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Autore: _Trixie_    16/10/2013    3 recensioni
Non si tratta di una vera e propria storia, ma di un flusso di coscienza di Arizona, strutturato come una lunga metafora e che arriva fino alla nona stagione.
Diciamo che si può classificare come un altro dei miei esperimenti! Buona lettura, Trixie.
"Ci sono persone che nascono con un paio d’ali, morbide e potenti. E ci sono persone, come me, che non possono volare, perché queste ali gli sono state negate.
Queste persone, le persone senza ali, possono solo camminare su una sottile fune sospesa sul vuoto, tra abisso e cielo.!
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
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Personaggi: Arizona Robbins, Calliope Torres
Pairing: Arizona/Calliope
PoV:  Arizona
Rating: Giallo
Generi: Triste, malinconico
Lunghezza storia: One-shot, 761 parole
Contesto: Più stagioni (fino alla nona)
Note: -
Avvertimenti: -
Note: Non si tratta di una vera e propria storia, ma di un flusso di coscienza di Arizona, strutturato come una lunga metafora e che arriva fino alla nona stagione.
Diciamo che si può classificare come un altro dei miei esperimenti! Buona lettura, Trixie <3

 
A K., per le ali. 
 
 
 
On the tightrope
 
 
Ci sono persone che nascono con un paio d’ali, morbide e potenti. E ci sono persone, come me, che non possono volare, perché queste ali gli sono state negate.
Queste persone, le persone senza ali, possono solo camminare su una sottile fune sospesa sul vuoto, tra abisso e cielo.
L’abisso è buio e oscuro, l’abisso fa paura e terrore. Guardi l’abisso e vedi la morte, guardi l’abisso e lui ti chiama affascinante e soave.
«Riposa, Arizona, smettila di camminare, lasciati andare, lasciati cadere».
A volte, quando guardo nell’abisso, la tentazione di cedere è grande e allora sollevare il volto diventa un’impresa immane, ma poi scorgo, nel cielo infinito, la luce, la speranza e la bellezza. Ne rimango inebriata, sorrido e trepido, alla vista di quella felicità che mi appare tanto vicina da farmi dimenticare di non possedere alcun paio di ali, ma solo un cuore fragile, da proteggere e salvare, mentre cammino sopra l’invitante abisso, sotto l’inebriante cielo.
Invidio quelle persone che nascono con la possibilità di poter volare.
Tim sapeva volare. Lui spiegava le sue belle ali e toccava le vette della felicità, salvo poi precipitare, nel buio, tra i meandri della disperazione. Lui si lasciava ammaliare dal richiamo dell’abisso, lui si lasciava andare, dopo la fatica di aver volato tanto in alto, a un torbido riposo.
Lo vedevo salire e scendere, passare da un estremo a un altro, mentre io ero sempre lì, nella mia tiepida felicità, nella mia leggere tristezza.
Fino a quando un giorno lui smise di volare, di nuovo. Io aspettai di vederlo risalire, bello e sorridente più che mai. Lui non tornò più.
Guerra, fu il nome del suo abisso senza ritorno.
Rimasi a lungo con il viso rivolto al buio, lanciando brevi sguardi al cielo, ma solo di notte, perché la sua luce non potesse abbagliarmi.
Nascondevo il mio cuore agli altri, perché non potessero scorgerne la fragilità. Non mi permettevo di amare, così da non essere trascinata nell’abisso.
Fino alla notte in cui avvicinai una donna. Camminava sulla fune, ma aveva un paio d’ali magnifiche. Il suo nome era Calliope e aveva smesso di volare da molto tempo, ormai.
Lei mi fece paura, quando mi accorsi di essermi innamorata di lei, lei sarebbe stato il mio abisso, Eppure lei in quel momento fu la mia felicità, mi insegnò a volare, mostrandomi ali che non credevo di possedere.
«Eri troppo impegnata a fuggire la disperazione, a tenere a bada la felicità, per accorgerti delle tue capacità» sembravano dirmi i suoi occhi ridenti.
I nostri baci toccarono il cielo, le nostre lacrime caddero nell’abisso. A volte camminammo sulla fune. Comunque, la mia mano non lasciò mai la sua, mai, fino al momento io cui precipitai improvvisamente, sola, nell’abisso.
Lei si prese la mia ala sinistra per salvarmi la vita, ma mi privò della possibilità di volere, mentre lei poteva ancora librarsi nel cielo, bella e luminosa come sempre.
Decisi di lasciarmi cadere, giù, verso Tim, verso l’abisso, ma lei provò a trattenermi, incitandomi ad usare l’ala che mi rimaneva.
Ero frustrata, ero furiosa con Calliope, che ancora poteva volare, che ancora provava a salvarmi, quando chiaramente non c’era più nulla da salvare.
Morsi e graffia, la ferii e la feci sanguinare.
Spaventata, lei mi lasciò andare. Piangeva, la mia bella Calliope, mentre volava leggera sopra di me, senza allontanarsi mai, e le sue lacrime rigavano il mio volto, bruciando come fossero fuoco.
Le avevo fatte male, un male tanto grande che ora mi divorava il cuore.
«Ti ho persa» disse semplicemente, prima di volare verso l’alto.
Arizona, non era più solo il mio nome, Arizona era il nome dell’abisso in cui l’avevo trascinata. 
Fu allora che volai di nuovo. Un battito d’ala leggero, poi un altro, poi ancora uno. Era faticoso, ma era per Calliope.
Dovevo raggiungerla, quella era la mia meta. E prendermi cura di lei e delle ferite che le avevo procurato.
Non importava se non mi avrebbe più amata, se non avrebbe mai più volato accanto a me, perché sapevo che sarebbe stato impossibile porre rimedio a ciò che avevo fatto, al male che le avevo inferto.
Guardavo verso l’alto, scorgevo la sua figura e mi avvicinavo a lei, con la sola speranza che si lasciasse amare da me, senza richiesta di essere a mia volta amata.
Potevo sopportare la mia infelicità, potevo portare il fardello della disperazione per il resto della mia vita, ma non avrei mai permesso che lo stesso destino accadesse a Calliope. E se questo comportava affidarle il mio cuore senza garanzie allora l’avrei fatto, perché amavo Calliope. 
   
 
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