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Autore: MartaJonas    18/10/2013    2 recensioni
Erano, l’uno per l’altra, come un neo su una scapola. Un neo che continua a essere lì, nella stessa posizione, che ha la stessa forma, nonostante non sempre ci si ricordi di lui. Un neo che è piccolo, ma indelebile, e ormai è parte di sé. Era per questo che entrambi riuscivano a comprendere, come stava l’altro, bastava uno sguardo o una parola che impiegava troppo tempo per essere pronunciata.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joe Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'We Come Back Every Time'
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Invisible Cry


La ragazza non riusciva a restare seduta. Si sistemò la borsa sulla spalla, sospirando e spostando il suo peso da un piede all’altro, come per guardare meglio tra una testa e l’altra dei due giovanotti troppo alti che erano proprio davanti a lei. L’aeroporto di Venezia non era molto grande, ma era ben collegato, così finivano per atterrare lì moltissimi aerei, provenienti dalle maggiori capitali europee, da alcune città italiane, ma anche da qualche grande città asiatica. Almeno era quello che Penelope riuscisse a dedurre dal tabellone degli arrivi. Ormai, per evitare che troppi pensieri le invadessero la mente, si era divertita a imparare a memoria quali fossero gli aerei in lista d’atterraggio.
Quello che stava aspettando sarebbe atterrato in 3 minuti, arrivava da Parigi e la compagnia aerea era l’Air France. Il ragazzo che stava aspettando, però, proveniva da Los Angeles, aveva solo fatto scalo nella capitale francese.  
Penny si chiese se avesse fatto la scelta giusta a lasciare l’università, a Milano, proprio nel momento in cui tutti i corsi erano ricominciati, e correre lì, solo perché le era stato chiesto di farlo. Non lo vedeva da quasi due anni ormai, però si parlavano, almeno una volta a settimana, e lui gli riprometteva ogni volta che sarebbe passato a trovarla, non appena avesse avuto un attimo libero. Poi, quando una settimana prima Penelope  l’aveva chiamato e gli aveva chiesto se andasse tutto bene, e che cosa fosse successo con i suoi fratelli, lui aveva ignorato le sue domande, e le aveva chiesto se l’avesse potuto accompagnare a Venezia la settimana seguente, perché aveva bisogno di lei. Non era riuscita a dirgli di no.
La scritta “arrivato” cominciò a lampeggiare affianco al numero del volo dell’Air France che stava aspettando. Ancora qualche minuto, e avrebbe potuto riabbracciarlo. Ricordava ancora perfettamente il giorno in cui l’aveva incontrato. Erano circa le 6 di sera, e si trovava davanti a uno sportello bancomat, e non le funzionava la carta. Era la sua prima volta in una grande città come Milano, era da sola, in cerca di una casa per l’università e con soli 5 euro nel portafoglio. Poi, dal nulla era apparso un ragazzo, dai capelli lunghi e liscissimi, che sentendola imprecare in una lingua a lui sconosciuta, si era avvicinato a le aveva chiesto in inglese se andasse tutto bene. La provinciale e spaventata diciannovenne che era in Penelope  sarebbe scappata a gambe levate, ma qualcosa le impedì di farlo: il suo sorriso. Soltanto dopo riconobbe chi fosse. Poi lui le risolse il problema del bancomat, e la invitò a prendere un caffè insieme. Rimasero a parlare, loro due da soli, per circa tre ore. Si salutarono scambiandosi i loro numeri di cellulare, e il giorno dopo si videro di nuovo. Diventarono amici, senza neanche accorgersene, senza un vero perché.
 La giovane vide aprirsi la porta automatica, e il ragazzo, dagli occhi spenti e un’orribile espressione in viso, apparve, così, come una visione.
-Joe! – Penny  si lasciò scappare il suo nome, richiamando la sua attenzione. Joseph alzò lo sguardo da terra e le rivolse un mezzo sorriso. Era stanco, ma la ragazza capì che non era soltanto a causa del lungo viaggio. Il ragazzo poggiò a terra il trolley che aveva portato con sé, non appena si ritrovò davanti alla sua amica. Lei gli sorrise.
-Ehi, Joe. – disse toccandogli il gomito sinistro con la mano, come se lo volesse abbracciare, ma fosse indecisa sul farlo o meno.
