequenza errata di operazioni. «Sbagliando questa, hai continuato a ripetere l’errore anche in quelle successive» prese a spiegargli con pazienza.

   «Ah, davvero?» mormorò lui, vagamente divertito, cercando di prestare attenzione alle sue parole ma rimanendo puntualmente distratto dalla sua vicinanza. Nessun altro pensiero poco galante sfiorò la sua mente, eppure i suoi occhi furono nuovamente calamitati sulla figura di lei e sui capelli che le ricadevano sulle spalle, troppo strette e sottili per appartenere ad un ragazzo. Sul serio, ora che sapeva la verità, spesso Takumi si domandava come accidenti aveva potuto non accorgersi prima che Akira non era un maschio. Solo il fatto che lei non amasse prestare ascolto ai discorsi dai loro compagni sulle ragazze della loro classe avrebbe dovuto lasciargli intendere che qualcosa non quadrava, e invece… invece si era erroneamente convinto che, per quanto il suo compagno di stanza potesse apparire più maturo di lui e degli altri, sotto sotto con tutta probabilità era ancora un bambino. Non che lui avesse il chiodo fisso per le ragazze, anzi. A ben guardare aveva iniziato ad interessarsi per davvero alla questione da poche settimane.

   Sorrise fra sé e mosse una mano verso l’amica, troppo impegnata a far di conto e a trascrivere l’esercizio in modo corretto per avvedersene. Takumi fece scivolare delicatamente le dita fra i suoi capelli umidi, cogliendo una delle ciocche più lunghe fra pollice ed indice ed iniziando a giocherellarci, fino a portarsela cautamente al viso. Chiuse gli occhi e ne inspirò il profumo.

   Akira alzò lo sguardo dal quaderno con aria soddisfatta. «Ecco qua, corretto» annunciò, posando la matita sul tavolo. «Hai capito cosa avevi…» e si volse nella direzione del giovane, perdendo però la voce nel coglierlo in flagrante.

   Resosi conto solo in quel momento di non avere alcuna spiegazione da fornirle se fosse stato scoperto con le mani nella marmellata, con un rapido scatto Takumi lasciò scivolare via dalle sue dita i capelli di lei. «Ehm…» tartagliò di nuovo, notando come anche il viso della ragazza, e non solamente il suo, iniziava a pennellarsi di rosso. «Sc…» iniziò, per poi interrompersi subito. «Giusto, non devo dirlo» si ricordò. «E’ che… mi chiedevo come mai li portassi lunghi, nonostante tutto…»

   Non del tutto convinta di quell’improvvisazione, ma fingendo ugualmente di crederci, Akira riprese immediatamente la spazzola per poter dare un’ultima sistemata alla propria chioma prima di tornare a raccoglierla sulla nuca in una coda. «Visto che sono sempre stata costretta a vestirmi e a comportarmi come un maschio,» iniziò quindi a rispondere palesemente in imbarazzo, «volevo almeno avere un segno che mi contraddistinguesse dagli altri ragazzi… E siccome sono poco femminile, ho pensato di farmi crescere i capelli, anche se solo in parte» concluse, stringendo il nodo del semplice e rozzo nastro bianco che aveva avvolto attorno alla coda, senza però avere il coraggio di tornare a guardare l’amico.

   Il quale prontamente la contraddisse. «Scherzi, vero?» parve cadere dalle nuvole. «Anche se ti atteggi come un maschio, ti assicuro che in certi tuoi comportamenti sei davvero femminile.»

   Akira arrossì più di prima, infastidita oltre che impacciata per le sue parole. «Non sei tenuto a consolarmi, conosco i miei limiti di donna» bofonchiò.

   Takumi sorrise e tornò a prenderle i capelli fra le dita. «Quando piangi sei terribilmente femminile» iniziò quindi nel suo elenco. «E anche quando ridi, a volte. E quando mi urli contro perché dimentico di bussare prima di entrare in bagno. Persino quando mi insulti e mi minacci lo fai in modo diverso da quello dei maschi.»

   «Mi prendi in giro?» saltò su la ragazzina, indispettita, battendo il pugno sul tavolo, forse per sottolineare la propria mascolinità.

   Lui rise. «No, davvero, i ragazzi preferiscono usare parole molto meno ortodosse, dovresti saperlo.» La kunoichi ci rifletté su per qualche istante e parve convincersi di quella verità. Quindi Takumi continuò: «E se questo non dovesse bastare a persuaderti della cosa, posso giurarti che sei ancora più femminile se parliamo del tuo aspetto fisico.»

   Il viso di Akira tornò a tingersi di rosso. «Ma se nessuno si accorge della differenza che c’è fra noi due…» si lamentò in un mormorio confuso e risentito, incrociando le braccia sul ripiano del tavolo e poggiandovi anche i seni, ora ben avvolti in una fasciatura sotto la maglietta, per celarli ulteriormente alla vista dell’amico.

   «E’ solo perché sei abile a nascondere il tuo corpo» le assicurò questi, lasciandole andare i capelli. Si levò in piedi e si diresse verso il bagno per prendersi la sua mezz’ora di relax. «Ma poco fa ti assicuro che io l’ho notata subito, la differenza fra il tuo petto ed il mio.»

   E per sua fortuna, fece in tempo a chiudersi la porta dietro le spalle prima che Akira avesse tempo di immagazzinare l’informazione, comprenderla e lanciargli contro il quaderno di matematica con un grazioso insulto d’accompagnamento.








Premetto che ho la sensazione di aver mandato l'IC di Takumi a farsi una passeggiata per le terre di Fuka, scrivendo questa shot. Akira potrebbe anche essere convincente, direi, ma lui mi lascia troppi dubbi... boh. Sappiatemi dire, please. ^^;
Ah, mi preme di aggiungere una cosa: riprendendo una vecchia recensione di AtlantisLux, quella in cui diceva di avere la sensazione che tutte le mie ff fossero collegate fra loro, ora posso dire che in effetti questa cosa si è verificata per davvero senza il mio volere.
Per la precisione, questa one-shot può essere inserita fra Ritratto di un'emozione, già sequel de Il sapore di un bacio, e Tenerezza, così che volendo avere una cronologia di tutte le mie shot (eccetto Voglia di cioccolata perché What if?, e Beata ingenuità perché ambientata nell'universo di Mai Otome), ma tenendo conto della storia e non dell'ordine con cui sono state scritte, esse possono essere lette con questa consequenzialità:
- Il sapore di un bacio
- Ritratto di un'emozione
- Femminilità
- Tenerezza
- Boobs
- Punizione
Ringraziando quanti leggono e coloro che recensiscono, passo ai saluti con la speranza di avervi almeno fatto dono di un piacevole svago. ^^
Shainareth



  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > My HiME - My Otome / Vai alla pagina dell'autore: Shainareth