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Autore: amante pazza    09/04/2008    1 recensioni
piccolo racconto venuto fuori da un pomeriggio passato a riflettere. a dire il vero ciò che ho scritto è abbastanza attinente alla MIA realtà: mi sono immedesimata molto nel personaggio di Lei. non ho dato un nome ai protagonisti per cercare di far sì che ognuno di voi si identifichi con essi. non è un racconto molto lungo ed elaborato (sono capace di fare di meglio ;P) ma spero ugualmente di poter essere apprezzata. un bacio a tutti. vi chiedo gentilmente di commentare ;) thanks
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Espirò leggermente, con lentezza, prima di riportare la sigaretta alle labbra. Fissava la fioca lanterna di una barchetta in mezzo al mare. Era notte. Saranno state circa le due. Nessun pensiero riempiva la sua mente. Si faceva semplicemente trasportare in silenzio dalla luminescenza di quello sperduto punto, posto tra pennellate di blu notte sporcate da schizzi di raggi lunari. Il dolce profumo dei gelsomini si mischiava a quello del fumo asprirato. Odori contrastanti uniti dalla fresca aria notturna. Un fievole venticello piegava dolcemente i rami dei gelsomini, tendendoli verso di Lei. Lei che amava tanto quel delizioso profumo di fiori quanto il dannoso odore del fumo. Le sigarette del pacchetto posato indifferentemente sul tavolino di vetro erano quasi terminate, ma non se ne accorse. Continuava incurante a prenderne una, accenderla, fumarla piano, ciccarla ed estrarne un’altra. Seduta su di una grande poltrona di vimini, con le gambe stese sul piccolo tavolino di cristallo posto innanzi a lei, si abbandonava al nulla k invadeva la sua testa. Amava la notte: Lei, paladina del buio, principessa della quiete notturna, regina di quel silenzioso stato naturale. Tra luci fioche su sfondi nerastri avveniva la sua metamorfosi: una taciturna e irriverente clandestina della notte, sostituiva la solare e giocosa viaggiatrice del giorno. Nel buio poteva essere se stessa. I capelli erano liberi dalle quotidiane restrizioni di chignon o alte code di cavallo, niente gel per mantenerli perfettamente tirati, niente lacci x soffocare la loro natura ribelle. Erano lasciati sciolti, spettinati. Sembrava gettata lì come una bambola di pezza, senza compostezza nel sedersi. Il corpo avvolto solo da una grande camicia da uomo di un pallido azzurro, che le lasciava scoperte le gambe, esponendole ai raggi lunari che filtravano attraverso la grata dei gelsomini. I piedi nudi e liberi da tacchi alti e scarpe soffocanti. Senza un filo di trucco a mascherare i lineamenti del volto; non vi era nessuna giornaliera menzogna artificiale sul suo viso oscurato dall’assenza di luce. Amava la notte anche per questo: nessuno poteva vederla nell’oscurità; nessuno poteva giudicarla. Poteva smettere di pensare, smettere di sorridere forzatamente, smettere di tenere gli occhi aperti, smettere di portare una maschera. Lei: unica abitante del mondo della notte. Subconsciamente felice di essere sola a godersi quell’irreale tranquillità. Poi, però, si destò dal suo stato di momentanea assenza. Ciccò l’ultima sigaretta nel posacenere di plastica poggiato su di un bracciolo, e si alzò in piedi. Sentì un lieve bruciore all’altezza delle natiche: i fili di legno intrecciati della poltrona le avevano fatto dei segnetti rossi e poco profondi sulla pelle rimasta nuda. Odiava quando capitava, ma in quel momento le importava poco e niente. Il pavimento era freddo, quasi come un enorme lastra di ghiaccio, ma a lei piaceva. A piedi nudi si diresse verso una porticina di legno verniciato. Essa dal balcone conduceva ai pochi gradini che portavano direttamente sulla spiaggia. L’aprì, sentendo la maniglia di ottone della porticina liscia e fredda: e questo non le piacque. Scese i pochi gradini in pietra e affondò prima un piede e poi l’altro nella sabbia. Rimase per qualche secondo ferma con entrambi sotterrati da tanti minuscoli e morbidi granelli. Fece un gran respiro, sostituendo all ‘odore di gelsomini e sigarette, quello delle infrante onde del mare; poi si diresse verso i lettini e le sdraio dell’hotel dove alloggiava. In quel momento si risvegliò da quello stato di semi-incoscienza del quale era ancora un po’ vittima. E da lì iniziò a riprendere il naturale e assai vorticoso flusso dei propri pensieri. Pausa estiva dal lavoro: 15 giorni di puro relax. Dopo un anno di travagli finanziari, versamenti bancari ed investimenti aziendali, finalmente si concedeva del tempo per staccare la spina. Sfogliando i deplian delle agenzie di viaggio non aveva scorto alcuna località che facesse al caso suo: tutti hotel e villaggi pieni di animatori, famigliole e ragazzini in cerca di divertimento. Era tutto troppo abituale, tutto già visto, provato, tutto troppo generalizzato. Lei voleva potersi godere il suo mondo notturno cullata dal fruscio del vento e dall’infrangersi delle onde marine, godersi una meritata vacanza così come voleva. Il mattino prima di partite aveva preparato accuratamente 3 valigie ed un beauty-case. Con la sua solita maniacalità aveva riposto perfettamente ogni cosa nell’apposito spazio, facendo centrare il tutto in modo ineccepibile. La sera, invece, aveva riguardato il deplian del posto ormai prescelto: un alberghetto