-Penny - il moro, ora con i capelli molto più corti della prima volta in cui l’aveva incontrato, non ci pensò due volte ad abbracciarla con tutta la forza e la dolcezza che aveva. Sembrava quasi che volesse aggrapparsi a lei, e rimanere lì, così, a sentire il profumo dei suoi capelli biondi che le ricadevano sulle spalle. – Come stai, Penny ?
-Sono nella mia città preferita con te, quindi sì, sto bene. Il punto è come stai tu, Joe. – gli disse mentre il cantante riprese la sua valigia e la seguì al di fuori dell’aeroporto.
-Questa è una lunga storia, Penny . Però sono felice di essere qui con te. – affermò il ragazzo e le rivolse un mezzo sorriso. Si creò un attimo di silenzio tra i due. La ragazza lo guardò meglio, vide i suoi occhi vuoti, senza emozioni, vide la sua espressione debole e cominciò a preoccuparsi. Ma non disse nulla, gli avrebbe raccontato tutto lui stesso, nel momento in cui avrebbe voluto
-Joe … ma perché proprio Venezia? – chiese, per rompere quell’attimo di quiete che si era andato a formare tra i due.
-Beh, è la tua città preferita, e io non ci ero mai stato. Ho soltanto approfittato dell’occasione. – la guardò, mentre gli sorrideva e lo prendeva sottobraccio, e si disse che le era mancata, le era mancata più di qualunque altra cosa.
 

*

 
Penelope era ancora sconvolta dall’hotel in cui era appena entrata, per accorgersi che questa volta era stato Joe a prenderla sottobraccio. Si era occupato il ragazzo di dove soggiornare lì a Venezia, perché, aveva detto, avrebbe pagato lui, e quando, arrivati in piazza San Marco, le aveva chiesto dove fosse l’hotel Danieli, credé che stesse scherzando. Quando, poi, vide che il moro non stava ridendo con lei, cominciò ad accusarlo di essere completamente pazzo per aver prenotato nell’albergo più bello e costoso della città. Gli disse di sentirsi in colpa in una maniera spaventosa per avergli fatto spendere così tanti soldi, facendogli, per altro, prendere 2 stanze doppie comunicanti.
-Smetti, per un attimo, per favore, di sentirti in colpa per l’albergo e mi rivolgi un sorriso per un momento? – chiese dolcemente il moro, mentre la ragazza cominciava a sorridere.
-Solo se mi lascerai pagare almeno una parte della mia camera.- disse rivolgendogli un sorrisetto di sfida.
-No, non si discute proprio. – rispose senza pensarci su neanche un secondo.
-Allora mi sentirò meno in colpa offrendoti un caffè al Florian, il bar più bello e costoso di Venezia. – così dicendo deviò bruscamente e lo trascinò nel caffè storico, proprio sotto i portici delle Procuratie nuove in piazza San Marco.
-Qui, sei tu ad essere completamente pazza, non io. – disse non appena fu dentro l’edificio, intanto che si guardava intorno, e osservava quel posto senza tempo. Sembrava di essere in un’altra epoca in quel luogo, tanto da avere l’impressione di poter incontrare personaggi come Charles Dikens o Rousseau lì dentro, proprio dietro l’angolo. Il cameriere, completamente vestito di bianco, li accompagnò a uno dei piccoli tavolini in marmo bianchi, ordinarono un tè e un caffè che furono serviti loro un attimo dopo.
Solo dopo qualche momento Joseph si accorse che della musica classica continuasse a riecheggiare in quell’ambiente così anacronistico.
-Che posto è questo? – chiese guardandosi intorno Joe, come se stesse cercando di analizzare quel luogo, per rincorarne ogni dettaglio.
-È, praticamente, il caffè storico più importante di Venezia. Sono passati di qui i più grandi scrittori e filosofi. Questo è uno dei motivi per cui adoro questa città. Pensa, magari proprio lì, dove sei seduto tu, nel 1800 era seduto Lord Byron. Qui si sono incontrate storie, persone, pensieri che hanno determinato anche quel che abbiamo adesso, quel che pensiamo ora. Non è forse speciale tutto questo? Poi Venezia è la realizzazione di una città sull’acqua. Chi mai prima ci aveva pensato? Non è forse una concretizzazione di un sogno, di un obbiettivo, di uno scopo questo? Per me lo è, eccome se lo è. Però è meglio smettere di parlare di questo argomento, altrimenti io non la smetto più. – rise la ragazza, alzò la testa per guardarlo poi la abbassò di nuovo.
-Mi piace ascoltarti parlare, invece. Come va l’università? – chiese il ragazzo.
