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Autore: yelle    18/10/2013    4 recensioni
[Olicity]
Seguito della mia precedente one-shot, "when you're drunk".
Oliver guarda Felicity dormire.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'when you are...'
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Note: stavo scrivendo il seguito della mia precedente one shot, when you're drunk, quando la fanfiction si è praticamente divisa in due. Ora quindi ho fra le mani una trilogia, di cui questa che vi apprestate a leggere è la seconda parte. La terza è già stesa quasi per intero, ma conoscendo i miei tempi ci vorrà una settimana perchè la pubblichi qui su EFP.
Buona lettura!


 



 
 
La mia mente traccia segni invisibili sulla tua pelle, immaginandone la morbidezza ed il calore del sonno. Il lenzuolo leviga le tue forme come acqua di sorgente; pura, cristallina, ghiacciata. Di quel freddo che brucia le mani e indurisce il cuore. Non oso toccarti per paura di quelle fiamme di ghiaccio, imperdonabili verso peccatori e anime perdute. Ed io sono entrambi.
Il tuo volto mi è nascosto alla vista, ma non ho bisogno di averlo sotto il mio sguardo per sapere che è rilassato, la fronte spianata, le rughe sparite.
I lividi, quelli no. Quelli ci vorrà del tempo, ma alla fine scompariranno, non ne rimarrà traccia. Solo una piccola ferita nel cuore che prima o poi riuscirai a relegare nell’angolo più buio e remoto. Tutto andrà bene. Tutto finirà come deve. Avrò cura di accertarmene.
 
Siamo legati, tu ed io.
Dal momento in cui questa sera sono entrato da quella porta e ti ho visto per terra, bloccata dal peso di quell’uomo da cui ti ho liberata. Mi sono legato a te in un vincolo che non ha spiegazione, che non è dettato dalla ragione.
L’istinto mi dice che una parte di te ora mi appartiene. Credo che sia vero; ma come posso sopravvivere a questa responsabilità? La tua anima cristallina non ha nulla a che vedere con la depravazione di cui mi sono macchiato… sull’isola, e ancora prima. Come posso prenderti per mano e guidarti dove non sono mai stato? Come potrei mai accoglierti e riuscire a non contaminarti?
Non posso. È troppo difficile. Il prezzo da pagare troppo alto.
Per cui eccoti qui.
Eccoci qui.
Sdraiati nell’ombra del passato ancora presente, sdraiati nel buio della stanza; ascolto il sincrono dei nostri respiri sfumare nel silenzio, nella quiete della notte.
Così vicini. Eppure non posso sfiorarti.
La mia anima non può toccarti.
Sei un magnete che mi attrae e mi respinge, e non ho ancora deciso in quale momento opporre resistenza.
 
Con gli occhi pettino la tua cascata bionda abbandonata sul cuscino; riposa nel vuoto che ci separa. Vorrei allungare le dita, districarne i nodi, sciogliere i capelli, ma ciò che di razionale in me urla di non farlo, che è sbagliato.
Come può essere sbagliato un gesto così semplice?
Ma la risposta la conosco. L’ho già vissuta. Una semplicità così intima non è per me da avere. Tutto ciò che passa tra le mie dita muore, o viene irrimediabilmente rovinato. Non posso semplicemente riservarti questo trattamento fingendo che di te non me ne importi, perché non è così.
 
Prima che me ne accorga, la mia mano aleggia sul tuo volto, le mie dita discostano i capelli dai tuoi occhi.
Il mio gesto sembra averti disturbato. Ti muovi nel sonno fino a voltarti verso di me, fino a donarti al mio sguardo.
Ora non posso più addormentarmi. Non ne ho il desidero.
Voglio essenzialmente esistere in questo momento solamente per guardarti, per fissare i tuoi lineamenti nella mia memoria, i tuoi occhi chiusi, la tua espressione rilassata.
E mentre ti guardo accade qualcosa; qualcosa che credevo impensabile. Segregato nei recessi di me.
Il mio cuore si apre, e questa notte acquista un senso. Io, qui, nel tuo letto. Non vorrei essere da alcun’altra parte.
Mi abbandono alla morbidezza del cuscino, allungando la mano in un abbraccio di cui non avrai ricordo.
Ma che importa? Io sono qui. Tu al mio fianco.
Cos’altro ha importanza?
   
 
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