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Autore: hirondelle_    18/10/2013    0 recensioni
[One-shot scritta per il Taiichi day]
Di solito, tuttavia, non faceva nulla per impedire alle infermiere di acciuffare il povero Amemiya. Si divertiva piuttosto a ridere di cuore e scorgere il piccolo Taiyou mentre si dibatteva invano tra le braccia delle povere malcapitate. Le quali non mancavano puntualmente di minacciare che gli avrebbero messo la camicia di forza.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Taiyou Anemiya, Tsurugi Yuuichi
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sai, quando si è molto tristi si amano i tramonti…
[Il Piccolo Principe]

 


Gli piaceva perdersi nei dettagli.
Gli era sempre piaciuto fin da bambino, perché fondamentalmente non avrebbe potuto soffermarsi su altro. I dettagli esistevano, sempre: il vento che entrava dalla finestra e faceva alzare le tende nivee, l’orologio in ritardo di qualche secondo, il muto passeggiare delle infermiere di notte. La camicia sbottonata di Taiyou, i piccoli peli sul mento di una barba che iniziava a spuntare ridicola su quel volto da bambino, oppure i suoi occhi come lampi accesi nel buio.
Gli piaceva sentire i suoi passi affrettati in mezzo al silenzio dell’ospedale, la sua risatina di trionfo quando si assicurava di non essere seguito da nessuno. E poi le sue grida infantili di protesta quando veniva acciuffato proprio davanti alla sua stanza.
In particolar modo, gli piaceva osservarlo mentre corrompeva le infermiere per convincerle a farlo restare: non era semplice, a dire il vero, e il più delle volte non funzionava nemmeno il caldo e supplicante: “Lui sta male, ha così tanto bisogno di me!”
Ed era vero, Yuuichi aveva tanto bisogno di lui. Specialmente di sera, quando le tenebre iniziavano a sopraggiungere oltre il vetro della finestra e si insinuavano nel suo cuore calmo e dolce. Yuuichi di solito si rannicchiava su se stesso e si lasciava cullare dolcemente dalle ombre dl freddo che attraversava le coperte morbide, anche d’estate.
Di solito, tuttavia, non faceva nulla per impedire alle infermiere di acciuffare il povero Amemiya. Si divertiva piuttosto a ridere di cuore e scorgere il piccolo Taiyou mentre si dibatteva invano tra le braccia delle povere malcapitate. Le quali non mancavano puntualmente di minacciare che gli avrebbero messo la camicia di forza.
La camicia di forza non gliela mettevano mai, comunque ce ne voleva per convincere quel demonio a tornarsene a letto. In genere capitava invece che svegliassero tutto il reparto. E a quel punto diventavano inevitabili grida di dissenso da parte dei vecchi, le risate delle donne gentili, e qualche parolaccia sbocconcellata tra un respiro affannoso e l’altro. A volte capitava che li sentissero fino ai piani superiori.
Certo, era difficile che s’incontrassero di notte. Eppure la sera stavano insieme, sia perché le infermiere risultavano troppo buone per dire qualsiasi cosa, sia perché fondamentalmente non ne potevano più. Tanto questi si suicidano, dicevano. In un modo o nell’altro muoiono tutti e due.
Il pessimismo velato di quelle creature benevoli di certo non noceva alla loro felicità apparente. Di sera se ne stavano lì, insieme, a guardare il tramonto specchiato l’uno negli occhi dell’atro. Paradossalmente non si dicevano niente, quando avrebbero potuto dirsi ciò che non si erano mai detti in cinque anni. Solo una volta Yuuichi aveva parlato, lì da sotto le coperte, dove sembrava stare perennemente come una statua tetra. Gli aveva parlato di quando da piccolo si alzava in piena notte e cadeva dal letto perché non riusciva a stare in piedi. Gli raccontava del pavimento duro e freddo contro la sua guancia, e poi sorrideva silenziosamente.
Taiyou di solito si limitava ad osservarlo, Se ne stava rannicchiato tra le coperte, premuto contro il suo corpo latteo e nudo, e con uno sguardo ne sfiorava i lineamenti placidi. Una volta gli aveva chiesto di fare l’amore, ma non ne sarebbero stati in grado neppure volendolo veramente. 
- Io non voglio suicidarmi. – sussurrò quella sera. I dettagli erano tutti lì: il vento, l’orologio in ritardo, i passi delle infermiere. La sua camicia aperta, la sua pelle di crema, i suoi occhi cerulei. – Non voglio suicidarmi perché tu hai bisogno di me.
Yuuichi gli scompigliò affettuosamente i capelli e gli sorrise. Aveva un sorriso stanco, vecchio, quasi triste. Ogni tanto Taiyou cercava di renderlo felice facendo qualche buffonata, ma quella sera non aveva voglia di fingersi il vampiro dalla Transilvania usando come mantello le coperte chiare. Per una volta voleva restare così, nel silenzio, a farsi cullare dal buio. Non volevano accendere la luce.
- Sai, quando si è molto tristi si amano i tramonti. – dichiarò d’un tratto il blu sorridendo appena. Osservava i riflessi dell’ultimo sole sul bianco del muro, un telo di carta velina rosata, una coltre di nebbia. – Tu sei un po’ come il tramonto. Sei l’ultima luce.
Taiyou sorrise gentile in risposta. Non aveva capito, o forse sì, non si sa, lo abbracciò forte immergendosi nel suo petto cadaverico che sapeva di buono. – Ti amo tanto.
Tsurugi gli baciò la fronte e non rispose. Gli accarezzò i capelli e rimase a fissare il muro bianco del soffitto come un uccello che fissa le sbarre di una prigione invalicabile.
Pianse, ma lo fece in silenzio. Aspettò che Taiyou si addormentasse e poi lasciò scivolare le lacrime.
Giù, verso le tenebre.
 