-Bene, anche se durante le lezioni di filologia è un miracolo se non mi addormento. È la cosa che odio di più della facoltà di lettere  - affermò, e Joe si fece scappare una risata. – tu, invece, come stai?
Joseph abbassò lo sguardo e sospirò. Si morse il labbro inferiore e guardò in qualunque direzione che non fosse quella degli occhi della ragazza. Avrebbe capito. Joseph, per Penny ,  era sempre stato una boccata d’aria dopo troppe ore al chiuso, come il sole in una domenica mattina, come il sorriso spontaneo di un bambino innocente. Joe era sempre stato il suo piccolo segreto, e anche lei per il cantante era sempre stata qualcosa di estremamente privato di cui nessuno doveva essere a conoscenza. Erano, l’uno per l’altra, come un neo su una scapola. Un neo che continua a essere lì, nella stessa posizione, che ha la stessa forma, nonostante non sempre ci si ricordi di lui. Un neo che è piccolo, ma indelebile, e ormai è parte di sé. Era per questo che entrambi riuscivano a comprendere, come stava l’altro, bastava uno sguardo o una parola che impiegava troppo tempo per essere pronunciata. Penelope aveva capito che qualcosa di serio era successo dal momento in cui aveva sentito la sua voce al telefono una settimana prima, ma la ragazza non aveva detto nulla, perché toccava a lui scegliere quando parlarle.
-Joe … - sussurrò come per risvegliarlo dai suoi pensieri fin troppo forti. La guardò, dritta negli occhi, tanto che lei avrebbe potuto vedersi riflessa nelle sue pupille, e quegli iridi velati da un sottile strato di lacrime parlarono per lui. Chiesero aiuto, domandarono attenzione, implorarono interessamento, supplicarono comprensione. Quel pianto silenzioso sarebbe sembrato invisibile agli occhi di tutti, ma non a quelli di Penny . Lei lo vide, e gli strinse la mano, appoggiata pesantemente sul tavolino, intrecciando le sue dita con quelle del ragazzo.
-Non pretendo che tu mi racconti tutto, Joe. Se non vuoi farlo, non .. non dirmi nulla, ma … – ogni parola che pronunciava si faceva sempre più tremante, proprio come le onde marine sotto il tocco del vento. Non riuscì a non increspare la voce, dopo averlo visto in quello stato. Però il ragazzo la interruppe, con tono basso ma deciso.
-No … - e spostò la mano che aveva sul viso da davanti alla bocca. – no. Sono qui proprio per raccontarti tutto, voglio farlo. Tu devi sapere.
Penelope si ammutolì, non riuscì più a pronunciare una singola parola da quel momento. Dall’istante in cui il ragazzo cominciò a raccontare, a sfogarsi, a piangere, la giovane non fu più capace di proferire un solo termine. Joseph soffriva nel tirar fuori dalla sua bocca ogni frase, rivelando così alla ragazza, la parte di sé che prima d’allora non aveva mai rivelato a nessuno così direttamente. Le mostrò il suo lato fin troppo debole, i suoi errori, le sue scelte sbagliate, le sue inquietudini che gli si ripresentavano sempre uguali da almeno un anno. Il cantante non riusciva a evitare che le sue lacrime cadessero copiose dai suoi occhi stanchi, e evitare di guardarla negli occhi. Era da tanto tempo che non lo faceva, era da tanto che non guardava davvero nello specchio dell’anima di qualcuno, così da riuscire a capire da vera opinione di chi avesse davanti a lui. Nei suoi occhi vide soltanto tanta preoccupazione, comprensione e un amore cieco.
A Penelope, invece, si formò un nodo alla gola così difficile da sciogliere che se avesse cominciato a parlare, la sua voce, rotta dalle lacrime, che già si riversavano fuori dai suoi iridi azzurri, avrebbe svelato completamente tutti i sentimenti che provava nei confronti del ragazzo. Le loro dita continuavano a rimanere intrecciate. Delle volte Penny stringeva più forte le mani del ragazzo, come per sentirlo ancora più vicino a lei.
Poi, quando Joe smise di parlare dopo aver detto che nessuno della sua famiglia sapeva dove fosse, e cominciò a guardarla, toccò a lei a esprimersi su tutta quella situazione. Prese il suo cellulare e glielo pose dicendogli che, per prima cosa, doveva assolutamente chiamare la famiglia, perché di sicuro, tutti loro si stavano preoccupando da morire per lui.
