16/10/2013
2 recensioniYou’re my happiness.
“Lui rideva, e anch’io,
ma dentro sapevamo tutt’e due che la verità era un’altra,
la verità era che stava per finire tutto,
e non c’era più niente da fare,
doveva succedere e adesso stava succedendo.”
Alessandro Baricco, Novecento.
ma dentro sapevamo tutt’e due che la verità era un’altra,
la verità era che stava per finire tutto,
e non c’era più niente da fare,
doveva succedere e adesso stava succedendo.”
Alessandro Baricco, Novecento.
Scorpius e Rose erano sempre stati due caratteri opposti, due anime contrastanti, due personalità non compatibili. Si erano sempre scontrati per ogni minima cosa: il primo banco nell’aula di Trasfigurazione, chi dovesse togliere punti a Michael Borton, chi dovesse rispondere alla domanda posta da Lumacorno, chi doveva andare ad Hogsmeade con Albus.
Ogni cosa, per loro, era una sfida. L’uno doveva superare l’altra, e viceversa, o non potevano essere felici. Un continuo dibattito, uno scontro senza fine, una lotta verbale che non trovava un punto finale.
Era stato così sin dal primo anno.
Si erano conosciuti sul treno, nel terzo vagone, scompartimento numero 10. Lei arrivava con Albus da destra, e lui da sinistra. Si erano incontrati davanti allo scompartimento vuoto, e si erano affrettati – con uno sguardo di sfida – ad entrare per primi. Fatto sta che rimasero incastrati entrambi nella porta, mentre Albus li spingeva da dietro verso l’interno dell’abitacolo.
Dopo che presero entrambi posto l’uno di fronte all’altro con cipiglio imbronciato, dovettero sopportare le risate di Albus sulla questione. Scorpius finì per ridere con il moretto, mentre Rose li fissava allibita.
Undici anni erano troppo pochi per avere già un avversario?
Una volta giunti ad Hogwarts – smistati in due case differenti – la rivalità si era fatta molto più accesa. Alle orecchie di Rose risuonavano le parole del papà, mentre Scorpius doveva vedersela con i racconti del padre sui Weasley.
Passarono sette anni, ma la rivalità non fu messa mai da parte. Gli ultimi mesi scorrevano veloci, lasciando presagire ad ogni studente la fine dei giochi, l’inizio dell’età adulta e tutte le responsabilità che ne conseguivano.
Rose e Scorpius erano pronti, ognuno con il proprio futuro: Medimagia e Giornalismo sul campo.
Non avrebbero potuto continuare dopo Hogwarts, i litigi, la rivalità, gli scontri, i battibecchi. Dovevano crescere, e con esso tutto doveva finire.
Il giorno del diploma si ritrovarono l’una di fronte all’altro, gli sguardi già grandi di chi ha preso piena coscienza della maturità. Si guardarono e, senza che si fossero messi d’accordo, allungarono le mani e se le strinsero in una pacifica stretta.
Sorrisero entrambi, consapevoli che ogni rivalità fosse stata messa da parte perché era giusto così.
Si ritrovarono a ridere, pensando a tutto ciò che avevano causato all’altro, i bastoni fra le ruote, le pozioni compromesse, i gufi rapiti, le guerre di cibo durante la colazione in un vano tentativo di rallentare l’altro.
Era finito tutto.
O almeno così sembrava.