Scendeva la notte. Ancora, ma in un altro luogo, un altro tempo.
Taiyou non si sorprese nel trovarlo in piedi, immobile specchiato nella luce rossastra di un mondo decadente. Era guarito da poco e ora si godeva la sua libertà ritrovata, come un uccellino in gabbia che spicca il primo volo. Sorrise teneramente e si piazzò esattamente davanti a lui, guardandolo negli occhi.
Era una sorta di attesa, la loro. Si guardavano negli occhi e attendevano che l'ultima luce calasse definitivamente giù, come il bagliore di un riflesso. 
Si allungavano le ombre, quindi Yuuichi sorrideva dolce e lento assieme. E quando il tramonto finiva definitivamente sorrideva anche Taiyou.
Era quello il momento: Yuuichi allora appoggiava il ginocchio libero da costrizioni sulle lenzuola bianche, Taiyou si distendeva con una luce cieca negli occhi. Facevano l'amore, come non avevano mai fatto in tutti quegli anni. Si cercavano e si trovavano, passando le dita fini sulla pelle dell'altro.
Yuuichi ammirava i dettagli: amava vederlo mentre si svestiva della camicia, il movimento sinuoso e limpido che la faceva finire per terra. Gli piaceva baciarlo e toccarlo, a sua volta essere toccato. Era una cosa pura, la loro, non poteva essere che così. Stavano bene se facevano l'amore, avevano trovato un modo per scappare dalla notte.
Yuuichi in particolare amava, di Taiyou, la sua bocca socchiusa e le gote arrossate, gli occhi velati da un piacere che da muto finiva in pezzi e dilagava in gemiti come un vaso di terracotta.
Amava vederlo contorcesi sotto di lui, le mani appoggiare dietro la sua schiena, il sorriso di fiamma, le unghie che facevano male e tracciavano scie di sangue sul marmo puro. 
Amava sentirlo mentre implorava di dargli sempre più piacere, come una cantilena. Amava guardarlo ed essere guardato, senza rimorsi, senza pudore.
Poi, sopratutto, amava il dopo. Stavano in silenzio, avvinghiati, e la nudità non costituiva mai un ostacolo, ma quasi sembrava unirli. Era un po' come mostrarsi all'altro, a Yuuichi piaceva pensarlo.
Alle volte capitava che lo rifacessero. Quel giorno rimasero semplicemente così, avvinghiati, perché a Yuuichi facevano male le gambe. Era quasi un sollievo in quei casi provare dolore, respirare il corpo dell'altro come una creatura assetata di vita.
Gli piaceva respirare la sua, di vita. Socchiudeva gli occhi e gli baciava il viso morbido, di porcellana. Scivolava in una cupa consapevolezza senza pensieri, e d'improvviso la notte non faceva più paura.
Non c'era più niente da temere, perché la notte poteva essere bella a modo suo. Di notte si poteva amare la vita in un modo diverso, a parte. Non c'era più attesa che tenesse.
Ci sarebbe stata sempre la sua ultima luce.

 
   
 
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