sulla spiaggia in un piccolo paesino sulla costa orientale della Grecia. Al contrario di ciò che si potrebbe pensare, non era per nulla uno di quei villaggi sperduti e barbosi: c’era vita e movimento. Il paesino era circondato da numerose colline pregne di grotte. Ogni grotta era stata trasformata in un albergo, un bar, una discoteca o quant’altro: massimo sfruttamento della naturale bellezza del luogo. L’insieme di grotte costituiva la parte alta ed antica del paese, mentre la pianura sottostante e la spiaggia quella nuova e moderna. Una fidata collega di lavoro le aveva consigliato di trascorrere lì le ferie durante una chiacchierata nella pausa caffè, e le aveva dato lo stesso deplian che in quel momento veniva sfogliato con cura dalle affusolate dita di Lei. Lui l’aveva seguita in quel posto magnificamente strano, anche se era più propenso ad una vacanza alle Hawaii o ad Ibiza: troppo comune, troppo usuale, troppo da tutti; aveva pensato Lei. Mentra faceva capo ai ricordi si sedette ai piedi di un lettino posto non lontano dal bagnasciuga, sperando che la pelle, a contatto con la sabbia, avrebbe smesso di pulsarle sulle natiche e che i segnetti rossi si sarebbero ritirati. Impugnò della sabbia nel palmo della mano sinistra e lentamente lasciò cadere i granelli. Il vento iniziò a spirare leggermente più forte, spingendo i granelli cadendi verso le sue gambe nude, donandole piccole e giocose carezze. Non poteva fare a meno dei regali che le portavano vento e notte. Viveva di quegli attimi di silenzio ed eterea bellezza…naturale ed inumana. Aveva passato una bella serata: cena a base di mussaka e birra chiara in un ristorante a picco sul mare; passeggiata romantica tra le rovine della cittadella antica; ritorno in albergo; nottata trascorsa a fare l’amore con Lui. Tutto apparentemente perfetto. Ed era proprio questo k le faceva venir voglia di chiudersi a riccio coperta dal cielo scuro e occultata dal silenzio della notte. Era tutto troppo perfetto, così perfetto da fare ribrezzo. Non coglieva nessuna nota stonata nello spartito che fungeva da colonna sonora ai suoi giorni . Avrebbe tanto voluto averne una: rendendo la musica diversa avrebbe cambiato le danze. E invece il valzer continuava inarrestabile, accompagnato da una melodia perfettamente suonata. Ad un tratto si alzò, sbottonò la camicia e se la sfilò di dosso come se quello fosse stato un indumento troppo pesante da indossare. La stoffa azzurro chiaro fu fatta cadere per terra, e la sua stessa fine fecero reggiseno e slip rigorosamente bianchi, così come vuole lo stile della Perfezione. Era passato diverso tempo da quando aveva lasciato l’albergo e la temperatura si era andata notevolmente abbassando, ma Lei nn percepiva la freddezza dell’aria, sentiva solo la voglia di buttarsi in acqua. E lo fece. Corse verso il mare e si tuffò. Il tempo passò velocemente. Lui, preoccupato della sua assenza, la cercò e, trovandola, la raggiunse velocemente, fermandosi però sul bagnasciuga. Maglietta a mezze maniche e boxer: i suoi abiti. Si era svegliato quando, voltandosi dall’altra parte del letto aveva notato la mancanza di un altui calore. Aveva sporto lievemente la testa fuori dalla porta del balcone, ma Lei non c’era. Vestitosi frettolosamente si era fiondato in spiaggia. Sapeva di trovarla lì, la conosceva meglio di quanto Lei stessa credeva. Percepiva il bisogno di distacco dalla realtà che l prendeva di tanto in tanto, soprattutto di notte. Vedeva distintamente il suo disperato tentativo di fuga dalla monotonia quotidiana. Anche se Lei non gliene aveva mai parlato, Lui lo sapeva. Alla sua vista presso il bagnasciuga il corpo della donna uscì dall’acqua e si fermò davanti a quello dell’uomo. Un occhiata senza alcun significato. Niente parole. Nuda si diresse verso l’albergo, seguita da Lui, che intanto aveva raccattato la propria camicia e gli indumenti intimi ai piedi del lettino. Saliti i gradini e aperta la porta che dava sul balconcino del loro alloggio, spalancarono piano il balcone ed entrarono in camera. Lui accese la luce del comodino, sapendo che quella centrale della stanza le avrebbe dato fastidio. Lei, intanto, si avviò verso l’armadio, lo aprì ed estrasse un grande telo per asciugarsi. Avvolse per un po’ i capelli nello stesso asciugamano, prima di lasciarli di nuovo sciolti e ribelli. Si mise nel letto, sotto il lenzuolo, senza altra copertura sulla pelle che era ormai divenuta d’oca: da quando l’aveva visto sul bagnasciuga aveva incominciato a percepire il freddo che la circondava. Lui le si stendette accanto, cingendola con un braccio poco prima che Lei scoppiasse a piangere. Piangeva per la consapevolezza dell’essere nata in un mondo che non le apparteneva. Straniera in una terra troppo lontana da casa. Tra lacrime di ritrovato sfogo, si accasciò con la testa sul cuscino e sprofondò tra le braccia di Morfeo. Lui si alzò, senza svegliarla. Uscì fuori al terrazzino. Vide il pacchetto di sigarette vuoto e il posacenere ricolmo. Ci fu un colpo di vento. I gelsomini si piegarono, stavolta verso di Lui. Gli portarono il loro profumo. Insieme alla promessa che, a sua volta, Lui fece trasportare dal vento. Sigillandola con il sospiro di quest’ultimo… Sarebbe sempre stato la Sua ombra.
  
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