-Non voglio, ho bisogno di tempo senza di loro – disse il ragazzo. Penny , per la prima volta da quando era atterrato a Venezia, lo guardò davvero male.
-Vuoi che chiamo io, allora? Joe, è la tua famiglia. Parla con loro e dì loro dove sei, poi parleremo noi due. Pensa un attimo cosa faresti tu al posto loro. Scegli, o chiamo io, oppure chiami tu. Ho il numero di casa dei tuoi genitori, Joseph, me l’hai dato tu. – lo minacciò, ma lui le sfilò il cellulare dalle mani.
-Ti odio quando fai così. – disse prima di mettersi il cellulare all’orecchio.
-Lo so. – gli rispose l’amica.
Denise, la madre di Joe, rispose alla chiamata dopo neanche uno squillo. Il ragazzo le disse dov’era, e si prese anche un rimprovero dalla mamma, anche se il figlio non la ascoltò più di tanto, poi, dopo averle detto di non cercarlo perché non si sarebbe fatto trovare e che sarebbe tornato quando si sarebbe ritenuto pronto, chiuse la chiamata.
-Bravo. – disse la ragazza, riprendendosi il cellulare, mentre il cantante faceva una smorfia di dissenso. Penelope non se ne curò e catturò una mano del ragazzo nelle sue, ancora una volta. Sospirò, poi iniziò a parlare.
-Capita a tutti di fare degli sbagli, a prescindere dal fatto che siano più o meno gravi, perché siamo umani. È nella nostra natura commettere qualche errore. Qualunque cosa, però, ai limiti del possibile, deve essere rimessa a posto dopo essere stata distrutta. Non devi scappare dalla realtà, dalle responsabilità, dal mondo intero, devi affrontare e superare qualunque ostacolo che ti si presenta davanti, anche se sembra impossibile farlo. – cominciò a dire al ragazza mentre le parole fioche continuavano a uscire sempre più segnate da una venatura di lacrime, Joseph non smetteva di guardarla negli occhi - Non puoi fuggire da un modo che ha bisogno di te, proprio come tu ha bisogno di mantenere quello stesso posto nel mondo che ha sempre avuto. A volte dovrai contare solo su se stesso, perché, ammettiamolo, la vita delle volte fa davvero schifo, perché sono le persone a fare schifo. Anche se hai soldi, anche se sei famoso, la storia non cambia. Però, Joe, non devi mai sottovalutare quello che hai. Tu hai una famiglia che tiene a te più di qualunque altra cosa, e su questo ci scommetterei la mia vita. Ci saranno sempre persone dalla tua parte, tuoi amici che ti conoscono davvero, e che si schiererebbero al tuo fianco qualunque cosa accada, soltanto perché hanno capito quanto vali, quanto tu sia una persona così bella e che è praticamente impossibile trovare qualcuno come te. Ci saranno sempre persone che ti vorranno bene, perché è impossibile non volertene. – la forza delle lacrime aggredì ancora una volta sia Penny , che Joe. – Io te ne vorrò sempre, Joe, sempre, qualunque cosa accada io ti vorrò sempre bene. Anche se non volessi più saperne di me, io resterei; a costo di farmi mandare via a suon dei tuoi vaffanculo.
Joe non poté non farsi scappare una risata, così la ragazza sorrise, contenta per avergli strappato un momento i felicità in quella situazione di merda.
-Vogliamo andare? – chiese la ragazza inclinando la testa, come per indicare l’uscita del caffè. Lui annuì. Si alzarono, Joe lasciò pagare Penny , nonostante non fosse d’accordo,e uscirono.
La ragazza lo prese sottobraccio, lo strinse a sé, e si girò a guardare i suoi occhi che la stavano osservando. Joe stava sorridendo, così si aprì anche lei in un’espressione di serenità, poi gli lasciò un piccolo bacio sul braccio, in prossimità della spalla, coperta dalla felpa blu, in un gesto dolce e pieno d’affetto. Non servirono altre parole, il cantante aveva già deciso cosa fare.
 

*

 
Penelope si sedette su una delle sedie dell’aeroporto, e incrociò le braccia. Joseph stava fissando il cartellone delle partenze almeno da cinque minuti, e non dava segno di voler smettere. La giovane si ritrovò a sorridere nel ripensare a quei pochi giorni di felicità che aveva appena trascorso con quel’uomo. Si era sentita in colpa per non essere stata a conoscenza della situazione dell’amico. Ma poi, aveva capito: lui stava soltanto aspettando il momento adatto per dirglielo, senza farla preoccupare inutilmente. Lei era l’unico punto fermo per il ragazzo, e non importava se passavano anni tra una volta e l’altra in cui si incontravano, il loro rapporto non sarebbe cambiato, semplicemente perché si volevano bene.
-Joe! – lo chiamò attirando la sua attenzione, e poi facendogli segno di sedersi accanto a lei. Joseph fece quanto gli era stato detto.
-Mi devi promettere due cose. – esordì Penny poggiando la sua mano sinistra sul ginocchio destro del ragazzo. Lui annuì. –La prima è che farai tutto il necessario per risolvere tutto. Io credo in te, Joe, credo fermamente che tu ce la possa fare. Va bene?
Il cantante annuì, senza però proferire parola.
-Promettimelo, Joe. – incalzò la giovane.
-Te lo prometto, te lo prometto, Penny. – affermò il ragazzo poggiando la sua mano su quella della ragazza che era sul suo ginocchio. – Farò tutto il possibile.
-La seconda cosa che devi promettermi è che non ti dovrai dimenticare neanche per un attimo che io ci sono sempre per te. Se ne hai bisogno, basta un messaggio, una chiamata, e io prenderò il primo aereo per gli Stati Uniti. Non dimenticarlo mai, ti prego. – gli assicurò la ragazza, non smettendo mai di guardargli negli occhi. Joseph annuì, acconsentendo anche alla seconda condizione imposta dalla ragazza.
Proprio in quel momento chiamarono l’aereo che doveva prendere il cantante. Si alzarono nello stesso momento, e, per la prima volta, l’uno di fronte all’altra, si trovarono senza sapere cosa dirsi.
Non servirono parole, però, bastò un abbraccio. Un abbraccio così lungo, forte e pieno di sentimenti che nessuno dei due avrebbe mai voluto terminarlo.
-Ti voglio bene, Joe. – gli sussurrò piano, in un bisbiglio. Joe la strinse ancora di più a sé.
-Anche io te ne voglio, Penny. – rispose con voce instabile. La ragazza lo lasciò andare.
-Vai, altrimenti mi metto a piangere un’altra volta. – gli ordinò strofinandosi gli occhi con il dorso della mano. Si salutarono ancora una volta, e in poco tempo si era già confuso tra la folla.
La ragazza si girò e cominciò a camminare verso l’uscita dell’aeroporto.
Sentì prendersi per il polso della mano destra, e poi avvertì il tocco delle labbra del ragazzo, che aveva davanti a lei, sulle sue. Joseph non era riuscito ad andarsene senza farlo, senza baciarla. Neanche loro stessi riuscivano a comprendere cosa stesse davvero accadendo tra loro due. Era stato qualcosa di più forte di loro. Joe non riusciva a capire se quello che stava facendo era giusto o meno, ma sapeva che era quello di cui aveva bisogno, e adesso aveva bisogno di Penny. Dall’altra parte Penelope era completamente spiazzata, non si sarebbe mai aspettata qualcosa del genere, soprattutto in una situazione come quella, ma non poté negare che stava adorando quella sensazione che si era formata all’interno del suo stomaco. Era pazzesco, completamente pazzesco. Joe si staccò da quel bacio dolce, e così pieno d’amore.
-Ti chiamerò molto presto, perché avrò bisogno di te, Penny,  più di chiunque altro. – le rivelò Joseph all’orecchio, in un sussurro. Gli occhi di Penelope si velarono di lacrime. Joe le rivolse un altro sorriso, e scomparve ancora una volta tra la gente. Ma qualcosa di lui era rimasto lì con lei, il suo profumo. Il suo profumo, la sua essenza si era attaccata alla felpa della ragazza, tanto che, per un attimo, le sembrò di averlo accanto. 
 







Buonasera!
Be', diciamo che con la situazione che si sta vivendo in questi giorni con quei tre, non sono riuscita ad evitare di scrivere. Non è niente di particolare, ma mi ci è voluto un po' per metterla insieme. L'ambientazione è semplicemente dovuta al fatto che amo Venezia, dal momento in cui ci sono andata l'anno scorso
Non so che altro dire, è già tanto che coniugo bene i verbi che sto usando in questo angolo dell'autrice, perché oggi è stata una giornata davvero pesante per me. 
Quindi, grazie infinite a chi sia arrivato fin qua giù a leggere, e, niente, le recensioni, positive o negative che siano, sono sempre buone accette!
Un bacio, 
Marta. 

  
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